VI
L’intento prefissato consiste nell’individuare le sostanziali differenze che intercorrono
tra il concetto di cultura e subcultura. A questa scelta di fondo se ne accompagna
un’altra: considerare la problematica culturale in termini meno angusti di quelli
tradizionali. Non esiste una cultura unica, valida per tutti i gruppi sociali, ma diversi
modi di interpretazione del reale a seconda della concezione del mondo e del ruolo che
il singolo e il gruppo svolgono nel complesso delle relazioni sociali, e a seconda di
come si sviluppa il contraddittorio rapporto tra il singolo e la società nel suo insieme.
Questo significa legare il tema della ricerca alla situazione storica che sta vivendo il
nostro Paese: è infatti in campo culturale che la crisi manifesta il suo carattere
profondo. Negli anni dello sviluppo economico, pur nelle drammatiche contraddizioni
che caratterizzarono questo processo, esistevano linee di tendenza positive definite
dalla possibilità di promozione socioculturale e di espansione dei consumi individuali.
Si ha oggi l’impressione di vivere un clima di disorientamento, di messa in crisi di
certezze e valori. L’accresciuta domanda culturale non trova risposte adeguate e
alimenta un senso di frustrazione individuale e collettivo. Il problema è quindi
l’approfondimento dei vari aspetti in cui si articola la tematica di formazione e di
politica culturale, in questo particolare momento storico, così da evitare il rischio di
cadere in superficialità e in genericità indeterminate.
I giovani costituiscono l’esempio più lampante di come la problematica del tempo
libero, della formazione e della cultura, sia oggi profondamente legata all’inserimento
nel processo lavorativo. Le difficoltà a questo livello si riflettono in un rapporto di non
partecipazione e rifiuto della vita pubblica. Per questi motivi la richiesta culturale
giovanile si fa sempre più pressante, più drammatica. I giovani costituiranno un banco
di prova su cui misurare la capacità degli apparati pubblici di elaborare un piano di
intervento innovativo. I pubblici poteri sembrano incapaci di fornire alla domanda
giovanile delle risposte di ampio respiro. Si tratta quindi di uscire dall’immobilismo e
di sperimentare delle pratiche di intervento adeguate alla situazione.
Una tentazione da evitare è quella di incrementare la contraddizione tra giovani e
mondo adulto. La parte pubblica deve costruire occasioni perchè il contrasto culturale e
di posizione sociale tra generazioni non si atrofizzi in laceranti contrapposizioni e
incomprensioni, assumendo, invece, come specifico obiettivo, una funzione di
mediazione, di confronto tra le diverse visioni del mondo. Bisogna evitare di accentuare
la ghettizzazione dei giovani, proponendo iniziative che li isolino dal tessuto sociale,
ma è necessario utilizzare le loro forze come vettore di attivazione culturale e
incremento di scambi interpersonali, come elemento vivo e stimolante nell’ambito
territoriale. Le diverse realtà associazionistiche presenti nell’area comunale novese,
gestite e promosse sia da giovani che da adulti, in quale modo soddisfano la richiesta,
il bisogno di comunicazione, di espressione, di accrescimento interiore del fruitore?
Esiste una corrispondenza tra domanda e offerta culturale? L’ente pubblico si pone una
linea politica di intervento che si esprima tramite servizi e forme di cooperazione con i
soggetti produttori culturali del territorio?
Milano e la sua provincia non sono parche di iniziative e di energie. La metropoli ha
originalità, intraprendenza, capacità di competere a livelli europei. La provincia ha
vivacità di iniziativa e grande inventiva, in grado di recuperare disponibilità di mezzi e
di risorse. Ma ancora molto può essere fatto. Quello che manca è un ruolo di
coordinamento delle energie e dei tentativi in atto. E’ necessario da parte dell’ente
VII
pubblico e del privato attenersi ad un programma organizzativo globale ed unitario che
recuperi il significato pregnante di produzione culturale, di pratica delle capacità
intellettuali del singolo, che assumono un valore militante nel tessuto sociale,
realizzandosi tramite la comunicazione, l’interazione, il confronto, la relazione con le
persone e le diversità individuali senza preclusioni di sorta. Il processo formativo nel
tempo libero non deve scadere nel mero esibizionismo della pratica estetica, fine a se
stessa ,o peggio riflettere l’accezione consumistica e commerciale dei mass-media, che
punta sull’audience privilegiando l’aspetto quantitativo a scapito del qualitativo,
confondendo la spettacolarità con la formazione intellettuale dell’individuo, con la sua
cultura, termine che indica la coltivazione o l’esercizio delle facoltà interiori dell’uomo
(dal latino: colere = coltivare ). Dunque, la cultura non deve avere come unico
obbiettivo quello di accrescere il sapere e di affinare l’approccio estetico, ma deve
tendere a trasformare profondamente il rapporto dell’uomo con il suo ambiente di vita e
di lavoro.
