Introduzione
2
numero di Stati contraenti, divenuti Parti della Convenzione –, per poi
giungere all’analisi delle varie modifiche apportate fino a quel momento
alla Convenzione e delle proposte per la creazione di un nuovo meccanismo
di protezione. Si studiano, brevemente, la possibilità della ‘fusione’ della
Commissione e della Corte Europee dei Diritti dell’Uomo, il modello del
doppio grado di giurisdizione – the Dutch and Swedish initiative – ed altre
proposte presentate durante i negoziati che portarono alla redazione del
Protocollo n. 11. Si presenta una panoramica dei due periodi costituenti le
fasi fondamentali del processo negoziale che si concluse con la
realizzazione del Protocollo n. 11: dall’incontro del DH-PR Committee, del
marzo 1992, per compiere un tour de table sulle principali proposte fino
allora presentate, al The Stockholm Compromise del 26 maggio 1993 – il
quale segnò una svolta dei negoziati, poiché si riuscì a mettere d’accordo i
vari Stati sostenitori delle due principali proposte –, per giungere, infine,
alla redazione del Protocollo n. 11 e del suo Explanatory Report.
Successivamente, l’analisi si concentra sul contenuto della riforma,
ad opera del Protocollo n. 11, la quale ha apportato considerevoli modifiche
al sistema europeo di salvaguardia dei diritti dell’uomo. Per prima cosa si
evidenzia il cambiamento più rilevante del meccanismo, ossia
l’unificazione della Commissione e della Corte Europee dei Diritti
dell’Uomo in un’unica Corte permanente, dotata di giurisdizione
obbligatoria. Il sistema riformato sarà caratterizzato da una maggiore
efficienza e celerità e soprattutto dalla possibilità, fornita ai ricorrenti
individuali, di adire direttamente la nuova Corte. Si è ritenuto opportuno
procedere ad un raffronto fra il modello disciplinato dalla CEDU e quello
emendato grazie al Protocollo n. 11; si focalizzano, quindi, alcuni punti
essenziali della riforma: l’organizzazione e la composizione degli organi di
controllo – rilevando la distinzione, nella nuova Corte, fra l’attività dei
Comitati di tre giudici, quella delle Camere e quella della Grand Chamber –
Introduzione
3
e la definizione della procedura da adottare per tutelare i diritti dell’uomo
stabiliti dalla Convenzione. Si prendono in considerazione quelle modifiche
che presentano un carattere di preminenza, ossia l’innovazione inerente ai
ricorsi individuali ed interstatali, il sistema di riesame delle sentenze ad
opera della Grand Chamber – frutto del compromesso politico raggiunto
durante i negoziati – ed il nuovo ruolo del Comitato dei Ministri – non più
preposto a decidere una causa nel merito, se entro un certo termine essa non
fosse deferita alla precedente Corte –, ridotto alla sola supervisione
dell’esecuzione, ad opera delle parti, delle sentenze della nuova Corte.
Infine, sul presupposto relativo alle disposizioni transitorie
predisposte dal Protocollo n. 11 – essendosi stabilito un periodo di
‘transizione’ di un anno dalla sua entrata in vigore –, del nuovo Accordo
Generale sui Privilegi e sulle Immunità e di quello Europeo riguardante le
persone partecipanti alle procedure della nuova Corte, nonché dell’attività
del gruppo informale di lavoro, istituito al fine di dibattere sulle misure
preparatorie da prendere prima dell’entrata in vigore del Protocollo n. 11, si
cerca di fornire un quadro obiettivo delle varie valutazioni e conclusioni
espresse dagli esperti in merito all’efficacia del nuovo sistema, senza
dimenticare un accenno alle relazioni tra la CEDU riformata e l’Unione
Europea.
Dall’analisi del Protocollo n. 11 e della sua ‘genesi’ si evince che il
meccanismo precedentemente in vigore era ormai giunto ad un point of no
return, per cui si rendeva necessario procedere verso una riforma in grado
di dare respiro alla CEDU, considerata come un modello, a livello
internazionale, nello sviluppo della tutela dei diritti dell’uomo. Diverse
sono le incognite che minacciano la riuscita dell’impresa, l’affidabilità del
nuovo sistema. Ci si domanda se l’adesione di nuovi Stati dell’Europa
Centrale ed Orientale al Consiglio d’Europa non comporterà un
‘rallentamento’ della protezione dei diritti umani, se l’aumento dei costi –
Introduzione
4
almeno in un primo momento – per far fronte ai diversi cambiamenti ed il
così detto ‘compromesso politico’, non persuaderanno gli Stati membri
della CEDU a non impegnarsi al fine di incrementare l’efficienza del nuovo
modello di salvaguardia dei diritti dell’uomo.
