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altre parole la sicurezza, almeno per quel che riguarda il rischio di
tracimazione delle acque oltre il coronamento della diga, sarà tanto più
elevata quanto più si avrà avuto cura nel dimensionare gli scarichi al
fine di poter eliminare, senza problemi, portate massime di progetto
determinate in via molto cautelativa. Da quanto detto appare chiaro
dunque come sia indispensabile conoscere prima di tutto le
caratteristiche principali dell’opera in questione ma anche i parametri
idrologici sulla base dei quali sono state determinate le portate di
progetto. La particolare natura delle strutture di cui ci occuperemo
conferisce al problema un carattere interdisciplinare in cui sono
richieste conoscenze sia di natura idraulica ma anche di natura
geotecnica. Occorre specificare, in ogni caso, che per quanto riguarda lo
scopo di quanto seguirà, le problematiche relative alla stabilità dei
rilevati e della analisi meccanica dei terreni entreranno in gioco soltanto
in via collaterale, volendo privilegiare certamente i risvolti idraulici del
caso. Rimanendo nell’ambito introduttivo vale la pena di osservare che
i metodi di indagine possibili a livello previsionale sono in costante
evoluzione ed oggi, di fatto, sono raggruppabili in due categorie
distinte: modellizzazione fisica e simulazione numerica. Questo lavoro
si orienta proprio in questa ultima categoria di indagine. Per definire il
quadro degli obbiettivi del seguente studio segnaliamo la possibilità non
soltanto di utilizzare un modello matematico ma anche di saperne
interpretare i risultati sulla base del metodo di calcolo impiegato per
raggiungere gli stessi. Verificare la validità di alcuni approcci teorici
del modello rispetto ad altri e confrontarne l’efficacia quando applicati
a casi concreti piuttosto che ad esempi a semplice scopo didattico
risulterà essere lo scopo principale dello studio in oggetto. E’ naturale
estensione di quanto appena detto che per poter svolgere un indagine al
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massimo grado di obbiettività sarà fondamentale tener conto di tutti i
limiti delle teorie applicate e delle ipotesi fisiche di partenza per poter
riprodurre fenomeni naturali di elevata complessità. In questo ambito si
colloca una parte piuttosto importante di questo studio dedicata
esclusivamente alla discussione della metodologia di calcolo impiegata
dal modello. Restando in tema di difficoltà operative, non deve poi
essere dimenticata quella relativa alla reperibilità dei dati iniziali, i
quali, non solo possono essere incompleti, ma anche presentare scarsa
attendibilità; ciò influenzerebbe la conseguente elaborazione e di fatto,
invaliderebbe le conclusioni. Resta ben chiaro da subito che, in un
simile scenario, la possibilità di affidarsi ad un unico studio, per quanto
completo, non esclude di fatto che esso possa essere esente da lacune o
imperfezioni che ne riducano la fondatezza. Soltanto quando il grado di
esperienza e sensibilità risultino molto alti il margine di previsione
potrà essere corredato dalla interpretazione dei risultati che diverrà
determinante; in mancanza di questo, come si vedrà, le uniche
possibilità per aumentare l’affidabilità del metodo saranno quelle
dettate dall’integrazione teorica. Sulla base delle analisi effettuate di
cui si è accennato sarà possibile esprimere anche un giudizio sul grado
di accuratezza con cui è stata effettuata la progettazione e l’esecuzione
della diga ai fini della sicurezza in relazione ad eventi che possano
provocarne la tracimazione. Riassumendo, il problema presenta
numerosi aspetti di un certo interesse: la scelta del metodo di indagine,
il suo impiego e la discussione circa l’attendibilità dei risultati
(utilizzando dove possibile comparazioni con casi analoghi) ed infine la
discussione di quanto ottenuto. Le difficoltà principali riguarderanno la
scelta dei dati iniziali, le semplificazioni adottate nella fase di
simulazione, la conseguente incertezza nello scegliere gli approcci
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teorici che meglio si adattano allo scopo. Come già anticipato il
problema della tracimazione assume carattere predominante nelle
analisi di sicurezza di serbatoi realizzati mediante impiego di argini in
materiale incoerente. Questi eventi sono legati al manifestarsi di varie
cause che possono anche essere compresenti: la parziale o totale
inefficienza degli apparati di scarico delle acque, la determinazione di
portate di progetto non corretta, il manifestarsi di eventi meteorologici
eccezionali, il cedimento strutturale dovuto a cause accidentali non
previste (come sismi di cospicua intensità), l’impiego di materiali di
caratteristiche non conformi alla corretta esecuzione, l’assenza o la
negligente manutenzione dell’opera o di sue parti. Molte di queste
eventualità possono essere prevenute mediante l’accurata progettazione
ed esecuzione, altre di natura accidentale non sono imputabili
direttamente ad una responsabilità umana e sono pertanto quelle verso
cui si deve orientare la fase di studio previsionale. Premesso questo si
intende per tracimazione quel fenomeno che causa un’ innalzamento del
pelo libero del serbatoio fino al superamento della quota di
coronamento dell’argine, intendendo tacitamente che questo si verifichi
senza che l’opera abbia già subito danneggiamenti di altra natura che lo
abbiano favorito, ammettendo, di fatto, che la tracimazione avvenga per
eventi così intensi da provocare un esubero di portata rispetto a quella
smaltibile dagli organi di scarico. In realtà questa assunzione non tiene
fede a ciò che è reperibile il letteratura ove erosioni progressive dovute
a questi fenomeni sono state possibili in compresenza di più fattori.
