- 10 -
Vogliamo dedicare una particolare attenzione agli stakeholders, ovvero ai
soggetti che hanno interessi in gioco nell’azienda, analizzando le teorie che si sono
sviluppate negli Stati Uniti negli anni Sessanta–Settanta, individuando quali soggetti
possono essere considerati interlocutori di un’azienda profit e non profit, per giungere
ad approfondire il caso di un’organizzazione non profit che ha implementato il Bilancio
Sociale investendo notevoli risorse a vantaggio dei propri stakeholders.
La letteratura ha incentrato l’analisi sulle relazioni, di reciproca influenza, tra
l’azienda e gli stakeholders. Attraverso il Bilancio Sociale è possibile curare queste
relazioni in modo costruttivo e orientato al lungo periodo, dando voce anche i soggetti
più lontani. Il dialogo e la massima trasparenza nella rendicontazione sociale
permettono di attuare cambiamenti organizzativi, creare fiducia tra azienda e
stakeholders, evitando che le informazioni siano unidirezionali.
Solo attraverso il coinvolgimento di tutti i portatori di interessi dell’azienda è
possibile riscontrare un miglioramento nelle relazioni e nella qualità sociale: emerge
quindi l’importanza del Bilancio Sociale quale strumento di comunicazione e il
monitoraggio delle utilità sociali prodotte dall’azienda.
***
La struttura del presente lavoro è la seguente: i primi tre capitoli
approfondiscono gli aspetti teorici, mentre nel quarto viene analizzato un caso
aziendale, che indica come viene strutturato, in concreto, il Bilancio Sociale di
un’associazione di volontariato.
Nel primo capitolo si vuole fornire al lettore un quadro generico per
contestualizzare la Responsabilità Sociale presso le organizzazioni senza scopo di lucro
(terzo settore) e le modalità di rendicontazione della stessa. Un’azienda è socialmente
responsabile quando assume comportamenti che rispettano l’ambiente, la sicurezza e
garantiscono una miglior qualità di vita dei lavoratori, dei consumatori e della società in
genere. Si forniscono diverse definizioni di organizzazione non profit e si considera
l’etica come presupposto alla Responsabilità Sociale, in quanto un agire morale, basato
sulla reciprocità, sulla gratuità e sul dono, testimonia l’impegno orientato all’utilità
sociale, al bene comune e alla solidarietà.
- 11 -
La comunicazione e la rendicontazione sociale per le aziende non profit è di
fondamentale importanza perché permette di informare tutti gli interlocutori sull’attività
svolta, in un arco di tempo definito.
Il punto di partenza del presente lavoro è che la aziende non profit non sono
socialmente responsabili per definizione, ma soltanto se dimostrano e rendicontano il
loro impegno verso il sociale.
A questo proposito riteniamo che lo strumento di rendicontazione privilegiato,
per informare circa i risultati sociali raggiunti dall’organizzazione, sia il Bilancio
Sociale, di cui si parla nel secondo capitolo.
Nel secondo capitolo si presentano i modelli di riferimento per la redazione del
Bilancio Sociale, maggiormente diffusi in Italia. E’ nostro intento dimostrare come i
modelli e le linee guida diffusi a livello nazionale e internazionale, formulati nel settore
profit, sono applicabili anche alle aziende non profit e nella fattispecie alle associazioni
di volontariato. Si sottolinea come le organizzazioni non profit abbiano raggiunto livelli
di espansione importanti nel sistema economico e per questo motivo iniziano ad
adottare strumenti di gestione tradizionalmente adottati dal mondo imprenditoriale.
Sono citati, a titolo esemplificativo, alcuni Bilanci Sociali di eccellenza a livello
nazionale per verificare la rispondenza ai modelli descritti. Nel corso del secondo
capitolo si rivolge un’attenzione particolare al modello maggiormente diffuso in Italia,
cioè quello formulato dal Gruppo di studio per il Bilancio Sociale, e si illustra un
modello specifico per il Bilancio Sociale e Bilancio di Missione nel terzo settore.
