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misure restrittive e coercitive di cui sono state fatte oggetto negli anni per
annientare la loro identità nazionale e inglobarle in processi di nazionalizzazione
sia francese che spagnola. Partendo da una situazione del genere, unita ai vari
cambiamenti che stavano sorgendo verso la fine del XIX secolo, logico aspettarsi
la nascita di un movimento nazionale in difesa della razza basca. Movimento che,
come si vedrà durante lo svolgimento dell'opera, subirà moltissimi cambiamenti e
ideologici e attuativi anche radicali, ma condotto sempre da quel filo che è
l'unificazione, la pacificazione e la sovranità nazionale di cui i baschi godevano in
passato (grazie ai fueros). Ora il Paese basco gode di una certa Autonomia, sia per
quanto riguarda il versante spagnolo sia per quello francese, avendo un Governo
proprio (Juntas Generales), con sede a Vitoria (Álava), che prende le decisioni a
livello centrale e contratta con lo Stato spagnolo i termini economici e istituzionali
di sua competenza. Un'ampia Autonomia che ha permesso al Paese basco di
svilupparsi molto economicamente diventando la regione più ricca della Spagna;
di conseguenza la popolazione basca non sente più il bisogno politico di un
distacco dalla Nazione "invasora" (anche se l'ala radicale , vedi ETA, opta ancora
per la linea indipendentista) ma desidera solo di poter preservare quelle che sono le
loro caratteristiche tradizionali e peculiari della loro razza. All'interno di tutto
questo discorso che comprende varie tematiche, dai diritti civili
all'autodeterminazione dei popoli e delle persone, dalla nazionalità al razzismo (i
temi da trattare sarebbero innumerevoli), viene inclusa anche la cultura, intesa
come rappresentazione del pensiero e dello stile di una razza, intesa come collante
e memoria di popolo, poiché privare qualcuno della propria memoria equivale a
privarlo della propria identità. Ed è quello che si è cercato di fare per secoli con i
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baschi sminuendo ed emarginando la loro letteratura e la loro cultura (anche se
come vedremo la letteratura basca ha sofferto di altre limitazioni). Quindi nella
parte letteraria si potrà notare la totale assenza di una forte tradizione scritta e la
sua rinascita legata al risveglio e alla presa di coscienza nazionale avvenuta nel
XIX secolo. Il tempo e le rivoluzioni sociali avvenute tra la fine degli anni '60 e gli
anni '70 hanno fatto sì che la cultura basca si emancipasse da quelle tematiche
tradizionali, legate alla terra e alla visione bucolica del Paese, per diventare una
letteratura di livello europeo (anche se non raggiungendo parametri elevati).
Per concludere, pur nelle mille contraddizioni che i baschi hanno avuto, ed
hanno ancora, durante il mio lavoro di ricerca (e del soggiorno a Bilbao lo scorso
anno) sono rimasto affascinato da un popolo capace nei momenti di maggiore
difficoltà di trovare una forte coesione sociale e capace di apprezzare il proprio
passato, orgoglioso di far parte di una comunità e rispettoso del luogo in cui vive a
differenza di chi, se mi è permessa una piccola polemica, si professa nazionalista
solo per questioni di razza o etniche o di chi si paragona, rivendicando diritti di
popoli che non sono mai esistiti nella storia e non hanno mai avuto una loro
tradizione, a genti come scozzesi, irlandesi, popoli della ex Unione Sovietica (solo
per citarne alcuni) o gli stessi baschi che la storia ha condannato ad essere "muti".
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Parte I: Sviluppo storico
Capitolo I: genesi storica e ideologica del
movimento nazionale
Si può affermare che la protesta basca è un fenomeno sociale e, come tutti i
fenomeni sociali, non si produce casualmente. In tutte le epoche, in questa regione,
vi è stata una strenua difesa delle istituzioni, leggi, costumi e soprattutto di
quell’unità culturale (ZAZPIAK BAT)
1
e linguistica che costituiscono il cavallo di
battaglia di quella lotta politica protrattasi fino ai nostri giorni.
Tralasciando le varie teorie sull’insediamento basco in questo territorio,
forse risalente al neolitico, bisogna fare una premessa importante, e cioè che
l’idioma basco è il più antico d’Europa, è quello originale della zona in cui viene
parlato oggi e manca di parentele conosciute: questo significa che l’Euskera
2
è
l’unica lingua preIndoeuropea d’Europa.
