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1 L’EVOLUZIONE DELLA FINANZA PUBBLICA
1.1 LA FINANZA DERIVATA
Dagli anni ’90 l’Italia ha intrapreso un lento e lungo percorso di trasformazione dell’intera
Pubblica Amministrazione da un sistema prevalentemente accentrato ad uno decentrato.
Questo processo ha avuto inizio esattamente nel 1990 con la legge quadro sulle autonomie
locali(L. 142/90), data che ha segnato l’inizio di un periodo caratterizzato da diverse leggi
successive fra cui si ricordano quelle riguardanti il riordino della finanza degli enti locali
(L.421/92 e 504/92), l’elezione diretta del sindaco (L . 81/93), l’introduzione dell’Ici e le
leggi Bassanini ma la più importante e significativa è stata sicuramente la riforma del titolo V
della Costituzione, la quale ha attribuito a comuni, province, città metropolitane e regioni
un’ampia autonomia di entrata e di spesa. Al momento attuale questo percorso non si è ancora
concluso a livello legislativo e ancora più a lungo bisognerà attendere prima che gli enti locali
possano agire nella pienezza dell’autonomia, poiché questo è un percorso che implica un
cambiamento radicale del sistema pubblico che va ben oltre al semplice trasferimento
burocratico di competenze, bensì coinvolge la cultura e il modus operandi degli operatori
nelle amministrazioni pubbliche.
La riforma appena citata si concentra prevalentemente, come dimostra la letteratura a
riguardo, sull’autonomia finanziaria degli enti locali, dando poco rilievo al contestuale
trasferimento di compiti basato sul principio di sussidarietà, il quale stabilisce che le
necessità o esigenze di una certa comunità debbano essere soddisfatte dall’organo più vicino
gerarchicamente. Su tale principio si fonda il processo che porta alla creazione del “nuovo”
centro, ossia le pubbliche amministrazioni in senso stretto ora detengono un ruolo di primo
piano nello sviluppo delle economie locali, quindi del Paese. Agli enti locali sono stati
delegate nuove responsabilità e compiti che potranno adeguatamente fronteggiare soltanto
attraverso una efficacie , efficiente ed equilibrata gestione economico-finanziaria il cui vertice
ruota attorno all’attività di funding.
Pertanto se da un lato lo Stato delega alle amministrazioni periferiche alcune delle funzioni
precedentemente svolte da quest’ultimo, dall’altro non trasferisce le risorse finanziarie
necessarie attraverso il tradizionale canale dei trasferimenti; in effetti uno degli obiettivi che si
vuole perseguire è quello di responsabilizzare l’ente locale sia dal punto di vista socio-
politico
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(in quanto l’ente territoriale non è più il mero braccio esecutivo dell’organo centrale)
ma anche sotto l’aspetto strettamente finanziario (ora l’ente dovrà scegliere con particolare
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All’ente viene ora attribuita una vera e propria funzione pubblica intesa come la responsabilità attribuita da un determinato
Ente Pubblico sulla produzione di un certo sul sistema economico , concetto che sorpassa la visione degli enti locali come
fornitori di servizi pubblici a cui si associano aspetti puramente strumentali e organizzativi
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attenzione quali investimenti effettuare , con quali risorse finanziarie…). Questo
corresponsabilizzazione degli enti locali soprattutto dal punto di vista del debito è
particolarmente importante all’interno del programma governativo di contenimento del debito
in relazione con il Patto di Stabilità e Crescita tuttavia l’evoluzione verso la finanza derivata
non deve essere letta come un sistema creato ad hoc per il contenimento del debito pubblico
italiano; essa è in realtà figlia di percorso molto complesso di trasformazione dell’intera
struttura della pubblica amministrazione.
