VII
Come vedremo nei capitoli seguenti, la geografia ha
sofferto, e soffre in Italia, di una mancanza di
considerazione come disciplina utile all’uomo e
indipendente da altre discipline.
Pertanto, trattando gli effetti che la televisione ha sui
telespettatori ho cercato di adattare le teorie sociologiche
più comuni alla divulgazione della geografia, riscontrando
che, forse, meglio di altre discipline, questa ha un carattere
interdisciplinare che ne è, in definitiva, la sua forza
maggiore.
Oltre a ciò, ho ritenuto indispensabile analizzare i
contenuti delle trasmissioni considerate, per vedere come e
se questi possano adattarsi ad una loro utilizzazione
didattica. Questa parte del lavoro è quella che mi ha creato
i problemi maggiori, in quanto non è stato possibile
visionare tutti i programmi citati, ma solo una piccola parte,
a causa delle pessime condizioni del materiale degli archivi
RAI e della lentezza burocratica per l’accesso agli stessi.
Infine è stata chiesta ai geografi e ai possibili
telespettatori la loro opinione riguardo alla divulgazione.
Nel corso della ricerca ho potuto, in ogni caso,
avvalermi delle strutture della RAI: in primo luogo della
VIII
Biblioteca Centrale e di quella di Comunicazioni di massa, e
in secondo luogo del Catalogo Informatizzato e degli Uffici
della Videoteca.
Oltre a questo mi sono avvalso del più veloce mezzo
di comunicazione attualmente utilizzabile: Internet. Grazie
all’utilizzo della posta elettronica, infatti, mi è stato possibile
svolgere alcune interviste in tutta Italia, e in particolar
modo, di contattare i geografi che si occupano della
disciplina nelle università.
Questo mezzo ha consentito un approccio diverso e
soprattutto ha reso possibile velocizzare la mia ricerca; ho,
inoltre, constatato che quasi tutti hanno risposto alle mie
domande in modo cordiale e hanno offerto indicazioni
estremamente preziose per lo svolgimento di questa tesi.
Per cercare di comprendere al meglio il fenomeno
della divulgazione scientifica e della geografia nella
televisione pubblica italiana, inoltre, credo che sia
necessario ripercorrere brevemente le fasi più importanti
della storia della RAI dalla sua nascita ad oggi.
La televisione italiana ha cominciato a trasmettere il 3
gennaio del 1954 in un contesto particolare. La percentuale
IX
di analfabeti era, infatti, ancora molto alta (vicino al 13%) e
gli apparecchi televisivi erano considerati un lusso per
molti, tanto che l’inizio della programmazione fu annunciato
dal Corriere della Sera solo nelle pagine locali di Milano,
sede del primo Palazzo RAI.
La situazione generale non fu di certo favorita
dall’opposizione ferma del Vaticano e del Papa Pio XII, il
quale definì la televisione come
“potenza malefica e più sconvolgitrice degli spettacoli
cinematografici perché capace di introdurre tra le
stesse pareti domestiche quell’atmosfera di
materialismo, di fatuità e di edonismo che troppo
sovente si respira nelle sale cinematografiche”
1
.
Nonostante le opposizioni iniziali, nel giro di due anni
la RAI aveva un fatturato già superiore ai 4 miliardi (nel
1956!), con più di 360.000 abbonati e con apparecchiature
tra le più moderne d’Europa.
Nel 1961 nacque il Secondo Programma che grazie
alla fermezza del direttore della RAI Ettore Bernabei, non fu
trasformato in un canale d’élite ma in un canale che:
1
GRASSO A., 1996, Enciclopedia della televisione, Milano, Garzanti,
p. 894.
X
“servirà a offrire al pubblico televisivo la possibilità di
scegliere tra programmi più o meno leggeri”
2
.
Fino agli anni '70 la RAI ha detenuto il monopolio del
sistema radiotelevisivo italiano, svolgendo un ruolo
fondamentale nella costruzione e nella definizione
dell'identità culturale nazionale.
A partire dagli anni '70 però si inizia ad affrontare il
problema delle reti private. Nel 1971 TeleBiella iniziò a
trasmettere da uno scantinato ad un televisore collocato
nella vetrina di un negozio del centro. Due anni dopo 3000
metri di cavi collegavano gli apparecchi installati nelle
piazze, nelle strade, nei bar, nei ristoranti e nelle case.
