6
comportamentale . Questo in quanto i processi di evoluzione e di
adattamento sono caratteristici di qualsiasi comportamento umano, e quindi
anche di quelli inerenti alla sfera economico-finanziaria.
Lo scopo che ci si prefigge, in questo lavoro, Ł l analisi dettagliata degli
studi che riprendono la visione comportamentale, in modo tale da
valorizzare una visione d insieme. Questo, del resto, non potr non risentire
della disorganicit e della continua evoluzione prima menzionate. Tuttavia,
sembra necessario fornire un contributo che in qualche modo tenti, se non di
eliminare, almeno di attenuare la caratteristica dispersiva che ogni studio
comportamentale presenta inevitabilmente.
Del resto, le caratteristiche di instabilit permanente sono ben
riscontrabili fin dall inizio, soprattutto in ci che si potrebbe denominare
corrente comportamentale della teoria economica. Infatti, la finanza
comportamentale si Ł sviluppata come ramo della teoria neoclassica a
partire dagli anni 50, grazie ai contributi di vari Autori, tra i quali spicca,
per il suo atteggiamento critico, l Economista francese Maurice Allais.
Questa disciplina, per , solo a partire dalla met degli anni 70, grazie a
studi nuovi e piø approfonditi, ha ottenuto la visibilit sufficiente negli
ambienti accademici, per acquisire lo status di teoria . Come conseguenza
7
di questa promozione la finanza comportamentale Ł riuscita, poi, negli
anni successivi, a proporsi con credibilit sufficiente presso gli esperti del
settore, pur mantenendo, anche se in tono minore, la sua disorganicit .
Il merito di questa evoluzione va indubbiamente ai professori di
psicologia Amos Tversky e Daniel Kahneman, i quali nel 1979 presentano
sulla rivista Econometrica un articolo che, per le idee innovative,
l accuratezza sperimentale e l interpretazione comportamentale degli
esperimenti proposti nonchØ di alcuni atteggiamenti reali , Ł destinato,
negli anni, a far cambiare opinione circa la validit del modello
interpretativo neoclassico, fondato sui concetti di razionalit e
massimizzazione
1
.
Questo articolo fondamentale Ł il punto di partenza necessario dell analisi
della finanza comportamentale . In esso, passando per l esposizione del
paradosso di Allais, si sviluppa l analisi critica della teoria dell utilit attesa
e degli assiomi su cui essa si fonda
2
. In aggiunta, tramite l esame di altri
fenomeni di difficile interpretazione secondo la teoria dell utilit attesa, si
1
D. KAHNEMAN e A. TVERSKY, Prospect Theory: an analysis of decision under risk ,
Econometrica, 47 (1979), pp. 263-291.
2
Gli assiomi di von Neumann-Morgenstern e la teoria dell utilit attesa sono brevemente esposti
nel primo capitolo.
8
perviene alla formulazione di una nuova teoria descrittiva, e non piø
normativa. Essa ha l obiettivo dichiarato di fornire una descrizione piø
accurata ed aderente alla realt dei comportamenti che gli individui
manifestano in circostanze rischiose. Tversky e Kahneman chiamano questa
nuova teoria prospect theory.
La caratteristica piø interessante della prospect theory, che influenzer tutti
gli studi successivi, Ł l idea secondo la quale gli individui strutturano
mentalmente le diverse possibilit che si presentano loro (editing fase). In
altri termini, ogni individuo percepisce la realt che lo circonda tramite un
filtro psicologico, o meglio una struttura interpretativa che non si pone
affatto in condizioni di razionalit assoluta e diffusa. Il meccanismo cardine
di tale strutturazione Ł l attivit di percezione , intesa come attivit
psicofisica, che si realizza tramite la rilevazione di variazioni di livello
rispetto ad un punto di riferimento (reference point), piuttosto che tramite
l assimilazione di livelli assoluti raggiunti dalle variabili da percepire .