Lo Stato ha quindi provveduto a diminuire l’importanza dei trasferimenti come una delle più
importanti risorse finanziarie degli enti territoriali infatti il loro peso sulle entrare finali passa
dal 27,1% del 1998 al 19,6% del 2003 (a livello aggregato); quindi a livello regionale perdura
la tendenza avviatasi nel 2001 con il D.lgs 56 che essenzialmente abolisce i trasferimenti
erariali alle Regioni a statuto ordinario (pur rimanendo in vita i trasferimenti destinati ad
attività di interesse nazionale). A livello provinciale e comunale, limitatamente però al
biennio 2002/03, si assiste ad un lieve incremento dei trasferimenti a fronte di nuove funzioni
conferite, tuttavia nel 2004 si è confermata la tendenza del contenimento dei trasferimenti.
Nell’ambito della finanza autonoma poi non bisogna dimenticare l’importanza dell’autonomia
tributaria che gradualmente viene riconosciuta agli enti territoriali come importatene leva
finanziaria si vedano, infatti, tra i tributi destinati alla Regione l’IRAP, l’addizionale IRPEF,
l’accisa sulla benzina, la tassa automobilistica regionale e la compartecipazione all’IVA; alle
Province spettano poi IPT e la RCauto ed infine ai Comuni spetteranno l’ICI, la TARSU, la
compartecipazione al gettito IRAP e altri tributi locali minori.
L’ultimo e il più importante aspetto della finanza autonoma è stata l’apertura degli enti
territoriali ai mercati dei capitali
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, possibilità fondamentale per tali enti che in questo modo
possono reperire risorse finanziarie al fine di continuare e possibilmente ad incrementare gli
investimenti a favore dell’economia locale e della propria comunità. Tra le innovazioni
principali possiamo certamente citare le emissioni obbligazionarie, la cartolarizzazione dei
crediti, le operazioni di leasing e l’utilizzo di derivati (ad esempio IRS per il passaggio dal
tasso d’indebitamento fisso ad uno variabile o viceversa).
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Per mercati dei capitali qui si vuol intendere l’accesso da parte degli enti locali a fonti di finanziamento extra-statali e non
convenzionali che vanno ben oltre al tradizionale mutuo con la Cassa depositi e prestiti o con le banche e che sono più
proprie della imprese come l’emissione di BOC e la possibilità di utilizzare strumenti derivati per il contenimento del debito
e non certo con finalità speculative . Ma di questo se ne parlerà ampiamente nei capitoli successivi.
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1.2 LIMITI ALL’OPERATIVITÁ DEGLI ENTI TERRITORIALI
L’ente locale appartiene a quell’insieme di organizzazioni pubbliche costituite per servire
l’interesse della collettività. Obiettivo questo che è perseguito attraverso l’erogazione di
servizi alla propria comunità, la quale tende naturalmente a richiedere prestazioni sempre più
complesse di elevata qualità e valore aggiunto, il che richiederà all’ente fornitore un ulteriore
sforzo aggiuntivo(comunità sempre più esigenti).
Allo stato attuale gli enti, da una parte, sentiranno la pressione e lo stimolo da parte della
collettività a migliorare le proprie prestazioni ma, dall’altra, sentiranno i vincoli sempre più
pressanti dell’autonomia tributaria e fiscale e del patto di stabilità interno. Questo secondo
elemento è in molti casi la causa del rallentamento degli investimenti e della iniziative,
importantissimi per lo sviluppo dell’economia locale, ancor più che agli Enti Locali è affidata
una parte importante degli investimenti pubblici, ma più in generale, della spesa pubblica.