CAPITOLO PRIMO
La Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo: aspetti generali
1 Brevi cenni storici
La Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e
delle Libertà Fondamentali si può considerare come uno dei risultati più
importanti ottenuti durante i primi anni di pace dopo la fine della Seconda
Guerra Mondiale, un periodo in cui il tema della protezione internazionale
dei diritti umani attirava cospicuamente l’attenzione dei vari Stati e degli
uomini politici del tempo. Per anni questi diritti furono conculcati a causa
delle atrocità compiute sotto l’egida dell’ideologia nazionalsocialista e la
garanzia per la loro protezione a livello nazionale si dimostrò
completamente inadeguata.
Già nel 1941 Churchill e Roosevelt, nella Carta atlantica,
1
‘vararono’
le loro quattro libertà: libertà (diritto) alla vita, libertà di religione, libertà
1
La Carta atlantica è una dichiarazione che concluse la Conferenza del 14 agosto 1941, la quale si
tenne al largo dell’isola di Terranova, tra il Primo Ministro inglese W. Churchill ed il Presidente
statunitense F.D. Roosevelt. Essi concordarono un piano di riordinamento del mondo in
conformità ad alcuni principi fondamentali ispirati alla libertà ed alla democrazia e da realizzare
dopo la definitiva distruzione della tirannia nazista. Con la Carta atlantica si fissarono gli elementi
ideali e politici per una pacifica convivenza e feconda cooperazione internazionale, per
l’autodeterminazione dei popoli, per l’esclusione della guerra quale mezzo di soluzione dei
Capitolo I. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: aspetti generali
6
dal bisogno e libertà dalla paura. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la
promozione dei diritti dell’uomo divenne uno dei propositi delle Nazioni
Unite.
2
È proprio in seguito a questo rinnovato interesse per la materia che
il 10 dicembre 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
3
la quale rappresentò e
conflitti internazionali. Sulla base di tali presupposti e delle ‘quattro libertà’ precedentemente
varate fu firmata, il 1° gennaio 1942, a Washington da Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione
Sovietica, Cina e da venti altre libere nazioni la Dichiarazione delle Nazioni Unite.
Successivamente, con l’approvazione durante la Conferenza di San Francisco del 26 giugno 1945
di uno speciale Statuto, fu creato l’ONU.
La Carta atlantica, testo in E. COLLOTTI (a cura di), La seconda guerra mondiale, Loescher,
Torino, 1974.
2
L’Organizzazione delle Nazioni Unite fu fondata, dopo la Seconda Guerra Mondiale, dagli Stati
che avevano combattuto contro le Potenze dell’Asse e prese il posto della disciolta Società delle
Nazioni. La Conferenza di San Francisco ne elaborò, il 26 giugno 1945, la Carta che fu ratificata
dagli Stati fondatori. Successivamente, secondo il procedimento di ammissione previsto dall’art.4
della Carta, ne sono via via divenuti membri quasi tutti gli Stati del mondo. L’ONU si è posto
come scopi quelli della tutela della dignità e dell’uguaglianza degli individui e degli Stati, grandi o
piccoli che siano, della pratica della tolleranza, della collaborazione reciproca e della difesa della
pace, della libertà, del progresso civile e della sicurezza internazionale per tutti i popoli mediante il
regolare funzionamento di due organi fondamentali: l’Assemblea Generale, formata dai
rappresentanti di tutti gli Stati con pari diritto di voto (51 all’atto della firma nel 1945, oggi tutti
quelli presenti nel mondo, fatta eccezione per la Svizzera, il Vaticano, il Principato di Monaco,
San Marino, le due Coree ed altri). L’Assemblea ha una competenza vastissima ratione materiae,
ma quasi nessun potere vincolante. L’altro organo principale dell’ONU è il Consiglio di Sicurezza,
composto da 15 membri, di cui 5 siedono a titolo permanente (USA, Russia, Cina, Gran Bretagna,
Francia), godendo altresì del diritto di veto. Gli altri 10 membri sono eletti per un biennio
dall’Assemblea. Il Consiglio è dotato di una limitata competenza ratione materiae (occupandosi
solo delle questioni attinenti al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale), ma con
poteri decisionali vincolanti. L’art.7 dell’UN Charter considera come organi primari, oltre ai due
precedentemente descritti, il Consiglio Economico e Sociale, il Consiglio d’Amministrazione
Fiduciaria, la Corte Internazionale di Giustizia ed il Segretariato; prevede, inoltre, che organi
sussidiari possano essere istituiti “ove si rivelino necessari” (si ricordano i più importanti:
l’UNCTAD, l’UNDP, l’UNICEF, l’UNHCR, l’UNITAR, l’UNEP).
