2
una trattazione troppo vasta e dispersiva; ovviamente esaustiva, ma non adatta ad una tesi
di laurea.
L’aggettivo che ho scelto di utilizzare per riferirmi alle emozioni è “emozionale”, non
“emotivo”. Ho compiuto una piccola ricerca in alcuni dizionari della lingua italiana
(Garzanti, Zingarelli, Devoto-Oli), nelle loro edizioni più recenti, e ho notato che il
termine “emotivo” viene utilizzato non solo per riferirsi all’emozione, ma anche come
aggettivo e sostantivo che indica qualcosa o qualcuno che ha tendenza ad emozionarsi o a
commuoversi in modo eccessivo. Questa connotazione sarebbe stata fuori luogo;
utilizzare il termine “emotivo”, associato ad altre parole, avrebbe comportato ambiguità e
poca chiarezza nella comprensione del significato di locuzioni quali, per esempio, lettore
emotivo, coinvolgimento emotivo, contagio emotivo. Ho optato allora per l’uso di
“emozionale”, il quale, nei medesimi dizionari, rappresenta un aggettivo, tipicamente
utilizzato in psicologia, che indica il riferimento diretto all’emozione del sostantivo al
quale viene associato: il lettore emozionale sarà, dunque, quel lettore del quale ci
interessa tutta la sfera delle emozioni che prova durante l’esperienza di lettura; la
partecipazione emozionale ad una storia sarà il coinvolgimento attivo e diretto del lettore
nelle emozioni che autore e personaggi del libro trasmettono, e così via. Con
“emozionale” non c’è alcun riferimento alla commozione, agli estremismi di
ipersensibilità o impressionabilità. Il linguaggio risulta più neutro e chiaro.
Desidero ringraziare la mia famiglia, i preziosi amici, conosciuti in questi anni di università, e
alcuni lodevoli docenti: queste persone hanno reso possibile e hanno condiviso la mia esperienza
universitaria. Ringrazio, inoltre, chi ha sempre creduto in me, mi ha sostenuto ed incoraggiato.
3
CAPITOLO PRIMO
LETTURA ED EMOZIONE: ESPERIENZE UMANE
1.1. PREMESSA
Ricerche e studi relativi alle dimensioni emozionali dell’esperienza di lettura sono
recenti, dunque sarebbe arduo, se non impossibile, tentare una ricognizione storica del
tema “le emozioni della lettura”. Tuttavia, è possibile, e suppongo molto utile, proporre
un panorama storico che riguardi da una parte la lettura e dall’altra le emozioni.
Ogni storia cronologica fornisce le basi interpretative per lo sviluppo di ulteriori
ragionamenti in merito al contenuto della storia medesima. Quindi, presentare, per sommi
capi, la storia della lettura e quella delle emozioni nelle vicende dell’umanità sarà utile
per affrontare tutti gli altri argomenti relativi alle emozioni della lettura, che affronterò
nel mio elaborato.
Entrambe le ricognizioni storiche saranno precedute da un’introduzione riguardante la
lettura e l’emozione dal punto di vista terminologico.
1.2. LEGGERE CHE COSA?
Lettura è un termine che non presenta un significato univoco; in questo elaborato intendo
trattarla come lettura di libri e in special modo di narrativa. I lettori di libri estendono e
concentrano una funzione comune a tutti coloro che leggono.
Leggere lettere su una pagina è solo una delle molte letture possibili. Infatti, si può dire
che il contadino legge nel cielo le previsioni del tempo atmosferico e l’astronomo vi
legge la posizione delle stelle; il ballerino legge le note del coreografo e il pubblico legge
i movimenti dell’artista sul palcoscenico; lo zoologo legge le tracce lasciate dagli animali;
il musicista legge il brano dallo spartito; il genitore legge il volto del figlio per scoprire
segni di gioia, paura o tristezza; la moglie legge i movimenti del corpo del marito; lo
psichiatra aiuta il paziente a leggere i suoi sogni. Tutte queste persone condividono con i
lettori di libri l’arte di decifrare e tradurre segni
2
.
