GIANLUCA MAGRO
LA MIA ESPERIENZA IN EUROFLEX
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I. EUROFLEX SRL.
I.I - L’INDUSTRIA NEL NORD EST
Come si è avuto modo di anticipare, l’esperienza a cui si fa riferimento si è svolta
in un industria del settore meccanico nel Nord-Est dell’Italia; questa zona è
considerata a livello industriale una tra le più operose dal punto di vista industriale,
grazie anche alla vasta presenza di manodopera a basso costo, spesso
extracomunitaria. Anzi, più probabilmente questi due fattori si autoalimentano.
Tuttavia, a fronte di una così larga capacità produttiva delle aziende, i risultati non
sempre sono quelli che ci si attende. Il basso livello di scolarizzazione e una
mentalità orientata ai processi piuttosto che alla produzione intesa in maniera
globale (quindi comprendendo anche la sua organizzazione), limitano fortemente
le capacità potenziali delle aziende. Al fine di comprendere al meglio il lavoro che
si è svolto, e l’importanza che potrebbe avere è pertanto indispensabile una breve
analisi del settore dell’industria meccanica.
Negli ultimi 2 - 3 anni, la tendenza del settore meccanico è in calo un po’ in tutta
Italia, rispetto alle performance raggiunte nel decennio precedente; i fattori che
vengono adotti a motivo di tale tendenza negativa sono costituiti dall’emergere
incalzante della concorrenza internazionale, soprattutto asiatica, e dalla fine dei
benefici associati alla svalutazione competitiva della lira, che aveva assicurato
negli anni ’90 una maggiore competitività dell’export del settore.
Gli ultimi dieci anni hanno segnalato un’importante crescita del volume di
esportazioni sviluppate dal comparto meccanico. I mercati di sbocco delle
produzioni realizzate in Veneto e, più in generale, nel Nord Est, si sono ampliati e
diversificati considerevolmente rispetto al recente passato.
Uno dei nodi principali è costituito dalla ridotta dimensione media delle imprese:
essa balza all’attenzione degli operatori soprattutto in un contesto, qual è quello
attuale, di congiuntura difficile e in cui le aziende sono chiamate a confrontarsi con
competitors attivi su scala globale. La piccola dimensione priva molte imprese di
quella massa critica che è indispensabile per poter portare avanti qualsiasi
strategia di internazionalizzazione e di apertura ai mercati. Inoltre, prive di risorse
umane e finanziarie da destinare ai processi di innovazione e alla riorganizzazione
della propria struttura interna, le piccole imprese soffrono di una condizione di
sottocapitalizzazione che le rende ancora più esposte alle minacce della
concorrenza internazionale. In taluni casi, laddove esse siano specializzate su
produzioni di nicchia, esse continuano a godere di una posizione favorevole; al
contrario, per coloro che sono dediti a produzioni standard e prive di grande valore
aggiunto, l’impatto con i mercati internazionali rischia di essere deleterio e
devastante.
Per queste imprese soprattutto, i processi di innovazione rappresentano, ad oggi,
la chiave di volta per rinvigorire la propria posizione sui mercati internazionali e
rispondere con efficacia alle sfide poste dalla concorrenza globale. Pertanto, nel
corso degli ultimi dieci anni, gli investimenti in innovazione, sia di processo che di
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prodotto, hanno conosciuto un trend positivo. Da un lato, le imprese sono andate
alla ricerca di una sempre maggiore qualità per le proprie produzioni, così da
elevarne il valore aggiunto; dall’altro, la razionalizzazione e l’automazione di vasti
segmenti del processo produttivo hanno permesso di conseguire importanti
incrementi in termini di produttività ed efficienza.
Gli investimenti nella formazione e riqualificazione delle risorse umane hanno a
lungo rappresentato uno dei talloni d’Achille delle imprese del Nord Est, a cui è
stata spesso rimproverata una scarsa attenzione al riguardo.
Gli investimenti in innovazione, pertanto, rappresentano oggi quasi una necessità
a cui le imprese non possono sottrarsi, pena la loro stessa sopravvivenza.
A questo proposito, tuttavia, le piccole e medie imprese scontano difficoltà
maggiori, dal momento che le risorse finanziarie a loro disposizione sono limitate e
ciò rende arduo affrontare e sostenere spese ragguardevoli quali sono quelle
richieste da qualsiasi attività di ricerca e sviluppo.