Nonostante il blocco dell'emittente biellese avvenuto nel
1973, erano nate e continuavano a nascere nuove
televisioni private in tutto il territorio nazionale e anche la Tv
straniera fece il suo ingresso nell’etere italiano con
TeleCapodistria e TeleMontecarlo, a contrastare il
monopolio della RAI.
Il fenomeno delle Tv private mise profondamente in
crisi il servizio pubblico. Nemmeno la riforma attuata nel
2
GRASSO A., 1996, op. cit., p. 894.
XI
1975 riuscì a migliorare la situazione: viene istituito un
nuovo canale, Rete3 (poi Raitre), che inizia a trasmettere
solo il 15 dicembre del 1979, e il Programma Nazionale e il
Secondo programma cambiano struttura e nome in Rete1 e
Rete2.
Da una ricerca svolta nel 1979, che riportava i primi
dati nell’era dello “scontro” pubblico/privato, si scoprì che
nel novembre di quell’anno, gli italiani avevano speso quasi
il 24% del loro tempo davanti alla televisione sintonizzati su
reti private locali e il 5% su canali stranieri. Tra il 1977 e il
1979, inoltre, i telespettatori del primo canale della RAI
erano diminuiti del 15,8%
3
.
All’inizio degli anni ’80 si ha la svolta definitiva con la
discesa in campo di Silvio Berlusconi. Nel settembre del
1980, infatti, riunì cinque emittenti del Nord Italia
(TeleMilano, A&G Television, Video Veneto, TeleTorino e
Tele-Emilia-Romagna) sotto il marchio di Canale5.
La mossa vincente fu quella di chiamare con se volti
noti dello spettacolo che avevano fino ad allora militato con
3
GRASSO A., 1996, op. cit., p. 907.
XII
successo in RAI: Mike Bongiorno, Enzo Tortora, Raimondo
Vianello e Sandra Mondaini, Corrado e altri.
L’espansione di Berlusconi continuò crescente e lo
portò a comprare altre due reti: Italia1 nel 1983 da Rusconi
e Retequattro nel 1984 da Formenton, a capo della
Mondadori.
Dal 1984 inizia così l’era del duopolio, che attraverso
scontri più o meno pacati, si è protratta fino ai giorni nostri.
In base a questa breve storia, quindi, si può
comprendere perché la scelta della televisione pubblica per
studiare la divulgazione scientifica sia obbligata. Da quando
la RAI ha iniziato a “cedere” spettatori alle televisioni private
è iniziata quella battaglia di audience che caratterizza,
tuttora, il mercato.
La geografia, e la scienza in generale, sono diventate
così opzionali, in quanto meno capaci rispetto ad altri tipi di
programmi di intrattenere e divertire. Quindi, mentre le
televisioni private non hanno quasi mai trattato argomenti
scientifici, la RAI ha in ogni modo cercato di continuare la
tradizione iniziata nel 1954 di televisione con un doppio
ruolo di educazione e di intrattenimento.
1
CAPITOLO PRIMO
La divulgazione scientifica nella televisione
pubblica italiana
… a paucis in omnes se vulgat
… da pochi si diffonde a tutti.
(Tito Livio)
1.1 Divulgazione e televisione
La parola divulgazione deriva dal sostantivo vulgus
(popolo), corrispondente al verbo latino vulgare, utilizzato
con il significato di “diffondere tra la folla”
1
. Ed è proprio
questo il concetto chiave del divulgare, definito come:
1
GEORGES F., BADELLINO O., 1950, Dizionario italiano latino –
latino italiano, 3 ed., Torino, Rosenberg & Sellier.
2
“rendere comprensibile ad una vasta cerchia di
persone concetti artistici, letterari o scientifici
esponendoli in modo semplice e chiaro”
2
.
La divulgazione, in questa accezione, è nata con
l’uomo e nel corso del tempo si è evoluta sempre più
rapidamente, in particolare con la rivoluzione industriale e
con il diffondersi, poi, di mezzi di comunicazione sempre più
evoluti.
“Se non sei capace di spiegare le tue ricerche a tua
nonna, vuol dire che non le hai capite neanche tu”
3
.