‹‹È comunque il lettore a leggere il senso; è il lettore che garantisce o riconosce in un
oggetto luogo o evento una certa possibile leggibilità; è il lettore che deve attribuire
significato a un sistema di segni e poi decifrarlo. Noi tutti leggiamo noi stessi e il mondo
intorno a noi per intravedere cosa e dove siamo. Leggiamo per capire, o per iniziare a
capire. Non possiamo fare a meno di leggere. Leggere, quasi come respirare, è la nostra
funzione essenziale.››
3
1.3. EMOZIONI, PASSIONI, AFFETTI, SENTIMENTI
Nel lessico comune, i quattro termini che costituiscono il titolo del paragrafo, possono
venire utilizzati quasi indifferentemente, come fossero sinonimi. Certo, fra l’uno e l’altro
possono essere avanzate diversità a livello quantitativo, ma come concetti sono
qualitativamente analoghi. Infatti, se si sfoglia un dizionario qualunque, si registra una
frustrante circolarità di rimandi fra l’uno e l’altro vocabolo
4
.
Nello Zingarelli, emozione è un sentimento molto intenso, come paura, gioia, angoscia e
simili, che può provocare alterazioni psichiche e fisiologiche. Passione è un sentimento
intenso e veemente di attrazione o di ripulsa che può dominare l’uomo condizionandone
la volontà. Affetto è un’inclinazione sentimentale, un moto dell’animo, un intenso
sentimento di amicizia, amore, attaccamento e simili per qualcuno o qualcosa.
Sentimento, termine che troviamo in tutte le definizione precedenti, sembrerebbe creare
2
Alberto Manguel, Una storia della lettura, Milano, Mondadori, 1997, pp. 16-17.
3
Ivi, p. 17.
4
Carla Bazzanella, Pietro Kobau (a cura di), Passioni, emozioni, affetti, Milano, McGraw-Hill, 2002,
Introduzione, p. VII.
4
una via d’uscita dal circolo dei vocaboli; in realtà non esiste uno sbocco, poiché proprio
sentimento è indicato come ogni tipo di moto affettivo, emozionale, come coscienza,
consapevolezza, intima accettazione di valori, principi e simili
5
.
La consapevolezza superficiale dei termini linguistici, unita all’ingenua psicologia del
quotidiano, che la gente comune dimostra quando incontra una condizione emozionale e
deve nominarla o spiegarla, hanno innescato la questione della definizione dell’emozione.
A questo punto non si tratta più di definizioni da dizionario, bensì di articolate riflessioni
filosofiche – presentate sommariamente nella digressione riguardante la storia delle
emozioni (cfr. § 1.4.3., 1.4.5., 1.4.7., 1.4.9.) – e psicologiche. Le emozioni sono state
studiate fin dalle origini della psicologia; solo negli ultimi decenni, però, si è assistito ad
un rifiorire dell’interesse verso l’argomento, grazie anche al diffondersi della psicologia
cognitiva
6
.
L’area della posologia che tratta le emozioni è anche una di quelle probabilmente più
ricche di teorie e dunque di definizioni. Kleinginna e Kleinginna (1981), che si sono
impegnati nell’esaminare e raccogliere un numero esorbitante di definizioni, hanno
cercato di sintetizzare gli elementi che si presentano più spesso, compilando una summa
dei punti comuni alle teorie più importanti
7
. La loro proposta è la seguente:
‹‹L’emozione è un insieme complesso di interazioni fra fattori soggettivi e oggettivi,
mediati dai sistemi neurali/ormonali, che può: a) suscitare esperienze affettive come
senso di eccitazione, di piacere e dispiacere; b) generare processi cognitivi come effetti
percettivi emozionalmente rilevanti, valutazioni cognitive, processi di etichettamento; c)
attivare adattamenti fisiologici diffusi di fronte a condizioni di eccitamento; e d) condurre
a un comportamento che spesso, ma non sempre, è espressivo, diretto ad uno scopo e
adattivo.››
8
.
