6ranti soprattutto a privilegiare l'aspetto della prevenzione della rica-
duta.
Si darà conto del dibattito a livello europeo, circa l'opportunità di
apportare modifiche ai sistemi penali vigenti all'interno dei vari or-
dinamenti, conseguente l'allarme sociale che accompagna il feno-
meno della criminalità sessuale.
Verranno illustrati i contributi provenienti dai progetti di ricerca
Wolf e For-Wolf, realizzati dall'Amministrazione Penitenziaria ita-
liana nell'ambito del programma "STOP", promosso dalla Commis-
sione Europea. L'obbiettivo di tali progetti è stato quello di favorire
lo scambio transnazionale in materia di trattamento degli autori dei
reati di sfruttamento sessuale di minori e di formazione degli opera-
tori sociali addetti al trattamento. Si evidenzieranno i metodi di trat-
tamento più rappresentativi in ambito europeo.
Verrà effettuata una panoramica sulla situazione nel nostro Paese e
si cercherà di mettere in evidenza le problematiche relative al rap-
porto dei condannati per reati sessuali con gli altri detenuti e con la
polizia penitenziaria, all'interno degl'istituti di pena.
Successivamente verrà analizzata una significativa esperienza prati-
ca, realizzata nella Casa Circondariale di Lodi.
Infine verrà illustrato il "Progetto Chirone", attuato dal Provvedito-
rato Penitenziario della Regione Lombardia con l'obbiettivo di spe-
rimentare, sotto il profilo sia teorico che operativo, particolari mo-
dalità con cui assolvere al mandato istituzionale della relazione con
il detenuto.
7CAPITOLO I
REATI SESSUALI: IL DELITTO E LA PENA
1. Il quadro normativo
I reati di natura sessuale nell'ambito dell'ordinamento giuridico ita-
liano sono disciplinati dal Codice Penale, in particolare dagli artt.
527, 564, da 609 bis a 609 decies inseriti dalla Legge 15 febbraio
1996, n. 66 "Norme contro la violenza sessuale". Inoltre dalla Legge
3 agosto 1998, n. 269 "Norme contro lo sfruttamento della prostitu-
zione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori,
quali nuove forme di riduzione in schiavitù".
Fino alla riforma effettuata con la legge 66/1996 i reati sessuali era-
no previsti da norme risalenti al 1930, quando entrò in vigore il Co-
dice Penale Rocco ed erano collocati nel Titolo IX che considera i
"Delitti contro la moralità e il buon costume". Detta legge prende
l'avvio disponendo l'abrogazione integrale del Capo I del Titolo IX
del Libro II del c.p., nonché degli artt, 530, 539, 541, 542, 543, con
la conseguenza che attualmente tutte le ipotesi criminose di violenza
sessuale sono state collocate nel Titolo XII del Codice Penale, che
considera i "Delitti contro la persona".
Come osserva Lunardi "la stessa collocazione dei crimini sessuali
tra i delitti contro la moralità pubblica e il buon costume disvelava i
principi ispiratori dell'abrogata normativa: essi indicavano infatti
quale oggetto prioritario di tutela la morale pubblica ed il buon co-
stume non - come invece doveroso - il pudore e la libertà sessuale
del singolo individuo. In tale ottica, ben si comprende come la puni-
bilità del reato di incesto venisse subordinata al verificarsi del pub-
8blico scandalo e come quella della corruzione di minorenne lo fosse
rispetto alla integrità morale dello stesso, che ove già corrotto non
avrebbe meritato tutela"
1
.
L'idea di fondo che caratterizzava la tradizione giuridica nel periodo
dell'entrata in vigore del Codice Rocco s'incentrava sulla convinzio-
ne che gl'interessi connessi con la libertà sessuale non fossero meri-
tevoli di tutela di per sé, in rapporto al valore e alla dignità del sog-
getto che ne è portatore, ma assumessero importanza in relazione ad
un contesto di valori "superiori". In tale ottica la concezione di "li-
bertà sessuale" non veniva ricollegata alla persona, ma costituiva un
riflesso del superiore interesse della pubblica moralità.
Con la Legge 66/1996 l'ordinamento penale si è uniformato all'evo-
luzione socio-culturale sviluppatasi nel ventennio precedente, in-
centrando la tutela sulla libertà della persona in relazione all'eserci-
zio della sessualità. Il legislatore ha ritenuto opportuno punire più
severamente quelle condotte sessuali poste in essere con violenza
(fisica e psichica) o comunque in assenza di valido consenso, rico-
noscendo d'altra parte ai singoli individui una più ampia libertà di
gestione della propria condotta sessuale quando sia priva del conno-
tato della violenza (significativa a tale proposito la soppressione del
reato di adulterio).