Tornando invece alla storia, i primi accenni a un popolo Ouascon risale
al geografo greco Strabone (I sec. A.C.). Al loro arrivo i Romani incontrarono
solo i Celti; Pompeo fondò Pamplona. Sia i Romani che i Celti limitarono la
loro conquista alla costa, alle valli e a qualche valico, quindi è ragionevole
pensare che sui monti sussistesse un nucleo dei primi abitanti.
1
Letteralmente “sette in uno” che sta a significare il voler riunire le sette regioni in un unico Stato.
2
Il nome della lingua ufficiale parlata nel Paese basco.
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L’occupazione Romana durerà per secoli e cambierà la faccia al Paese;
quasi certamente fu un periodo di pace e prosperità come si può desumere da
un documento del II secolo che cita le coorti Vascones accolte nell’esercito
regolare di stanza in Inghilterra; il che fa presupporre un’armonia tra Baschi e
Romani. La lenta penetrazione del cristianesimo in questa regione andò di pari
passo con due fenomeni: uno militare, l’invasione dei Goti; l’altro di matrice
filosofica, l’Arianesimo
3
. Quest’epoca è molto importante per la presenza dei
Santi Saturnino, Prudenzio, Firmino, Emeterio e Celedonio e cioè dei
protagonisti delle grandi feste patronali che ”incendiano” l’estate Basca.
Intorno al VI secolo le cronache cominciano a farsi meno nebulose:i
cronachisti
4
(Fredegario, Gregorio di Tours) affermano che i Vasconi
mandavano regolarmente delle delegazioni a rendere omaggio ai re dei
Franchi. Ma altrettanto regolarmente scendevano dalle loro montagne per
depredarne le città. Pare infatti che esistessero due nuclei Baschi: uno viveva
nelle pianure e nelle valli a contatto con Franchi e Visigoti; il secondo
risiedeva in zone montuose remote dalle quali scendeva per saccheggiare le
città di quei popoli.
Certo è che a quell’epoca il modello sociale Basco si diffuse in tutta
l’Aquitania: trasmissione integrale della casa al primogenito, indipendentemente
dal sesso, obbligo per il cadetto di crearsi un proprio focolare altrove. Un altro
fatto è degno di nota: nessuno dei cronachisti parla di capi Baschi, mentre i loro
testi sono ricchi di duchi, signori e conti, prova di un’organizzazione egualitaria
3
Vasto movimento ereticale dell’antichità cristiana, promossa dal prete africano Ario (256-336);
essa asseriva che, nella trinità, solo il Padre fosse Dio, mentre il Figlio è tale solo in quanto
partecipa della grazia, essendo estraneo alla sostanza divina.
4
Studiosi degli avvenimenti del passato nel loro ordine, senza alcun tentativo d’interpretazione
storica.
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già a partire dalla più lontana antichità. Una delle date chiave di questa epoca è
il 711, anno dello sbarco musulmano nel sud della Spagna. Il regno Visigoto non
oppone resistenza e in due anni la Spagna è conquistata tranne la costa
Atlantica; Pamplona verrà razziata parecchie volte ma mai presa veramente.
Nasce una sorta di collaborazione e si annodano legami con le importanti
casate Basche. Un fatto importante è quello che avviene nel 778, quando le
truppe dell’Imperatore Carlo Magno, di ritorno dalla conquista di Saragozza,
distruggono le mura di Pamplona; ciò provocò l’unione di tutti i Baschi per
punire l’esercito aggressore: a Roncisvalle venne sbaragliata la retroguardia
dell’imperatore e venne ucciso Rolando, suo paladino.
La storia istituzionale del Paese Basco inizia dunque con una
sollevazione popolare contro un’aggressione. Agli inizi del IX secolo si forma il
Regno di Pamplona trasformatosi più tardi nel Regno di Navarra; all’inizio
dell’XI secolo il Regno è all’apice della sua espansione,sotto il dominio del Re
Sancho III “re di tutte le Spagne”.
Per tre secoli la storia dei Paesi Baschi e della Navarra coincide con
quella della Reconquista, compaiono le grandi dinastie che faranno la Spagna e i
re accordano i Fueros alle città. Nel XIII secolo la situazione attuale è quasi
delineata: la Navarra obbedisce a Pamplona, le province dette Vascongadas
(Alava, Biscaglia, Guipúzcoa), sono sottoposte alla Castiglia.