Questa indagine si propone di offrire alla riflessione collettiva, all’amministrazione
comunale e all’assessorato novesi, una panoramica sulle motivazioni
dell’associazionismo, indagando, in particolar modo, (mediante interviste qualitative a
griglia aperta), alcune esperienze specifiche nell’ambito del settore culturale, la
posizione dei promotori e dei protagonisti, le conclusioni dei partecipanti, prendendo
atto della fruibilità dell’offerta da parte del cittadino utente, al fine di raggiungere una
migliore comprensione delle problematiche con le quali l’intervento pubblico si
scontra, difficoltà che rimandano all’ambito sociale complessivo. Sul territorio novese
l’ente, come istituzione soggetta a norme legislative sancite dallo Stato, dovrebbe
svolgere un ruolo di mediazione tra le molteplici associazioni private presenti sul
territorio, investendo su una politica di intervento culturale che sappia collegare la
dimensione formativa con quella lavorativa e relazionale (sfera generale che comprende
i diversi ambiti della vita sociale dell’individuo). Solo all’interno dell’ipotesi di
ricomposizione di questi continuum è possibile considerare la formazione in termini
innovativi, come momento permanente nella vita dei soggetti, sensibili all’esigenza di
integrazione della pluralità dei momenti educativo-culturali. Le scelte pubbliche in
materia, a livello sia nazionale che locale, non costituiscono un progetto organico, ma
sono frammentate in tante iniziative singole, isolate, che spesso, mancando un punto di
riferimento centrale, finiscono per nascere e morire, non superando i propri limiti
geografici. Pertanto l’immobilismo degli apparati centrali è spesso contrastato da quelle
iniziative che vedono, anche nella scuola, un punto di raccolta, di produzione e
smistamento di diversi momenti formativi provenienti dalle molteplici realtà culturali
associazionistiche, manifestazione di operatività del privato nell’ambito territoriale del
proprio comune, al quale lo legano motivazioni non solo di volontariato culturale e di
profonda fede in questo settore, portatore di rinnovamento nella base sociale disastrata,
ma anche e sopratutto intenzioni affettive per le proprie origini, generazionali o
acquisite che siano, costituenti una matrice di rigenerazione interiore per l’individuo. E’
necessario rompere le resistenze dell’istituzione scolastica all’apertura e al confronto
con le agenzie culturali del territorio, al fine di allargare la sua funzione, svolgendo un
ruolo unificatore di centro sociale, luogo di incontro e aggregazione, rifiutando l’idea di
ente scolastico come separato dalle dinamiche territoriali e abolendo la dicotomia fra
tempo lavorativo e tempo libero, essendo i contenuti di quest’ultimo, sempre più
VIII
regolati dai mezzi di comunicazione di massa e dall’industria culturale che li codificano
come momento evasivo-compensativo.
L’esigenza di omogeneità e globalità dell’intervento socio-culturale, che vuole abolita
la linea settoriale condotta dall’ente può trovare proposte e risposte partendo dalla base,
dalle aggregazioni gestite da giovani e adulti, che non negano le specifiche
contraddizioni generazionali, ma le accolgono reciprocamente, aprendosi al confronto e
partendo dal riconoscimento del tempo libero come ambito di socializzazione,
recuperando forme di creatività e realizzazione della personalità. Quest’ultima
considerazione si presenta come sintomo evidente dell’attuale società in
trasformazione, protesa al cambiamento contrastando tutti quei centri di forza da cui
partono intenzioni dirette a provocare ed aggravare situazioni di alienazione della
condizione esistenziale, oggi massificata, deprivata e depauperata da un contesto che
non lascia spazio alla libera espressione e alla creatività individuale. In questa direzione
diventano sempre più pressanti le richieste di strutture politico-sociali, caratterizzate
dalla possibilità di creazione di ambiti esistenziali sempre più ricchi e interessanti, a
favore di tutti i membri della collettività.
La volontà di cambiamento è globale e coinvolge tutti gli aspetti della vita sociale. Nel
momento attuale, questa esigenza assume una dimensione di crisi, manifestando la
consapevolezza del deperimento dei valori e dei modelli guida dominanti.
La concentrazione imprenditoriale sfrenata, l’aumento dell’occupazione nei servizi
rispetto ai settori tradizionali dell’agricoltura e del commercio, i conseguenti fenomeni
dell’abbandono della terra e dell’urbanizzazione incontrollata, la richiesta di un
benessere diffuso, la volontà di partecipazione diretta alle decisioni di carattere
collettivo e all’esercizio del potere da parte di tutti, sono alcuni aspetti di rilievo con
cui, da una parte, si esprime il disagio di una società in via di trasformazione e,
dall’altra, l’ansia di proggresso che agita i cittadini nel respingere totalitarismi,
discriminazioni, ghettizzazioni e tutto ciò che può deformare, avvilire ed alienare la
personalità umana. La nostra società è purtroppo soggiogata da un sistema che tende a
ledere il momento dell’originalità vitale, nel trionfo dell’alienazione di ogni potenzialità
creativa, generatrice di infiniti e multidimensionali valori. In questo contesto è
necessario impostare un programma educativo-culturale, mirante a rendere il cittadino
capace di dissentire e contestare le tendenze alienanti della società contemporanea e di
proporre alternative per lo sviluppo della creatività, qualificandosi come attivo
collaboratore nella soluzione della crisi dilagante. I mass-media costituiscono oggi lo
strumento più potente di informazione, ma anche il più facile alla manipolazione e
strumentalizzazione da parte dei gruppi che ne detengono il potere. Pertanto
l’educazione intellettuale dovrà porre l’utente in condizione di controllare le
comunicazioni di massa, esercitando un’atteggiamento critico, che impedisca la passiva
suggestione da parte del mezzo, ma che sappia dominarlo e giudicarlo tramite una
razionalità attenta ed allenata, in grado di discernere e valutare esprimendo giudizi
personali non imposti. In questa prospettiva, l’obiettivo urgente di un’adeguata politica
culturale consiste nell’alimentare e rafforzare lo slancio vitale della personalità nella
globalità delle direzioni della vita intellettuale ed etico-sociale poichè questa vitalità
costituisce l’antidoto più efficace contro le spinte esproprianti dell’individualismo.
