2
mercapturici urinari forniscono precise informazioni farmacocinetiche
4
. Gli acidi
mercapturici rappresentano i prodotti metabolici finali di un importante meccanismo
di biotrasformazione degli xenobiotici, il cammino di coniugazione con il glutatione
(GSH)
5
.
Il glutatione è un tripeptide fisiologico che può essere escreto nelle urine o
nella bile direttamente o dopo ulteriore reazione con sostanze xenobiotiche, reazione
che porta alla formazione di composti N-acetilcisteinici denominati acidi
mercapturici (Figura 1). Il tripeptide glutationico è composto da cisteina, glicina e γ-
glutammina e rappresenta il più abbondante composto sulfidrilico del citosol
cellulare
6-10
. La sua concentrazione varia tra i diversi tessuti in dipendenza dello stato
nutrizionale ed ormonale
6
. Le reazioni di coniugazione sono catalizzate da diversi
isoenzimi glutatione-S-transferasici (GSH-S-transferasici) disponibili nei vari
tessuti
11
. Gli enzimi GSH-S-transferasici si dividono in classe-α (basici), classe-µ
(neutri) e classe-π (acidi). Gli isoenzimi di classe-µ sono assenti in circa il 50% degli
uomini
12
. Al contrario, la classe-α è la principale classe di isoenzimi presenti nel
fegato, nei reni, nell’intestino e nei glandi adrenalinici umani. Gli isoenzimi di
classe-π sono quasi assenti nel fegato e nei glandi adrenalinici umani, ma si ritrovano
in molti altri tessuti
13
.
La classe degli enzimi glutatione-S-transferasici catalizza la reazione tra il
gruppo sulfidrilico nucleofilo del glutatione con molecole che contengono atomi di
carbonio elettrofili. La formazione dell’acido mercapturico avviene dopo perdita
enzimatica da parte del GSH dapprima della glutammina, poi della glicina, con
formazione di coniugati allo zolfo cisteinico. Questo metabolita può subire diverse
3
Figura 1. Schema generale di comiugazione tra sostanze xenobiotiche e glutatione: la
formazione degli acidi mercapturici urinari.
4
reazioni, la più importante delle quali è l’acetilazione dell’ammino gruppo della
cisteina, con formazione dell’acido mercapturico
14
.
Molti dei substrati noti delle GSH-S-transferasi sono xenobiotici sintetici
15
,
ma la coniugazione può essere osservata anche con composti endogeni o naturali.
Nonostante la natura di tali enzimi negli uomini non sia del tutto nota, esistono chiari
dati circa la loro concentrazione ed attività specifica nei vari organi delle cavie di
laboratorio
6
. Le reazioni di biotrasformazione dipendono dal tipo di esposizione,
inoltre, la natura chimica della sostanza determina l’effetto di tossificazione o
detossificazione in un organo rispetto ad un altro
6
.
Se lo xenobiotico in esame ha una natura idrofilica, il coniugato glutationico
presenta le proprietà necessarie per essere escreto nella bile o essere convertito in
acido mercapturico, escreto, poi, nelle urine o nella bile
16
. Se si è esposti ad un
composto lipofilico, la biotrasformazione previene l’accumulo consentendone
l’eliminazione
10
. Tale eliminazione è proporzionale alla concentrazione nel plasma,
ovvero maggiore è la concentrazione nel plasma tanto più grande sarà l’escrezione
renale per unità di tempo. La costante della velocità di eliminazione e il tempo di
emivita per l’eliminazione renale possono essere calcolate dalla curva della
concentrazione plasmatica rispetto al tempo.
La capacità dell’organismo di espellere le sostanze esogene varia nell’arco
della giornata in relazione alla variazione della funzionalità renale, di qui la necessità
di correggere i valori di concentrazione degli analiti urinari per un fattore di
normalizzazione, capace di tenere in giusta considerazione la variata funzionalità
dell’organismo. Molto diffusa è la correzione delle concentrazioni dei metaboliti
urinari rispetto al valore della creatinina. La creatinina è un prodotto che deriva da
5
processi metabolici dei tessuti muscolari striati; una quantità di creatinina
relativamente costante, circa 1.7 g, viene escreta nell’arco delle 24 h,
indipendentemente dal volume di urina filtrato dal rene. Queste due proprietà sono
alla base della correzione della concentrazione di un metabolita urinario per il valore
di creatinina rilevato nel medesimo campione.