A questo punto è possibile elencare alcuni aspetti che caratterizzano l’emozione:
ξ è un’esperienza complessa;
ξ è consapevole;
ξ dipende da specifiche strutture neurologiche;
ξ comporta generalmente delle modificazioni fisiologiche;
ξ ha delle manifestazioni esterne, perciò è spesso riconoscibile allo sguardo altrui;
ξ prepara o inibisce dei comportamenti;
ξ influenza i più importanti processi cognitivi, come attenzione, memoria,
linguaggio e pensiero;
ξ assolve a funzioni adattive
9
.
5
Ibidem.
6
Caterina Lombardo, Maurizio Cardaci, Le emozioni: dalle teorie alle persone, Roma, Carocci, 1998,
Introduzione, p. II.
7
Pier Carla Cicogna, Psicologia generale. Storia, metodi, processi cognitivi, Roma, Carocci, 2000, p. 303.
8
P. R. Jr Kleinginna, A. M. Kleinginna, A Categorised List of Emotional Definitions, with Suggestions for a
Consensual Definition, ‹‹Motivation and Emotion››, 4, pp. 345-389, citato in Pier Carla Cicogna, Psicologia
generale. Storia, metodi, processi cognitivi, cit., p. 303.
9
Pier Carla Cicogna, Psicologia generale. Storia, metodi, processi cognitivi, cit., p. 304.
5
1.4. LETTURA ED EMOZIONI NEI SECOLI
1.4.1. La Grecia arcaica e classica e l’età ellenistica
Fino al VI sec. a.C., nella civiltà greca la trasmissione della cultura è affidata alla
comunicazione orale e alle sue tecniche, le quali facilitano la memorizzazione del
materiale da acquisire e tramandare. In tale contesto, fra il V e il IV sec. a.C., si creano le
condizioni per un’organizzazione scritta della cultura: i testi assumono la funzione di
fissare e conservare il bagaglio culturale prima affidato solo all’oralità
10
. Inoltre, il tardo
secolo V a.C. segna indicativamente la linea di demarcazione tra un libro destinato quasi
soltanto alla fissazione dei testi e un libro destinato alla lettura
11
, il rotolo, o volumen, la
cui forma è adeguata a “rotolare”, appunto, verso coloro a cui vuole rivolgersi. Le
illustrazioni sui vasi attici dell’epoca sono documenti importanti della transizione da
scene che mostrano libri come testi scolastici, usati a fini di educazione, a scene di lettura
vera e propria in cui compaiono prima solo figure maschili, ma ben presto anche donne.
Tali figure non sono rappresentate da sole, ma in contesti di conversazione e di socialità:
si deduce che leggere era un’occasione di vita sociale o associativa. Sebbene non del tutto
sconosciuta, ma assai rara, era la lettura tutta individuale
12
.
In età ellenistica
13
pur permanendo forme di oralità, il libro riveste ormai un ruolo
fondamentale. La lettura di quei tempi dipende tutta dalla scrittura e dal libro: a questi
strumenti sono affidati composizione, circolazione e conservazione delle opere. La
filologia alessandrina concepisce il testo esclusivamente nella sua forma scritta, recepibile
attraverso le letture conservate grazie al libro. L’epoca ellenistica è notoriamente l’epoca
delle grandi biblioteche, anche se esse non sono destinate al prestito e alla lettura. L’arte
statuaria e sepolcrale mostra sempre più frequentemente figure di lettori; ma,
diversamente dall’epoca classica, si è di fronte quasi sempre a letture individuali, indizi
che con il libro si andava stabilendo un rapporto più intimo e privato. Dalla lettura come
momento di gruppo proprio della polis, si passa alla lettura come ripiegamento su se
stessi, come ricerca interiore, conseguenza più che mai discendente dall’atteggiamento
culturale e dalle correnti filosofiche della civiltà ellenistica. Inoltre, sono presenti alcuni
segni di un certo diffondersi della lettura, rispetto all’età precedente. Al di fuori degli
ambiti istituzionali eruditi, il nuovo ruolo assunto dal libro è evidenziato dalla
composizione di epigrammi di dedica e di presentazioni attraverso i quali il testo stesso
“parla”. La lettura ad alta voce rende “animato” il libro, segno di una più diffusa ricezione
libresca. In ogni caso, il libro entra in un contesto di relazione con i suoi lettori, con
quanti gli si rivolgono o gli prestano la voce
14
.