Dopo alterne vicende e un susseguirsi di re e principi, nel 1511 le truppe
castigliane entrano a Pamplona: il Regno di Navarra, primo e ultimo dei Regni
baschi, cessa di esistere, annesso alla corona di Spagna.
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In ogni caso, la conquista di questo territorio, ha comportato
sostanzialmente solo un cambio di dinastia regnante, dato che la Navarra ha
conservato tutta la sua struttura amministrativa e legislativa, frontiere proprie e
moneta differente, più o meno come le altre province del Sud basco, il che ha
costituito motivo di conflitto permanente nel lungo processo di unificazione
spagnola; infine, questa conquista da parte dei Re cattolici fu il trionfo della
controriforma e dell’Inquisizione contro le istituzioni navarre, estremamente
tolleranti, modello di apertura religiosa, culturale e politica.
E’ difficile sorvolare su un passato che è fondamentale per la
comprensione dei Paesi Baschi odierni (anche se ho cercato di essere il più
conciso possibile), poiché è l’epoca in cui si formano le rivalità, si stabiliscono
le frontiere etc; è il sunto dell’anima basca, quello in cui ciascuna delle province
ha forgiato la propria indole. Il XVI è anche il secolo nel quale tutti in Spagna
si proiettano verso l’America e i signori baschi sostenitori della Castiglia
partecipano alle operazioni dove si distingueranno alcuni in modo particolare:
Zabala, che fonda Montevideo, Elkano che riconduce a Cadice i resti della flotta
di Magellano, Ignazio di Loyola che fonda la Compagnia di Gesù, una delle
punte di diamante della penetrazione missionaria.
Diversi sono gli episodi di protesta che nel corso dei secoli evidenziano
l’insofferenza dei baschi verso qualsiasi tentativo di imposizione dall’esterno in
materia fiscale o legislativa; si ricordano, ad esempio,i moti scoppiati per ragioni
fiscali in Biscaglia nel 1631, 1718 e 1766, oppure la cosiddetta ”Zamacolada” del
1804, sempre in Biscaglia, contro la coscrizione.
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A causa dello scoppio della Guerra della Convenzione del 1794 nella
Repubblica francese, nasce il primo grande movimento separatista nelle quattro
province, con l’accordo sul passaggio di Guipúzcoa alla Francia e i negoziati delle
altre tre, tesi a garantire la loro neutralità rispetto ai francesi, in cambio del loro
impegno a rispettare le istituzioni basche.
Con la pace di Basilea del 1795 la Spagna recupera in extremis i territori
baschi in cambio della parte orientale di Santo Domingo e dell’impegno a non
procedere a rappresaglie contro i baschi favorevoli a passare alla Francia. Impegno
non mantenuto dagli stessi che, al contrario, prendono in seria considerazione il
problema dell’insicurezza delle loro province settentrionali e accelerano il
processo di unificazione costituzionale facendo uso della forza, il che darà origine
alle grandi guerre scoppiate in seguito.
Quella appena descritta non è stata l’ultima occasione nella quale i baschi
hanno minacciato di passare dalla parte dei francesi se questi avessero garantito le
loro istituzioni; situazioni simili si verificarono anche durante la cosiddetta
”Francesada” del 1813, nel 1873, 1876 e nel 1893, con la “Gamazada”. Nel
frattempo la Spagna opta per un ordinamento di stampo liberale, la Costituzione di
Cadice, che però Ferdinando VII, rimesso sul trono, non intende approvare.
Le colonie del Sud America si sollevano con alla testa il biscaglino Simon
Bolívar ottenendo l’indipendenza, sgretolando il potere reale. I Paesi Baschi
rimangono un po’ fuori da queste traversie non essendo stati toccati dalla
Costituzione del 1812 che, abolita nel 1814, prevedeva l’unità giurisdizionale della
Spagna: l’abolizione dei Fueros.
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Isabella, figlia di Ferdinando VII, succede al padre, avendo quest’ultimo
abrogato la legge salica in vigore presso i Borboni, grazie alla quale sarebbe
dovuto succedergli il fratello Carlos. Con l’appoggio dei liberali, numerosi nelle
città basche, la regina ripristina la Costituzione e nel 1833 i Fueros sono soppressi
ufficialmente. Scoppia la prima Guerra Carlista.