Attualmente la tendenza interessa più il processo produttivo: nuove forme di
automazione e di razionalizzazione delle linee produttive permetteranno di
innalzare i livelli di produttività, soprattutto per le imprese di dimensioni medio-
piccole. Una maggiore flessibilità e l’introduzione del principio del just in time
possono permettere di adeguare in modo rapido il ciclo produttivo alle esigenze
del singolo cliente e di personalizzare, in tal modo, anche il servizio di fornitura. Le
nuove macchine a controllo numerico, permettono di rendere più veloci i processi
e di migliorare la qualità e la flessibilità dei prodotti.
Di minore entità, invece, i processi di innovazione che hanno interessato i prodotti:
in taluni casi la qualità è senz’altro migliorata, vi sono state delle evoluzioni rese
possibili dal progresso tecnologico, ma gli sforzi delle imprese paiono essere stati
concentrati soprattutto sul processo. L’innalzamento della produttività e la
riduzione dei costi unitari hanno rappresentato una delle priorità fondamentali a cui
le imprese hanno guardato nel corso degli ultimi due lustri.
Euroflex si affaccia in questo panorama ma non come azienda leader o come
modello da seguire, piuttosto come azienda con grandissime potenzialità date da
un nome conosciuto nel settore, anche in virtù degli ottimi risultati della gestione
precedente, ma anche come azienda che ha decisamente bisogno di ridurre gli
sprechi, migliorare la qualità dei prodotti e rendere più veloci, snelli, economici i
processi. Il margine per contrarre tempi e costi è elevato ma la strategia non
sempre è evidente. Questa situazione è piuttosto frequente, tuttavia come si
accennava in precedenza per una piccola azienda è difficile poter investire in
miglioramenti che magari avranno il loro ROI in una decina d’anni (che appaiono
un’eternità in un contesto incerto e variabile come quello del settore meccanico).
Credo che un progetto come il presente possa essere molto utile proprio per
valutare dove occorre apportare miglioramenti e per determinare con cognizione di
causa quali possano essere le strategie migliori da adottare in modo da compiere
quel salto di qualità che è indispensabile per la sopravvivenza dell’azienda stessa.
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I.II - EUROFLEX: IERI
Euroflex produce, assembla e commercializza componenti meccanici e non per
tende da sole per esterni: bracci per sorreggere le tende, testate, profili, staffe,
agganci, ecc. Non produce né commercializza tende finite ma tutti quei
componenti, escluso il tessuto, che servono alla realizzazione di una tenda da sole
per esterni.
L’Euroflex nasce nel 1970 per volontà di Silvano Lazzarini che acquistò il terreno e
costruì il capannone aziendale: in via Oslo 5 a Vigonza (Padova). L’indirizzo è
tutt’ora la sede produttiva e legale dell’azienda.
Originariamente l’azienda commercializzava sia i singoli componenti che la tenda
finita ma già alla fine degli anni settanta abbandonava la produzione delle tende
complete e si specializzava nella produzione/commercializzazione delle sole
componenti metalliche.
Nel 1999 Silvano Lazzarini, dopo una lunga e difficile malattia muore e la moglie
Lorenza Vegro assume la titolarità e proprietà dell’azienda.
Oggi l’Euroflex è una azienda ben conosciuta nel settore se non altro per la
presenza trentennale sul mercato. Ha una consolidata gamma di prodotti utilizzati
per la produzione standard delle tende da sole per esterni.
Il campo dove si muove l’Euroflex è il business to business. Ha smesso di
occuparsi del business to consumer quando ha deciso di non costruire più tende
finite.
Il mercato delle tende da sole per esterni ha un andamento tipicamente stagionale
e, grosso modo, corrisponde al periodo primavera/estate.
Il time to market del settore si aggira intorno ai 10 e 15 giorni dal ricevimento
dell’ordine a seconda della stagionalità.
I principali fornitori dell’Euroflex sono le fonderie che producono i pezzi ed i profili
di alluminio sia su stampi commerciali che su stampi proprietari Euroflex.
I.III - ORGANIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE
L’attività produttiva svolta è semplice: si tratta di azioni di assemblaggio elementari
e ripetitive che possono essere insegnate in tempi molto brevi a un qualsiasi
operatore. Non vi sono lavorazioni che richiedono creatività o inventiva né abilità
personali. E’ una produzione composta dalla ripetizione continua di atti semplici.
La manodopera è quindi non specializzata.
Oggi questa produzione di tipo semplice e ripetitivo è svolta con metodi ed
organizzazione artigianale. La programmazione della produzione è minima e
l’evasione degli ordini avviene quasi per commessa. Questo comporta degli
evidenti ed elevati sprechi nelle economie di scala che potrebbero essere ottenute
dalle lavorazioni in lotti economici e della gestione degli approvvigionamenti delle
materie prime e dei componenti.