Al di l degli aspetti prettamente matematici della prospect theory, che
comunque vengono analizzati nel secondo capitolo, essa conduce ad un
risultato interessante proprio dal punto di vista della spiegazione del
comportamento degli agenti in situazioni di rischio. Si osserva, infatti, come
9
la percezione, in tali condizioni, non sia neutrale in quanto le perdite sono
valutate, dagli individui, come piø consistenti rispetto ai guadagni di
medesimo valore assoluto (loss aversion). Tale concetto diventer un
elemento portante di tutta la finanza comportamentale .
L importanza di questo lavoro viene immediatamente alla luce se si
considera la qualit degli articoli pubblicati successivamente da vari Autori
su questi argomenti, anche in una prospettiva critica. Infatti, partendo dalle
intuizioni di Kahneman e Tversky, Ł fiorita tutta una serie di studi di
economisti, psicologi e matematici, volta a testare l attendibilit
dell approccio comportamentale nel contesto reale, e dove non si riscontra
un dogmatico rispetto per la prospect theory. Al contrario, in piø di una
circostanza essa viene modificata o affiancata da teorie nuove o da
semplici considerazioni, sempre nell intento di perfezionare l analisi e la
possibile spiegazione del fenomeno oggetto dello studio.
Alcuni di questi lavori, che si incentrano sullo studio delle manifestazioni
empiriche contrarie alle predizioni della teoria dell utilit attesa, ed in senso
lato dell economia neoclassica, vengono analizzati nel capitolo terzo. Per
motivi ovvi, non si Ł potuto fornire una rappresentazione esaustiva di tutti
gli studi comportamentali compiuti in questi anni, nØ tanto meno si Ł
10
ritenuto opportuno dare una esposizione completa di ogni lavoro presentato.
Si Ł quindi reso necessario operare una scelta, sia in termini quantitativi, che
qualitativi, utilizzando come criterio la significativit maggiore dello studio
esaminato sia dal punto di vista descrittivo che esplicativo. Inoltre, se il filo
conduttore di questi studi Ł, come affermato in precedenza, l approccio
comportamentale ai problemi sia economici che finanziari, non di meno in
ogni lavoro si riscontra quella disorganicit fisiologica di cui si accennava
in precedenza. Tuttavia, in questa sede, se ne Ł voluta offrire una visione
maggiormente unitaria, sia richiamando le basi matematiche della prospect
theory, sia utilizzando le sue idee portanti come modello interpretativo
sottostante a ciascuna analisi. Per tale motivo, come fonti di spiegazione dei
diversi fenomeni devianti dalla teoria neoclassica, si ritrovano le idee
basilari del loss aversion e della editing fase. Ci nonostante, tale base
interpretativa verr spesso integrata, ed a volte sostituita, dai concetti o
teorie comportamentali che i diversi Autori hanno ritenuto opportuno
utilizzare come formula esplicativa, complementare alla prospect theory.
Dati i successi interpretativi riscontrati in numerosi studi, negli anni piø
recenti lo spirito critico verso l approccio razionale alla teoria economica,
da parte degli psicologi , Ł divenuto piø forte. Nel 1997, abbandonando i
11
tentativi di riportare in un alveo comunque razionale i problemi
decisionali e, piø in generale, la stessa visione economica, Daniel
Kahneman riprende il concetto di utilit introdotto da Jeremy Bentham nel
1823 (hedonic utility). L utilit edonica , cui fa riferimento il filosofo e
giurista inglese, si riferisce alla caratteristica piacevole di un esperienza
soggettiva e comporta la formulazione del ben noto principio utilitarista
della ricerca della maggiore felicit . Questa nozione soggettiva di utilit
viene ridefinita, gradualmente, durante tutto il diciannovesimo secolo, per
venire, infine, abbandonata definitivamente dal movimento positivista, a
causa della presunta mancanza di misurabilit di una qualsiasi esperienza
soggettiva e pertanto anche della sua utilit . Quindi, sul finire
dell ottocento sotto l influsso di tale movimento, i teorici economici
definiscono l utilit in termini di scelte osservabili, o preferenze rilevate
(approccio oggettivo ), partendo dal presupposto che ogni individuo
sappia, con precisione, che cosa sia ottimo . Su tale impostazione si verr
in seguito a fondare la moderna teoria del consumatore.