Dati di letteratura circa la stabilità degli acidi mercapturici in campioni di
urina conservati in freezer (-20 °C) sono diversi a seconda della natura chimica della
sostanza da cui si formano
17,18
. Gli acidi mercapturici sono considerati metaboliti dal
tempo di emivita relativamente breve (da un minimo di 2-3 h per i mercapturati
dell’α-bromoisovalerurea
19
ad un massimo di 8-16 h per gli acidi mercapturici
derivanti dal trans-1,3-dicloropropene
20
).
L’utilizzo dei coniugati della glutatione-S-transferasi, escreti come acidi
mercapturici nelle urine (entro le 24 h successive all’esposizione), sembra essere un
buon metodo per il monitoraggio dell’esposizione umana a tossici di origine
industriale
14
.
La presente tesi di dottorato ha come obiettivo lo studio degli acidi
mercapturici derivanti dalla coniugazione del glutatione con due tossici industriali,
benzene e stirene, composti metabolizzati ad epossidi e, pertanto, dotati di elevata
reattività nei confronti delle macromolecole informazionali.
1.2 BENZENE
1.2.1 ESPOSIZIONE PROFESSIONALE ED IN AMBIENTE URBANO
Il benzene è stato ampiamente utilizzato in ambito industriale come solvente
o come materia prima, ma per le caratteristiche tossicologiche e in particolare per la
6
comprovata cancerogenicità, è stato progressivamente sostituito da altri solventi
aromatici o alifatici. Permangono, tuttavia, alcune attività nelle quali è impiegato, ad
esempio in alcune lavorazioni chimiche di sintesi, nei laboratori di analisi, nella
raffinazione del petrolio, nonché nella preparazione e distribuzione dei distillati
petroliferi
21
. Tali processi rappresentano una importante fonte di esposizione
professionale a benzene.
La presenza nei carburanti in concentrazioni prossime all’1% e nei gas di
scarico delle autovetture hanno contribuito a rendere il benzene un inquinante
ubiquitario: i livelli di benzene nell’aria variano tra 0.1 e 17 ppb nelle regioni non
industrializzate, ma crescono fino ad essere comprese tra 0.01 e 0.09 ppm nelle
grandi città
14
.
Un’altra importante fonte di microinquinamento ambientale di tipo indoor è
rappresentata dal fumo: dalla combustione di una sigaretta si liberano circa 50 µg di
benzene, in parte assorbiti ed in parte liberati nell’ambiente. Ulteriori sorgenti
ambientali di benzene sono rappresentate dalla combustione di legna ed altri
materiali organici, liberati ad esempio dalle eruzioni vulcaniche.
Si stima che circa tre milioni di lavoratori siano potenzialmente esposti a
benzene ed è stato valutato che in un giorno l’uomo assorba mediamente 0.02 µg di
benzene dal cibo, 0.015 µg dall’acqua e 70 µg dall’aria ambiente
22
.
1.2.2 ASSORBIMENTO, METABOLISMO ED ESCREZIONE
Vista la natura volatile e la liposolubilità, il benzene è velocemente assorbito
dall’organismo in seguito ad ingestione, inalazione o contatto dermico. Il benzene
inalato diffonde rapidamente nei polmoni ed è velocemente assorbito dal flusso
7
sanguigno
23-25
. L’assorbimento cutaneo di benzene è risultato significativo in
presenza di un contatto diretto tra il solvente liquido e la cute. Nell’uomo la velocità
di assorbimento attraverso la pelle è pari a 0.4 mg/(cm
2
·h)
25,26
. L’assorbimento
gastroenterico di benzene è teoricamente molto elevato, vista la liposolubilità del
solvente: non sono riportati studi sull’uomo, mentre per le cavie di laboratorio, cui si
somministravano elevate dosi di [
14
C]benzene, si assisteva ad un assorbimento
intestinale pari al 100%
27
.