Alla luce della focalizzazione del lavoro sul bilancio sociale delle aziende non
profit, nel terzo capitolo si approfondisce la normativa del terzo settore, allo scopo di
analizzare come viene “tradotta” la legge e come viene affronta la gestione di una
struttura senza scopo di lucro. L’esigenza di rendere conto in modo chiaro, completo e
ordinato dei risultati dell’attività di un’azienda non profit porta ad interrogarsi sugli
obiettivi prefissati e sulla capacità di perseguire con efficacia le proprie finalità
istituzionali. Si presentano le caratteristiche salienti di diversi documenti informativi:
bilancio economico, carta dei servizi, carta dei valori, codice etico, ecc.
- 12 -
Si conclude con alcune riflessioni in merito all’orientamento verso la qualità
come presupposto per il bilancio sociale.
Nel quarto capitolo si tratta un caso specifico di Bilancio Sociale di un’azienda
non profit. In particolare si tratta di un’organizzazione di volontariato, la P.A. Croce
Verde di Castelfidardo ONLUS (An), un ente di erogazione di servizi di pronto
soccorso, protezione civile, assistenza ed erogazione di trasporti socio–sanitari.
La scelta di redigere un bilancio sociale è dovuta alla volontà di migliorare la
qualità dei servizi erogati, di monitorare la propria attività, e di valorizzare gli
stakeholders.
In particolare si illustra il processo che ha portato alla redazione del Bilancio
Sociale 2003 e si approfondiscono le caratteristiche e i tratti distintivi del documento
prodotto.
- 13 -
CAPITOLO I
LA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA
NEL SETTORE PROFIT E NEL NON PROFIT
1.1 Considerazioni introduttive
Il presente capitolo vuole contestualizzare la Responsabilità Sociale d’Impresa e
dare un quadro introduttivo al Bilancio Sociale, come strumento principale di
comunicazione, controllo e rendicontazione della stessa.
In questa sede i termini azienda e organizzazione verranno utilizzati come
sinonimi nel significato di unità economica che opera nel sistema sociale in continuo
interscambio con essa.
Per sistema si intende un “insieme combinato di parti o elementi in un tutto”
1
, una
struttura dinamica, cioè soggetta a modifiche nel tempo e nello spazio. Nel perdurare
l’azienda mantiene i caratteri dell’autonomia e durevolezza, funzionali al
soddisfacimento dei bisogni umani.
2
Tali bisogni possono riguardare gli aspetti naturali,
biologici, fisici, fisiologici, psicologici, culturali, sociali, morali, religiosi, politici ed
economici dell’uomo.
3
Ogni azienda possiede dei sottosistemi collegati e coordinati in modo non causale,
di cui si serve per svolgere la propria attività di produzione e consumo di beni e servizi.
Ciascuna azienda è inserita in un certo spazio e in un tempo determinati, che
danno specificità alla stessa: scopo della sua esistenza è il perseguimento della propria
mission o del fine istituzionale per il quale è nata ed opera.
1
Cfr. Bertini U., Il sistema d’azienda, G. Giappichelli Editore, Torino, 1990, pagg. 29-37.
2
Cfr. Zappa G., La nozione di azienda nell’economia moderna, Casa editrice dott. Antonio Giuffrè,
Milano, 1954, estratto da “Il risparmio”, anno II, fasc. VIII, agosto 1954, pag. 1257.
3
Cfr. Propersi A., Le aziende non profit. I caratteri, la gestione, il controllo, ETAS, Milano, 1999, pag.
1.
- 14 -
Le aziende possono essere destinate all’erogazione e al consumo, oppure alla
produzione; entrambe le tipologie devono perseguire con efficacia ed efficienza lo
scopo finalistico, ottimizzando l’uso delle risorse a disposizione.
4
Verrà utilizzato il
termine azienda per intendere i sistemi di erogazione e consumo, che raggruppano tutte
quelle entità, come le Pubbliche Amministrazioni, gli enti non profit e le famiglie, che
utilizzano le risorse a loro disposizione per conseguire i fini istituzionali; il termine di
impresa verrà usato, invece, per indicare le aziende orientate al profitto, in genere
impiegate alla produzione di beni materiali.