Con queste parole, il fisico Richard Feynman
4
amava
sorprendere quegli scienziati convinti dell’impossibilità di
comunicare, all’esterno dei laboratori scientifici, il contenuto
dei loro studi.
Anche chi si cimenta per mestiere con la difficile arte
della divulgazione scientifica, sa quanto sia importante
2
ZINGARELLI N., 1995, Vocabolario della lingua italiana, Milano,
Zanichelli, p. 577.
3
RANDO F. G., Nel NEP per imparare, «Galileo on line»,
http://www.galileo.it/, 13 settembre 1997.
4
Richard Phillips Feynman. Fisico statunitense (New York 1918-Los
Angeles 1988). Collaborò con R. Oppenheimer alla costruzione della
prima bomba atomica. Premio Nobel per la Fisica nel 1965 con S.
Tomonaga e J. Schwinger per il contributo dato allo sviluppo teorico
dell’elettro-dinamica quantistica.
3
conciliare la rigorosità del contenuto con la semplicità dello
stile.
Con la televisione, la divulgazione scientifica modifica
completamente i suoi metodi; infatti, divulgare le scoperte
scientifiche e tecniche non è sempre facile, poiché, spesso,
il linguaggio troppo tecnico rende la teoria difficilmente
comprensibile alle masse.
Inoltre, un’eccessiva semplificazione può far travisare
la realtà dei fatti:
“[…] se il problema della divulgazione è far passare le
idee semplici su cui la scienza si fonda, queste non
possono ridursi a immagini impoverite e
semplicistiche”
5
.
A mio parere, il medium televisivo risulta più
funzionale di ogni altro mezzo di comunicazione, grazie alla
possibilità che ha di utilizzare immagini oltre che di spiegare
le teorie oralmente:
“[…] le trasmissioni scientifiche rispondono ad un altro
desiderio oltre a quello del sapere, soddisfano il
desiderio di vedere […]. È per questo che si mostrano
5
CANNAVÒ L., 1995, Babele e la scatola magica. Livelli e modelli di
analisi della scienza in Tv, in CANNAVÒ L. (a cura di), La scienza in
TV. Dalla divulgazione alla comunicazione scientifica pubblica, Torino,
Nuova Eri, p. 25.
4
delle immagini della scienza, invece di dimostrare, di
spiegare”
6
.
L’importante è che non si arrivi ad un estremo:
“Il prevalere di modalità comunicative ridotte alla
percezione visiva può indurre nel pubblico non colto
una tendenza all’ipersemplificazione, e cioè a
considerare scientifici e/o interessanti solo i fenomeni
visivamente percepibili”
7
.
Occuparsi di divulgazione scientifica in televisione è
divenuto problema sempre più importante nella nostra
società, e ne sono scaturiti una serie di interrogativi.
La televisione è un mezzo adatto a divulgare? E, in
seconda istanza, qual è l’effettivo ruolo della divulgazione?
Trasmettere un sapere reale o trasmettere una determinata
immagine della scienza?
In Italia, la divulgazione scientifica in televisione è
stata iniziata dalla RAI e, a tutt’oggi, i canali nazionali
pubblici sembrano gli unici attenti ad offrire degli spunti in
tal senso:
6
CHANIAC R., 1984, L’image de la science a la télévision, «Etudes de
radio-télévision», 33, p. 72. “[…] les émissions scientifiques répondent
à un autre désir que celui de savoir, elles satisfont le désir de voir […].
C’est pourquoi on montre des images de la science, au lieu de
démontrer, d’expliquer”.
7
CANNAVÒ L., 1995, op.cit., p. 39.
5
“L’avvio delle trasmissioni televisive in Italia, nel 1954,
coincise da subito con la storia della divulgazione
scientifica”
8
.
Le trasmissioni di divulgazione scientifica sono
sempre state rare. Dopo un buon inizio negli anni ’50 e
nella prima metà degli anni ’60, si è assistito ad un
rallentamento e ad una progressiva scomparsa delle
stesse.
E’ solo con gli anni ’90 che si assiste ad una ripresa
dell’interesse verso la diffusione delle nozioni scientifiche,
grazie anche al maggiore impiego di nuovi mezzi tecnici,
capaci di rendere le scienze in TV sempre più spettacolari.