Per ulteriori dettagli si vedano CASTANEDA, Valeur juridique des résolutions des Nations Unies,
RC, 1970, pp.105 ss.; B. CONFORTI, La funzione dell’accordo nel sistema delle Nazioni Unite,
CEDAM, Padova, 1968, pp.117 ss.; GOODWIN, World Institutions and World Order, in The New
International Actors, ed. Cosgrove and Twitchett, 1970, pp.57 ss; KROEKEL, Die
Bindungswirkung von Resolutionen des Sicherheitsrates der Vereinten Nationen, Berlin, 1977.
3
Questo atto internazionale fu adottato senza voti contrari, poiché l’Arabia Saudita, la Bielorussia,
la Cecoslovacchia, la Polonia, il Sud Africa, l’Ucraina, l’URSS e la Yugoslavia si astennero. La
Dichiarazione è priva di effetti obbligatori, in quanto ha il valore di una raccomandazione
internazionale, ma grande è tuttavia la sua importanza come prima tappa verso il traguardo della
codificazione dei diritti dell’uomo. E’ costituita da un Preambolo, che richiama la necessità di dare
protezione giuridica a diritti tanto gravemente compromessi nella realtà internazionale e da trenta
articoli. Fra essi si possono evidenziare quelli relativi all’uguaglianza, libertà e dignità di tutti gli
uomini (art.1), all’irrilevanza delle distinzioni di razza, colore, sesso, religione, lingua, opinione
politica (art.2), al diritto alla vita ed alla libertà (art.3), alla condanna della schiavitù (art.4),
all’uguaglianza davanti alla legge (art.7), alla tutela giurisdizionale ed alla salvaguardia della
libertà personale (artt.7 e 8), alla presunzione di innocenza degli imputati ed alla legalità delle pene
Capitolo I. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: aspetti generali
7
rappresenta tuttora una pietra miliare nel cammino verso la salvaguardia
internazionale dei diritti umani.
In questo processo storico di trapasso dall’enunciazione dei principi
della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo a forme pratiche di
tutela internazionale e di garanzia istituzionale, l’Europa occupò una
posizione d’avanguardia. Nel maggio del 1948 il Comitato Internazionale
dei Movimenti per l’Unità Europea organizzò un ‘Congresso dell’Europa’
4
che si tenne all’Aia. Questa iniziativa diede l’impeto necessario e decisivo
(artt.11 e 12), al diritto d’asilo e di cittadinanza (artt.14 e 15), alla libertà di pensiero (art.18), al
diritto all’alimentazione ed all’istruzione (artt.25 e 26). Occorre, inoltre, sottolineare che nella
Dichiarazione sono inclusi anche diritti economici e sociali quali il diritto al lavoro, ad un equo
salario (art.23) ed alla sicurezza sociale (art.25). Al momento dell’adozione della Dichiarazione si
preventivò che essa fosse seguita immediatamente da una convenzione universale sui diritti umani
con effetti vincolanti; tuttavia questo processo fu più farraginoso del previsto e allo stesso tempo si
incominciò a seguire un approccio tendente alla stipulazione di trattati disciplinanti specificamente
taluni diritti umani, approccio che portò all’adozione di alcune importanti convenzioni
internazionali.
Universal Declaration of Human Rights, testo in H. MIEHSLER, H. PETZOLD, European
Convention on Human Rights. Texts and documents, vol. 2, Carl Heymanns Verlag KG, Köln,
Berlin, 1982. Per ulteriori dettagli si vedano: HUMPHREY, The Universal Declaration of Human
Rights, in Human Rights: Thirty Years after the Universal Declaration, ed. Ramcharan, 1979,
pp.21 ss.; HUMPHREY, The United Nations Charter and the Universal Declaration of Human
Rights, in The International Protection of Human Rights, ed. Luard, cap. 3; KUNZ, The United
Nations Declaration of Human Rights, in AJIL, vol. 43, (1949), pp.316 ss; L. OPPENHEIM,
International Law, vol. 1, 8a ed., 1955, pp.744 ss.; SCHWELB, The Influence of the Universal
Declaration of Human Rights on International and National Law, in PASIL, (1959), pp.217 ss;
WHITEMAN, Digest of International Law, vol. 5, pp.237 ss.