Il citato Patto di Stabilità e di Crescita ha stabilito inizialmente i criteri di convergenza e le
modalità per arrivare indenni alla moneta unica del 1998 e successivamente le regole per
accelerare i processi di convergenza per un risanamento rapido e costante, in particolare esse
stabilivano che il ricorso all’indebitamento era ammesso per finanziare le sole spese di
finanziamento (vincolo che è stato anche imposto agli enti territoriali in connessione
all’assunzione del debito di qualunque forma). Tali regole e vincoli hanno chiamato e
chiamano in causa non solo i Governi centrali ma anche i livelli amministrativi inferiori
soprattutto per quanto concerne la stabilità delle finanza pubblica, la quale prevede che il
rapporto tra disavanzo pubblico e PIL non superi i 3 punti percentuali mentre il rapporto tra
debito pubblico e PIL non sia superiora al 60%. In materia di finanza pubblica questi sono gli
obiettivi che lo Stato si impegna a conseguire e a cui si ispirano le diverse finanziarie a partire
dal 1999. In particolare la Finanziaria 2005 sembra che abbia purtroppo seguito le orme della
precedente , come testimoniano gli operatori del settore, infatti esso ha introdotto alcune
novità che appaiono in realtà mettere più in crisi gli enti locali sopratutto quelli più piccoli, i
quali da una parte non possono più far leva sulla pressione fiscale e dall’altra non possono
oltremodo indebitarsi visto i vincoli del Patto di Stabilità interno, enti questi che sono costretti
a ridurre le spese per investimenti e tutte le altre spese peggiorando ulteriormente la loro
situazione e innescando così un pericoloso circolo vizioso.
Qui di seguito verranno quindi esposte le novità introdotte dalla citata finanziaria riguardanti i
provvedimenti adottati dal governo per il contenimento del debito e del disavanzo pubblico,
proprio al fine di illustrare il peso assunto dal Patto nella gestione degli enti nonché la
responsabilità nel raggiungimento di tali obiettivi imposti dalla comunità europea :
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ξ Estensione del patto di stabilità anche ai comuni con più di tre mila abitanti.
ξ Fissazione di un tetto alla crescita della spesa complessiva al 11,5% o 10%
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rispetto alla
media del trienni 2001-2003(spese correnti e spese in conto capitale).
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ξ Inasprimento delle sanzioni per gli enti che non rispettano i vincoli, per i quali è stato
previsto per il 2006 l’impossibilità di assumere personale, di ricorrere a forme di
indebitamento per il finanziamento degli investimenti e di acquistare beni o servizi in
misura superiore alla corrispondente spesa effettuata nel 2004.
Come sottolinea Boccia
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la logica del Patto di stabilità dovrebbe essere quella di controllare il
livello di indebitamento; fissare, quindi, un tetto alle spese non solo lede l’autonomia degli
enti locali nella gestione delle politiche di sviluppo ma rallenta il decentramento , ostacola
l’autonomia finanziaria ma soprattutto incide negativamente sulle politiche di investimento
degli enti locali. Questo giudizio appena enunciato può apparire forte ma è sicuramente
diffuso tra gli operatori negli enti locali soprattutto in quelli in cui la pressione fiscale non è
più incrementabile e le spese non sono facilmente riducibili per lasciare lo spazio a spese per
investimento: enti questi che sul mercato possono ottenere finanziamenti a tassi mediamente
più elevati dato il loro equilibrio economico-finanziario precario. L’immagine che si ha oggi è
quella di un federalismo anomale in cui è facile decentrare la spesa ma non le entrate, in cui
gli enti locali hanno il gravoso compito di propulsori dell’economia privi di risorse finanziarie
adeguate. L’autonomia fiscale e tributaria che la devolution vuole riconoscere agli enti è in
realtà fonte di importanti criticità e rischi tra i quali possiamo citare l’accentuazione degli
squilibri tra i diversi enti territoriali dovuti ai diversi gradi di dipendenza erariale (la
Lombardia presenta infatti un indice pari all’ 1% mentre la Sardegna il 42%), di capacità
impositiva (le regioni meridionali infatti mostrano basi imponibili pro-capite più bassi della
media nazionale) ma soprattutto l’estreme differenziazione nella capacità amministrativa degli
enti (si notino anche le diverse velocità di riscossione di tasse e tributi). Squilibri territoriali
che vanno ancor di più a evidenziare la purtroppo antica dialettica tra Nord e il Centro-Sud
dove si localizzano la maggior parte delle zone meno ricche del nostro Paese , aree in cui gli
enti mostrano ancora una grande dipendenza dai trasferimenti dello Stato e un molto più
contenuta autonomia finanziaria. La pressione fiscale degli enti territoriali non è uniforme,
generalmente infatti saranno proprio gli enti con maggior di facoltà di raccolta e di bassa
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I due tetti fanno riferimento rispettivamente ai comuni che hanno rilevato una spesa corrente media pro-capite inferiore o
superiore a quella media pro-capite della classe demografica di appartenenza.