Uno degli aspetti più rilevanti della riforma consiste nell'eliminazio-
ne della distinzione tra "violenza carnale" e "atti di libidine violenti",
di cui ai previgenti articoli 519 e 521 c.p., e nella configurazione di
un'unica fattispecie delittuosa, quella di "violenza sessuale", disci-
plinata dall'art. 609 bis.
1
L. LUNARDI, "L’abuso sessuale sui minori: riflessioni sull’evoluzione della
tutela giuridica alla luce della legge 15 Febbraio 1996 n°66" in R. GIOMMI,
M. PERROTTA, Pedofilia, gli abusi, gli abusati, gli abusanti, Edizioni Del
Cerro, 1998.
9Sia il primo sia il secondo comma di detto articolo contemplano la
locuzione "compiere o subire atti sessuali". Nell'abrogata normativa
gli "atti sessuali" venivano intesi in senso soggettivo: per poter esse-
re considerati tali dovevano costituire manifestazione di uno sfogo
dell'impulso libidinoso e dell'eccitamento sessuale dell'autore, il cui
atteggiamento psichico interiore assumeva notevole rilevanza. At-
tualmente invece gli "atti sessuali" vengono interpretati in senso og-
gettivo, con riferimento cioè alla natura oggettivamente sessuale
dell'atto in sé considerato, da determinarsi secondo le indicazioni
delle scienze medico-psicologiche ed antropologico-sociologiche.
In base alla definizione proposta da Cadoppi, perché l'atto sia consi-
derato, nel vigente ordinamento, di natura "sessuale" occorre il
"contatto fisico tra una parte qualsiasi del corpo di una persona,
con una zona genitale (compresa la mammella nella donna), anale o
orale del partner", impostazione recepita anche dalla giurisprudenza
formatasi in materia, successiva alla novella legislativa
2
.
Un'altra innovazione della Legge 66/1996 è stata quella di aver pre-
visto una tutela speciale dei soggetti minorenni, introducendo l'art.
609 quater, che fa riferimento agli "atti sessuali con minorenni"
commessi senza violenza. La norma punisce chiunque compia atti
sessuali con persona infraquattordicenne a prescindere dal fatto che
questa sia consenziente, dunque sulla base di una presunzione asso-
luta, che viene completata dal disposto dell'art. 609 sexies c.p. per il
quale l'autore del reato non è mai ammesso a provare l'errore sull'età
della persona offesa. La legge, pertanto, presume che l'autore cono-
sca l'età della vittima e l'ignoranza non rileva neanche se l'errore è
stato cagionato da dolo malizioso del minore.
2
A. CADOPPI, Commentari delle norme contro la violenza sessuale e della
legge contro la pedofilia, Cedam, terza edizione, 2002.
10
Significativa a tale proposito l'opinione di quegli autori che conside-
rano l'attività sessuale fra adulti e prepuberi come negativa e trau-
matica per lo sviluppo della personalità del minore il quale, non
comprendendo appieno la relazione sessuale con l'adulto, non è in
grado di esprimere un autonomo consenso, ma risulta essere dipen-
dente psicologicamente nella relazione
3
.
L'art. 609 quater punisce inoltre chi compie atti sessuali con persona
minore di anni sedici qualora il colpevole sia l'ascendente, il genito-
re anche adottivo, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di
educazione, di vigilanza o di custodia il minore sia affidato, o che
abbia con quest'ultimo una relazione di convivenza. Anche in questa
disposizione il legislatore ha previsto una presunzione assoluta: nel
caso in questione il riferimento è ai minori di età compresa fra i
quattordici e i sedici anni, i quali sono ritenuti capaci di esprimere
un valido consenso ai fini del compimento di atti di natura sessuale,
ma non nei confronti di persone cui il minore sia legato da rapporti
qualificati.
Le nuove figure del "genitore adottivo" e del "convivente" citate
dalla norma in questione, manifestano l'intenzione del legislatore di
volersi adeguare al mutamento della sensibilità sociale, ora caratte-
rizzata da un concetto di "famiglia" che non ricomprende soltanto la
presenza di entrambi i genitori, ma si estende ad altri individui che
instaurano una vita di relazione con il minore; il rapporto di convi-
venza, in quanto circostanza aggravante, comporta non solo il venir
meno dell'atteggiamento di fiducia e sicurezza del minore nei con-
fronti dell'adulto, ma anche una situazione in cui l'abuso diviene una
3
ANDREOLI 1996 e LANOTTE 1997 citati da P. CAPRI, "La pedofilia: diffi-
coltà e complessità d’interpretazione" in La problematica attuale delle condotte
pedofile a cura di B. CALLIERI e L. FRIGHI, Edizioni Universitarie Romane,
1999.