5
In questo primo capitolo si partirà da un excursus storico che ha introdotto nel
contesto italiano la responsabilità sociale di impresa, facendo riferimento tanto alle
teorie aziendaliste, quanto alle teorie sociologiche.
Si approfondiranno le aziende non profit e si presenteranno alcune analogie e
diversità fra l’applicazione della responsabilità sociale presso organizzazioni senza
scopo di lucro e imprese orientate al profitto.
Si dedicherà attenzione al concetto di etica, quale presupposto della responsabilità
sociale. Verranno elencati in seguito i vantaggi che derivano dall’assunzione di un
comportamento socialmente responsabile, soprattutto in riferimento agli stakeholders,
ovvero ai soggetti portatori di interessi nell’azienda. Si distingueranno per le aziende
profit e non profit questi soggetti, individuandone le peculiarità di ciascun gruppo di
stakeholders. In conclusione verranno esposte alcune iniziative a livello europeo e
nazionale, che incentivano le aziende all’assunzione di comportamenti socialmente
responsabili e alla diffusione delle buone prassi.
1.2 Evoluzione del sistema azienda e avvento della RSI: le premesse
storiche alla responsabilità sociale
4
Cfr. Amaduzzi A., Istituzioni di economia aziendale, Cacucci editore, Bari, 1991, pagg. 39-45.
5
Possiamo distinguere ulteriormente le aziende in quattro settori: nel primo settore troviamo lo Stato, nel
secondo settore il mercato, nel terzo le organizzazioni non profit, alle quali sarà dedicata un’attenzione
particolare nel presente lavoro, e, nel quarto settore, la famiglia o i gruppi informali. Cfr. Turri M., Un
approccio empirico alla gestione del personale nelle aziende non profit, in “Azienda pubblica” n° 6-
2001.
- 15 -
Il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa o RSI
6
dimostra l’interdipendenza
tra le discipline dell’economia e della sociologia.
Nel Settecento il padre dell’economia Adam Smith analizzò il rapporto tra
economia e società, parlando di “mano invisibile” come guida dell’individuo a produrre
il bene della società, al di là delle sue intenzioni egoistiche.
7
Nel curare il proprio
interesse di perseguire profitto, l’imprenditore cura l’interesse della società, in quanto
produce ricchezza e crescita economica. Smith riconosce che l’economia influenza la
società attraverso la “mano invisibile” ovvero nella distribuzione del bene sociale
prodotto tra tutti i protagonisti dello scambio economico.
Dopo due secoli, negli anni settanta, Milton Friedman
8
considera che “in un
mercato aperto, corretto e competitivo” l’unica legittimazione del fare impresa è operare
per massimizzare il profitto, producendo ricchezza e occupazione per i dipendenti.
Massimizzando il rendimento per gli azionisti l’impresa massimizza il benessere
complessivo e provvede alla sua distribuzione nella società così, nel perseguimento
dello stesso scopo, il valore economico coincide con il valore sociale.
Nel XXI secolo le teorie di Smith e Friedman, sebbene possano considerarsi
premesse della responsabilità sociale, non sono più sufficienti a dare legittimazione alle
imprese. Massimizzare profitti oggi, nella società post-fordista, non è più sufficiente
all’imprenditore, perché l’azienda deve avere uno sguardo più ampio, rivolto cioè alle
conseguenze economiche, sociali e ambientali del suo operato.
1.2.1 Caratteristiche distintive dell’azienda fordista e di quella post-
fordista
L’azienda oggi è considerata un’unità sistemica aperta, inserita in un contesto
sociale complesso, verso il quale presta attenzione per ottenere legittimazione del
6
La responsabilità sociale d’impresa in italiano viene siglata con l’acronimo RSI, che corrisponde al
termine inglese Corporate Social Responsability o CSR.
7
Cfr. Zanini A., Adam Smith, edizioni scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 1997, pag. 94.
8
M. Friedman e G. Stigler sono i fondatori della scuola di Chicago, entrambi premi nobel dell’economia.
Cfr. Friedman M., The social responsability of business is to increase its profits, New York Time
magazine, September 13th, 1970, citato in Cavicchi P., Dalledonne A., Durand C., Pezzuto G., Bilancio
sociale e ambientale. Responsabilità sociale e ambientale dell’impresa, IPSOA, 2003, pag. 5.