Rimane però corretta l’interpretazione comune secondo cui la causa di
“innesco” della tracimazione resta, comunque sia, la presenza di portate
defluenti dalla sommità degli sbarramenti. Un effetto catalizzante del
processo erosivo è inoltre dovuto, in taluni casi, alla formazione di
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ruscellamenti di acqua piovana sul paramento di valle degli sbarramenti
in relazione ad una scarsa capacità drenante della superficie dello stesso
e delle inefficienza od assenza di opportune protezioni del manto atte a
limitare tali eventualità. La documentazione raccolta circa il
manifestarsi di erosioni molto gravi avvenute negli anni passati resta il
punto di partenza per poter capire in che modo e quali sono i tempi in
cui si verificano tali eventi. Si indica con il termine sifonamento il
fenomeno erosivo che si manifesta all’interno delle opere in terra o nei
terreni di fondazione di altre infrastrutture idrauliche in materiale
murario quali, in particolare, le traverse fluviali. Questo particolare tipo
di erosione si origina in ragione del fatto che in presenza di acqua in
movimento a contatto con materiale di scarsa coesione esso può essere
mobilitato. Si può ritenere che nel momento in cui la velocità delle
acque filtranti eccede le velocità teoriche limite i materiali sciolti di
determinate granulometrie vengono a raggiungere e superare la soglia
del moto incipiente. Si osservi che in entrambi i fenomeni erosivi
esposti la fisica del caso non cambia: l’acqua in moto ha capacità di
trasportare un materiale sufficientemente leggero e non vincolato da
alcun legame di tenuta con altro materiale attiguo. Nel caso in esame
questo materiale è interno alla massa dell’opera e può essere asportato
dalle acque di filtrazione. Le cause che possono produrre il sifonamento
sono: assenza o inadeguatezza di dispositivi di tenuta, drenaggio
insufficiente, costipazione del materiale non corretta, scelta di materiali
non adeguati o dalla granulometria male assortita, opere accessorie non
funzionali o danneggiate. In ragione a questa ultima voce la
regolamentazione vigente, riferendosi alle dighe in terra, impone al
progettista di evitare tassativamente il passaggio di qualsiasi organo di
scarico che interessi il corpo del manufatto. Per quanto attiene all’entità
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del fenomeno ovvero alle quantità di materiale effettivamente
asportabile si dovrà anche riguardare la presenza di dispositivi interni
che possono in alcuni casi limitare, in altri estendere, il fenomeno. Una
caratteristica da non sottovalutare affatto riguarda poi il fatto che
mentre una erosione per tracimazione è, se non altro, facilmente
rilevabile lo stesso non si può affermare sempre nei confronti del
sifonamento che per sua natura assume spesso i caratteri di un’insidia
nascosta. Non deve stupire quindi che nelle strutture di un certo rilievo
il progettista preveda di far ricorso ad una serie di apparecchiature per
la misurazione delle portate di filtrazione.