1.4.2. Novità di lettura a Roma
Roma ha ripreso, almeno a partire dal II secolo a.C. alcune pratiche di lettura del mondo
greco; prima, la pratica di lettura non andava al di là di iscrizioni o documenti esposti.
Dal II secolo a.C. in poi, gli usi del libro si dimostrano più estesi in una società in pieno
mutamento, ma pur sempre trattandosi di libri greci. Dapprima leggere libri è pratica
esclusiva delle classi alte e del tutto privata; i libri che giungono dalla Grecia come bottini
di guerra vanno a costituire biblioteche private di lettura nelle dimore di coloro che li
hanno conquistati.
10
Guglielmo Cavallo (a cura di), Libri, editori e pubblico nel mondo antico. Guida storica e critica, Bari,
Laterza, 1975, infra pp. XIII-XVI, citato in Donatella Lombello Soffiato, Il libro e la biblioteca nel tempo.
Raccolta antologica, Padova, CLEUP, 2001, p. 1.
11
Guglielmo Cavallo, Roger Chartier (a cura di), Storia della lettura nel mondo occidentale, Roma-Bari,
Laterza, 1995, Introduzione, p. XI.
12
Ivi, p. XII.
13
L’ellenismo è il fenomeno di diffusione della civiltà greca nel mondo mediterraneo e asiatico; il periodo
storico in cui tale fenomeno si verifica si colloca, convenzionalmente, fra la morte di Alessandro Magno (323
a.C.) e la battaglia di Azio (31 a.C.).
14
Ivi, infra pp. XV-XVII.
6
Successivamente, l’età imperiale segna una nuova svolta nelle pratiche della lettura:
infatti, in quell’epoca si diffonde una più ampia circolazione dell’alfabetismo. Il mondo
greco-romano è un mondo di vasta circolazione di cultura scritta; la produzione scritta è
immensa. Su questa scena di più diffusa capacità di leggere e perciò di diffusione dei
prodotti scritti, insorge e cresce la domanda di libri e di lettura, che trova risposta nella
creazione di biblioteche pubbliche, e nell’incremento di quelle private, nella proposta di
testi nuovi destinati a nuove fasce di lettori e nella distribuzione di un tipo diverso di
libro, il codice, più adatto alle esigenze delle nascenti classi di lettori e alle mutate
pratiche del leggere. Fra questi nuovi libri, che possono circolare più agevolmente, ci
sono quelli destinati alle sole donne, quelli di contenuto futile, che insegnano giochi di
società e modi di intrattenimento, libri destinati a individui istruiti e libri diretti ad un
pubblico più vasto ed indifferenziato, talora anche di istruzione piuttosto scarsa
15
.
1.4.3. Antichità e passioni
Alessandro Garcea, autore di un saggio sulle passioni presso gli antichi, scrive che grazie
alle Tusculanae Disputationes, opera in cinque libri di Cicerone, scritta nel 45 a.C., oggi
possiamo conoscere la pluralità di idee che alcune antiche scuole filosofiche greche
hanno elaborato in merito al tema delle passioni. Scuola stoica
16
, platonica
17
e
peripatetica
18
stanno su posizioni diverse, così come ci sono divisioni all’interno dello
stesso stoicismo
19
.
Gli stoici prestano molta attenzione a descrivere la definizione e la ripartizione delle
passioni. Secondo lo stoico Zenone (333/32-262 a.C.), la passione è un’agitazione
dell’anima opposta alla ragione e alla natura, è un impulso così violento da allontanarsi
dallo stato naturale di equilibrio. Questa antitesi alla ragione è da intendersi, a seconda
dei filosofi, come negazione assoluta della ragione – la passione è moto dell’anima privo
di ragione – o come deterioramento della ragione – la passione è un moto dell’anima che
degenera perché trascura e non obbedisce alla ragione
20
.