- 16 -
proprio operato. Tale concetto è frutto di un processo evolutivo che ha attraversato
l’azienda nel mondo occidentale negli ultimi decenni. E’ importante avere un quadro
generico sul passaggio da una società fordista, tipica degli anni settanta, caratterizzata
da una produzione standardizzata, ad una società post-fordista, molto più complessa,
poiché sulla base di questa evoluzione è nata e sta crescendo una nuova sensibilità alla
responsabilità sociale di impresa. Premesso che le aziende nel corso della loro esistenza
sono state più o meno responsabili socialmente, e che la responsabilità sociale è sempre
esistita, nel passaggio da una società fordista, ad una società post-fordista il contesto
socio-economico ha subito una rilevante trasformazione.
Il contesto economico ha subito un notevole cambiamento dovuto ad una
molteplicità di fattori: la trasformazione da un mercato in lenta evoluzione ad un
mercato turbolento, in continua trasformazione, in cui si ha eccesso di offerta rispetto
alla domanda di beni e servizi prodotti. L’aumento del potere dei consumatori richiede
che ci sia differenziazione tra i prodotti, quindi che si utilizzino le tecnologie più
avanzate nel processo produttivo e che la manodopera impiegata sia specializzata.
L’azienda fordista non possedeva queste caratteristiche, tanto è vero che si è
sviluppata in un mercato a concorrenza locale, in cui i prodotti erano standardizzati e
l’imprenditore guardava principalmente i suoi interessi escludendo l’ipotesi che i clienti
potessero in qualche modo influenzare le sue scelte di produzione. Il cliente, non aveva
interesse né possibilità di scelta fra modelli diversi, infatti provava soddisfazione
soltanto dall’acquisto di un bene, se prima non lo possedeva, a maggior ragione se il
prezzo era accessibile. Quando il mercato è diventato saturo le aziende hanno dovuto
adeguarsi e cercare nuove strategie di profitto: si sono rivolte maggiormente ai clienti
(ad esempio tramite indagini di mercato) per ascoltare quali fossero le loro esigenze.
Di conseguenza si è avuto un cambiamento nel ruolo dei consumatori e una crescita del
loro potere di influenzare l’azienda: l’atteggiamento del consumatore, da cliente passivo
si è trasformato in consumatore responsabile, secondo alcuni consumatore-cittadino
9
.
9
Cfr. Zamagni S., La responsabilità sociale d’impresa: presupposti etici e ragioni economiche, in “Il
ponte”, Firenze, n° 10-11/2003, pagg. 245-247.
- 17 -
Le scelte di consumo per il consumatore iniziale erano piuttosto manipolabili
dall’azienda e dipendevano da variabili economiche, come il prezzo del bene, il reddito
e il patrimonio del soggetto, nonché dalla disponibilità dell’oggetto. Il cambiamento
culturale ha prodotto un nuovo atteggiamento nel consumatore, interessato ad avere
informazioni sulle modalità di produzione dei beni acquistati. Il consumatore-cittadino
oggi “pretende di concorrere a definire e talvolta a produrre, congiuntamente ai vari
soggetti di offerta, quello di cui ha bisogno.”
10
In altre parole si riconosce al
consumatore la capacità di auto-organizzarsi per diventare partner attivo nella
programmazione aziendale.
Nel passaggio dalla società fordista a post-fordista l’impresa ha attraversato un
cammino composto da diversi orientamenti.
11
Inizialmente l’orientamento dell’azienda
è autoreferenziale, interessato soltanto alla sopravvivenza della stessa e dei dipendenti,
mettendo in secondo piano le esigenze dei clienti esterni. Il secondo tipo di
orientamento a cui far riferimento riguarda il prodotto e la vendita: si pone maggiore
attenzione alla soddisfazione della domanda, all’economicità e alla produttività
dell’azienda. In questo caso si ha un eccesso di domanda sull’offerta, mentre le
condizioni che portano al terzo orientamento, cioè al mercato, sono caratterizzate da un
surplus della domanda sull’offerta: l’azienda dovrà ricorrere al marketing ed alla
diversificazione dei propri prodotti per rimanere sul mercato in regime di concorrenza.