4
All’indomani del discorso tenuto da W. Churchill a Zurigo, il 19 settembre 1946, in cui affermò
che la soluzione per risollevare le sorti di tutta l’Europa uscita comunque distrutta dalla Seconda
Guerra Mondiale era quella di costituire una sorta di ‘Stati Uniti d’Europa’, si formarono un po’
dappertutto dei movimenti che auspicavano l’unità europea. Queste diverse organizzazioni, e
qualche altra di differente portata, si riunirono costituendo il Comitato Internazionale di
Coordinamento dei Movimenti per l’Unità. Per prima cosa questo Comitato organizzò il
Congresso dell’Aia, il 7 maggio 1948, conosciuto come ‘Congresso dell’Europa’. Più di mille
delegati di una ventina di Paesi, nonché numerosi osservatori, si incontrarono: personalità politiche
e religiose, universitari, ecc. Il Congresso dell’Aia aveva come oggetto quello di dimostrare
l’ampiezza del movimento in favore dell’unificazione dell’Europa e di definire gli obiettivi per
raggiungere tale unione. Alla fine di questo Congresso furono adottate una serie di risoluzioni in
merito alla creazione di un’unione economica e politica per assicurare la sicurezza, l’indipendenza
economica ed il progresso sociale, alla convocazione di un’assemblea consultiva eletta dai
Parlamenti, all’elaborazione di una carta europea dei diritti dell’uomo e di una corte per far
applicare le sue decisioni. Il Congresso rivelò altresì i conflitti, che non tardarono a manifestarsi,
tra i partigiani di una federazione europea (tra i quali la Francia, il Belgio e l’Italia) ed i difensori
di una cooperazione intergovernativa tradizionale (tra i quali la Gran Bretagna, l’Irlanda, i Paesi
Scandinavi).
Capitolo I. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: aspetti generali
8
alla fondazione del Consiglio d’Europa nel 1949,
5
cui aderirono
inizialmente dieci Stati: Belgio, Danimarca, EIRE, Francia, Italia,
Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia. Durante il
Congresso fu adottata una risoluzione nella cui parte introduttiva si affermò
che: “ The Congress considers that the resultant union or federation should
be open to all European nations democratically governed and which
undertake to respect a Charter of Human Rights; resolves that a
Commission should be set up to undertake immediately the double task of
drafting such a Charter and of laying down standards to which a State must
conform if it is to deserve the name of democracy”.
6
Il Consiglio d’Europa
fu allora fondato e la sua struttura interna era (ed è tuttora) composta da due
organi: il Comitato dei Ministri, che riuniva i vari Ministri degli Affari
Esteri dei Paesi membri od i loro rappresentanti e l’Assemblea Consultiva
(nominata nella prassi Assemblea Parlamentare), rappresentante dei
Parlamenti nazionali. Fu proprio durante la prima sessione di quest’ultima,
nell’agosto del 1949, che si discussero le varie proposte inoltrate in forma
privata,
7
oppure sotto l’impulso di alcuni governi europei che vollero
5
Il 5 maggio 1949 al Saint James’ Palace, a Londra, fu firmato il trattato contenente lo Statuto del
Consiglio d’Europa. Fu così che il Consiglio iniziò a svolgere i suoi compiti. Le prime sessioni si
tennero a Strasburgo, che divenne in seguito la sua sede permanente. Questa nuova
Organizzazione soddisfò un’ampia frazione dell’opinione pubblica che vide in essa lo strumento
per l’espressione delle diverse tendenze politiche e delle aspirazioni degli europei. Il capitolo I del
suo Statuto esprime, infatti, la ragione d’essere del Consiglio d’Europa: “Le but premier du
Conseil de l’Europe est de réaliser une union plus étroite entre ses membres afin de sauvegarder et
de promouvoir les idéaux et les principes qui sont leur patrimoine commun, et de favoriser le
progrès économique et social”. Nello stesso testo sono indicati i mezzi a disposizione del
Consiglio per raggiungere i suoi scopi: “L’examen de questions d’intérêt commun, par la
conclusion d’accords et l’adoption d’une action commune dans les domaines économique, social,
culturel, scientifique et administratif, ainsi que par la sauvegarde et le développement des droits de
l’homme et des libertés fondamentales”. Lo Statuto non menziona l’elaborazione di una
costituzione e neanche la fusione delle sovranità degli Stati per pervenire a quella ‘unione
economica e politica’ auspicata dai congressisti all’Aia.