L’attività produttiva vive dunque oggi la contraddizione di venire svolta in maniera
artigianale mentre dovrebbe essere di tipo industriale. Essa dovrebbe cioè
avvenire lungo linee di assemblaggio preparate sulla base di una programmazione
della produzione impostata sull’approvvigionamento di un magazzino di prodotti
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finiti o semilavorati. La dimensione di questo magazzino deve venire calcolata
sulle previsioni di vendita a loro volta estrapolate dalla storia delle ultime due
stagioni.
A questo si deve aggiungere un layout che comporta un’elevata movimentazione
delle merci all’interno del capannone e frequenti spostamenti degli operatori per
completare le lavorazioni che hanno incominciato.
Anche il magazzino presenta le stesse deficienze della produzione poiché non è
gestito, né controllato con continuità e soprattutto manca di una stretta
coordinazione con l’attività produttiva. Senza programmazione con la produzione
accade che vi siano ritardi negli approvvigionamenti che comportano la
sospensione del montaggio di un componente e quindi al ritardo nella consegna
perché si è atteso l’arrivo del pezzo mancante.
Allo stesso modo non vengono gestiti gli approvvigionamenti dei materiali di
consumo né in base alla produzione prevista nel periodo successivo, né a livello di
riordino.
Il tempo di evasione dell’ordine è elevato: normalmente sopra le due settimane e
durante questa stagione ha raggiunto, in alcuni casi, anche un mese ed alcuni
clienti hanno annullato la commessa.
I.IV - PRODOTTI E LINEE DI PRODOTTI
La produzione di Euroflex può essere divisa in 3 grosse entità:
1. Bracci estensibili
2. Supporti
3. Kit tenda
Sono in generale prodotti semplici eccetto i kit che sono formati da più componenti
anche di materie plastiche e costituiscono in sostanza tende (complete eccetto il
tessuto); la grossa fetta di mercato è invece costituita dagli altri due elementi.
La maggior parte delle tende è costituita da supporti per il muro o per il soffitto a
cui sono agganciati i bracci in maniera tale da tendere il tessuto; i pezzi
denominati calcagno puntale e prolunga puntale servono a collegare braccio e
supporto e braccio e terminale (parte finale della tenda). La cartuccia è un
componente del braccio, tuttavia essendo il componente più meccanico è anche
quello più soggetto ad usura; inoltre la molla col tempo tende a perdere le sue
caratteristiche, pertanto viene spesso venduto come ricambio ed è quindi prodotto
in vasta scala anche in maniera indipendente dal braccio.
Per completezza riporto una vista d’assieme tratta dal catalogo in Figura I.1:
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Figura I. 1: Estratto da catalogo dell’esploso di una tenda modello ST
Le linee di prodotto sono invece 13 concettualmente; di cui alcune sono simili e
variano per pochi particolari come le tende a bracci (linee standard, standard star,
standard snodo chiuso, mignon, mignon snodo chiuso, intermedio e bibarra).
I.V - EUROFLEX: OGGI
L’obiettivo principale della nuova Euroflex è l’aumento del fatturato, questo
mantenendo un controllo ferreo dei costi e un aumento del livello di servizio.
Aumentare il livello di servizio significa offrire al cliente una rapida disponibilità del
prodotto dal momento in cui ne fa richiesta. Significa, in sostanza, accorciare il
tempo di evasione dell’ordine. E’ un traguardo che richiede di cambiare la filosofia
di produzione. E’ necessario passare da una produzione su commessa ad una
produzione per il magazzino. In pratica programmare la produzione non secondo
l’arrivo degli ordini, ma sulla base dalle previsioni di vendita calcolate sulla storia
delle ultime due stagioni.
Questa nuova forma/organizzazione di produzione per il magazzino permette di
avere delle, fino ad oggi sconosciute, economie di scala date dall’ottimizzazione
dei processi produttivi. Si passerà quindi alla creazione di linee produttive di tipo
industriale che daranno luogo o a prodotti finiti o a semilavorati che in seguito
saranno rilavorati più in vicinanza dei tempi di consegna.
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I.VI - PROGRAMMAZIONE DELLA PRODUZIONE
La produzione non sarà più a commessa ma a magazzino. Avverrà quindi una
programmazione della produzione sulla base di previsioni di vendita, quando ci si
trova in periodo di bassa stagionalità, e degli ordini in portafoglio, quando ci si
trova in periodo di alta stagione.