Negli anni Settanta alcune aziende, in seguito alla crisi finanziaria causata dallo shock
petrolifero e monetario, si sono orientate alla finanza, adottando una gestione che
consentisse di far fronte alle nuove problematiche.
L’orientamento alla globalità fonda le proprie radici sulla finanziarizzazione del
business, che ha stimolato il processo di internazionalizzazione. La globalizzazione e
l’espansione dei mercati sono fenomeni che hanno causato in alcune aziende una
reazione di crescita ed espansione. La dimensione aziendale cresce con il crescere della
10
Idem, pag. 247
11
Cfr Hinna L. (a cura di), Il bilancio sociale. Scenari, settori e valenze. Modelli di rendicontazione
sociale. Gestione responsabile e sviluppo sostenibile. Esperienze europee e casi italiani, Edizione Il sole
24 ORE, Milano, 2002, pagg. 30-34.
- 18 -
flessibilità e dell’adattabilità all’espansione, mentre fa diminuire la capacità di controllo
verso la stessa. Le aziende che si sono orientate all’espansione hanno calcolato i
vantaggi derivanti dalle economie di scala.
Nell’azienda fordista, tipica degli anni Sessanta-Settanta, la responsabilità sociale
era considerata diversamente da come possiamo intenderla oggi. Il cambiamento del
contesto socio-economico è stato fra i principali fattori che hanno influito a modificare
l’atteggiamento dell’azienda verso l’ambiente esterno, ma non si possono sottovalutare
altre cause. Nel corso dell’evoluzione, le aziende che sono cresciute dimensionalmente,
scelgono di adottare strategie che mirano alla qualità del prodotto, soprattutto in un
contesto in cui le aspettative dall’esterno sono sempre crescenti. La diffusione delle
certificazioni di qualità, l’attenzione alla natura dei prodotti acquistati da parte del
consumatore testimoniano certamente questa tendenza a preoccuparsi del “come”
produrre, non soltanto del “quanto” produrre. Gli orientamenti più recenti riguardano il
rapporto tra l’etica e l’economia, ovvero il recupero e la consapevolezza dell’azienda di
operare sulla base di valori condivisi dalla comunità. La comunicazione dei risultati
ottenuti, la trasparenza nei confronti del personale interno e dei clienti, il dialogo sul
comportamento etico dell’azienda hanno dato luogo a strumenti come il codice etico, il
codice di condotta, la carta dei valori, di cui si parlerà meglio successivamente.
L’atteggiamento di eticità dell’azienda, ha avuto minore considerazione in passato, fino
a che non si sono verificati scandali
12
durante la produzione, che hanno reso necessaria
una maggiore attenzione verso tematiche sociali.
Nella società post-fordista si dà maggior peso all’etica e alle conseguenze sociali
dell’operato dell’azienda; si prendono in considerazione le istanze provenienti tanto
dall’esterno dell’azienda, quanto dai dipendenti. Questo coinvolgimento dei clienti, dei
12
Si prenda come esempio il caso della multinazionale Nike negli anni 1997-1998 quando fu denunciato
da associazioni di consumatori il lavoro minorile mal pagato, per produrre scarpe in India e Pakistan.
Successivamente alla denuncia l’azienda ha cambiato il proprio atteggiamento rivolgendo maggiore
attenzione ai diritti dei lavoratori. Tale comportamento è stato per la Nike un avvicinamento alla
responsabilità sociale.
- 19 -
collaboratori e dei fornitori dell’azienda indica un percorso verso la piena integrazione
con l’ambiente esterno.
L’azienda è libera di avviare questo cammino di crescita e di scambio di
informazioni con l’esterno, per implementare un atteggiamento consapevole di
responsabilità sociale, da considerarsi come la risposta al contesto economico e sociale
in continuo cambiamento. Le aziende assumono la consapevolezza che i comportamenti
socialmente responsabili assumono una rilevanza strategica
13
nel perseguimento della
propria missione e si adoperano per adottarli, integrandoli con le loro attività principali.