6
In P. van DIJK, G.J.H van HOOF, Theory and practice of the European Convention on Human
Rights, 3a ed., Kluwer Law, The Hague, London, Boston, 1998, p.1.
7
Durante il Congresso dell’Europa si tennero diversi dibattiti che riunirono intellettuali ed uomini
politici (rappresentanti delle ‘comunità vive dell’Europa’). I lavori furono organizzati in seno a tre
Commissioni: la Commissione politica, quella economica e quella culturale. Queste Commissioni
elaborarono alcuni progetti per la redazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il
Capitolo I. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: aspetti generali
9
rafforzare la loro cooperazione nel campo della tutela dei diritti umani (e
non solo) offrendo iniziative concrete, oppure ancora il piano preliminare
presentato dalla Commissione giuridica del Movimento Europeo. Al
termine di un dibattito piuttosto acceso, la Commissione giuridica
dell’Assemblea (composta da ventitré membri tra cui eminenti giuristi) fu
incaricata di prendere dettagliatamente in considerazione le questioni in
merito alla struttura della Convenzione che si voleva redigere, ai diritti che
si riteneva opportuno disciplinare e così via. La Convenzione Europea si
può effettivamente considerare come il risultato di una serie di ‘navette’ tra
l’Assemblea Consultiva ed il Comitato dei Ministri i quali, a loro volta, si
affidarono, per quanto concerneva i punti di carattere più tecnico, a delle
Commissioni specializzate. Tuttavia, il progetto che attinge ampiamente
dalla proposta iniziale del Movimento Europeo, subì successivamente
diverse modifiche e revisioni.
La Commissione giuridica dell’Assemblea cominciò con il redigere
una lista di diritti, facendo riferimento agli articoli pertinenti della
Dichiarazione Universale espressamente citati nel progetto. Essa, inoltre,
precisò i meccanismi della ‘garanzia collettiva’ di codesti diritti e la
possibilità di proporre ‘ricorsi individuali’ che rendevano necessaria la
creazione di una Corte Europea, poiché la Corte Internazionale di Giustizia
8
non poteva che essere adita da Stati (ciò non toglieva nulla agli Stati,
giacché essi sarebbero in ogni caso potuti ricorrere sempre alla Corte
Movimento Europeo proseguì i suoi lavori durante il Congresso di Bruxelles, nel febbraio del
1949, redigendo un progetto di ‘Corte europea dei diritti dell’uomo’, mentre le questioni tecniche
furono affidate alla ‘sezione giuridica’ del Movimento Europeo che doveva preparare un progetto
definitivo della Convenzione. Quest’ultimo fu presentato il 12 giugno 1949 al Comitato dei
Ministri, che era appena stato costituito, e poi sottoposto al vaglio della sua Assemblea Consultiva.
8
La Corte Internazionale di Giustizia è considerata come uno degli organi principali dell’ONU, ex
art.7 dell’UN Charter. È composta da 15 giudici ed ha sia la funzione di dirimere controversie tra
Stati, sia una funzione consultiva in quanto può fornire pareri su qualsiasi questione giuridica,
all’Assemblea Generale dell’ONU od al Consiglio di Sicurezza dell’ONU oppure ad altri organi,
su autorizzazione dell’Assemblea; i pareri non sono, tuttavia, né obbligatori né vincolanti, non
essendo alcun organo obbligato a richiederli od a conformarvisi dopo averli richiesti.
Capitolo I. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: aspetti generali
10
Internazionale di Giustizia, conformemente ai loro impegni reciproci).