Programmare la produzione permette di dare vita ad semplice un MRP (Material
Requirement Planning) con cui gestire le commesse e l’arrivo dei componenti
necessari al magazzino.
I passi, assai semplici, saranno:
ξ codifica di tutti gli articoli utilizzati nella produzione;
ξ storico degli impieghi su base mensile conteggiando le vendite e la produzione
di semilavorati;
ξ pianificazione del fabbisogno dei materiali
ξ programmazione della produzione sulla base delle forniture di
approvvigionamento.
Il passo successivo è di conoscere la produttività standard che deve essere
conseguita da ogni operatore a seconda delle operazioni svolte. Un sistema di
controllo individuale della produttività deve monitorare giornalmente ogni
operatore
I.VII - FORZE IN CAMPO.
Attualmente in produzione lavorano 7 operatori.
Durante il periodo stagionale un operatore effettua le consegne e quindi è sottratto
all’attività produttiva per parte del tempo.
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II. LA MIA ESPERIENZA IN EUROFLEX
II.I - INTRODUZIONE
La durata dello stage presso Euroflex è stata di circa tre mesi, dall’inizio di
Novembre fino al giorno 4 Febbraio. Euroflex, pur essendo una società con anni di
esperienza nel settore, ha recentemente cambiato gestione, come già evidenziato
in precedenza. Si è avuto quindi modo di conoscere non solo la realtà aziendale
ma anche i complessi problemi, sia dal punto di vista umano che lavorativo, legati
al cambio di dirigenza.
La società è apparsa da subito totalmente disorganizzata, assente di dati storici
sulle vendite, sugli acquisti, sui tempi di produzione. Così, in una prima fase, ci si
è occupati di creare parte di questi dati, stilando, ad esempio, le distinte basi. Un
documento che sarebbe stato fondamentale per il proseguo del lavoro, ma
soprattutto un documento da cui un’azienda non può prescindere. Questa parte
del lavoro ha permesso di mettere a frutto parte delle conoscenze acquisite nel
corso di tecnologie meccaniche, dove si è appreso l’uso dei principali strumenti di
misura, ma anche conoscenze sulle diverse tipologie di lavorazioni e sul
funzionamento delle diverse macchine.
L’esposizione delle attività svolte durante lo stage, qui di seguito, inizierà,
pertanto, con attività che apparentemente hanno poco a che fare con la raccolta
dati e studio dei cicli e flussi che tipicamente precede lo sviluppo e l’analisi di un
modello di simulazione. Tuttavia, come si cercherà di esporre in seguito, tali
attività hanno contribuito in maniera significativa alla mia crescita professionale.
II.II - DISTINTE BASE
In una realtà così frammentaria dal punto di vista dei prodotti finiti (che possono
cambiano anche per poche viti o piccoli particolari), è stata molto impegnativa la
fase di conoscenza del prodotto, base per la raccolta dei dati. La prima attività che
si è cercato di realizzare è stata la creazione delle distinte base. Per questa parto
progetto che ha richiesto una mole enorme di lavoro sono stato aiutato e
supportato dai “colleghi” in particolare dall’”ufficio tecnico” che rappresenta
insieme a pochi altri dipendenti la “memoria storica” dell’azienda.
Sono stati elaborato circa 120 prodotti finiti (quasi il triplo considerando anche le
varianti di tipo dimensionale) numero che “esplode” fino a superare i 10000 record
considerando tutte le possibili varianti sia come dimensione che come viteria. In
questa fase, sempre in collaborazione con l’ufficio tecnico si è anche tentato di
introdurre un nuovo codice per ciascuno di questi elementi ma dovendo
conservare quello preesistente (laddove fosse stato già codificato il pezzo) per
motivi commerciali, questo progetto non è andato a buon fine perché i due codici
si “scontravano” ma mi auguro che tale attività possa essere stata comunque una
base di partenza per l’introduzione in futuro di un nuovo codice.
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Questa fase come si è già avuto modo di anticipare ha richiesto una grande
quantità di lavoro ma ora l’azienda dispone di un efficace strumento quale sono le
distinte basi sia per la gestione dei materiali che per la conoscenza del prodotto
che fino a gennaio era in mano solo di poche persone. Inoltre abbiamo in qualche
maniera garantito uniformità ai nomi dei pezzi e ai tipi di lavorazione e ai livelli
delle stesse.
Le distinte sono così organizzate:
ξ Descrizione dell’elemento sia come colore che come forma/funzionalità che
come misure.