Subito questa guerra nei territori baschi assume la forma di insurrezione
popolare in difesa della tradizione e delle istituzioni. Per sette anni i baschi
organizzano uno Stato proprio, con un ampio appoggio popolare, costituiscono la
base di un poderoso esercito detto Esercito Basco-Navarro, la cui colonna è
costituita, almeno in una prima fase, da contadini volontari guidati dal colonnello
Zumalacárregui. Durante la prima Guerra Carlista l’unica ”zona liberata” di tutto
lo Stato spagnolo è la zona dove si parla abitualmente basco, e questo curioso
fenomeno si ripeterà in occasione della seconda guerra.
Questa importante e ripetuta coincidenza fra territorio ribelle e territorio di
parlata basca fa pensare che, per i baschi di allora, le Guerre Carliste fossero in
fondo una difesa delle loro istituzioni, leggi proprie e costumi, una difesa della
loro personalità collettiva; se si fosse trattato di un semplice problema di dinastia o
di religione, il radicamento del Carlismo sarebbe stato simile a quello registrato in
altre parti dello Stato spagnolo. Invece lo Stato Carlista insediato in questo
territorio aveva un suo re, un suo governo centrale, un suo potere giudiziario e
un’amministrazione completa.
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Questa situazione è perfettamente riprodotta da Don Ramón del Valle-Inclán (1866-1936) nelle
opere cosiddette carliste: La guerra carlista -1909- “Los cruzados de la causa”, “El resplandor de
la hoguera” e “Gerifaltes de antaño”
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L’esercito reale subisce una serie di sconfitte da parte del Generale carlista
Zumalacárregui, il che obbliga la Spagna a chiedere truppe all’Inghilterra, alla
Francia e al Portogallo. La guerra termina nel 1839 con l’Abbraccio di Vergara,
soluzione politica appoggiata dalle potenze straniere, secondo la quale i Baschi
avrebbero deposto le armi e sciolto il loro esercito in cambio della conservazione
delle loro istituzioni.
Deposte le armi da parte dei baschi, l’esercito spagnolo occupa il Paese dal
quale era stato cacciato sette anni prima e , lungi dall’onorare gli impegni presi, la
rampante borghesia spagnola prosegue con i suoi tentativi di unificazione.
Sebbene, in occasione dell’Abbraccio, il Generale dell’Esercito Governativo
avesse promesso il mantenimento delle istituzioni basche, la legge promulgata
nello stesso anno, specifica che ”verranno confermate le istituzioni delle Province
Basche e di Navarra senza pregiudizio per l’unità costituzionale”.
Nel 1841 il governo, d’accordo con i suoi alleati della Navarra, promulga la
“Ley de Modificación de Fueros”, secondo la quale il territorio passa dalla
condizione di regno a quella di provincia spagnola e la frontiera dell’Ebro si sposta
ai Pirenei, si modifica la legislazione fiscale e si introduce il servizio militare
obbligatorio, provocando decise rivolte durante gli otto anni seguenti.
Malgrado le pressioni del governo finalizzate ad estendere gli stessi
provvedimenti nel resto del Sud basco, le altre tre province riescono a mantenere
in gran parte la loro struttura istituzionale, comprese le frontiere e l’esenzione dal
servizio militare, per altri 25 anni.
Durante gli anni successivi alla sconfitta, un profondo scontento continua a
pervadere questo popolo, il che porta nel giro di pochi decenni ad una nuova
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“Carlistada”, e fra il 1872 e il 1876 le quattro province, finanziate dai rispettivi
Consigli Provinciali denominati perciò Consigli di Guerra, ricostruiscono il loro
complesso apparato amministrativo e tornano a battere moneta e ad emettere
francobolli propri.
L’abdicazione di Isabella e la proclamazione della Repubblica nel 1873,
acuiscono i dissensi tra liberali e tradizionalisti, con posizioni sempre più
oltranziste. La nuova sconfitta carlista fa sì che vengano abolite quasi tutte le
istituzioni basche vigenti estendendo il servizio militare obbligatorio. Ed è proprio
la frustrazione che si accumula nel Paese dopo la perdita delle proprie istituzioni,
unita al fatto di far coesistere libertà individuali e giustizia sociale, tradizione e
modernismo, che dà origine ai primi movimenti nazionalisti, antesignani diretti
degli attuali movimenti politici e culturali. Cosicché, nel 1894, viene fondato da
Sabino Arana Goiri, il Partido Nacionalista Vasco (PNV).