In conclusione, questa tesi vuole dimostrare quanto la provincia sia ricca di spunti e
motivazioni culturali non adeguatamente valorizzati dagli organi preposti all’esercizio
IX
di attività educative. Nova Milanese è una cittadina dell’hinterland, con una ben precisa
memoria storica racchiusa negli archivi di vita tradizionale, in cui si riscoprono le
origini del luogo, tramite la conoscenza dei caratteri e degli aspetti dell’esistenza
contadina di un popolo che, in passato, con la rivoluzione dell’industria, è stato
costretto ad un cambiamento esistenziale sostanziale, che lo ha portato, fino ai nostri
giorni, ad una perdita completa del concetto di identità popolare, della propria matrice
originaria, continuamente documentata dai numerosi segni che il tempo ci ha lasciato,
presenti nel territorio, come testimonianze rilevanti del passato: le cascine e le corti il
cui assetto è minacciato dall’incontrollato sviluppo urbanistico, e gli antichi dipinti e
affreschi di matrice sacra presenti nei crocicchi delle vie e sulle volte delle chiese che
però vengono trascurati dall’ente che dovrebbe valorizzarli e sovvenzionarne la
manutenzione.
Questa ricerca non vuole pertanto parlare del territorio comunale di Nova, prescindendo
dalla sua identità, dai suoi caratteri etnici e culturali, e dove negli ultimi decenni si è
assistito al dilagante fenomeno dell’immigrazione da molte parti d’Italia, che tuttora si
verifica con i popoli provenienti dal terzo mondo, coinvolgendo la popolazione
autoctona ad un continuo confronto e cambiamento. Tramite una rivalutazione a livello
culturale di Nova Milanese è possibile risvegliare negli abitanti e nei nuovi nuclei
famigliari immigrati, la consapevolezza di appartenere ad una comunità cittadina ben
definita nella sua individualità, con una determinata memoria storica, da cui non si può
prescindere, per la comprensione delle attuali problematiche sociali, politiche,
esistenziali, di una popolazione che vive le grandi contraddizioni della società in via di
trasformazione, di apertura e di confronto continuo con diverse realtà etniche e con
nuovi contesti socio-politici, che dovrebbe adottare modelli di comportamento
all’insegna dei valori indiscussi della tolleranza, del dialogo e del confronto rispettoso
nei confronti dell’altro, verso la diversità, in tutte le accezioni che questo concetto
comporta, recuperando il significato pregnante del conflitto relazionale che implica la
sua stessa eticizzazione ed è il motore del cambiamento e della progettualità.
1
PARTE I
ASSOCIAZIONISMO: NUOVA ALTERNATIVA NEL TEMPO
LIBERO.
1.TEMPO LIBERO E ASSOCIAZIONISMO.
1.1 L’evoluzione del concetto di tempo libero nella società umana.
L’evoluzione del concetto di tempo libero è parallela alla storia dello
sviluppo sociale.
1
“Lo svago può essere posto, insieme col culto e con
l’istruzione, tra le attività umane di carattere universale che caratterizzano
tutta la società” scrivono i sociologi Rumney e Mayer, sottolineando
l’universalità e la costanza del fenomeno. Il tempo libero ha subito molte
variazioni nello sviluppo storico della società: ha potuto estendersi, man
mano, a tutte le classi sociali ed assumere una valenza culturale.
Nella società primitiva non sussiste una particolare differenza tra momento
di lavoro e tempo libero, di riposo e svago, perché ancora non si è
raggiunto uno sviluppo economico e sociale che avrebbe, di conseguenza,
comportato una divisione del lavoro, ed una ulteriore gerarchizzazione
sociale tramite il costituirsi di classi. In epoca primitiva i popoli vivevano
come nomadi, con le risorse che procurava loro l’allevamento degli animali
mediante la pastorizia, spostandosi da un territorio all’altro secondo i
bisogni del bestiame. La pratica e lo sviluppo dell’agricoltura comportano,
le prime esigenze di una divisione dei compiti lavorativi, oltre che agricoli,
anche artigianali e commerciali, per costruire gli attrezzi necessari alla
1
Rumney J. e Mayer J., Sociologia. La scienza della società, Il Mulino, Bologna 1955, pag. 168.