Molti autori hanno riportato che nell’uomo la frazione di benzene eliminata
nell’aria espirata varia tra il 10 e il 50%, in dipendenza dall’attività metabolica e
dalla quantità di grasso corporeo
23,28
. Una quota inferiore all’1% della dose di
benzene assorbito viene escreto immodificato nelle urine
21
. La restante frazione è
metabolizzata dal sistema delle monossigenasi del citocromo microsomiale P-450
2E1 (CYP2E1) per dare luogo a benzene epossido
28
. L’ossidazione a benzene
epossido mediata dagli enzimi CYP2E1 e l’interazione del benzene con un radicale
idrossilico per formare un radicale idrossicicloesadienile intermedio rappresentano le
principali vie metaboliche del benzene
29
. Il benzene epossido può, in alternativa,
reagire con il glutatione per formare l’acido S-fenilmercapturico (S-PMA) escreto
nelle urine. Il metabolismo completo del benzene, schematizzato in Figura 2, prevede
la formazione di tre differenti classi di composti: metaboliti con anello idrossilato,
metaboliti con anello dimerico e metaboliti ad anello aperto.
I metaboliti ad anello idrossilato, quali fenolo, p-idrochinone, catecolo e 1,4-
benzentriolo, formano prevalentemente solfati e coniugati glucuronidici escreti nelle
urine. Alcuni di questi metaboliti ad anello idrossilato possono essere ulteriormente
ossidati ai corrispondenti semichinoni per reagire con le macromolecole cellulari
29
.
8
Figura 2. Metabolismo del benzene.
9
I metaboliti ad anello dimerico, tra cui 2,2’-bifenolo e 4,4’-bifenolo, possono
formarsi a partire dal fenolo attraverso un meccanismo a radicali liberi. L’ulteriore
metabolizzazione di tali bifenoli porta alla formazione di polimeri insolubili, che
possono legarsi in maniera non covalente con le macromolecole cellulari
29
. Anche gli
intermedi idrossicicloesadienilici possono portare alla formazione di bifenoli, che
possono essere ulteriormente metabolizzati a bifenoli o altri dimeri e prodotti
polimerici
29
.
I metaboliti ad anello aperto, come l’acido trans,trans-muconico (t,t-MA),
derivano dalla trans,trans-muconaldeide
29
. La quantità di benzene ritrovata nelle
urine in forma di acido trans,trans-muconico è pari a circa il 2% della dose di
solvente assorbito
30
. Le velocità di formazione e di eliminazione di tale metabolita
sono molto elevate nei ratti e nei topi (con un’emivita biologica di circa 60 minuti)
31
.
Per l’uomo i dati sono contrastanti: in alcune ricerche si riportano valori elevati della
concentrazione di t,t-MA al termine del turno di lavoro per poi ritornare ai valori
fisiologici dopo 16 h, con una conseguente emivita del t,t-MA di 3-4 h
21
; in altre
ricerche emerge una netta tendenza all’accumulo settimanale di acido trans,trans-
muconico, come diretta conseguenza dell’esposizione prolungata a benzene
21,32
.
L’escrezione urinaria di acido S-fenilmercapturico è stata presa in
considerazione alla fine degli anni ’80, quando alcuni esperimenti su animali hanno
evidenziato che questo metabolita minore del benzene aumentava nelle urine anche
dopo modeste esposizioni al solvente e sembrava derivare solo dal benzene
21
. In uno
studio condotto su lavoratori di una fabbrica per la produzione di carbon coke, i
campioni di urina raccolti ad inizio turno presentavano valori di S-PMA
nell’intervallo dei valori di riferimento, mentre quelli raccolti a fine turno erano
10
correlati con l’entità dell’esposizione recente a benzene
32
. In uno studio condotto su
lavoratori calzaturieri cinesi la cinetica urinaria dell’S-PMA presentava un’emivita di
12.8 h, con una tendenza all’accumulo nel corso della settimana lavorativa
33
. Al
contrario, le numerose e recenti esperienze sull’utilizzo di tale metabolita per il
monitoraggio di soggetti professionalmente esposti a benzene sembrerebbero non
evidenziare la tendenza all’accumulo settimanale
21
.