Frattanto la rivoluzione industriale favorisce la nascita di una industria
pesante in Biscaglia e Guipúzcoa facendo emergere il proletariato. L’emigrazione
svuota il Paese, quasi che il proletariato locale, anziché rivoltarsi contro i regimi
autoritari che si susseguono in quegli anni, preferisca andarsene. All’alba del XX
secolo il movimento nazionalista sembra essere l’unica risposta alle molteplici
fratture che dividono la società basca: frattura amministrativa di un popolo a
cavallo di una frontiera, frattura tra mondo rurale e industrializzazione, tra
proletariato e classe dirigente, frattura ideologica tra progressisti e liberali.
La guerra è una componente essenziale della storia del XX secolo.
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La Grande Guerra dissangua i Paesi Baschi del Nord e i disordini degli anni
trenta sono gli stessi in tutta Euskadi. Alla metà del Giugno 1931, a due mesi dalla
proclamazione della Repubblica, si riunisce ad Estella l’Assemblea dei Municipi
Baschi, allo scopo di approvare a larga maggioranza il progetto di Statuto basco,
denominato Estatuto de Estella.
Le elezioni generali, tenutesi alla fine dello stesso Giugno, danno la
maggioranza a quella che, per l’occasione, viene chiamata “candidatura
autonomista”, una coalizione composta da nazionalisti, tradizionalisti e
indipendenti che, però, in seguito ad una serie di intrighi orditi da Madrid, finisce
per dissolversi rendendo impraticabile lo Statuto unitario. Il 18 Luglio 1936 gran
parte dell’Esercito spagnolo, appoggiato e finanziato dall’alta borghesia, si solleva
in armi contro la Seconda Repubblica Spagnola, dopo l’assassinio del leader
monarchico Calvo Sotelo, il che porta all’applicazione del Primo Statuto delle
Province Basche, che era rimasto in “attesa” per diversi anni dopo essere stato
sottoposto a referendum nel 1933 ed aver ottenuto il “sì” dell’84% dell’elettorato.
Quando il Generale Franco sbarca in Spagna con le sue truppe marocchine,
il Paese si scinde in due: i legalisti Repubblicani e i nazionalisti ribelli. Il governo
autonomo guidato da José Antonio Aguirre appoggia la legalità repubblicana così
come la stragrande maggioranza della popolazione basca, chi per difendere la
causa nazionale, chi per difendere la causa della classe lavoratrice, chi per
difendere le libertà repubblicane, cosicché la maggior parte del popolo basco
partecipa alla lotta contro l’Esercito spagnolo ed i suoi alleati, formando
battaglioni di combattenti e attuando forme di resistenza.
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Franco cerca di schiacciare i Paesi Baschi poiché lì si trovano fabbriche e
acciaierie, banche e risorse, premendo sulla Biscaglia in particolar modo.
Malgrado il diverso livello di organizzazione e di forze, gli insorti trovano
difficoltà nel prosieguo della loro marcia in quel baluardo operaio e repubblicano.
Per ovviare a questa strenua Resistenza, nella primavera del 1937 gli aerei
tedeschi della legione Condor, su “invito” del Generale bombardano Durango,
mettendo in atto una nuova ma vergognosa tattica ideata da Goering: bersagliare le
popolazioni civili per spezzarne il morale. Ad Aprile è il turno di Guernica, città
simbolica dove ci si riuniva da secoli per giurare sui Fueros.
Le ripercussioni internazionali e l’impopolarità causata dal massacro sono
enormi, tanto da far attribuire fin da subito e per molti anni a venire la
responsabilità di queste distruzioni alle forze repubblicane, ma non abbastanza da
evitare altri bombardamenti su altre città.
Due mesi più tardi, con la caduta di Bilbao, la Guerra Civile nei Paesi
Baschi termina e il governo basco va in esilio a Bayonne. Vengono proibiti i partiti
ed i sindacati democratici, si eliminano le competenze di Biscaglia e Guipúzcoa in
materia fiscale (i Conciertos Economicos) e si instaura la pratica
dell’interrogatorio di polizia accompagnato da torture, pratica attualmente ancora
in uso. Nel 1939 dopo le cadute di Barcellona e Madrid s’instaura la dittatura.
La guerra costerà al Sud basco 50.000 morti, 10.000 prigionieri e 150.000
esiliati, molti dei quali continueranno a combattere il Fascismo in altri Paesi
europei, tra i quali la Francia, formando un battaglione battezzato con un nome
altamente simbolico: Guernica. Gli episodi di resistenza basca contro il nuovo
potere saranno numerosi e repressi molto aspramente; già nel 1947 tutti i gruppi