11
relazione protratta nel tempo, con conseguenze più gravi rispetto ad
episodi isolati.
E' da rilevare la presenza di una molteplicità di definizioni di "abuso
sessuale" sui minori, in ambito sia clinico sia giuridico, dovuta alla
difficoltà di delineare i confini fra ciò che è lecito e ciò che non lo è,
in una materia fortemente condizionata da inclinazioni soggettive,
dove la linea di demarcazione è molto sfumata. Una delle definizioni
giuridiche più utilizzate è quella di Kempe, secondo cui si deve con-
siderare abuso sessuale sui minori "il coinvolgimento di bambini e
adolescenti, soggetti quindi immaturi e dipendenti, in attività ses-
suali che essi non comprendono ancora completamente, alle quali
non sono in grado di acconsentire con totale consapevolezza o che
sono tali da violare tabù vigenti nella società circa i ruoli familia-
ri"
4
. Rientrano in questa definizione gli episodi di pedofilia, stupro,
incesto e più in generale di sfruttamento sessuale.
L'allarme sociale provocato dalle condotte pedofile ha indotto il le-
gislatore ad emanare la Legge 3 agosto 1998, n. 269 che, oltre ad
apportare modifiche al Codice Penale, contiene disposizioni volte a
contrastare lo sfruttamento sessuale dei minori a fini pornografici e
di prostituzione, che raggiunge la sua forma più aberrante nel feno-
meno del "turismo sessuale".
L'aspetto più interessante di questa normativa è costituito dall'aver
inserito tali condotte in una definizione più ampia di "riduzione in
schiavitù di minori" coinvolti in attività sessuali e la loro collocazio-
ne sistematica tra i "reati contro la personalità individuale", in
quanto considerate condotte criminali che compromettono la libera
4
R.S. KEMPE, C.H. KEMPE, Le violenze sul bambino, Sovera Multimedia,
Roma (Tivoli), 1989.
12
determinazione della "personalità individuale" del minore in cresci-
ta.
Il reato d'incesto è contemplato dall'art. 564 c.p.: appare significativo
che la Legge 66/1996 non ne abbia modificato la collocazione, la-
sciandolo nel Capo II (Dei delitti contro la morale familiare) del Ti-
tolo IX (Dei delitti contro la famiglia). La previsione giuridica non si
limita a contrastare la "degenerazione di razza"
5
conseguente la pro-
creazione fra consanguinei ma, nel prevedere anche rapporti sessuali
fra affini in linea retta, risulta ispirata ad una più ampia ratio, con-
nessa con la particolare riprovevolezza morale, che lo rende intolle-
rabile per la comunità sociale
6
. Di particolare rilevanza, ai fini della
considerazione sostanzialmente tradizionale che sopravvive per que-
sto tipo di reato, appare l'aver mantenuto, come condizione di puni-
bilità, il requisito del "pubblico scandalo".
Tornando alla Legge 66/1996, fra i criteri informatori sono da mette-
re in evidenza anche:
- l'aggravio delle sanzioni penali, con l'aumento della pena edittale e
l'introduzione di particolari circostanze aggravanti;
- l'allargamento dei casi in cui è ammessa la procedibilità d'ufficio e
l'estensione dei termini per proporre querela;
- l'individuazione della particolare figura della "violenza sessuale di
gruppo" (in termini giornalistici il cosiddetto "branco", caratterizzato
da un'attenuata o annullata percezione di responsabilità da parte dei
singoli autori, conseguente il fatto di agire in entità collettive alle
quali viene attribuita, in qualche misura e con considerazione aber-
rante, un'autonoma soggettività);
5
R. DOLCE, "Incesto", in Enciclopedia del Diritto, XX, Giuffrè, 1970.
6
F. ANTOLISEI, Manuale di Diritto Penale - parte speciale, I, Giuffrè, 2002.
13
- una tutela rafforzata della riservatezza in ogni fase processuale e
preprocessuale, con limitazione anche degli argomenti che possono
essere oggetto d'interrogatorio, se ed in quanto non strettamente ne-
cessari ai fini dell'accertamento dei fatti.