ξ Codice o spazio per l’introduzione dello stesso in futuro.
ξ Livello di lavorazione che permette di definire se i pezzi sono assemblati,
sfusi, e lo stato di avanzamento della lavorazione (proporzionale al valore
aggiunto immobilizzato).
ξ Quantità misurata oppure stimata serve per la gestione delle scorte ed è
proporzionale al volume
ξ Note
Alcune distinte data la natura del prodotto e l’intercambiabilità di molti componenti
sono state realizzate con collegamenti ipertestuali in modo da poter essere
composte mediante una sorta di creazione guidata che vincola la scelta ad alcuni
tipi di elementi “ammessi” escludendo quelli che per loro natura devono essere
esclusi. In Tabella II.1 si riporta un esempio di distinta.
Cartuccia Dx ST 50I - BIANCO - F
Descrizione Codice Euroflex Livello Q.tà
Cartuccia Dx ST 50I - BIANCO - F 2XL907BD 0 1
Snodo Star Destro - BIANCO 2XL801STD 1 1
Femmina Dx ST c/boccola - BIANCO 2XL121STD 2 1
Boccola Br Sint 12,1x16x20x1,8x14 BBS12,1x1,8 3 2
Femmina Dx ST Verniciata - BIANCO 2XL111STD 3 1
Femmina Dx ST Grezza 2XL100STD 4 1
Maschio Dx ST Lavorato - BIANCO 2XL221STD 3 1
Maschio Dx ST Verniciato - BIANCO 2XL211STD 3 1
Maschio Dx ST Grezzo 2XL200STD 4 1
Spina 18x89 Forata SS12X67FA2 2 1
Vite STEI M88x22 A2 V59276X10A 2 1
Etc etc
Tabella II.1: Esempio di struttura della distinta realizzata estratto parzialmente dalla Db della
cartuccia dx del braccio star bianco con catena in acciaio inox e predisposizione per i tappi
coprisnodo. La versione completa comprende 32 componenti. Nelle distinte create sono presenti
anche ingombri significativi e norme UNI/ISO.
Logicamente, la distinta è articolata su molti più elementi che tuttavia non riporterò
per ovvii motivi legati all’azienda.
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Un compito, parallelo alla raccolta dati e alla creazione delle distinte basi, che è
stato svolto nei pochi momenti liberi o nelle pause o la sera finito il turno degli
operai, è stato la riorganizzazione del magazzino “creando” un cartellino
contenente codice identificativo di ogni prodotto a magazzino, quantità, colore e
descrizione. Questo lavoro, pur sembrando inutile ai fini dell’apprendimento, è
stato molto utile per migliorare la mia conoscenza del prodotto, così come quella
degli altri operai. Sicuramente è stato molto utile all’azienda anche se non si è
riusciti a completarlo sia perché lo stage è terminato prima del previsto, avendo
raccolto dati a sufficienza, sia perché non si è riusciti, per i motivi esposti in
precedenza, a realizzare un sistema che distinguesse ogni singolo elemento.
II.III - LA RACCOLTA DATI
II.III.I - PROBLEMI TEORICI
Bisogna premettere che, pur essendo da molti anni presente sul mercato,
EUROFLEX, non possiede alcun tipo di dati storici sui tempi di lavorazione o di
set-up delle macchine.
Inoltre, le decisioni riguardanti la produzione sono tutt’ora in mano al responsabile
che si avvale esclusivamente della sua esperienza; questi è l’unico a conoscere
tutti i processi e la mattina programma la produzione per la giornata. Il tutto
avviene senza ordini scritti o senza documenti, il che ha reso ancora più difficile la
fase di raccolta dati.
Solo nell’ultimo periodo di stage è stato possibile avvalersi dell’aiuto di ordini di
produzione scritti. La raccolta dei tempi è quindi stata esclusivamente empirica e
del tutto manuale utilizzando un cronometro e una sorta di tabella che fosse in
grado di organizzare il lavoro in base alle diverse famiglie di prodotti. Il lavoro è
stato completato dalle fotografie dei vari componenti in modo da migliorare la
conoscenza del prodotto e del processo e da avere un riscontro visivo da
associare ai tempi e alle operazioni data la vastità, non tanto di lavorazioni, ma di
varianti (che logicamente richiedono di prendere nuovi tempi se non altro per
confronto).