Gli autori intendono per civiltà ‘il livello di progresso raggiunto da un popolo e il dominio, da parte di
questo dell’ambiente che lo circonda’; la cultura sarebbe ‘ciò che i fanciulli apprendono e assimilano dal
loro gruppo’; il progresso ‘il potere di trasformare la natura e di dominarla’. A.K.C. Ottaway in
Education and Society. An introduction to the Sociology of Education, London, 1957 (traduzione italiana
di Massimi P., Roma, 1959) definisce, con gli antropologi culturali, cultura ‘the total way of life of a
society the way of eating food, wearing clothes, using language, making love, getting married, getting
burried or playing football’; civiltà, col Collingwood, il carattere di quella società in cui gli uomini siano
‘happier and more creative’ e in cui siano dominanti il rispetto per l’uomo e per la sua libertà, la rinuncia
all’uso della forza e il ricorso alla persuasione.Negli autori citati il concetto di civiltà sta, quasi
concordemente, a rappresentare il punto di arrivo di una società che nel suo costruirsi storico tenda a
realizzarsi in una forma che implichi vitalità ed eticità, conformemente al significato da noi assunto.
2
coltivazione del terreno e per smerciare i prodotti ricavati dalle colture dei
campi.
L’uso del denaro, come mezzo di scambio, permette la capitalizzazione
delle energie economiche da parte delle persone più intraprendenti,
provocando la conseguente divisione tra classi abbienti e non abbienti, dal
momento che vengono a mancare norme per la regolamentazione sociale
della vita economica. Pertanto nella società antica, la divisione tra tempo
libero e tempo occupato si trasforma in un modello di gerarchia tra classi,
dal momento che i possidenti hanno modo di dedicarsi momenti di svago,
inteso anche come cultura, essendo liberi dalla fatica del lavoro, destinata,
invece ai più poveri ridotti in schiavitù e ai meno abbienti, artigiani e
commercianti, tutti relegati ai margini del sistema sociale.
Quindi, il tempo libero, fino a un secolo fa, era monopolio delle classi
abbienti, elevate, che impiegavano l’esistenza nell’organizzarla nel modo
più piacevole possibile, essendo esenti da preoccupazioni materiali e
occupazionali. Il lavoro dell’uomo appartenente ad una classe sociale
inferiore, era presupposto della “libertà” del ricco.
Aristotele definiva tempo libero l’insieme di attività filosofiche, culturali e
politiche del cittadino greco, riservando l’impegno lavorativo alle classi
umili e agli schiavi. Nell’Etica Nicomachea, Aristotele definisce l’attività
libera non come riposo assoluto, ma come momento necessario
all’accrescimento spirituale e al miglioramento fisico dell’uomo.
2
“La
distinzione tra tempo libero e tempo di lavoro si identificava, per
Aristotele, con quella tra uomo libero e schiavo. Per questo motivo egli (...)
concepisce l’attività libera dell’uomo, non come svago e riposo dalle
fatiche quotidiane, ma come parte integrante della sua formazione spirituale
(la musica, la filosofia, le scienze, la politica) e fisica (le competizioni, la
ginnastica ecc.)... Naturalmente ciò era permesso perché l’uomo preso in
considerazione era il cittadino libero della Polis, in quanto lo schiavo (...)
non aveva diritto ad alcuno di questi svaghi”.
2
Leccardi C., Giovani e politica culturale, Il Mulino, Bologna 1979, pag. 23-24.
Questo volume presenta i risultati di una ricerca sui giovani e il tempo libero condotto per conto del
C.N.R., prendendo in esame situazioni e tendenze in atto in tre Paesi (Francia, Svezia e Cecoslovacchia) e
alcune esperienze formative tentate in Italia sul piano locale. Sono stati affrontati i problemi del rapporto
tra politica culturale e istituzione scolastica, fra intervento pubblico e associazionismo giovanile, fra
industria culturale e bisogni reali dei giovani considerando i problemi posti da una politica culturale che
voglia fornire ai giovani occasioni di uso formativo del tempo libero.
3
La “Scholè” nella civiltà greca e l’”Otium” nel mondo latino (termini
indicanti l’ambito del tempo libero) erano permessi solo ai cittadini liberi,
mentre lo schiavo che li manteneva con il suo lavoro non ne aveva il diritto.
In epoca medievale, persiste il sistema sociale dualistico tipico del mondo
antico, nonostante l’ispirazione cristiana di buona parte delle classi
dirigenti. L’istituzione ecclesiastica concede una riduzione del periodo
lavorativo delle classi umili, con il precetto del riposo festivo, per
destinarlo alla partecipazione da parte del popolo alle feste religiose e civili
comunitarie, come processioni, tornei e sacre rappresentazioni. Nel
Rinascimento, gli utopisti da Tommaso Moro e Campanella, introducono,
con il loro pensiero, come condizione preliminare per risolvere il problema
del tempo libero, l’obbligo di lavoro per tutte le fasce sociali, riducendo di
conseguenza l’orario lavorativo, abolendo, così, distinzioni classiste,
preannunciando le esigenze di organizzazione egualitaria della vita
economica e sociale, che diventeranno i presupposti di una politica
democratica e di una pedagogia progressista del tempo libero.
Nel corso dei secoli si tramanda la mentalità del momento obbligato di
lavoro, con un accezione di negatività, mentre il momento di svago, di
riposo, è considerato positivo.
L’etica protestante introduce, invece, una nuova visione del lavoro,
riabilitandolo, e considerando, di conseguenza, il tempo libero come spreco
di risorse ed energie che potrebbero essere veicolate nella produzione.