2. L'autore di reati sessuali
I reati a sfondo sessuale costituiscono oggetto di studio da parte di
varie discipline: non solo il diritto ma anche, fra le altre, psichiatria,
sociologia, criminologia, statistica, ciascuna secondo il proprio ap-
proccio peculiare. Ne deriva un quadro complesso e multiforme, dal
quale non è agevole pervenire a conclusioni interpretative univoche,
anche per l'intrinseca varietà delle classificazioni e degli strumenti di
analisi propri di ciascuna disciplina.
In particolare la fattispecie di reato "violenza sessuale" è stata ana-
lizzata mettendo in rilievo le caratteristiche dei soggetti coinvolti: la
vittima e l’autore, ma è necessario osservare che numerosi fattori
hanno contribuito ad incentrare l’interesse soprattutto sullo studio
delle vittime di tali reati, mentre non sembrano potersi riscontrare,
negli studi più recenti, particolari spinte innovative circa
l’inquadramento della personalità di coloro che compiono violenze
sessuali.
In merito alla figura dell’autore di reati sessuali riteniamo utile fare
riferimento alla classificazione proposta da Gilda Scardaccione , la
quale individua fondamentalmente due orientamenti. Il primo viene
definito come "ancorato a modelli interpretativi clinici o medico
psichiatrici secondo un approccio criminologico tradizionale" in cui
"può individuarsi un rapporto tra condotte sessuali violente e delit-
tuose ed alcune forme di malattia mentale". Il secondo "tende invece
14
a considerare e studiare il fenomeno secondo un approccio chiara-
mente multidisciplinare, ove soprattutto i fattori causali di natura
patologica ricoprono un ruolo del tutto marginale"
7
.
E' opportuno premettere che lo stile di comportamento sessuale di
ciascun individuo dipende da una molteplicità di fattori, riconduci-
bili all’assetto genetico, alle esperienze di vita, allo stato dell’umore,
alla dimensione immaginativa e fantastica, ad eventi esterni; "le
norme e gli stili culturali stabiliscono lo schema di riferimento entro
cui si giocano le possibilità di espressione sessuale"
8
.
Gli autori riconducibili all'orientamento clinico criminologico tradi-
zionale osservano che si possono manifestare disturbi psichici defi-
niti "parafilie" o "perversioni sessuali", in grado di incidere sulla sfe-
ra sessuale del soggetto, inducendolo a porre in essere comporta-
menti considerati "abnormi", anche se non necessariamente implica-
no violazioni del Codice Penale. Le devianze sessuali che più fre-
quentemente inducono a compiere reati a sfondo sessuale risultano
essere: la violenza sessuale, la pedofilia, e l’incesto.
Vari autori, tra i quali il Ferracuti
9
, appoggiano la classificazione
delle perversioni sessuali proposta dal Mac Cary il quale le riordina
in base a tre criteri direttivi:
- modi anormali del funzionamento e della qualità della tendenza
sessuale
- scelta abnorme del partner sessuale
- grado abnorme di desiderio o di forza della pulsione sessuale
7
G. SCARDACCIONE, Autori e vittime di violenza sessuale, Bulzoni Editore,
Roma, 1992.
8
P. MORINI, La cura dell’orco, Edizioni Sapere, Padova, 2001.
9
S. FERRACUTI, "Le parafilie e i reati sessuali. Aspetti clinici e psichiatrico-
forensi" in Trattato di criminologia, medicina criminologia e psichiatrica fo-
rense vol. 8, Giuffrè, 1988.
15
All’interno della terza fra le categorie sopra indicate Mac Cary inse-
risce la violenza carnale: deviazione sessuale in grado di originare
una fattispecie di reato compiuto sulla spinta di un istinto sessuale di
abnorme intensità, che il soggetto difficilmente riesce a controllare.
I trattati psichiatrici più recenti (DSM IV, Manuale statistico - dia-
gnostico comportamentale, 1994) collocano il fenomeno della pedo-
filia all’interno delle "parafilie", affermando che "per poter conside-
rare pedofilica l’attività sessuale con minori è necessario che gli
stessi abbiano meno di anni 13, che siano prepuberi, che il soggetto
pedofilo abbia almeno 16 anni e almeno 5 anni in più del bambi-
no"
10
.