Il problema più grosso si è avuto nella valutazione dei tempi di inizio o fine di
un’operazione, dipendendo questo valore da vari fattori che possono essere, ad
esempio, la quantità ma anche le unità logistiche a disposizione, la priorità ma
anche decisioni umane del responsabile basate solo sulla sua esperienza, dato
che difficilmente può essere valutato.
L’azienda dispone di due unità logistiche fondamentali, delle grosse ceste
d’acciaio che devono essere movimentate da un muletto o dal “trans-pallet”
oppure dei carrelli che possono, logicamente, trasportare una minore quantità di
pezzi e sono presenti in buona quantità. L’uso dell’una piuttosto che dell’altra non
è indifferente sui tempi di prelievo o di trasporto; tuttavia non è possibile
determinare un valore di soglia che condizioni tale scelta. Inoltre, il non conoscere
le quantità lavorate (se non, al limite, per i prodotti finiti o i semilavorati di livello più
alto), difficilmente permette di valutare l’entità dei tempi morti piuttosto che dei
trasferimenti. Anche se si riuscisse a misurare i tempi di trasferimento, questa
durata dovrebbe essere confrontata con la quantità di pezzi movimentati.
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Discorso analogo per gli imballaggi che dipendono dal tipo di consegna (tramite
corriere, ritiro oppure consegna da parte di Euroflex) ma non avendo pratiche
operative standard, non vengono mai effettuati alla stessa maniera, nella stessa
zona, con le stesse metodologie o dallo stesso numero di persone. Queste
aleatorietà rendono difficile la valutazione di tali tempi.
A quanto detto, va ancora aggiunto che l’azienda è in continuo cambiamento. La
nuova dirigenza, sicuramente volenterosa e capace, ha già apportato tanti
cambiamenti durante il periodo dello stage e anche durante le fasi successive, ad
es., nell’ultimo giorno di raccolta dati è stato cambiato il metodo di imballaggio.
Il mercato stagionale non ha permesso la raccolta di dati su semilavorati o
addirittura prodotti finiti che erano stati preparati nel periodo precedente quello di
analisi.
Particolare influenza va, ancora, attribuita al fattore umano, che, pur sembrando
un argomento banale, è stato difficile da trattare: i dati spesso variano da una
persona all’altra e spesso anche durante le rilevazioni vedevo variare sotto i miei
occhi il ritmo della lavorazione. Per porre rimedio a questo, si è cercato di
focalizzare la rilevazione dei tempi sulle persone più affidabili da questo punto di
vista. Nei tre mesi di rilevazioni, sono cambiati cinque operai e alcuni tempi
possono essere invalidati dalla fisiologica curva di apprendimento. Il modo di
lavorare, tipico di questo tipo di aziende, vede lavorare grosse quantità per lunghi
periodi; questo ha contribuito a rendere meno vari i dati raccolti. Per contrastare
questo fenomeno, si è ricorsi all’utilizzo di fattori di correzione legati alla forma,
alle dimensioni, alle lavorazioni dei pezzi. Il loro valore va dallo 0 al 30%.
Un'altra operazione difficile da valutare è stata la fase di prelievo dei prodotti a
corredo o di componenti di tipo kit a causa della forte disorganizzazione del
magazzino che non presenta etichette o zone definite dove cercare un
determinato componente.
Abbiamo cercato di operare per migliorare l’accessibilità del magazzino e della
viteria mettendo delle etichette con la descrizione, tuttavia l’assenza di distinte
basi e la scarsa conoscenza del prodotto da parte della manodopera rendono la
variabilità del tempo di processo di questa fase altamente variabile. Ho misurato
scarti anche superiori ai 10 minuti fra una volta e l’altra. Per rendere più fedele il
modello alla realtà “a regime”, ho fatto opportune valutazioni sulle cause
riportando di volta in volta un valore accettabile.
Per quanto riguarda la rilevazione dei tempi macchina, non si evidenziano fattori di
disturbo paragonabili a quelli precedenti. Sono pertanto da considerarsi dati
attendibili.
In questa fase ho elaborato dati per circa 84000 secondi effettivamente considerati
(Una stima di prima approssimazione in virtù di quanto detto sopra maggiora
questo valore di circa il 40%).
II.III.II - FASE OPERATIVA
Operativamente ho considerato n. 30 tempi per lavorazione, cercando di
suddividerla in microattività. Ogni attività presenta una breve descrizione laddove
sia richiesto.