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CAPITOLO I: LE COSTRUZIONI IN MATERIALE SCIOLTO
1.1 I RILEVATI IN TERRA: GENERALITA’
L’impiego di materiali sciolti per la realizzazione di manufatti o parti
di essi è certamente conosciuto ed attuato fin dalle origini dell’attività
costruttiva sviluppata dall’uomo. La selezione dei materiali e le
tecniche costruttive hanno subito, come intuibile, costanti evoluzioni
fino a sviluppare modalità e criteri molto vari. In accordo con questo
progresso anche la tipologia e le finalità delle costruzioni realizzate si
sono ampliate in relazione anche alla disponibilità di nuove tecniche di
cantiere per la movimentazione dei materiali e la migliore conoscenza
geotecnica con particolare riferimento ai carichi applicabili sui terreni di
fondazione. I vantaggi delle opere così realizzate riguardano la
possibilità di realizzare manufatti in grado di subire, senza
danneggiamenti gravi, grandi deformazioni anche sotto forma di
cedimenti differenziali, la capacità di mantenere impatti ambientali
limitati, la possibilità molto elevata di adattarsi a morfologie ambientali
molto differenti tra loro ed inoltre di rendere relativamente accessibili i
costi di realizzazione. Mentre i rilevati, gli argini, alcune tipologie di
sbarramenti hanno funzione prevalentemente statica, le dighe hanno,
oltre a questa anche funzioni di tenuta. E’ questo essenzialmente il
motivo per cui sono queste ultime le opere più impegnative dal punto di
vista ingegneristico. Il progetto delle strutture in questione si effettua in
funzione di vari parametri: le proprietà dei terreni di imposta e dei
materiali disponibili per la costruzione, la finalità dell’opera, gli aspetti
economici, la morfologia dell’ambiente, le condizioni di utilizzo
(presenza di sovraccarichi, accessibilità, possibilità di interventi di
mantenimento o modifica etc…) e naturalmente da tutto ciò che
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concerne l’attuabilità dal punto di vista legislativo. Per quanto attiene
alle dighe in terra, storicamente si possono ritenere relativamente
recenti in quanto quelle più antiche risalgono allo scorso secolo, la
massima diffusione è avvenuta intorno agli anni ’50 con il progresso
delle conoscenze teoriche e sperimentali della Geotecnica consentendo
di realizzare opere in condizioni anche molto difficili in particolare
nell’Italia centro-meridionale. Lo sviluppo delle grandi opere in terra
trova oggi i suoi limiti principali nella presenza di siti aventi materiali
di fondazione scarsamente adatti o sensibili alle azioni dinamiche specie
per opere di grande altezza in zone sismiche e dall’esigenza di garantire
la sicurezza del territorio con prelievi di materiale sciolto controllati.
Considerevoli anche le problematiche inerenti all’impatto ambientale in
particolare se relazionate all’apertura, in passato non sufficientemente
disciplinata, di grandi aree di cava per il prestito del materiale
necessario all’esecuzione.
Fonte di limitazioni ulteriori derivano dalla realizzazione degli elementi
strutturali integranti il corpo diga quali manti di tenuta, diaframmi,
protezioni, muri paraonde, reti di drenaggio ed altri in relazione alle
interazioni reciproche e con il corpo diga stesso. In Italia il volume
massimo di tali opere ha raggiunto i 12 milioni di m
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ed una altezza
massima di circa 100 m. I requisiti geotecnici principali riguardanti i
materiali di comune impiego riguardano: resistenza meccanica,
deformabilità, permeabilità, disponibilità in sito.
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1.2 TIPOLOGIE DI MANUFATTI
Come già osservato i manufatti in materiali sciolti sono strutture alle
quali si assegnano dimensioni e forme opportune in relazione a vari
parametri. La realizzazione con diverse modalità è, di norma, scelta in
base alle finalità a cui l’opera è destinata ed alle azioni che su di essa si
prevedono applicate. E’ importante considerare anche che spesso i
materiali in questione vengono impiegati per la realizzazione di parti
strutturali con funzione di tenuta, drenaggio, protezione che richiedono,
normalmente, una selezione molto accurata. Si riportano di seguito le
principali tipologie di manufatti realizzabili mediante uso di materiale
incoerente. I rilevati sono strutture destinate all’appoggio di
sovrastrutture (strade, ferrovie, piazzali) ed, in generale, non
raggiungono dimensioni molto grandi. Oltre alla stabilità statica globale
si richiede la massima portanza in prossimità della superficie per
limitare entro valori accettabili le deformazioni indotte dai carichi lì
applicati e dalle frequenti azioni dinamiche insite nella tipologia
strutturale qui presa in considerazione. Spesso le azioni di natura
idraulica interessano marginalmente queste costruzioni, limitandosi alle
azioni di ruscellamento lungo i versanti piuttosto che al contenimento
ed alla locale canalizzazione delle acque meteoriche. In genere per la