1.2.3 TOSSICITÀ E CANCEROGENICITÀ
Il benzene produce molte risposte biologiche. L’esposizione discontinua ad
alte dosi può provocare effetti acuti, quali depressione del sistema nervoso centrale e
perdita della coscienza
29
. Il benzene, inoltre, sopprime il sistema immunitario
umano
34,35
.
Nel 1982 l’International Acency for Research on Cancer (IARC) ha stabilito
che esiste una relazione tra esposizione ad alti livelli di benzene e insorgenza di
anemia, leucopenia, trombocitopenia, linfocitopenia, anemia aplastica, leucemia,
soprattutto leucemia mieloide acuta
36-38
. Inoltre, anche la possibilità di sviluppare
cancro ai polmoni, morbo di Hodgkin’s e linfomi è stata correlata all’esposizione a
benzene
39-41
. Studi su lavoratori esposti a bassi livelli di benzene non hanno ancora
portato a risultati definitivi, ma hanno evidenziato l’insorgenza di un numero
maggiore di mielomi multipli, leucemia mieloide acuta e altri tipi di leucemie
42-46
.
Negli esperimenti su animali, un’esposizione cronica a benzene per via
inalatoria o per dosaggio orale produce neoplasie su siti multipli. Molti dei tumori
hanno origine epiteliale, tra cui tumori della cavità oro-nasale, del polmone, del
fegato, delle ghiandole mammarie e della pelle
29
. La mielotossicità del benzene nei
11
topi è più pronunciata in seguito a dosaggio discontinuo rispetto ad un’esposizione
prolungata
47
.
Un altro tipo di risposta biologica registrata a seguito di esposizione a
benzene è la produzione di aberrazioni cromosomiche
48,49
, scambio di cromatidi
fratelli
50
, ed induzione di micronuclei
51,52
. Infine, nel topo sono state rilevate
mutazioni in vivo del gene hprt e del gene lacI
53
.
Il meccanismo responsabile della tossicità e cancerogenicità del benzene non
è stato ancora pienamente delucidato. Molti studi hanno evidenziato che la
formazione di intermedi attivi rappresenti un prerequisito indispensabile per spiegare
gli effetti tossici e cancerogeni
57-58
. I metaboliti del benzene responsabili in ultima
analisi degli effetti tossici non sono ancora stati univocamente definiti, tuttavia,
molte ipotesi sono state avanzate riguardo alle varie specie attive che si formano nel
corso del metabolismo del benzene
59-61
.
La comprovata cancerogenicità del benzene ha indotto l’ACGIH (American
Conference of Governmental Industrial Hygenists) a classificarlo nella classe A1,
carcinogeno riconosciuto per l’uomo
62
. Inoltre negli anni la stessa agenzia ha
progressivamente diminuito i valori limite di soglia, mediati su periodo di
esposizione di 8 ore lavorative per complessive 40 ore settimanali (Valore Limite di
Soglia, Threshold Limit Value, TLV-TWA), fissandoli a 0.5 ppm (1.6 mg/m
3
)
63
. I
valori TLV-TWA, proposti dall’ACGIH, si riferiscono alle concentrazioni di
inquinante alle quali si ritiene che pressoché tutti i lavoratori possano essere esposti
senza subire effetti nocivi. L’allegato I
^
racchiude una schematizzazione degli attuali
valori TLV-TWA per il benzene, nonché una lista dei valori di riferimento per gli
indicatori biologici attualmente proposti.