In un primo tempo queste microattività, sia su suggerimento del dott. Marchello sia
basandomi su un libro da lui consigliato, erano le più piccole unità logiche
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possibili, ad esempio l’assemblaggio non veniva valutato nel suo complesso,
bensì l’intero processo era suddiviso “vite per vite”. In seguito, sviluppando il
modello, ho dovuto accorparle per processo. Tutti questi valori, diversificati per
elemento, sono inseriti su un documento Excel diviso in cinque fogli: un primo
foglio reca una descrizione del processo, il secondo una tabella simile a quella
vista nel corso di “Impianti industriali 1”, il terzo foglio contiene i singoli tempi di
lavorazione organizzati e “mediati”, mentre il quarto e il quinto contengono
immagini del componente e dei flussi di materiale.
L’immagine dei flussi di materiale è stata realizzata con un programma che
permette di sovrapporre tramite diversi Layer i vari flussi di materiali; tuttavia non è
stato possibile completare questo lavoro per tutti i componenti per mancanza di
dati e tempo.
Riporto comunque un’immagine della tipica scheda in Figura II.1:
Figura II.1: Vista d’assieme della scheda contenete i dati. Nella parte in alto a sx il diagramma
contenente tipo di operazione, distanza e tempi; sotto le schede contenenti 30 tempi rilevati e il loro
valore medio (a destra di queste tabelle la distribuzione dei tempi); nella parte destra dell’immagine
sono visibili flussi e fasi di lavorazione.
Il lavoro sui tempi è stato completato introducendo le schede di lavorazione. Il
modello della scheda di lavorazione è visibile in Figura II.2. Attraverso queste
schede, che dovevano essere compilate dai dipendenti, si sperava di ottenere
maggiori informazioni sulle quantità lavorate e sui tempi. Su incarico della
dirigenza, tali schede sono state realizzate in maniera intuitiva e di semplice
utilizzo e i dati contenuti sono stati raccolti ogni sera su un foglio elettronico e in un
archivio cartaceo.
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Figura II.2: Schema della parte frontale della scheda di lavorazione. Sono raccolte (in assenza di
codifica dei materiali) attività svolta, nome del pezzo, linea di appartenenza; nonché orario di
lavorazione, quantità prodotta e macchina utilizzata.Nel retro della scheda un elenco delle attività,
delle linee e dei pezzi ne rende più facile la compilazione da parte dei dipendenti con meno
esperienza del prodotto.
Questa attivitànon è andata a buon fine, risultando tutti i dati raccolti pressoché
inattendibili per scarsa collaborazione, giustificata anche dall’impossibilità di
contare uno ad uno tutti i pezzi prodotti e soprattutto dagli aumenti del carico di
lavoro dovuti all’avvicendarsi del picco di produzione stagionale. E’ stato tuttavia
possibile estrapolare qualche dato relativo all’impegno in “attività speciali” da parte
di quello che più avanti definirò come set di operai “specializzati”.
Questi infatti non si occupano solo della produzione ma anche di attività di
controllo sia dell’operato degli altri lavoratori che della merce che arriva e di
operazioni di carico e scarico o di lavorazioni speciali risultando per larga parte del
tempo inutilizzabili nel processo produttivo.
II.III.III - CONCLUSIONI E CONSIGLI
Dopo questa esperienza, si ritiene utile e significativo lasciare a completamento
dell’opera una breve guida poiché in fase di sviluppo del modello, questa attività,
molto spesso sottovalutata, ha rivestito un ruolo fondamentale.
Una buona conoscenza del processo, dei flussi e dei problemi, sono la base per la
realizzazione di un modello di simulazione coerente. Innanzi tutto la prima cosa da
fare è imparare a conoscere il processo, una giornata almeno di conoscenza è
fondamentale per capire il “senso logico” dei vari pezzi, farsi un’idea sui vari livelli,
sulle linee, come possono essere intercambiati gli elementi ma anche per
conoscere un po’ le persone, non bisogna dimenticare che è importante che
queste siano ben disposte e non lo percepiscano come una minaccia al loro posto
ma come un qualcosa che potrà migliorare la qualità del loro lavoro. Logicamente
anche la strumentazione gioca il suo ruolo e un buon cronometro e una buona
cartellina sono indispensabili. Occorre segnare quante persone sono
indispensabili e quante sono mediamente usate, prestare attenzione non solo ai
processi fisici ma anche alla logistica, a trasporti, prelievi, operazioni varie che
possono togliere risorse al sistema e valutarle attentamente. I dati non possono
essere presi tutti in considerazione, bisogna saper valutare attentamente quando
è il caso di non considerare una rilevazione. Inoltre io, per essere sicuro che le 30
rilevazioni fossero sufficienti, ho creato sul foglio elettronico una sorta di funzione
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“media”, controllando che il valore medio fosse sufficientemente stabile inserito il
30esimo valore.