Jaria, Capri e Lanotte
11
, analizzando la personalità di coloro che
compiono abusi sessuali su minori, hanno rilevato alcune caratteri-
stiche più o meno ricorrenti, quali l’immaturità affettiva e
l’identificazione deficitaria, riscontrando inoltre la frequente incapa-
cità di instaurare relazioni interpersonali adeguate.
Holmes e Holmes ritengono che i pedofili possano essere classificati
in due categorie: i "pedofili situazionali" e i "pedofili preferenziali".
I soggetti appartenenti alla prima tipologia hanno la caratteristica di
rivolgersi al mondo infantile quando nella loro esistenza si verifica-
no eventi particolarmente stressanti; inoltre non s'interessano unica-
mente ai bambini, ma ad ogni persona potenzialmente vulnerabile. I
10
P. CAPRI "La pedofilia: difficoltà e complessità d’interpretazione" in La
problematica attuale delle condotte pedofile a cura di B. CALLIERI e L. FRI-
GHI, Edizioni Universitarie Romane, 1999.
11
A. JARIA, P. CAPRI, A. LANOTTE, "Aspetti e problemi attuali della pedo-
filia" in L’amore da Edipo a Orfeo, a cura di A.PALMA, La Bussola, Ferentino,
1995.
16
pedofili cosiddetti preferenziali, invece, provano attrazione sessuale
esclusivamente per i bambini
12
.
Nell’ambito del suddetto primo orientamento interpretativo vari au-
tori sostengono che esiste un nesso causale tra violenza sessuale e
malattia mentale, rilevando che la schizofrenia, la psico-patia e
l’insufficienza mentale sono fra i disturbi che più frequentemente
inducono il soggetto a compiere questo tipo di reato.
Di Tullio
13
ritiene che la schizofrenia, nella sua forma ebefrenica,
caratterizzata da disorganizzazione del pensiero e del comporta-
mento, produca un’alterazione della sfera affettiva del soggetto, ca-
pace di spingerlo a compiere atti aggressivi e violenti che possono
sfociare anche in un delitto a sfondo sessuale. In grado di commette-
re tali atti sono, secondo lo stesso autore, anche coloro i quali siano
affetti da insufficienza mentale media (i cosiddetti " imbecilli");
della stessa opinione sono anche Gerin, Milner e Ferguson
14
.
Per quanto concerne l'incesto, che viene inquadrato fra le devianze
sessuali, significativa ci sembra l’opinione della Merzagora
15
la
quale sostiene che gli autori di tale reato, spesso, manifestano una
personalità psicopatica, senza tuttavia essere affetti da malattie psi-
chiatriche. Secondo un altro autore
16
non sono frequenti i casi di
autori d’incesto affetti da malattie mentali; in queste persone, tutta-
via, possono riscontrarsi "disturbi di personalità con presenza di
12
A. COLUCCIA, E. CALVANESE, Pedofilia un approccio multiprospettico,
Franco Angeli, 2003.
13
B. DI TULLIO, Principi di criminologia clinica e psichiatria forense, Istituto
Italiano di Medicina Sociale, Roma, 1963.
14
C. GERIN, Medicina legale e delle assicurazioni, Schirru, Roma, 1997.
15
I. MERZAGORA, L’incesto, Giuffrè, 1986.
16
P. MORINI, Op. cit.
17
violenza ed irascibilità, disadattamento lavorativo, alcolismo e pre-
cedenti penali".
Al secondo orientamento interpretativo, di taglio, per così dire, mul-
tidisciplinare, appartengono gli autori che considerano inconsistente
il rapporto tra violenza sessuale e cause patologiche, ritenendo de-
terminanti per il compimento del reato altri fattori di natura psicolo-
gica o socio-culturale.
Schneider
17
individua tre modelli interpretativi che spiegano il veri-
ficarsi della violenza e le caratteristiche dell’autore: un modello
biologico, un modello psicologico ed un modello sociale. Secondo
Schneider l’autore di violenza sessuale, da un punto di vista psico-
analitico, non ha superato il complesso di Edipo: l’aggressione co-
stituisce lo strumento per dimostrare il dominio sulla donna e le pro-
prie capacità sessuali.
Interessanti sono le classificazioni contenute in uno studio di D.E.H.
Russell
18
che trascurano totalmente gli aspetti socio-culturali, per
privilegiare l'analisi delle dinamiche psicologiche ed interpersonali.
Dalle teorie di Rada e Groth studiate dalla Russell emerge come la
violenza sessuale possa costituire manifestazione di tendenze offen-
sive o sadiche generate da un rapporto conflittuale con la donna e
come affermazione del potere maschile su di essa. Gebhard sostiene
invece che l’autore di violenza sessuale non abbia necessariamente
un atteggiamento ostile nei confronti della donna, la quale viene
considerata oggetto dei suoi piaceri sessuali, sia questa conosciuta o
del tutto estranea.