loro esecuzione sono richiesti materiali di buone caratteristiche
meccaniche ed una compattazione idonea ad ottenere alte capacità
drenanti. La sezione tipo di questi manufatti sarà schematicamente
riportata in figura 1.2.1 . Gli argini di difesa idraulica hanno in genere
altezze modeste ma possono talvolta avere notevole sviluppo
planimetrico ed interessare terreni molto diversi. Negli argini di difesa
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fluviale i requisiti geotecnica di sicurezza richiesti riguardano la
resistenza allo scorrimento in fondazione e la protezione nei confronti
di eventuali fenomeni di ritiro o rigonfiamento. La sicurezza in termini
di sifonamento verso il lato campagna e la protezione alla azione
erosiva della corrente nel lato fiume sono invece i parametri essenziali
dal punto di vista idraulico. In ogni caso le sollecitazioni idrodinamiche
massime si ritengono applicate per periodi di tempo relativamente
brevi, ne consegue che la tenuta viene spesso affidata a materiali non
altamente selezionati dalla permeabilità discreta. Altro tipo di argine è
quello marittimo o costiero, dove gioca un ruolo determinante il
dimensionamento del rivestimento a difesa del paramento lato mare,
generalmente effettuato con scogliere di massi naturali o artificiali. Lo
studio delle maree e dei moti ondosi diviene importante mentre il grado
di costipamento può essere limitato se l’argine viene ben proporzionato
in larghezza. Altre strutture sono le dighe marittime che, a differenza
degli argini, possono assumere dimensioni rilevanti specie in funzione
della profondità del fondale. Vengono realizzate in particolare per la
realizzazione di infrastrutture portuali o per la salvaguardia costiera.
Consegue da quanto appena detto che i requisiti da rispettare in maniera
prioritaria riguardano la stabilità meccanica dovendo far fronte ad
elevate azioni dinamiche dovute al moto ondoso ed alla presenza
frequente di terreni di fondazione spesso altamente comprimibili. Si
impiegano, di norma, materiali di grande pezzatura posti in opera
sott’acqua alla rinfusa. La figura 1.2.2 indica sommariamente una
sezione tipo di una diga marittima. Le dighe di sbarramento in materiale
sciolto, per la creazione di invasi artificiali su corsi d’acqua, sono i
manufatti più impegnativi per la già segnalata difficoltà di dover
soddisfare, in fase di progettazione, al duplice requisito di tenuta e di
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stabilità. Queste problematiche sono da intendersi estese non solo al
rilevato ma anche alla fondazione dello stesso. In termini di sicurezza le
azioni idrauliche da tenere in conto legate alla presenza del serbatoio
sono: le oscillazioni del pelo libero dovute al moto ondoso, l’azione
delle acque di filtrazione,il controllo del livello del pelo libero mediante
efficiente deflusso delle acque in esubero da parte degli organi di
scarico, l’azione erosiva delle acque meteoriche sul paramento di valle.
I problemi di natura geotecnica attengono alla stabilità globale
dell’opera, alla scelta ed alla reperibilità dei materiali opportuni, alla
corretta posa in opera degli stessi, all’efficace progettazione delle opere
accessorie secondo quanto specificato dalla legislazione in merito. I
materiali da costruzione devono essere accuratamente selezionati così
come curati devono essere il costipamento e la posa in opera. Gli stessi
materiali possono poi essere usati anche per realizzare tutta una serie di
opere specifiche quali rinfianchi o banchinamenti, rilevati di precarico,
terrapieni, colmate per bonifica ed accumuli di varia natura. Viene
riportato, a titolo d’esempio, in figura 1.2.3 uno schema di rinfianco per
stabilizzazione di pendio. Si osservi inoltre che fra materiali diversi
possono insorgere problemi di contatto che richiedono l’utilizzo di strati
di transizione per i quali si impiegano di norma: conglomerati cementizi
semplici o armati, materiali bituminosi, geotessili, metalli, o una
combinazione degli elementi qui elencati. Oltre che interposti a formare
strati di transizione come specificato, questi prodotti vengono anche
validamente utilizzati per costituire parti accessorie quali: strati di
protezione, sostegno, drenaggio, tenuta e fondazione.
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Figura 1.2.1: schema di un rilevato stradale
muro frangionde
Figura 1.2.2:schema di una diga marittima
fi 1 2 4 h di i fi di
Figura 1.2.3: schema di rinfianco per stabilizzare un pendio
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1.3 LE DIGHE DI RITENUTA: CLASSIFICAZIONE
Una sezione schematica di diga di ritenuta verrà proposto in figura
1.3.1. A causa delle modeste tensioni indotte in fondazione da questi
rilevati essi possono realizzarsi anche su terreni di imposta poco
resistenti e relativamente comprimibili. Per quanto riguarda una loro
classificazione in base alle modalità costruttive si può fare riferimento
alla tabella che segue.