L’economia liberista dell’800 vede e concepisce l’uomo nella sua
dimensione produttiva (creatore di ricchezze e beni fruibili) cioè come un
componente del processo di mercificazione generale di quel tempo e di
quella società. Marx, in una sua valutazione sostiene che l’economia
politica non conosce il lavoratore “come uomo nel tempo in cui non lavora,
ma lascia questa considerazione alla giustizia criminale, ai medici, alla
religione, alle tabelle statistiche, alla politica, alla polizia e agli sbirri
dell’accattonaggio”.
A distanza di oltre un secolo dall’analisi marxiana, in un contesto sociale
così articolato e complesso, nell’aspirazione politica delle masse più
coscienti ed evolute a creare un nuovo costume democratico, oltre le
istituzioni formali, in una situazione strutturale così articolata e complessa,
parlare di tempo libero significa toccare i nodi delle problematiche di
sviluppo e di civiltà di tutto un popolo, di una società che dovrebbe
risultare a “misura d’uomo”.
4
Nell’era dell’industrializzazione, le rivendicazioni operaie e i movimenti di
massa, legati ad un’evoluzione delle istituzioni, hanno modificato la
situazione selettiva nell’utilizzo del tempo libero, in relazione alla
stratificazione sociale. Da un’inchiesta condotta tra giovani operai di
Milano, quando
3
“lo scarso tempo libero disponibile, le modeste
disponibilità finanziarie, i condizionamenti derivanti dal lavoro,
dall’istruzione, dall’ambiente famigliare” sarebbero parsi tutti elementi da
dover “restringere la visione della vita, le aspirazioni, le possibilità di
occuparsi di qualsiasi cosa, al di fuori dell’opera limitata dei loro bisogni
più immediati ed urgenti (...) ci si accorse che le attività non strettamente
lavorative erano non soltanto innumerevoli, ma, quel che è più importante,
ricche e varie; ed anzi, paradossalmente, sembrò quasi che si accentrassero
soprattutto in quei casi in cui più soffocante e impegnativa si presentava la
vita di lavoro e di studio (scuole serali)”.
4
“E’ la migliore testimonianza
dell’errore che si compie assumendo, in modo troppo ristretto il concetto di
tempo libero. Non già che non sia giusto distinguere un tempo di agio
personale e di riposo, diverso da quello di lavoro, ma occorre non cadere
nell’illusione che si tratti davvero di un tempo distaccato, e, insomma, nel
rischio di perdere di vista l’uomo che è soggetto dell’uno e dell’altro: come
spesso accade quando si parla di un’educazione e di una condizione del
tempo libero d’altra natura e particolari, e non come la stessa educazione e
condizione dell’uomo”. L’avvento dell’era industriale, con l’invenzione
della macchina e della produzione in serie, vede, in un certo senso, alleviata
la fatica del lavoratore. Ma questa rivoluzione se, da una parte, comporta un
progresso a livello produttivo e imprenditoriale, dall’altra, impedisce
un’estensione ed elevazione del tempo libero, perché il fenomeno
capitalistico, subordinando il lavoro al profitto e alla competizione
produttiva su larga scala, persiste nello sfruttamento delle classi operaie.
Gli imprenditori e i dirigenti, in questo contesto, considerano lo svago del
lavoratore un perditempo, nel timore che generi distrazione e ostacoli i
ritmi di produzione. Da questa situazione scaturisce la concezione di
3
Diena L., Gli uomini e le masse, Einaudi, Torino1960, pag. 49
4
Volpicelli L., Dopo l’analfabetismo, Vito Bianco, Roma 1962, pag. 31.
Questo libro non si propone una ricognizione di tutte le iniziative italiane di cultura popolare e di
educazione degli adulti. Sono tali e tante, e così varie e diverse, opera di privati e di enti che non è
pensabile di poterla nemmeno censire senza un’accurata indagine d’équipe e senza mezzi particolari. Il
problema cui ci si riferisce è tale che dovrebbe impegnare risolutamente la nostra politica scolastica: assai
più e molto più a fondo e con interventi economici più solidi di quello che è stato fatto fino ad ora.
5
cultura come un fenomeno di élite di cui possono fruire solo pochi
privilegiati, dal momento che la dedizione ad interessi intellettuali, o di
vario genere, si può effettuare in una condizione di tempo libero. Le stesse
organizzazioni sindacali si preoccupano esclusivamente della difesa del
lavoro e del salario, interessandosi del problema del tempo libero, solo per
avvantaggiare la partecipazione degli operai alla lotta politico-sindacale,
non valutando le implicazioni pedagogiche ed educative che il momento di
riposo comporta. Il conseguente sviluppo tecnologico, che non si orienta
più, esclusivamente, al fine di migliorare la produzione, ma è impiegato al
servizio dei mezzi di comunicazione sociale, ed il nuovo atteggiamento dei
movimenti operai orientato verso la rivendicazione del diritto alla cultura e
alla partecipazione nella direzione dello Stato, conducono ad una nuova
consapevolezza e concezione del tempo libero. Nel contesto
contemporaneo la condizione di tempo libero è considerata un diritto
irrinunciabile, per il suo valore sociale e umano, e inalienabile,
appartenente a tutti i cittadini, perché concepito come strumento di
elevazione spirituale, di accrescimento personale, e partecipazione sociale.
