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La scelta di studiare il caso migratorio trova il suo fondamento nel
contesto socio-economico nel quale viviamo, pervaso dal fenomeno
della globalizzazione che ormai permea qualunque campo d’azione e
che dovrebbe in qualche modo facilitare i processi di integrazione
culturale e multietnici. In realtà, ci si trova in un’ epoca di
contraddizioni in cui convivono da un lato, l’accettazione del
pluralismo etnico, culturale, religioso e politico, visto come il naturale
evolversi dei tempi e, dall’altro, vi è l’esistenza di un certo grado di
chiusura culturale, per cui il diverso e tutto ciò che non si comprende,
viene allontanato, temuto e denigrato.
Si ha la chiara sensazione che, ora più che mai, dal momento che
l’Europa, come molti auspicano, potrebbe diventare a tutti gli effetti
un unico grande paese con comuni principi, leggi e mercati dei beni e
del lavoro, l’inserimento nel mondo del lavoro non può prescindere
dalla considerazione che la competizione, è diventata
smisuratamente grande e, che sempre più si sta allargando, fino a
comprendere i lavoratori non europei che sperano di trovare nel
nostro continente e, in ciascun paese che lo compone, un posto dove
poter crescere, studiare, lavorare e vivere dignitosamente, facendo
crescere la domanda non solo di lavori di cura ( servizi alle persone ),
ma anche di quelli edili ed agricoli.
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Per quanto lo sforzo sia stato quello di studiare “scientificamente” il
tema, attenendosi ai canoni dell’obiettività e dell’oggettività, l’analisi e
la riflessione non possono non risultare influenzate, come tutti i
sociologi, ma non solo, ben sanno, dalla percezione soggettiva che di
tale fenomeno si ha.
L’esigenza di sviluppare un lavoro che abbia l’obiettivo di esplorare la
realtà del fenomeno migratorio e di studiarne le conseguenze, in
particolare sui paesi di destinazione e in Italia, nasce, dunque, da
queste riflessioni e considerazioni.
L’immigrazione, infatti come emerge nella presente ricerca, è un
problema particolarmente delicato che crea divisioni e viene
percepito da alcuni come una minaccia all’identità nazionale, mentre
da altri come una opportunità, come un fatto positivo, come una fonte
di diversità culturale.
Coloro che intervengono a sostegno dell’ingresso d immigrati nel
nostro paese sottolineano il bisogno di lavoratori stranieri davanti
all’evidente penuria che tocca alcuni settori economici e produttivi e,
a ciò poi si aggiunge il processo di invecchiamento della popolazione
europea.
La popolazione attiva dell’Europa dovrebbe passare dagli attuali 303
milioni ai 280 milioni nel 2030.
9
Di qui, l’apporto degli immigrati appare indispensabile per sostenere
la crescita economica per colmare lo squilibrio demografico ed
assicurare al tempo stesso la sopravvivenza dei nostri sistemi
pensionistici e di protezione sociale in generale.
La politica dei flussi, avviata nel nostro paese a seguito del Testo
unico sull’immigrazione
1
, con la determinazione delle quote annuali di
ingresso di immigrati per motivi di lavoro, sottende la convinzione che
la forza lavoro straniera, costituisca una risorsa per il mercato del
lavoro ospite, capace di coprirne i fabbisogni non soddisfatti dalla
manodopera locale e, la convinzione che una simile forma di
regolazione sia non solo utile, ma necessaria per contrastare il
fenomeno dell’immigrazione irregolare.” La sostenibilità di tale
politica e soprattutto la sua capacità di rispondere efficacemente alla
domanda di lavoro, si basa però su almeno tre pilastri: la conoscenza
del funzionamento del mercato del lavoro, dei relativi squilibri e dei
processi di segmentazione che lo caratterizzano, l’approfondimento
puntuale della domanda stessa e, l’analisi dei percorsi di inserimento
professionale dei lavoratori stranieri e il loro rapporto con la
manodopera autoctona. Si tratta di temi da diverso tempo al centro
della riflessione scientifica, oltre che socio politica, del nostro paese.
1
DPR 54/2002
10
Le molte ricerche condotte in questi anni, hanno cercato di mettere in
luce le dinamiche di incorporazione lavorativa di una presenza
spesso “invisibile”, ma ritenuta in larga parte funzionale ai fabbisogni
espressi dal sistema produttivo italiano in molti settori.
L’etnicizzazione del mercato del lavoro è il risultato dell’ azione di
diversi fattori: la presenza di una specifica domanda non evasa dalla
manodopera locale e, di un’offerta di manodopera straniera
particolarmente disponibile e adattabile, nonché il funzionamento dei
meccanismi e dei network di solidarietà e mutuo aiuto su base etnica,
efficaci nell’aiutare i membri di un gruppo a trovare, ma anche in
grado di rafforzare meccanismi di precategorizzazione e
discriminazione statistica, supporto di vere e proprie specializzazioni
etniche.