17
H.J. SCHNEIDER, "Rape in criminological and victimological perspective",
in Eurocriminology, n°1, 1987.
18
D.E.H. RUSSELL, Sexual exploitation: rape, child sexual abuse and work-
place harassement, Sage Publications - Beverly Hills, CA, 1984.
18
Altri autori sono dell’opinione che le motivazioni che possono spin-
gere un individuo a compiere un reato di violenza sessuale debbano
essere ricercate prevalentemente nella sociologia. Il già citato
Schneider ritiene che la violenza sessuale sia espressione di una
sottocultura criminale, che in certo modo incentiva il comporta-
mento aggressivo.
L’approccio sociologico mira soprattutto ad analizzare il fenomeno
in rapporto all’evoluzione storica e culturale della società, ai costumi
sessuali ed al ruolo attribuito alla donna, in riferimento sia al conte-
sto sociale, sia al comportamento sessuale ad essa richiesto. Una teo-
ria che mette in evidenza la discriminazione tra i sessi con l’intento
di individuarne le possibili cause è quella della Brownmiller: secon-
do l’autrice la violenza sessuale da sempre ha costituito una manife-
stazione del dominio dell’uomo sulla donna, considerata dunque più
debole e in una posizione d'inferiorità
19
.
Al di fuori degli orientamenti interpretativi sopra citati è utile rileva-
re la connessione che è stata individuata tra violenza sessuale e uso
di sostanze alcooliche; relazione che risulta diversa a seconda che
l’autore del reato si trovi in stato di ubriachezza occasionale, patolo-
gica o di alcoolismo cronico. Interessante l’opinione di coloro che
considerano l’assunzione di alcool un espediente per poter infrange-
re le regole imposte dalla società sentendosi meno responsabili delle
proprie azioni (Gulotta - Mc Caghy).
E’ inoltre emerso da alcune ricerche (Amir-Fattah) che la violenza
sessuale possa essere preceduta dall’uso di alcool sia da parte
dell’autore sia da parte della vittima; ciò consente a colui che com-
19
S. BROWNMILLER, Against our will: men, women and rape, Simon and
Schuster, New York, 1975.
19
mette il reato di familiarizzare più agevolmente con la vittima ren-
dendola più vulnerabile.
Risulta pertanto significativo il nesso causale tra violenza sessuale e
ubriachezza occasionale: Frajese, Bruno e Ferracuti
20
sono del-
l’opinione che "piccole quantità di alcool, a causa dell’azione de-
pressiva sul sistema attivante reticolare e quindi liberatoria sulla
corteccia, producono una diminuzione del senso del contegno e
dell’autocontrollo ed inducono ad un comportamento sessuale più
aggressivo, inoltre agiscono con una riduzione dell’ansia ed un ri-
lassamento muscolare che facilitano il rapporto erotico. Grandi
quantità di alcool, invece, diminuiscono o aboliscono la potenza
sessuale e riducono grandemente la performance, anche se in termi-
ni non sempre univoci".
Ne consegue che la connessione tra alcoolismo cronico e violenza
sessuale si manifesta soprattutto nella commissione di reati
all’interno della famiglia, quali l’incesto o altre forme di abuso di
minori.
Infine vari autori hanno studiato il rapporto tra uso di sostanze stupe-
facenti e comportamento sessuale aggressivo, rilevando come
l’assunzione di tali sostanze in modo occasionale possa provocare
effetti simili a quelli dell’alcool; Todarello, Tarantini e Greco so-
stengono che "l’uso cronico di sostanze stupefacenti produce gravi
disturbi del sistema endocrino, metabolico e del sistema nervoso,
con la possibile conseguenza della sfera sessuale che vanno dalla
20
G. FRAJESE, F. BRUNO, F. FERRACUTI, "Farmaci, droghe e condotte
sessuali", in Trattato di criminologia, medicina criminologica e psichiatrica fo-
rense, vol. 8, Giuffrè, 1988.
20
progressiva riduzione della libido, fino alla vera e propria impoten-
za"
21
.
21
O. TODARELLO, V. TARANTINI, O. GRECO, "Sostanze stupefacenti e
sessualità. Indagine su un gruppo di tossicodipendenti", in Rassegna di crimi-
nologia, n°1, 1984.