12
1.2.4 BIOMARCATORI DI ESPOSIZIONE ED EFFETTO
La stima dell’esposizione a sostanze chimiche negli ambienti di lavoro è
tradizionalmente realizzata mediante la misura delle loro concentrazioni nell’aria
ambiente. Comunque, le difficoltà connesse nel correlare i parametri esterni con
l’ammontare di sostanza realmente assorbita hanno fatto crescere l’interesse verso lo
sviluppo di metodi incentrati sull’utilizzo dei metaboliti presenti nei vari fluidi
biologici. Sono stati proposti molti biomarcatori per evidenziare un’esposizione a
benzene, tra cui i più importanti sono: benzene non metabolizzato, fenolo, catecolo,
p-idrochinone e benzentriolo escreti nelle urine, concentrazione urinaria dell’acido
trans,trans-muconico e dell’acido S-fenilmercapturico, addotti emoglobinici.
Fino al 1995 l’ACGIH ha suggerito un TLV-TWA per il benzene pari a 10
ppm (32 mg/m
3
), tale valore è stato diminuito nel 2000 fissandolo a 0.5 ppm (1.6
mg/m
3
) e, contemporaneamente, per il monitoraggio biologico è stata proposta la
determinazione di benzene nell’aria espirata o nell’aria alveolare. I campioni
dovevano essere raccolti prima dell’inizio di un nuovo turno di lavoro ed il loro
limite era pari a 0.08 ppm (0.26 µg/l) nell’aria espirata mista e di 0.12 ppm (0.38
µg/l) nell’aria alveolare. Tali indicatori erano considerati un indice semiquantitativo.
L’utilizzo dell’aria alveolare nell’esposizione professionale a benzene di modesta
entità non è stato ancora sufficientemente sperimentato. Non vi sono tuttavia dubbi
che la concentrazione alveolare di benzene sia in equilibrio costante e dinamico con
quella ematica, a sua volta correlata con quella urinaria
21
. La Deutsche
Forschungsgemeinschaft (DFG)
64
ha introdotto anche la concentrazione di benzene
in campioni di sangue, raccolti al termine del turno di lavoro, quale indicatore
sufficientemente affidabile per il monitoraggio biologico dell’esposizione
13
professionale. Una correlazione lineare costantemente significativa tra la
concentrazione ambientale di benzene e quella ematica o alveolare è stata rilevata da
numerosi autori
30,65-67
.
L’utilizzo relativamente recente della concentrazione urinaria di benzene per
valutare l’esposizione al solvente ha fornito risultati incoraggianti e
significativamente correlati con i livelli espositivi. La concentrazione di benzene in
campioni di urina raccolti al termine del turno di lavoro rappresenta un parametro
correlato con l’esposizione registrata durante il turno lavorativo stesso
21
. I livelli
attesi sono piuttosto bassi, visto il basso valore del coefficiente di ripartizione
urina/sangue del benzene, con conseguente limitato passaggio del solvente dal
sangue all’urina. La determinazione del benzene urinario non è particolarmente
complessa, ma la procedura di trattamento e conservazione del campione può
influenzare drasticamente il risultato finale
68
.
La concentrazione di fenolo nelle urine raccolte al termine del turno di lavoro
ha rappresentato un utile Indicatore Biologico di Esposizione (Biological Exposure
Index, BEI, valore della concentrazione di indicatore presente nei fluidi biologici di
lavoratori sani, esposti per otto ore al giorno e per cinque giorni la settimana ad una
concentrazione di sostanza pari al TLV-TWA) a benzene quando i limiti ambientali
erano molto superiori a quelli attuali
21
. La presenza di apprezzabili livelli urinari di
fenolo nella popolazione generale (prossime a 7 mg/l # 5 mg/g creat
25
) rende
quest’indicatore poco sensibile per monitorare le dosi di benzene assorbite agli
attuali limiti espositivi; il fenolo è, infatti, sensibile per esposizioni a benzene
tendenzialmente superiori a 10 ppm (32 mg/m
3
)
21
e, pertanto, il suo utilizzo quale
biomarcatore di esposizione a benzene è stato progressivamente abbandonato.