2
Il fenomeno immigrazione nella nostra realtà è recente e magmatico,
non ancora assestato e tocca cittadini che hanno più limitata
esperienza di rapporti con persone di diversa razza cultura e
religione.
2
dall’ introduzione di “Domanda di lavoro immigrato e programmazione dei flussi” “Complementare,
sostitutivo, discriminato? Il lavoro immigrato in Lombardia tra programmazione dei flussi e funzionamento
del mercato del lavoro. Fondazione ISMU, pubblicazioni Osservatorio Regionale per l’integrazione e la
multietnicità, Rapporto 2004 Ricerca, realizzata sotto la direzione scientifica di Michele Colasanto, è stata
condotta da una équipe di ricerca coordinata da Rosangela Lodigiani, e ha visto la collaborazione di: Luisa
Antonioli, Mauro Bernasconi, Claudia Cominelli, Massimiliano Cossi, Francesco Damiani, Mirna
Imamovic, Francesco Marcaletti, Egidio Riva.
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Spetta, dunque, alla classe dirigente, a tutti i rappresentanti
economici, sociali, culturali e politici, il compito di favorire un
approccio più sereno e razionale a questi problemi, esercitando
quella funzione pedagogica nel governo dei processi sociali che è
proprio di ogni società civile che si rispetti.
Come ha già sottolineato la Commissione Europea
3
, l’immigrazione
non solo copre una quota che altrimenti rimarrebbe inevasa di
domanda del lavoro ma contribuisce addirittura a favorire
l’occupazione a livello nazionale, perché aumenta la flessibilità del
mercato del lavoro.
E’ in corso una ridislocazione della popolazione del mondo guidata
da fattori economici, demografici e politici.
Sviluppo economico internazionale diseguale, crescente
divaricazione tra aree di benessere e aree di miseria, boom
demografico dei paesi poveri e denatalità di quelli più industrializzati,
guerre e conflitti etnici e religiosi, sono il motore di questo fenomeno.
Fenomeni di questa portata, probabilmente non si arginano
fortificando i confini ma si devono governare e gestire nella
convinzione che ci stiamo avvicinando ad una società multietnica.
3
COM. (2003) Consiglio Europeo di Salonicco del 3 giugno 2003
12
E’ questo il futuro dell’Europa, dell’Italia, della Puglia e della provincia
di Taranto al quale tutti dobbiamo guardare con una luce diversa.
Mettendo in atto tutte le azioni possibili, a partire da una attenta e
precisa formazione degli immigrati, si otterrà un’integrazione quanto
più possibile coerente con le esigenze dal mondo produttivo,
economico e sociale.
Questo lavoro, si articolerà dopo una premessa di inquadramento
normativo relativa alla regolazione del fenomeno nel nostro paese,
con il primo capitolo che mira ad illustrare (attraverso una
ricognizione a partire dai principali indicatori socio-economici
disponibili in letteratura) le caratteristiche socio economiche della
provincia di Taranto e della regione Puglia, onde meglio
comprendere i tratti salienti di un contesto locale che, da terra di
emigranti, ha in anni recenti subito un processo che l’ha condotto a
diventare contesto recettivo di immigrati. Si proseguirà poi nel
secondo capitolo con l’analisi (grazie anche in questo caso alle fonti
statistiche disponibili in materia) dei connotati dell’immigrazione nel
contesto pugliese.
Il terzo capitolo, invece, si sofferma sul volto che l’immigrazione
presenta in provincia di Taranto, attraverso l’ausilio anche di
interlocutori privilegiati.
13
Il quarto capitolo presenta gli esiti di una ricognizione effettuata sul
campo con lo scopo di approfondire il quadro acquisito tramite i dati
disponibili e, allo stesso modo, coinvolgere un ampio numero di
testimoni privilegiati in un processo di identificazione di buone prassi
per favorire l’integrazione dei cittadini stranieri sul territorio.
Il quinto capitolo, infine, affronta un ulteriore approfondimento: quello
del comparto delle costruzioni, allo scopo di illustrare le peculiarità
del processo di incorporazione degli immigrati in uno specifico
settore del mercato del lavoro locale.
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Premessa
Il quadro normativo: la regolazione dell’immigrazione nel nostro
paese
La legislazione che regola l’immigrazione e l’integrazione degli
stranieri in Italia è per la maggior parte il frutto della combinazione di
due provvedimenti: il Testo Unico n.286 del 25 luglio 1998 ,
essenzialmente basato sulla legge n.40 del 6 marzo 1998 (cosiddetta
Turco-Napolitano)
4
, e la n.189 del 30 luglio 2002 (cosiddetta Bossi-
Fini).
La legge italiana prevede un sistema di immigrazione programmata.