Durante questa fase di travaux préparatoires si prese anche in
considerazione l’idea di un ‘controllo giurisdizionale a due tappe’, con una
prima fase di inchiesta e di conciliazione e poi, in caso di fallimento delle
trattative, il ricorso ad un vero organo giudiziario con la creazione di una
Corte di Giustizia Europea. Al termine di un lungo e minuzioso dibattito in
seno all’Assemblea, questa stessa adottò, nel settembre del 1949, il progetto
elaborato dalla Commissione, il quale disciplinava dieci diritti da sottoporre
ad una garanzia collettiva e proponeva la creazione di una Commissione
Europea dei Diritti Umani ed una Corte Europea di Giustizia. Nel novembre
dello stesso anno il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (cui era
stato trasmesso il progetto preliminare) decise di nominare un Comitato di
Esperti dei vari Stati membri e di incaricarlo della redazione di un testo
indicativo della Convenzione sulla base del rapporto e del progetto
approvati dall’Assemblea. Gli esperti si trovarono, tuttavia, in disaccordo
sulla questione della definizione dei diritti e delle loro limitazioni: alcuni
ritenevano che essa avrebbe dovuto essere la più dettagliata possibile, altri
erano più propensi per una breve enumerazione dei diritti che si
intendevano tutelare. Inoltre, gli esperti reputarono che la costituzione di
una Corte fosse una decisione politica, che esulava dalla loro competenza. Il
Comitato dei Ministri, incapace di prendere una decisione immediata,
giudicò opportuno rinviare la trattazione delle diverse questioni ad una
Conferenza degli alti funzionari (previamente istruiti dai loro governi),
prima di deliberare definitivamente. Nel suo rapporto, la Conferenza degli
alti funzionari constatò l’assenza di unanimità al suo interno, ma presentò
ugualmente un testo unico della Convenzione, “Basé sur les décisions de la
majorité sur chacun de ces problèmes, cette majorité n’étant pas toujours la
même”.
9
9
Recueil des «Travaux préparatoires» (de la Convention Européenne des Droits de l’Homme),
Capitolo I. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: aspetti generali
11
Il 7 agosto 1950, il Comitato dei Ministri adottò il progetto
riesaminato della Convenzione, il quale si presentava di minor portata,
rispetto alle proposte originali, in numerosi punti. Per fare un esempio, il
sistema dei ricorsi individuali e della giurisdizione della Corte fu reso
facoltativo. Il testo di questo progetto non subì in seguito ulteriori
modificazioni sostanziali.
Finalmente, il 4 novembre 1950 fu firmata a Roma (a Palazzo
Barberini) la Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti
dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, durante la sessione del Comitato
dei Ministri del Consiglio d’Europa. Tale Convezione fu realizzata, secondo
quanto si dichiarò nel Preambolo, “To take the first steps for collective
enforcement of certain rights stated in the Universal Declaration”
10
ed entrò
in vigore il 3 settembre 1953.
Essa fu il frutto di una serie di compromessi e concepita, sin
dall’inizio, come un sistema evolutivo che prevedeva l’adozione d’eventuali
dichiarazioni facoltative, oppure quella di nuovi impegni reciproci. Il
completo sviluppo del sistema presupponeva, in effetti, sia l’entrata in
vigore della Convenzione, sia l’ulteriore accettazione progressiva dei
meccanismi facoltativi. S’impose, inoltre, una piena coincidenza tra la
partecipazione al Consiglio d’Europa e l’adesione alla Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo, in virtù dello spirito e della lettera (ex art.3),
dello Statuto del Consiglio d’Europa. Nella prassi recente, tutti i nuovi
Paesi membri hanno sottoscritto la Convenzione al momento della loro
ammissione al Consiglio d’Europa e la conseguente ratificazione, nonché le
eventuali dichiarazioni facoltative, devono essere compiute entro un breve
periodo di adattamento. Attualmente (inverno 1998) ben quaranta Stati
vol. IV, Martinus Nijhoff Publisher, Dordrecht, Boston, London, 1975, p.243.
10
213 UNTS, No.2889, p.221; Council of Europe, European Treaty Series, No.5, 4 November
1950.
Capitolo I. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: aspetti generali
12
membri del Consiglio d’Europa hanno ratificato la Convenzione. Questi
sono: Albania, Andorra, Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia,
Danimarca, EIRE, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia,
11
Islanda,
Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Moldavia,
Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca,
ex- Repubblica jugoslava di Macedonia, Romania, Russia, S. Marino,
Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina,
Ungheria. Fino ad oggi sono stati aggiunti alla Convenzione 11 Protocolli,
tutti sottoscritti e ratificati. L’ultimo, l’undicesimo, è entrato in vigore il 1°
novembre 1998, dopo che l’Italia, ultimo Paese mancante, lo ha ratificato
nel novembre del 1997.
Occorre osservare, infine, che il periodo dell’immediato dopoguerra,
il quale ha gettato le basi per la ‘costruzione europea’, assomiglia, sotto
diversi aspetti, al periodo attuale del dopo guerra fredda, con gli stessi
sentimenti d’urgenza per costituire le fondamenta d’un mondo nuovo, che
sancisca il trionfo della democrazia sul totalitarismo. In mancanza di un
rapido adattamento a questa nuova realtà, il sistema della Convenzione
rischia di essere superato da meccanismi più efficaci, nell’ambito
dell’Unione Europea
12
o della OCSE.