14
L’acido trans,trans-muconico risulta un buon indicatore di esposizione a
benzene, ma può non essere specifico dell’esposizione a tale solvente visto che si
forma anche nel metabolismo dell’acido sorbico
32
. L’ACGIH propone per l’acido
trans,trans-muconico un BEI di 500 Πg/g creat. Per esposizioni a concentrazioni
ambientali di benzene di 0.6, 1, 2, 4 e 6 ppm la DFG raccomanda valori biologici
equivalenti (BAT, Biologischen Arbeitsstoff Toleranz Wert) pari a 1, 6, 2, 3, 5 e 7
mg/l
64
.
L’uso dell’acido S-fenilmercapturico come biomarcatore di esposizione a
benzene risale al 1951 ad opera di Parke e Williams
69
. Muller
70
ha studiato la
relazione tra escrezione urinaria di S-PMA e benzene per concentrazioni del tossico
superiori a 5 ppm, utilizzando i campioni di urina raccolti alla fine del turno
lavorativo di un gruppo di operaie di un calzaturificio. L’esposizione a benzene
variava da 0.3 a 4.5 ppm e la concentrazione di S-PMA nei campioni arrivava fino ad
un valore massimo di 210 Πg/l. La possibilità di usare l’acido S-fenilmercapturico
come biomarcatore di esposizione a benzene è stata confermata dagli studi di van
Sittert
71
, il quale ha esaminato campioni di dodici lavoratori di diverse industrie,
indagando le caratteristiche di escrezione urinaria dell’S-PMA, la specificità e la
sensibilità del metodo, le relazioni tra livelli di esposizione di benzene e
concentrazione urinaria di S-PMA. I livelli di esposizione a benzene erano maggiori
per i lavoratori delle industrie chimiche, 543 Πg/g creat, mentre nelle raffinerie i
livelli erano vicini a quelli ritrovati in campioni di controllo di fumatori e non
fumatori, molto al di sotto del limite di rilevabilità (da 1 a 5 Πg/g di creat).
L’eliminazione dell’S-PMA avveniva in una singola fase, con un’emivita, in genere,
pari a 9 h e i livelli maggiori si riscontravano alla fine del turno di lavoro di 8 h.
15
Eining
72
ha utilizzato l’HPLC con rivelatore fluorimetrico per la determinazione
dell’S-PMA: i limiti di rilevabilità riscontrati erano di circa 1 Πg/l, permettendo di
determinare il livello di S-PMA anche in soggetti non esposti. Successivamente la
tecnica è stata migliorata utilizzando un metodo basato sulla gas cromatografia, più
sensibile, consentendo di raggiungere limiti di 60 ng/l.
Bisogna sottolineare che per esposizioni ambientali molto basse, il fumo di
sigarette può essere un fattore importante quando si valuti il livello di S-PMA, dal
momento che esistono sensibili differenze tra i livelli del metabolita escreti da
soggetti fumatori e quelli di soggetti non fumatori. In definitiva possiamo affermare
che il livello di S-PMA urinario è proporzionale alla quantità di benzene assorbita
dall’organismo e, per i lavoratori professionalmente esposti, la misura del livello di
S-PMA è correlabile ad esposizioni a concentrazioni di benzene inferiori a 0.3 ppm
per 8 h.
1.3 STIRENE
1.3.1 ESPOSIZIONE PROFESSIONALE ED IN AMBIENTE URBANO
Lo stirene, o vinilbenzene, è un composto aromatico volatile, liquido a
temperatura ambiente, incolore, dall’odore pungente, poco solubile in acqua e ben
solubile in alcol etilico, acetone ed etere
73
. La prima produzione risale al 1831, ma
solo nel 1925 si riuscì a produrre commercialmente stirene di elevata purezza. Nel
corso degli ultimi 50 anni, la produzione di stirene ha assunto una crescente rilevanza
industriale, tanto che oggi il numero di soggetti professionalmente esposti a stirene è
molto elevato.