9
Gli studi riguardanti la divulgazione, oltretutto, hanno
sempre analizzato il problema non considerando
l’interazione fra le tre categorie di persone strettamente
interessate alla divulgazione: il pubblico, gli scienziati e i
divulgatori televisivi.
Riguardo a queste tre categorie, andiamo ad
8
NOBILE S., 1995, Tempi e mercati della divulgazione scientifica, in
CANNAVÒ L., op. cit., p. 54.
9
Caso a sé la trasmissione Quark, andata in onda dal 1981 ad oggi
ininterrottamente, come vedremo meglio più avanti.
6
analizzare come i tre “gruppi” si differenzino nel modo di
percepire la scienza in televisione.
Se prendiamo in considerazione il punto di vista del
pubblico, non possiamo fare a meno di notare alcune
differenze nella percezione da parte degli adulti o dei
ragazzi.
Le opinioni degli adulti risultano influenzate da due
fattori principali: il loro atteggiamento nei confronti della
televisione e quello nei confronti dell’acquisizione del
sapere.
“Nel considerare l’offerta di divulgazione scientifica in
televisione si è tenuto conto proprio del fatto che
esistono diversi “livelli” di divulgazione, corrispondenti
a target diversi”
10
.
In base a ciò ho cercato di distinguere diversi tipi di
spettatori adulti:
• gli “intellettuali”, per i quali la televisione non è
adatta alla divulgazione, o, eventualmente, può essere
utilizzata per divulgare “agli altri”, dal momento che espone,
in forma banalizzata ed eccessivamente semplice, le
10
NOBILE S., 1995, op. cit., p. 54.
7
nozioni scientifiche al fine di renderle accessibili al grande
pubblico:
“È un pubblico anche molto convinto di sapere certe
cose, di sapere, probabilmente, più di quanto sa”
11
.
Questa categoria vede nel giornalista colui che fornisce
delle immagini e organizza i dibattiti;
• i “negativi”: considerano la televisione inadatta a
fare divulgazione perché, a differenza dei primi, hanno poca
fiducia nella loro capacità di apprendere, e reputano il
mondo scientifico inaccessibile:
“il pubblico reclama informazione, ma non è pronto a
dedicarle l’attenzione necessaria e a investire su di
essa il lavoro intellettuale indispensabile, prima
condizione per un’informazione sensata”
12
;
• i “positivi”: hanno, in genere, cultura media e
pensano che la televisione possa portare loro delle
conoscenze che hanno desiderio e voglia di acquisire. Il
11
LIVOLSI M., 1985, Atti del Convegno «La professionalità
scientifica», Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, p. 88.
12
LECHEITNER H., 1984, Science et télévision. Bilan d’une
experience, «Etudes de radio-télévision», 33, p. 12. “Ce public réclame
l’information, mais il n’est pas prêt à y consacrer l’attention et à y
investir le travail intellectuel indispensable, ce qui est la première
condition à une information sensée”.
8
giornalista diventa, per questi ultimi, un mediatore
essenziale e, nonostante il mondo scientifico sia per loro
distante, la richiesta di informazioni li porta verso casi
concreti piuttosto che verso questioni generali o
“interrogazioni filosofiche” sul ruolo della scienza:
“La scienza offerta dai media, in particolare televisivi,
ci rende propensi a […] optare per un’interpretazione
realista del mondo”
13
;
• gli “osservatori”: pensano che la televisione sia un
buon mezzo di divulgazione, ma sono esaminatori più
critici. Sono, in genere, più propensi ad un incontro diretto
con gli scienziati, più che ad essere sottoposti ad un
processo di acquisizione del sapere, che li metterebbe in
una situazione di imbarazzo. In linea di massima, infatti,
questi telespettatori “si rifiutano di essere messi in
situazione scolare”
14
, ma pretendono dagli scienziati
interventi e soluzioni sui perché della scienza.
13
CANNAVÒ L., 1995, op. cit., p. 12.
14
DE CHEVEIGNÉ S., 1999, La vulgarisation scientifique à la
télévision, http://www.cnrs.fr/. “ils refusent d’être mis en situation
scolaire”.