Spesso ci troveremo a seguire più processi contemporaneamente ma è logico che
i migliori risultati si ottengano seguendoli singolarmente durante tutto il loro flusso.
Fatto questo, la sera, finito il lavoro, tutti i dati venivano trascritti sul computer in
modo da mantenere un certo ordine e avere dati in formato elettronico piuttosto
che cartaceo.
Inutile a dirsi ma un altro aspetto molto importante riguarda il modo di porsi,
bisogna apparire professionali, fare capire che si sa ciò che si sta facendo e dare
sicurezza. E’ importante non interrompere il lavoro, spesso si passa per
nullafacenti, bisogna resistere alla tentazione di aiutare l’operatore nel processo e
fargli comprendere che il nostro lavoro è quello.
Spero che questa brevissima guida tratta in parte dalle letture consigliate possa
essere d’aiuto se qualcuno mai dovesse cimentarsi nella stessa impresa perché è
pur vero che sbagliando si impara ma partendo dall’esperienza di altri si può
migliorare.
II.IV - ELABORAZIONE DEI DATI
In questa fase sono stati riorganizzati i dati raccolti, associando ogni dato alla
relativa lavorazione, e dividendo ogni tipo di lavorazione in base alla linea di
prodotto. Laddove possibile sono stati utilizzati i valori cronometrati; mentre in altri
casi dove, per i motivi elencati in precedenza, questi dati si trovavano a mancare,
sono stati sostituiti da valori di processi analoghi a cui sono state apportate
maggiorazioni o minorazioni dovute soprattutto a fattori di forma, peso e
dimensione in base all’esperienza, conoscenza del prodotto e del processo
acquisite durante lo stage.
Dai trenta tempi per processo si è
passati a delle distribuzioni statistiche
continue. Per ciascun set di dati è
stata cercata la distribuzione che
meglio si adeguasse ai dati raccolti e
sono stati valutati gli scostamenti per
le principali distribuzioni calcolate.
Questa fase è stata realizzata via
software utilizzando “Stat Fit”, un
programma in grado di elaborare una
distribuzione dai dati inseriti. In Figura
II.3 è ad esempio possibile vedere
come tre fra i principali tipi di
distribuzione si adattino ai dati.
Nello specifico caso, fra le tre
distribuzioni è evidente che la più
significativa sia quella lognormale
anche tenendo conto del fatto che quella logaritmica non ha un limite inferiore,
questo rende teoricamente possibile per l’operazione associata un tempo di
lavorazione nullo. Questo valore non è certo ammissibile. Ogni serie di dati è stata
Figura II. 3: Possibili distribuzioni di probabilità
associate al set di dati inserito
GIANLUCA MAGRO
LA MIA ESPERIENZA IN EUROFLEX
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analizzata singolarmente cercando la
distribuzione che meglio le si
adattasse ma anche cercando di
valutare parametri come il limite
minimo che non sempre è il valore
minimo cronometrato. Tra gli altri
parametri risulta significativa
l’accuratezza con cui ho estrapolato i
dati che è mediamente dello 0,3%.
La stessa distribuzione, dopo aver
impostato a 16 il limite minimo è
rappresentata in Figura II.4:
I valori ricavati sono visibili in Tabella II.2:
Distribution Rank Acceptance
Lognormal(16., 2.58, 0.819) 100 do not reject
Exponential(16., 17.3) 39.6 do not reject
Uniform(16., 67.6) 8.99e-004 reject
Tabella II.2: Valori percentuali di adattamento della distribuzione al set di dati inserito
Più specificatamente per la distribuzione scelta come soluzione migliore:
ξ data points=30
ξ accuracy of fit = 3.e-004
ξ level of significance = 5.e-002
ξ Type = Lognormal
ξ min = 16. [fixed]
ξ µ = 2.57616
ξ σ = 0.818509
Come era logico aspettarsi la distribuzione che è stata ricavata con maggiore
frequenza è stata quella Lognormale infatti i tempi sono solitamente addensati
attorno ad un valore medio che di solito è vicino a quello minimo ma presentano
una lunga “coda” dovuta ai casi in cui l’operazione è più lunga del previsto per un
motivo o per l’altro. Per rendere più chiare le idee sono stati analizzati i due
principali tipi di distribuzioni ottenute dall’analisi.
Figura II. 4:Rapprsentazione della ddp e dei valori
cronometrati dopo aver impostato il tempo minimo.