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Il totale delle spese deve però essere calcolato al netto di : spese per il personale, per la sanità, spese per acquisizioni di
partecipazioni azionarie e di altre attività finanziarie, spese per trasferimenti destinati alle amministrazioni pubbliche, spese
connesse agli interventi a favore di minori soggetti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria e spese per calamità naturali in
caso di stato di emergenza.
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Riferimento all’articolo di F. Boccia apparso su “Focus Comuni” 1-2/1005 pag. 13-15 intitolato “Lo stato della Finanza
Pubblica locale, l’impatto della finanziaria 2005”.
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qualità dei servizi a incrementare il loro gettito fiscale, questo potrebbe portare una parte della
comunità locale ad insediarsi in un territorio magari limitrofo a quello precedente, in cui però
il peso dei tributi è minore poiché l’ente riesce attraverso altre fonti alternative ad investire e a
fornire servizi qualitativamente migliori. Questo comporterebbe all’ente originario una perdita
delle quote di tributi e peggiorando la sua situazione economica (voting by foot)
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Come si può evincere sono diverse le ripercussioni negative derivanti dall’utilizzo
dall’autonomia fiscale che portano l’ente, qualora sia possibile
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, a ricercare altre possibili
risorse. La rigidità strutturale che caratterizza molti dei bilanci delle pubbliche
amministrazioni costituisce un importante vincolo sia ex-ante, nel momento di scegliere la
fonte o la leva finanziaria più adatta che ex-post. La scelta infatti si basa soprattutto su stime e
simulazioni che, pur accurate che siano, potrebbero rivelarsi sbagliate per fattori esterni alla
competenza dall’ente o difficilmente prevedibili; in tal caso, poiché l’ente non potrà far fronte
al debito con altro debito (possibilità che invece è riconosciuta allo Stato) sarà costretto a
riduzioni (ordinarie) della spesa, in presenza forti rigidità verso il basso , e/o ad aumenti di
imposta. Il tutto dovrà essere fatto all’interno di meccanismi che assicurino ai cittadini la
fruizione dei servizi.
Tra le limitazione del Patto di stabilità interno e la difficoltà di applicazione dell’autonomia
tributaria, le voci di bilancio più sensibili n questo senso sono proprio le spese esposte a
probabili riduzioni, in particolare potranno venir toccate le spese discrezionali (per prestazioni
sociali e per infrastrutture);riduzioni che conducono a possibili peggioramenti della qualità e
della quantità dei servizi erogati, il tutto poi condurrebbe ad importanti risvolti negativi sulla
finanza pubblica centrale.
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Il sistema si sta progressivamente avvicinando ad un sistema legato al consenso dei cittadini che può anche esprimersi
attraverso la scelta di localizzazione del proprio domicilio residenziale e produttivo in aree dove il rapporto costi/benefici sia
minimo – importante componente di sistemi federali evoluti come quello statunitense o canadese.
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Le diverse forte di indebitamento a medio- lungo termine sono soggette a numerose limitazioni tra cui il divieto del
finanziamento delle spese correti (relative all’ordinaria gestione dell’ente come le spese per il personale) a cui si
contrappongono le spese in conto capitale (di cui fanno invece parte il rimborso delle quote capitali dei debiti assunti).