In questo modo l’otium, il momento libero, riservato, un tempo, ad una
minoranza, diventa patrimonio di tutti, recuperando il suo significato
originario ed autentico di affrancamento non solo dalla fatica, ma di
emancipazione dall’ignoranza e dalla soggezione alla gerarchia del sistema.
5
“Nella società primaria, prevalentemente rurale, il sangue o la nascita,
costituivano il criterio di differenziazione sociale: il nobile rovinato,
restava un nobile, il plebeo colto restava plebeo. Nella società secondaria,
primo stadio dell’industrializzazione contemporanea, la classificazione
sociale dipende dalla professione e, quindi, dal denaro: l’ingegnere, anche
incolto, non soffre confronti con l’operaio istruito. Nella società terziaria,
caratterizzata dalle attività di gestione e di amministrazione, questi due
criteri persistono, ma si vedono superare da un terzo criterio, la cui
importanza aumenta sempre più: il modo con cui si partecipa alla cultura
collettiva e soprattutto, la qualità del tempo libero. Nello stadio finale della
maturità tecnica, l’umanità si orienta verso una civiltà, nella quale, essendo
i criteri di nascita, di professione, di denaro, meno importanti, si avrà come
nuovo criterio quello della cultura intellettuale manifestata nel tempo
libero? E’ troppo presto per pretenderlo, ma molti indizi parziali
permettono di sperarlo”.
5
Laloup J.J., Le temps du loisir , S.E.I., Torino 1966, pag. 43
6
Lavoro e dopo lavoro
Nell’attuale società tecnologica, definibile con il termine “terziaria”, si
avvia un processo sociologicamente inverso rispetto a quanto accadeva nel
secolo scorso, caratterizzato dalla rivoluzione dell’industria, un
meccanismo di sproletarizzazione del tessuto collettivo. Questo fenomeno,
grazie alle tecnologie impiegate nell’automazione, consiste nello
spostamento di una notevole quantità di lavoratori, dall’area dell’industria a
quella dei servizi, comportando l’estensione di un tipo di lavoro meno
faticoso e maggiormente personalizzato, che esige capacità di iniziativa
individuale, qualificandosi come più responsabile e meno dipendente da
un’autorità. Lo sviluppo del lavoro indipendente favorisce la
redistribuzione dei redditi e il diffondersi della cultura, grazie, anche, allo
sviluppo dei sistemi di informazione. Nella società rurale il tempo libero
era concepito essenzialmente come momento di riposo, in quella industriale
come svago per ricrearsi dalla dipendenza della macchina, nell’attuale
contesto dovrebbe essere inteso come momento di accrescimento culturale
della persona che potrebbe assumere un valore vero, impostato sul sapere e
la creatività, e non esteriore e apparente in base ai modelli imposti dall’alto,
non essendo più condizionata dalla proprietà terriera, come nella società
primaria, o dal reddito capitalizzato, come nella secondaria.
Nel corso della storia, grazie ad un concetto religioso di valorizzazione del
momento di riposo, le classi più umili hanno potuto godere del diritto di
concedersi ambiti di interruzione della pratica lavorativa, che, al tempo,
non erano e, tuttora, non sono sufficientemente valorizzati dalla presa di
coscienza dell’imprenditoria a cui, il prestare maggiore attenzione al
problema, tornerebbe di rendiconto in termini di produttività. In tutte le
pratiche e i culti religiosi esiste un mito cosmogonico che implica il
concetto di riposo della divinità, dopo lo sforzo della creazione.
6
“Avendo
Iddio compiuta nel settimo giorno l’opera sua che egli aveva fatta, si
riposò, il settimo giorno da tutte le opere che aveva compiuto. E benedisse
il settimo giorno e lo santificò: perché in esso aveva riposato da tutte le
opere che Dio aveva creato e fatto”.
7
Tra le opere di Dio vi è la creazione
6
Genesi, II, 2
7
Cfr. Cottone C., Il tempo libero, Giuntine, Città di castello 1956
7
dell’uomo. Adamo ed Eva, appena creati, vengono collocati nel paradiso
terrestre, senza bisogno di lavorare, fino al momento della condanna e della
cacciata: il lavoro nasce come conseguenza del peccato, come penitenza
che redimerà dal peccato stesso. Il riposo si colloca, dunque, alla
conclusione dell’opera divina e all’inizio della storia dell’umanità, che può
essere profilata come un continuo e incessante travaglio per affrancarsi
dagli aspetti penosi del lavoro e per partecipare sempre più largamente al
godimento dei frutti del lavoro stesso, sotto forma di beni materiali e
spirituali.
Storicamente, tutte le volte che le culture dominanti hanno analizzato
questo problema, non hanno mai considerato il tempo libero come
possibilità di arricchimento interiore dell’individuo nei diversi settori del
sapere, causando, nello sviluppo autogenetico, fenomeni di irrigidimento e
deprivazione spirituale, negativi per l’emancipazione dell’uomo in armonia
con i propri simili, con la società, con il contesto culturale, minando una
corretta ed equilibrata evoluzione mentale e fisica.