13
11
La Grecia si ritirò dal Consiglio d’Europa nel 1969; nel 1974 ne divenne nuovamente membro e
ratificò la Convenzione.
12
Occorre notare che la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha incluso, all’interno del
diritto comunitario, una varietà di principi generali non scritti in materia di protezione dei diritti
umani, emananti da diverse fonti, tra le quali anche la Convenzione Europea per la Salvaguardia
dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali.
13
La Conferenza per la Cooperazione e lo Sviluppo in Europa, costituita dopo la Seconda Guerra
Mondiale (ora trasformata in Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo in Europa)
riunisce Paesi occidentali europei e non (il gruppo dei ‘Paesi dell’OCSE’ ha rappresentato finora,
sullo sfondo dei rapporti economici mondiali, l’occidente industrializzato contrapposto ai Paesi in
via di sviluppo). Il 1° agosto 1975 fu firmato l’Atto Finale di Helsinki. Questo disciplinava
questioni di sicurezza internazionale e di relazioni fra i vari Stati. Fu redatta una lista di dieci
principi fondamentali ed il 7° si riferiva al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, tra
le quali la libertà di pensiero, di coscienza di religione e di fede. Si pose l’accento, altresì, sulla
cooperazione in campo umanitario ed in altri ulteriori settori. Durante il meeting di Vienna nel
1989, si diede impulso alla tutela dei diritti umani. Le Parti contraenti confermarono il loro rispetto
per i diritti umani e la loro determinazione a garantirne il loro effettivo esercizio e l’ampliamento
Capitolo I. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: aspetti generali
13
2 La struttura della Convenzione
2.1 Il suo contenuto
Nel Preambolo della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei
Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (CEDU) i Governi firmatari,
nonché membri del Consiglio d’Europa, fedeli allo scopo del Consiglio
stesso, vale a dire di realizzare un’unione più stretta tra i suoi membri, e
tenendo conto del fatto che uno dei mezzi per conseguire tale fine è
rappresentato dalla salvaguardia e dallo sviluppo dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali, al cui riconoscimento ed applicazione effettivi
tende la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dell’ONU,
proclamarono e riaffermarono “Their profound belief in those fundamental
freedoms which are the foundation of justice and peace in the world and are
best maintained on the one hand by an effective political democracy and on
the other by a common understanding and observance of the human rights
upon which they depend”.
14
Si dichiararono inoltre “Resolved, as the
governments of the European Countries which are like-minded and have a
common heritage of political traditions, ideals, freedom and the rule of law,
to take the first steps for the collective enforcement of certain of the rights
stated in the Universal Declaration”.
15
Alla CEDU è stato affiancato, in
seguito, un primo Protocollo addizionale, firmato nel 1952, i cui articoli dal
I a IV, relativi alla protezione della proprietà, al diritto all’istruzione, a
libere elezioni ed all’applicazione territoriale della Convenzione (quindi
della loro tutela. Nel Documento Finale di Vienna si incominciò a parlare di una ‘Dimensione
Umana dell’OCSE’ e d’alcune misure per darne esecuzione: scambi d’informazioni ed
interrogazioni tra gli Stati partecipanti, in merito alle questioni rilevanti la ‘Dimensione Umana
dell’OCSE’ e l’organizzazione di Conferenze sulla Dimensione Umana.
14
COUNCIL OF EUROPE, European Convention on Human Rights, as amended by Protocol n.
11, Directorate of Human Rights, Council of Europe Press, Strasbourg, 1998, p.5.
15
Ibidem, p.6.
Capitolo I. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: aspetti generali
14
ulteriori rispetto a quelli disciplinati nel titolo I della CEDU), sono parte
integrante della Convenzione medesima e sottostanno, pertanto, al regime
delle disposizioni in essa contenute.