Gli stoici individuano quattro pathe principali: orexis, inclinazione, ekklisis, avversione,
eparsis, esaltazione, systole contrazione: i primi due rappresenterebbero forme di
impulso, i secondi reazioni affettive
21
.
Inoltre i pathe sono delle opinioni o giudizi deboli. Infatti, secondo gli stoici, tra le
rappresentazioni del mondo esterno alcune sono impulsive, poiché, se ad esse si fornisce
un assenso, allora viene a crearsi un impulso di inclinazione o avversione verso
qualcosa
22
. Se il logos
23
è sano e forte allora approva la rappresentazione come conforme
15
Ivi, infra pp. XVIII-XXI.
16
La scuola stoica è stata fondata ad Atene da Zenone di Cizio verso il 300 a.C.. Essa intende la filosofia
come un sistema di tre parti correlate e dotate di relativa autonomia: logica, fisica, etica. La dottrina della
scuola stoica fa consistere la saggezza nel riconoscimento di un ordine razionale e provvidenziale del mondo,
nell’adeguarsi a esso accettando con impassibilità i beni e i mali che non dipendono dalla volontà dell’uomo,
nel vincere le passioni in quanto contrarie alla ragione, nel considerare la virtù come unico vero bene e come
sola felicità.
17
La scuola platonica si riferisce al pensiero del filosofo greco Platone (427-347).
18
La scuola peripatetica si sviluppa nel Peripato, il Liceo aristotelico, chiamato così in conseguenza
all’abitudine di Aristotele di passeggiare – peripatos in greco significa “passeggiata” – durante le lezioni e le
discussioni con i discepoli. La suola peripatetica è il primo sviluppo dell’aristotelismo, che coincide con
l’opera dei suoi allievi e continuatori. Tra i principali esponenti dell’aristotelismo antico figura Teofrasto
(Lesbo 370-Atene 287 a.C.) il più importante allievo di Aristotele, subentrato al maestro, dopo la sua morte,
alla guida del Liceo.
19
Alessandro Garcea, Le passioni presso gli antichi: un percorso attraverso le Tusculanae Disputationes di
Cicerone, in Carla Bazzanella, Pietro Kobau (a cura di), Passioni, emozioni, affetti, cit., p. 1.
20
Ivi, infra pp. 2-4.
21
Ivi, p. 5.
22
Ivi, p. 7.
23
Logos è un termine fondamentale del vocabolario filosofico greco, al cui interno assume un’ampia gamma
di significati: ragione, discorso, causa, spiegazione, principio, definizione. Lo stoicismo, in cui il concetto di
7
o meno alla natura, ma non esprime un giudizio in merito al bene o al male che la
caratterizzano. Invece, se manca la resistenza forte della ragione, si crea un “assenso
debole, malato”, alle rappresentazioni, che tradotto sul piano dell’azione diventa un
impulso, una reazione eccessiva rispetto al valore dell’oggetto. Gli stoici, dunque,
ritengono che tutte le passioni derivino dal giudizio e dall’opinione e l’atto di opinare è
quello che definiscono un debole assenso
24
.
Nel suo saggio Garcea parla di un’altra corrente filosofica, quella platonica, la quale fa
derivare la sua definizione di passione dalla tripartizione dell’anima stabilita da Platone:
il filosofo distingueva un’anima razionale situata nella testa da un’anima irrazionale
situata nel petto, comprendente una parte irascibile con sede nella regione tra il
diaframma e il collo, e una parte concupiscibile collocata tra il diaframma e l’ombelico.
Abbiamo visto che gli stoici definiscono il pathos un moto irrazionale dell’anima; i
platonici precisano che tale moto irrazionale non è un giudizio debole della ragione, ma è
proprio un’agitazione della parte irrazionale dell’anima. Quindi, mentre la parte
dell’anima partecipe di ragione si trova in uno stato di placida e quieta normalità, l’altra
parte è dominata da moti turbolenti, contrari ed ostili alla ragione
25
.