8
La frustrazione della
personalità determinata dalle modalità e forme moderne di lavoro
industriale, amministrativo e commerciale (razionalizzazione,
pianificazione o imposizione dall’alto), trova il suo compenso, il suo
umanesimo, nel tempo libero, sempre che le attività del tempo libero
riconcilino il pensiero con l’azione e consentano la liberazione, su un piano
superiore, delle tendenze personali e degli impulsi primari dell’uomo
(libido, istinto di combattività, narcisismo, ecc...). Se il lavoro non sublima
questi istinti, dovrà pur sublimarli il dopolavoro. Se tale sublimazione non
si verifica l’equilibrio psichico può risultarne turbato.
9
“Il fenomeno si
ripercuote sul lavoratore, perchè l’identico monotono tipo di lavoro, (...) è
necessario quasi per ogni genere di prodotto. Donde la tendenza a
disumanizzare il lavoratore, almeno durante le ore lavorative, e a fare di lui
o della sua funzione quasi una parte del meccanismo. Questo stato di cose
non si riscontra solo nelle fabbriche, perchè vi sono numerosissimi colletti
8
Cfr. Jung C.J., Psicologia dell’incoscente, Astrolabio, Roma s.d.
9
Ottaway A.K.C., Educazione e società, Armando, Roma 1971, p.113.
L’autore svilupperà all’interno della cultura Inglese l’ipotesi di un’educazione adeguata alla nuova
società degli anni ‘50, cogliendovi soprattutto la necessitàà di portare a sintesi la cultura professionale
scientifica, necessaria per lo sviluppo industriale, con una decisa ricentratura dell’attenzione pedagogica
attorno all’esigenza di non trascurare la formazione umanistica per tutta la popolazione, con particolare
attenzione per le classi lavoratrici: Una formazione sostanziata nella commissione di elementi della
cultura ‘liberale’ classica con la promozione del senso di responsabilità individuale indispensabile alle
forme moderne di democrazia.
8
bianchi, impiegati di ufficio, il cui lavoro è una monotona routine non
dissimile da quella degli operai nelle fabbriche”.
L’organizzazione industriale, il sistema imprenditoriale, giungono ad
appropriarsi del tempo libero e a offrirlo preconfezionato alle masse,
inibendo, così, la funzione di diversivo, di momento creativo e ricreativo,
nel senso pregnante del termine, cioè di rigenerazione delle facoltà umane
atrofizzate in modelli voluti e imposti dall’alto: i miti e gli eroi dello sport e
dello spettacolo costituiscono un riferimento negativo, di emulazione
tramite cui l’individuo, inevitabilmente, scarica le proprie frustrazioni.
10
“(...) i divi sono veramente l’equivalente, per certi aspetti, del mito
religioso, sono la proiezione, il sogno di una società frustrata, insoddisfatta,
che trova in essi, attraverso la partecipazione, attraverso l’identificazione,
una soddisfazione e la gratificazione, sempre sul piano fantastico, di una
serie di cose che ciascuno non può, nella realtà e nella sua tribolata vita,
avere. Attraverso la partecipazione alla vita felice, irresponsabile,
bellissima di questi personaggi, l’uomo comune sopporta la sua magra vita.
Sono degli esemplari di una umanità felice, che testimonia una modalità di
vita che tutti vorrebbero, ma cui non possono partecipare. Quindi
veramente qualche cosa come gli dei dell’antichità, felici, irresponsabili,
perennemente giovani, senza regole, non subordinati alla dura necessità
economica, nè subordinati alla dura necessità della morale. Un olimpo. E
Morin li chiama appunto gli Olimpici.” L’impiego del tempo libero,
l’esigenza di ricreazione, sono problemi primari per l’assetto di una civiltà.
11
“La ricreazione nelle sue molteplici forme è divenuta ormai una necessità
per la gente che si affatica nelle occupazioni della vita, ma essa deve essere
degna dell’uomo ragionevole e perciò sana e morale, deve sollevarsi al
grado di un fattore positivo di bene e suscitatore di nobili sentimenti. Un
popolo che nei suoi momenti di riposo si dedica a divertimenti che
offendono il retto senso della decenza, dell’onore, della morale, a
ricreazioni che riescono occasioni di peccato, specialmente per i giovani, si
trova in grave pericolo di perdere la sua grandezza e la stessa potenza
nazionale”.
10
Nardi P. (a c. di), Arte e cultura nella civiltà contemporanea, Sansoni, Firenze1966, pag. 236
11
S.S. Pio XI, Vigilanti Cura, II, 5
9
1.2 Il problema del tempo libero.
E’ indispensabile procedere a una definizione di tempo libero più operativa,
che non sacrifichi la ricchezza di manifestazioni riferibili ad esso. Infatti
sotto la generica definizione di tempo libero è possibile ricondurre una
moltitudine di attività e di forme e di soggetti associativi.
Luciano Gallino nel suo dizionario di sociologia propone una plausibile
definizione: é tempo libero la
12
“quantità di tempo che nella vita
quotidiana un individuo ha a sua disposizione per dedicarlo ad attività
(comprese attività passive come il riposo) scelte liberamente in base ai suoi
interessi e alle sue condizioni psicofisiche del momento, in assenza o ad
onta di incentivi economici, di pressioni familiari o di domande di
prestazione strumentale da parte di altre persone entro e fuori la famiglia, a
prescindere dal grado di impegno intellettuale o di faticosità fisica che tali
attività comportano”. Egli ricorda, inoltre, come non sia possibile trascurare
che il carattere di libertà di questo tempo è legato al sistema sociale in cui
l’individuo è inserito e cioè: all’esposizione ai diversi mass media, alle
mode, allo status socioeconomico, del soggetto e della sua famiglia, ed
infine, alle politiche dello stato sociale in relazione all’impiego di questo
tempo di non lavoro.