In conclusione non tutte le aziende raggiungono l’ultimo gradino di questa scala:
soltanto le organizzazioni più all’avanguardia utilizzano e gestiscono razionalmente le
proprie risorse, tenendo conto degli interessi dei propri interlocutori e dell’ambiente
circostante.
1.2.2 Le teorie organizzative alla base della responsabilità sociale
Diversi studi e ricerche stanno alla base di comportamenti socialmente
responsabili per le aziende; verranno presentati in ordine cronologico i principali
esponenti della sociologia dell’organizzazione, una branca della sociologia sviluppatasi
a partire dalla fine dell’Ottocento in Germania con Weber, il quale ha condotto ricerche
di caso nelle industrie, ed ha formulato un modello ideale di burocrazia.
14
Frederik Taylor è stato il precursore, all’inizio del Ventesimo secolo in America,
della teoria sull’Organizzazione Scientifica del Lavoro (OSL), secondo la quale il
metodo scientifico è il principio regolativo ed etico dell’agire imprenditoriale.
Il primo ad introdurre aspetti sociali in azienda fu Elton Mayo, uno dei maggiori
esponenti delle teorie delle Relazioni Umane, vissuto in America negli anni Venti, il
quale ha apportato dei cambiamenti organizzativi al pensiero fordista. Grazie alle
13
Cfr Rusconi G., Dorigatti M., La responsabilità sociale d’impresa, Fondazione Acli Milanesi, Milano,
2004, pag. 95.
14
Cfr. Bonazzi. G., La questione industriale. Storia del pensiero organizzativo – vol. 1, FrancoAngeli
editore, Milano, 2002, pag. 17.
- 20 -
esperienze pratiche
15
che Mayo, di formazione medica, e la sua équipe fecero in
azienda, si scoprì che i fattori maggiormente determinanti per la produttività erano la
comunicazione, le relazioni sociali ed il rapporto con la direzione. Per la prima volta è
stato introdotto il concetto di clima organizzativo, inteso come insieme delle relazioni
che si intrecciano tra i vari soggetti all’interno dell’azienda, ma anche come armonia tra
i fattori tecnici ed umani, che tanto più è alta, quanto più rende l’azienda produttiva.
Negli anni Trenta si è diffuso in America il modello cooperativistico, il cui
maggiore esponente è Chester Barnard. Secondo questa teoria organizzativa la società è
considerata come un’entità cooperativa regolata da principi morali.
16
Barnard ha
introdotto il concetto di incentivo per i dipendenti, che può essere offerto da un sistema
cooperativo, distinto in materiale e non materiale.
Esempi di incentivi materiali sono l’aumento della remunerazione o premi
aziendali costituiti da oggetti concreti; incentivi non materiali sono invece gratificazioni
fondati sulla dimensione morale dell’agire dei dipendenti. Il coinvolgimento e l’ascolto
di questi durante la stesura di particolari documenti, come il codice etico, il codice di
condotta il bilancio sociale, ambientale e di sostenibilità,
17
può essere considerato come
incentivo non materiale. Attraverso la lettura dei documenti aziendali, una volta
pubblicati, tutti i collaboratori dell’organizzazione possono avere una visione di insieme
della stessa ed esprimere le loro opinioni in occasione di momenti di dialogo.
Le teorie motivazionaliste, diffuse in America intorno alla metà del secolo
scorso, grazie all’opera di diversi esponenti tra cui Chris Argyris, il quale per la prima
volta ha introdotto il termine di “risorsa umana”. L’autore è cosciente del fatto che
l’uomo possiede una sua intelligenza da valorizzare, al contrario di quanto sostenevano i
teorici del Taylorismo, secondo i quali il lavoratore andava considerato soltanto nella
15
Gli esperimenti a cui viene fatto riferimento sono stati condotti a Hawtorne su un gruppo di operaie
allo scopo di analizzare la variazione della produttività in presenza di incentivi di diverso tipo. Si veda, a
proposito, Lo Martire G., Le organizzazioni non profit. Il controllo di gestione e l’analisi di bilancio.
Franco Angeli, Milano, 1999, pagg. 36-38.