DIGHE IN PIETRAME DIGHE IN TERRA
Muratura a secco Scogliera Rullata Rifluita
Solitamente
predisposte
mediante conci
squadrati
sistemati a mano.
Praticamente oggi
quasi in disuso.
Blocchi di grande
pezzatura posti alla
rinfusa. Tipologia
impiegata oggi
soltanto in presenza
di manufatti
integranti la capacità
di tenuta idraulica.
Strutture costituite
da strati successivi
costipati. Tipologia
diffusa in varie
sottoclassi in
funzione dei
materiali impiegati
e del grado di
omogeneità.
Ottenute per
sedimentazione in
acqua dei
materiali. Oggi
praticamente
abbandonate.
Tabella 1.3.1: tipologie di dighe in materiale sciolto
La classificazione sopra proposta ha carattere puramente indicativo, in
quanto mancano in questa le importanti caratterizzazioni derivanti
dall’uso dei vari materiali costruttivi. Sono infatti le proprietà e la
disposizione di questi ultimi a definire, di norma, il tipo di struttura che
si ottiene dal loro impiego. E’ importante sottolineare subito che
saranno i materiali con granulometria inferiore a garantire la tenuta
idraulica mentre alle pezzature maggiori sarà demandato il compito
della stabilità meccanica. Secondo questo criterio, discusso nel dettaglio
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più avanti, appare evidente che spesso un singolo rilevato potrà
costituirsi con più parti a ciascuna delle quali si assegnerà una prevista
finalità. Trascurando le categorie ormai quasi totalmente abbandonate,
ci si può riferire alle dighe in terra costipata. Per queste si distinguono
di norma due classi: le dighe in terra omogenea e quelle in terra zonate.
Le prime saranno costituite da rilevati di materiale fine con eventuali
zone di rinforzo. La tenuta idraulica sarà qui ottenuta dall’intero corpo
diga; questi manufatti devono essere limitati ad altezze inferiori a 30 m.
secondo quanto previsto dalle attuali disposizioni. Le seconde saranno
costituite da una serie di sezioni interne a quella complessiva in
funzione delle proprietà geotecniche dei materiali adottati per ognuna;
materiali di grande pezzatura generalmente nelle sezioni più esterne con
scopo di stabilizzazione e protezione, granulometrie decrescenti verso
l’interno del corpo diga con funzione di tenuta. In certi casi si assiste
alla parziale o totale sostituzione del materiale fine con manufatti di
altra costituzione quali calcestruzzo plastico, sostanze bituminose o
bentonite. Si spiega dunque la diffusa tendenza nel definire queste
strutture dighe con nucleo. Questo può essere a sviluppo verticale ma
anche inclinato, se questa disposizione viene ritenuta opportuna per
ragioni statiche ovvero per l’esigenza di realizzare la tenuta in una
regione più favorevole o, infine, per estendere la struttura di ritenuta
con un tappeto verso monte. La tendenza a sfruttare, per la
realizzazione di manti di tenuta, materiali sempre più performanti ha
guidato il progettista a realizzare dighe sempre più elaborate e
difficilmente individuabili nella casistica sopra riportata. Non mancano
esempi di dighe in pietra con organi di tenuta interni o posti nel
paramento di monte. Le soluzioni di questo genere, che sono affidabili
per rilevati di buone caratteristiche meccaniche e su terreni di
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fondazione relativamente poco deformabili, offrono vantaggi per la
separazione della funzione di tenuta da quella statica e per la possibilità
d’ispezione diretta e di eventuale riparazione del manto; ben si prestano
anche ad ipotetica sopraelevazione. Nelle dighe zonate, in certi casi,
per fronteggiare i rischi derivanti da rapido svaso, può essere opportuno
disporre materiale drenante nel fianco a monte. In altri casi, in
particolare in zone sismiche, si tende a disporre il materiale con
permeabilità crescente verso valle per un più sicuro controllo delle
filtrazioni e delle pressioni neutre in caso di improvvisa rottura del
manto. La presenza di elementi strutturali diversificati a seconda delle
condizioni ambientali come taglioni e difese dei paramenti contribuisce
ad aumentare ancora la complessità di una classificazione univoca.
Riassumendo le dighe di ritenuta hanno subito nel corso del tempo un
graduale processo di aggiornamento che ha portato gli sbarramenti
omogenei in materiale fine alle recenti dighe zonate. Ciò che
caratterizza maggiormente le costruzioni a cui ci riferiamo non è tanto
la tecnica usata nella loro messa in opera ma la disposizione dei
materiali secondo le finalità da raggiungere.