Diversamente dagli stoici che erano più inclini a descrivere e definire le passioni, i
peripatetici si interessano e si impegnano maggiormente nella prassi terapeutica delle
passioni, nel placare l’anima turbata
26
. È possibile individuare tre fondamentali differenze
tra le teorie stoiche e quelle peripatetiche riguardanti il tema delle passioni. Secondo gli
stoici i pathe sono moti irrazionali della ragione, quindi sono contro natura. I peripatetici
li considerano moti secondo natura, appartenenti alla parte irrazionale dell’anima; solo gli
eccessi delle passioni sono contro natura. Gli stoici sostengono la volontarietà del pathos,
in quanto derivante da un giudizio; i peripatetici credono che il pathos, poiché si realizza
naturalmente nell’anima irrazionale, non dipenda dalla volontà, la quale potrà solo
eventualmente moderarlo. Infine, mentre gli stoici mirano ad estirpare radicalmente le
passioni (apatheia), i peripatetici vedono come possibile un’armonia fra le passioni,
ottenuta mediante una visione corretta della vita buona; in questa condizione, definita
metriopatheia, le passioni diventano parte dell’agire virtuoso
27
.
Nell’età ellenistico-romana, che va dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) a tutto il
II secolo d.C. – in cui l’Impero romano raggiunge l’apogeo del suo sviluppo – pur
conservandosi la divisione in scuole filosofiche, si viene a costituire una riflessione
filosofica, al cui interno le distinzioni fra i diversi orientamenti risultano sempre meno
nette
28
. Lo sviluppo del tema delle passioni rientra nel grande filone dell’etica, la quale è
fortemente influenzata da uno stoicismo letto, appunto, prevalentemente in chiave morale.
Possiamo ragionare intorno al caso concreto di Cicerone (106-43 a.C.), poiché a lui spetta
il merito storico di avere dato, con le sue traduzioni e le sue opere filosofiche in lingua
latina, un impulso decisivo alla divulgazione del pensiero greco in Roma
29
. Una prima
fondamentale componente della formazione filosofica di Cicerone è lo stoicismo: ma la
dottrina stoica con la quale un giovane come Cicerone può entrare in contatto è
sensibilmente diversa da quella degli antichi fondatori, Zenone e Crisippo. La diffusione
dello stoicismo a Roma ha come protagonista Panezio di Rodi: la prima formazione
logos ha una collocazione centrale, ne sviluppa l’accezione di ragione ordinatrice del mondo e
consapevolezza comune a tutti gli uomini capaci di intenderne la legge. Per gli stoici, dunque, il logos è il
principio di razionalità che governa gli eventi naturali e umani e al tempo stesso la fonte normativa delle
azioni virtuose.
24
Alessandro Garcea, Le passioni presso gli antichi: un percorso attraverso le Tusculanae Disputationes di
Cicerone, cit., p. 8.
25
Ivi, pp. 13-14.
26
Ivi, p. 2.
27
Ivi, infra pp. 15-17.
28
Fabio Cioffi, Giorgio Luppi, Amedeo Vigorelli, Emilio Zanette, Il testo filosofico. Storia della filosofia:
autori, opere, problemi, vol. 1, Milano, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 1997, p. 707.
29
Ivi, p. 840.
8
filosofica di Cicerone avviene nel segno dello stoicismo paneziano
30
. Nell’epoca romana,
dominata dall’eclettismo filosofico, lo stoicismo paneziano non è l’unico indirizzo di
pensiero. A Roma, dinanzi agli occhi di Cicerone, si delinea un quadro in cui platonismo,
aristotelismo, stoicismo e probabilismo accademico
31
vedono sfumare i loro contorni e
tendono a compenetrarsi. Quindi, Cicerone dichiara un atteggiamento non aderente ad
alcun dogma; sostiene di aver intrapreso e di sostenere una ricerca verso il verosimile al
di là di certezze e teorie precostituite. Per questo, in conformità con il costume
tradizionale romano condanna le passioni, considerandole malattie dell’anima, nel
momento in cui si manifestino come impulsi eccessivamente violenti che discostino dal
naturale equilibrio, ma pure rifiuta l’assimilazione dell’anima al logos e riconosce
l’esistenza autonoma dell’anima irrazionale, la quale può contribuire al comportamento
virtuoso, solo però in dipendenza della funzione superiore attribuita all’anima razionale
32
.