La quota di stranieri è determinata da uno o più decreti annuali. Con
la nuova riforma, il decreto annuale dovrebbe essere emanato entro
il 30 novembre dell’anno precedente; se questo non si verifica entro i
termini, il Presidente del Consiglio può decidere di emanarlo con un
proprio decreto, rispettando il limite massimo delle quote stabilite
l’anno precedente. Alcuni paesi, avendo firmato accordi di
riammissione, hanno diritto a quote speciali di immigrati. Già secondo
la legge Turco-Napolitano, le quote speciali si applicavano per
4
Giovanna Zincone (2003) 15 maggio, in forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazione
15
ricompensare o sanzionare comportamenti cooperativi dei paesi di
origine (il Marocco si è visto ridurre la quota a causa della scarsa
cooperazione con l’Italia).
In base alla legge Bossi-Fini quote preferenziali sono riservate anche
ai lavoratori stranieri di origine italiana.
La riforma del governo nel 2002 assegna un ruolo più rilevante alle
autorità regionali in materia di determinazione e gestione dei flussi di
lavoratori immigrati; un ruolo più rilevante, in questa specifica
decisione, è stato riconosciuto anche alle associazioni degli
imprenditori e dei lavoratori. La legge del 1998 (Turco-Napolitano)
aveva introdotto il visto per ricerca di lavoro: una quota annuale di
permessi di soggiorno era a disposizione di persone che potevano
trovare lavoro sul posto. Costoro potevano entrare nel paese su
garanzia di privati, regioni, comuni e associazioni (per queste ultime
era previsto un registro). Questi “sponsor” erano tenuti a garantire
per il lavoratore immigrato: depositavano una cauzione, dovevano
mettere a disposizione un alloggio adeguato e versare a suo nome
contributi per il servizio sanitario nazionale.
Il meccanismo di sponsorizzazione è stato abrogato dalla Bossi-Fini
del 2002, più in generale questa riforma rafforza il vincolo fra
contratto di lavoro e permesso di soggiorno - introducendo l’istituto
16
del cosiddetto “contratto di soggiorno-lavoro”. Il permesso di
soggiorno per motivi di lavoro viene concesso a condizione che
l’immigrato disponga di un impiego e il datore di lavoro garantisca la
disponibilità di un alloggio e si impegni a sostenere le spese del
viaggio di rientro in patria in caso di licenziamento e perdita del
permesso di soggiorno-lavoro. La durata del permesso di soggiorno
non può eccedere la durata del contratto di lavoro; non può superare
i nove mesi per i lavoratori stagionali, i dodici mesi per i lavoratori
temporanei, i due anni per i lavoratori a tempo indeterminato. Il
permesso può essere rinnovato solo per un periodo di pari durata (e
non più per un periodo doppio, come prevedeva la Turco-
Napolitano).
Le domande di rinnovo devono essere presentate 30,60,90 giorni
prima della scadenza a seconda del tipo di permesso; mentre in
precedenza il rinnovo si faceva solo 30 giorni prima della scadenza.
Per semplificare le procedure, l’intera gestione delle pratiche per
l’assunzione di lavoratori subordinati stranieri e i relativi accertamenti
sono affidati allo Sportello Unico per l’immigrazione, che ha il
compito di favorire l’incontro fra la domanda e offerta di lavoro
immigrato, avendo prima verificato l’irreperibilità di manodopera
nazionale o comunitaria disponibile a svolgere le mansioni richieste
17
(condizione che era stata abolita dalla legge Turco - Napolitano del
1998).
Il Ministero del Welfare, con la circolare n1 del 25 gennaio 2005
fornisce le prime spiegazioni per l’assunzione dei cittadini stranieri,
definendo la distribuzione dei flussi 2005 per gli extracomunitari in
base alla tipologia di lavoro. (vedi tab.1)
L’Italia si conferma uno dei Paesi più generoso riguardo al
ricongiungimento familiare, anche in confronto all’ultima proposta di
direttiva europea in materia ( COM (2002) 225 def. – Gazzetta
Ufficiale C 203 E, 27 agosto 2002). Per ottenere una carta di
soggiorno permanente la legge Bossi-Fini richiede sei anni di
residenza regolare e certificata in Italia (erano cinque anni con la
Turco-Napolitano).
Con l’approvazione da parte della Camera del decreto legge 14
settembre 2004, n.214, in precedenza licenziato con emendamento
del Senato è definitiva la scelta di affidare ai Giudici di Pace l’esame
dei provvedimenti di espulsione e di allontanamento e delle sanzioni
penali a carico dello straniero che si trattiene illegalmente sul
territorio nazionale. In caso di espulsione con accompagnamento alla
frontiera, l’Ufficio Immigrazione della Questura chiede al Giudice di
Pace la convalida del provvedimento di allontanamento; l’udienza di
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convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione dello
straniero, del difensore e dell’interprete. Il Giudice di Pace provvede
alla convalida entro le 48 ore successive e, nelle more, lo straniero è
trattenuto in un centro di permanenza. Le Questure forniscono al
giudice di pace i locali e ogni supporto idoneo per assicurare la
tempestività del documento di convalida.