13
“Tra i fattori connotanti l’attuale mutamento dei
sistemi sociali ad economia industriale, va annoverato quello della
progressiva importanza assunta, sul complessivo tempo di vita, dal tempo
di non lavoro, e cioè da quella quantità di tempo caratterizzata dal
manifestarsi, rispetto al passato, di un grado maggiore di soggettività: il
temps choisir. (...) La progressiva affermazione delle domande di
valorizzazione della vita, connessa ad una complessa serie di fattori, che
vanno dall’abbreviazione del tempo di lavoro, all’aumento del reddito
12
Gallino L., Dizionario di sociologia, Utet, Torino 1973, pag. 729
13
IREF, Rapporto sull’associazionismo sociale, F. Angeli, Milano 1986, pag. 103.
L’animazione è oggetto oggi di un attento ripensamento critico sulla base delle esperienze condotte e
degli obiettivi raggiunti. Il problema di fondo è superare l’improvvisazione e l’isolamento per costruire
un metodo di lavoro che entri a far parte organicamente dei processi educativi nelle realtà scolastiche e
territoriali. In questi ultimi anni si è fatta strada l’ipotesi di descolarizzare la società; sui significati e le
conseguenze politiche e pedagogiche di un simile progetto il dibattito è vivissimo. Soprattutto
l’animazione offre interessanti spunti che fanno propri alcuni contributi teorici dei descolarizzatori,
cercando però di costruire un rapporto che veda scuola e territorio il più possibile coinvolti
reciprocamente in un processo educativo e culturale globale. Se l’insegnante tradizionale poteva servire
con la sua formazione al vecchio modello di scuola chiuso e autarchico, è ora necessaria la formazione di
nuove figure di operatori culturali sensibili e preparati al rinnovamento del processo educativo.
10
individuale e del benessere collettivo, ha posto al centro dell’attenzione la
gestione del tempo e di significati che ad essa si possono connettere.
L’emergere di tale tematica - assai concreta e stringente nel quotidiano,
prima ancora che come categoria della riflessione sociologica - pone
inevitabili problemi in termini di gestione politica, di infrastrutture e di
organizzazione della vita collettiva”. La gestione del tempo libero, prima di
riguardare l’azione pubblica e la collettività, costituisce un efficace
strumento di focalizzazione del protagonismo del soggetto, delle domande
urgenti che pone alla società, dell’aumento dei suoi poteri di disposizione
della realtà. Per effetto di questa radicale trasformazione nel modo di porsi
dell’individuo nei confronti del contesto sociale di cui diventa il
protagonista, il tempo disponibile non solo si espande dal punto di vista
quantitativo, ma si converte in uno degli ambiti più rilevanti di
investimento della vita dei soggetti e delle stesse connessioni
intersoggettive. In una società protesa allo sviluppo e al progresso, il tempo
libero dovrebbe acquistare una marcata centralità rispetto al passato. Dal
campione giovanile preso in considerazione da un’indagine dello Iard,
composto di 4000 soggetti tra i 15 e i 24 anni, risulta che
14
“la gerarchia
delle cose rilevanti nella vita, costruita da giovani (...), vede ai primi posti
lo svago e il tempo libero. Nove intervistati su dieci ritengono, infatti, che
questa dimensione sia molto o abbastanza importante, collocandola subito
dopo la famiglia, il lavoro ed i rapporti amicali e affettivi”.
Nella società contemporanea, pluriforme, le istituzioni e gli ambiti
educativi tradizionali non sono in grado di garantire e promuovere lo
sviluppo completo e armonioso della personalità, in relazione al tempo
libero.
14
Aa. Vv., Giovani oggi. Indagine Iard sulla condizione giovanile in Italia, Il Mulino, Bologna 1984, p.
135
L’immagine che gli adulti, nel loro complesso, si fanno dei giovani è ancora influenzata da fenomeni e
comportamenti di venti anni fa. Si sente dire che i giovani sono contestatori che non hanno più l’etica del
lavoro che sono politicamente radicali, che se ne vanno da casa presto per vivere in gruppi e comunità.
Che vivono di utopie, di sogni ma anche solo del presente senza prospettive. Tale ricerca chiude
definitivamente questa immagine e costituisce un nuovo inizio. Essa ci mostra che i giovani sono
completamente diversi dalle immagini stereotipiche che continuano a vivere nella società. Attraverso
confronti con ricerche precedenti, viene dimostrato che i giovani non sono come li racconta il mito
sociale. Certo vi sono stati cambiamenti ma non così drammatici: non vi sono stati a livello della totalità
dei giovani quei bruschi cambiamenti di valore , quelle svolte improvvise descritte dai mezzi di
comunicazione di massa, dalla stampa, dal cinema. Dalle pagine di questa ricerca il mondo dei giovani si
presenta al di fuori di ogni dimensione mitica e di ogni stereotipo e nostalgia.