Un altro esempio della concezione romana delle passioni ci è dato da Seneca (4 a.C.-65
d.C.). Egli è seguace della dottrina stoica, anche se ne rivendica la più completa
autonomia intellettuale; tuttavia, dallo stoicismo derivano i capisaldi della filosofia
senechiana, fra i quali l’affermazione dell’esistenza di un’unica ragione universale e la
coincidenza fra la virtù, consistente nel seguire i precetti del logos, e la felicità. Seneca
ammette che gli stati emozionali sono causati da errori concettuali, che inducono a
comportamenti stolti ed irrazionali, contro natura
33
.
Cito un ultimo esempio di riflessione riguardante le emozioni nel contesto romano antico:
quello di uno dei massimi poeti della letteratura latina, Orazio. Per lui, vivere bene
significa non rinunciare alle piccolezze della vita, alle gioie e ai dolori, cercando in ogni
modo di vivere ogni giorno nella sua pienezza, al massimo delle sue possibilità; carpe
diem sta appunto a significare questo: non aspettare che la vita ci passi davanti per poi
renderci conto della sua importanza solo una volta persa, ma viverla intensamente in ogni
attimo. Tuttavia, secondo Orazio è indispensabile mantenere il dominio delle proprie
passioni, ricordando sempre di seguire l'aurea mediocritas, il giusto mezzo, evitando di
eccedere nei piaceri; per fare ciò è bene dunque rimanere sempre distaccati dalla realtà
che si vive, rimanere cioè nella consapevolezza che ogni passione, pur non dovendo
essere evitata, non deve travolgerci, non deve in un certo senso coinvolgerci
emozionalmente in profondità
34
.
1.4.4. Il medioevo: dalla scrittura nei monasteri alla lettura nelle università
Il codice diventa lo strumento che segna il passaggio ai modi di leggere nel medioevo,
pur tenendo conto che la frattura tra vecchie e nuove pratiche di lettura è stata molto più
forte nell’Occidente latino che nell’Oriente greco. In Occidente, alla lettura dell’otium
letterario, che si svolgeva anticamente soprattutto tra giardini e porticati, e alle piazze e
strade urbane come spazi di scritture esposte e di occasioni di pubbliche letture, nell’alto
medioevo si sostituiscono pratiche di lettura concentrate nel chiuso delle chiese, delle
celle, dei refettori, dei chiostri, delle scuole religiose, a volte delle corti: inoltre lettura
solitamente limitata alle Sacre Scritture e a testi di formazione spirituale.
30
Panezio scuote i capisaldi della psicologia e dell’etica antico-stoiche: ammette, infatti l’esistenza nella
natura umana di una componente irrazionale, istintuale, impossibile da estirpare ma dominabile con la
ragione. In questa concezione, le passioni non sono più giudizi o effetto di giudizi, ma nascono dalla facoltà
passionale e concupiscente; di conseguenza, all’ideale dell’apatheia si viene sostituendo quello della vita
equilibrata, disciplinata dal logos, che non esclude il piacere e la gioia, anche se conferma il primato morale
della razionalità nel conseguimento della felicità.
31
Il probabilismo è una dottrina scettica che, riconoscendo irraggiungibile la certezza assoluta, ammette che
nella vita pratica ci si attenga solo alla conoscenza probabile.
32
Alessandro Garcea, Le passioni presso gli antichi: un percorso attraverso le Tusculanae Disputationes di
Cicerone, cit., p. 18.
33
Fabio Cioffi, Giorgio Luppi, Amedeo Vigorelli, Emilio Zanette, Il testo filosofico. Storia della filosofia:
autori, opere, problemi, cit., p. 845.
34
http://anticaroma.altervista.org/letteratura/let_orazio.htm.