16
Cfr. Bonazzi. G., La questione industriale. Storia del pensiero organizzativo, cit., pag. 73.
17
Gli strumenti citati documentano la responsabilità sociale; per ora ci limitiamo ad una citazione degli
stessi, rinviando al paragrafo 1.4 del presente capitolo e al capitolo successivo per un maggiore
approfondimento.
- 21 -
componente esecutiva del lavoro. Molto importante per la crescita e lo sviluppo della
personalità umana e delle relazioni sociali, secondo Argyris, è il lavoro in gruppo.
Riportando un esempio inerente la responsabilità sociale, la redazione di alcuni
documenti, come il bilancio sociale, può avvenire coinvolgendo un’intera équipe di
collaboratori. Lavorando insieme, le persone hanno maggiore possibilità di
interscambiare idee, creatività e innovazione; allo stesso tempo il lavoro appare più
gratificante e contribuisce alla crescita psicologica dell’individuo.
18
Infine, sempre nella metà del secolo scorso, Philip Selznick ha teorizzato
l’esistenza di una reciproca influenza tra l’organizzazione e l’ambiente. Il contesto
esterno viene considerato non solo lo sfondo nel quale l’organizzazione agisce, ma
come l’insieme dei centri di potere che operano per condizionare strategie e fini
dell’organizzazione. L’ambiente, con le sue forze, è in grado di causare all’interno
dell’azienda alcuni effetti inattesi, sia in termini di opportunità che di minacce, per la
stessa.
Sono opportunità le forze esterne positive per l’azienda, da cogliere per il suo
sviluppo; sono minacce o limiti le forze ambientali negative, da fronteggiare per ridurne
gli effetti sull’unità aziendale e sulle condizioni della sua esistenza.
I valori che contraddistinguono la natura dell’organizzazione permettono di
mantenerne l’equilibrio e di difenderne l’identità. Attraverso l’adozione di opportune
politiche sociali, coerenti con i valori aziendali, l’organizzazione può cercare di
difendersi dall’ambiente e ridurne le influenze negative.
19
Quando si parlerà della dimensione esterna della responsabilità sociale, nel
paragrafo dedicato al Libro Verde
20
, il concetto di ambiente e di influenza reciproca con
18
Cfr. Bonazzi. G., La questione industriale. Storia del pensiero organizzativo, cit., pag. 96.
19
La teoria sulle conseguenze inattese provocate dall’ambiente è stata formulata da P.Selznick in seguito
ad una ricerca condotta negli anni 1942-43 nella Tennessee Valley Authority (Tva) su commissione del
presidente Roosvelt per realizzare un imponente programma di opere pubbliche nella vallata del
Tennessee e per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni in quel territorio. Cfr. Bonazzi. G., La
questione burocratica. Storia del pensiero organizzativo – vol. 2, Franco Angeli editore, Milano, 2002,
pagg. 80-91.
20
Cfr. Commissione delle Comunità Europee: il Libro Verde per promuovere un quadro europeo per la
responsabilità sociale delle imprese, 2001. Si rinvia, per maggiori approfondimenti, al paragrafo 1.7 dove
si parlerà più specificamente di tale pubblicazione.
- 22 -
l’azienda risulterà più chiaro. In questa sede sono state riportate le teorie organizzative
che testimoniano il percorso che conduce le aziende a porre un’attenzione particolare
verso le proprie risorse umane, verso l’ambiente esterno e in genere verso tutti gli
interlocutori che esprimono legami con l’organizzazione.
In conclusione l’excursus relativo alle premesse storiche della responsabilità
sociale ha voluto percorrere le principali tappe che le aziende hanno attraversato
dall’inizio del Ventesimo secolo ad oggi. Come si può evincere, i cambiamenti
economici e sociali sono stati notevoli, ma solo grazie ad essi trova spiegazione la
riscoperta dell’etica da parte delle aziende, l’interesse verso la qualità delle attività e dei
prodotti, l’avvento della responsabilità sociale d’impresa e la diffusione di specifici
strumenti di rendicontazione.
1.3 Definizione delle aziende non profit
Il termine non profit deriva dal latino “proficere” che significa avvantaggiare.