Gli Stati firmatari, quindi, ritennero più opportuno procedere
gradatamente alla garanzia europea dei diritti e delle libertà tutelati nella
Dichiarazione Universale, dimostrandosi, così, cautamente realisti nel
valutare le possibilità di un’intesa graduale ma efficace tra i governi. Di
conseguenza, le norme di diritto sostanziale stabilite attraverso i due
anzidetti strumenti hanno un contenuto delimitato inserendosi, allo stesso
tempo, in un sistema di garanzie complesso. Si può notare che si è delineata
sinora una tendenza atta ad intendere questo sistema di garanzie come
specificatamente preordinato ai diritti civili e politici e, di regola, come non
suscettibile d’adeguata applicazione nel campo dei diritti sociali, economici
e culturali. Proprio per queste ragioni il metodo dei Protocolli addizionali,
che comporta l’automatica estensione di tale sistema ai diritti costituenti
l’oggetto di ciascun Protocollo, non è l’unico ad essere seguito nell’ambito
del Consiglio d’Europa per il raggiungimento progressivo degli obiettivi
della Dichiarazione Universale ed eventualmente d’ulteriori scopi di portata
ancora più ampia. Infatti, altri strumenti internazionali come la Carta
Sociale Europea,
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la Convenzione europea di stabilimento, la Convenzione
europea sull’assistenza sociale e medica, inerenti alle questioni economico-
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Trattato internazionale firmato a Torino il 18 ottobre 1961 da quattordici dei ventuno Stati
membri del Consiglio d’Europa, tra i quali l’Italia. La Carta, entrata in vigore il 26 febbraio 1965,
oltre ad essere uno strumento di protezione dei diritti dell’individuo in campo economico e sociale,
costituisce un ampio progetto di politica sociale. Nella prima parte si enunciano i 19 principi
fondamentali che ispirano questo trattato; tali principi si tramutano in precisi diritti poiché
disciplinati nei successivi 19 articoli componenti la seconda parte. Ciascun Stato firmatario è
tenuto alla sottoscrizione di un minimo di 10 articoli o di 45 paragrafi numerati della Carta; il
rispetto del trattato è assicurato da una complessa procedura biennale di controllo sull’applicazione
delle disposizioni accettate da ogni singolo Stato, al termine della quale il Comitato dei Ministri
del Consiglio d’Europa può indirizzare raccomandazioni agli Stati inadempienti.
European Social Charter, testo in H. MIEHSLER, H. PETZOLD, European Convention on
Human Rights. Texts and documents, Carl Heymanns Verlag KG, Köln, Berlin, 1982.
Capitolo I. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: aspetti generali
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sociali e non compresi nel sistema di garanzie della CEDU, sono stati
adottati nell’ambito del Consiglio d’Europa.
Il sistema di garanzie costituito con la Convenzione di Roma
disciplina: il diritto alla vita (art.2) ed all’integrità fisica delle persone
(art.3); l’interdizione della schiavitù, della servitù, del lavoro forzato od
obbligatorio (art.4); il diritto alla libertà ed alla sicurezza personale (art.5);
il diritto alla buona amministrazione della giustizia, con riguardo sia al
giudizio sulle contestazioni dei diritti e doveri di carattere civile di una
persona, sia al giudizio nelle accuse penali contro di essa mosse (art.6);
l’interdizione di condanne non fondate sul principio della legalità dei delitti
e delle pene (art.7); il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del
domicilio e della corrispondenza (art.8); il diritto alla libertà di pensiero, di
coscienza e di religione (art.9); il diritto alla libertà d’espressione (art.10) ed
alla libertà di riunione pacifica e d’associazione (art.11); il diritto di
sposarsi e di fondare una famiglia (art.12). Nel primo Protocollo
addizionale sono definiti diversi diritti della persona e gli obblighi statali in
merito alla protezione della proprietà (art.1), al diritto all’istruzione ed al
diritto dei genitori di assicurare l’educazione della prole e l’insegnamento
in conformità con le loro convinzioni religiose e filosofiche (art.2), il diritto
all’impegno delle Parti contraenti di organizzare libere elezioni a scrutinio
segreto per l’elezione del corpo legislativo (art.3). Il Protocollo n. 4 prevede
che nessuno possa essere privato della sua libertà per il solo fatto di non
essere in grado di adempiere ad un’obbligazione contrattuale (art.1); tutela
la libertà di circolazione su tutto il territorio di uno Stato e quella di fissarvi
liberamente la propria residenza (art.2); vieta l’espulsione dei cittadini e
contempla il diritto di entrare nel territorio dello Stato di cui si è cittadini
(art.3); vieta le espulsioni collettive di stranieri (art.4). Con il Protocollo n.
6 è stata abolita la pena di morte. Infine, il Protocollo n. 7 contiene i diritti e
le libertà seguenti: garanzie procedurali in caso d’espulsione di stranieri