Tale parola è confluita successivamente nel linguaggio anglosassone per sintetizzate
tutte le organizzazioni che operano senza scopo di lucro.
21
Si dicono aziende non profit quelle organizzazioni che possiedono cinque
caratteristiche: una costituzione formale, in grado di sancire l’ufficialità
dell’organizzazione; una natura giuridica privata; l’assenza di distribuzione di profitti a
soci o dirigenti o altro personale; l’esistenza di meccanismi in grado di permettere
forme di autogoverno e autonomia dell’organizzazione; infine la presenza di una certa
quantità di risorse volontarie.
22
L’azienda non profit è un’organizzazione che “non distribuisce a soci o
dipendenti gli eventuali profitti che derivano dalla gestione delle loro attività ma al
21
Cfr. Colombo F., Contabilità e bilanci delle aziende non profit. Piano dei conti, registrazioni contabili,
schemi di bilancio, relazioni di gestione per cooperative sociali, Ong, associazioni e organizzazioni di
volontariato. Edizione Il sole 24 ORE, Milano, 2001, pag. 1.
22
Nel presente lavoro si è deciso di adottare una definizione strutturale ed operativa, elaborata un
decennio fa da un ampio gruppo internazionale di ricercatori. Tale definizione fa riferimento al sistema di
classificazione settoriale ICNPO, International Classification for Nonprofit Organizations, elaborato da
Salamon e Anheier nel 1994, tradotta in italiano da Barbetta, nel 1996.
- 23 -
contrario, usa questi profitti per aumentare la quantità e migliorare la qualità dei servizi
erogati”
23
. Si parlerà di terzo settore e settore non profit allo stesso modo, utilizzando i
due termini come sinonimi, nel significato di insieme di organizzazioni ed enti privati
senza finalità di lucro che forniscono servizi educativi, sociali, sanitari, assistenziali,
ricreativi, sportivi, culturali, ambientali, religiosi, di tutela dei diritti, di protezione
civile, di promozione della comunità locale, di solidarietà internazionale, ecc.
Rispetto alle imprese, le organizzazioni non profit possiedono alcuni elementi di
contatto
24
: entrambe sono aziende che operano per un fine prefissato e per il suo
raggiungimento si adoperano nel miglior modo possibile.
In entrambe le realtà le attività devono essere condotte garantendo la massima
trasparenza, cioè una corretta e completa informazione a tutti i soggetti che si
rapportano con l’azienda. Per le organizzazioni non profit la trasparenza è un’esigenza
maggiormente rilevante, in quanto la loro esistenza presuppone un accreditamento
sociale, finanziario ed economico
25
da intendersi come la capacità di operare nella
società perseguendo finalità di tipo solidaristico. Le aziende non profit, a differenza
delle imprese for profit, possiedono motivazioni diverse, riguardo alla loro costituzione,
poiché in genere si adoperao per il soddisfacimento di bisogni di persone svantaggiate.
Chi lavora nel settore non profit è mosso dalla volontà di adoperarsi per una buona
causa, a tutela dei diritti delle persone bisognose, producendo servizi socialmente utili.
L’attività delle non profit è fondata su valori sociali (come la solidarietà, la
sussidiarietà), piuttosto che economici, per i quali è necessaria una particolare
attenzione, mediante la partecipazione e il coinvolgimento del personale.
23
Cfr. Barbetta G.P, Maggio F., Non Profit, il nuovo volto della società, Il Mulino, Bologna, 2002.
24
Cfr. Baldarelli M. G., Vignini S., La mission, l’etica, il profitto e la solidarietà: quale azienda per
quale sviluppo?, in Boari C. (a cura di), L’impresa tra vent’anni. Stakeholders, strategie e risorse per la
creazione del valore, Carocci editore, Roma, 2003, pag. 29.
25
Cfr. Baldarelli M. G., Vignini S., La mission, l’etica, il profitto e la solidarietà: quale azienda per
quale sviluppo?, in Boari C. (a cura di), L’impresa tra vent’anni. Stakeholders, strategie e risorse per la
creazione del valore, cit., pag. 30.