Nel capitolo quarto, si Ł tentato di esporre in modo conciso, ma si spera
esaustivo, i risultati delle ricerche complesse svolte da Kahneman, insieme
ai suoi collaboratori. Infatti, partendo da tali considerazioni, Kahneman si
12
propone di sviluppare una visione propriamente psicologica della teoria
delle decisioni fondata sulla osservabilit e misurabilit dell esperienza
soggettiva (Kahneman utilizza l espressione experienced utility). Inoltre,
egli tenta di definire ed analizzare svariati comportamenti non
massimizzanti nell ambito delle scelte effettuate dagli individui. Ci in
quanto si era gi dimostrato precedentemente come i soggetti possono non
scegliere le opzioni ritenute migliori dalla teoria delle decisioni
tradizionale , e di conseguenza possano assumere decisioni
apparentemente non razionali . Questo avverrebbe come se essi non
conoscessero, o non sapessero predire correttamente, i propri gusti futuri.
Tale difficolt viene spiegata con la considerazione degli effetti
dell adattamento ad una situazione non ottima, e con la separazione delle
conseguenze che derivano dallo stato di transizione verso una determinata
situazione non ottima, da quelle che derivano dallo stato dell essere nella
medesima situazione. Inoltre, si avanza l ipotesi che gli individui, in realt ,
non presentano un proprio ordine di preferenze ben articolato, ma, piuttosto,
che tali preferenze sembrano essere costruite durante il loro processo di
deduzione, piuttosto che semplicemente rivelate .
13
Nonostante i progressi compiuti dall approccio psicologico , allo stato
attuale della ricerca economica, non esiste una teoria psicologica
dell economia. Tuttavia, si pu affermare che si Ł in presenza di due
modelli per la spiegazione del comportamento umano, economicamente
(e finanziariamente) rilevante. L uno razionale e l altro psicologico .
Entrambi sono sommariamente illustrati nel paragrafo finale del quarto
capitolo, nel quale vengono esposte brevemente le principali critiche mosse
a ciascun modello . Come si potr facilmente osservare le divergenze di
opinioni tra le due visioni della scienza economica sono numerose e spesso
rilevanti. Tanto rilevanti da far dubitare, almeno per il breve termine, in una
loro mediazione verso un approccio interpretativo convergente. Infatti,
molto probabilmente il metodo piø adatto per affrontare i problemi
economico-finanziari derivanti dall agire umano dovrebbe consistere
nell affiancare ed integrare entrambi gli approcci. Sarebbe senz altro un
tentativo utile per dare una plausibile risposta all eterna domanda di come si
evolva e/o si stabilizzi il comportamento individuale e di gruppo degli esseri
umani, anche perchØ quando si Ł attuata tale collaborazione i risultati, in
termini di originalit ed innovazione, non sono mancati.
14
CAPITOLO 1
UTILIT E TEORIA DELLE DECISIONI
1. 1 IL CONCETTO DI RAZIONALIT
Il concetto di razionalit Ł usato nell’analisi economica in tre differenti
accezioni: come ipotesi descrittiva di un comportamento, come concetto
normativo , e come ispirazione , nel senso di comportamento
organizzativo desiderabile, o a cui si dovrebbe tendere
3
.
In ogni caso, il concetto di razionalit viene essenzialmente associato ad una
scelta. Tralasciando altre considerazioni, infatti, l assunto di base Ł che in
ogni circostanza vi sia un insieme di possibilit (opportunity set), tra varie
alternative, nell ambito delle quali, appunto, deve essere effettuata una
scelta. Il significato piø pregnante di razionalit risulta, quindi, identificarsi
3
Rational Foundation of Economic Behaviour , K. Arrow, E. Colombatto, M. Perlman e C.
Schmidt editori, 1996, pp. 379.
15
con una condizione di coerenza (consistency) tra scelte assunte con
riferimento ad insiemi differenti di alternative.
¨ interessante distinguere, poi, due tipi di razionalit riscontrabili in un
individuo: la razionalit delle azioni e la razionalit della conoscenza
4
.
La prima riguarda la possibilit che le scelte alternative possano essere
ordinate secondo una preferenza, in base ad un ordine indipendente dai vari
insiemi di possibilit che di volta in volta si presentano all individuo
5
. La
scelta Ł inerente all insieme delle azioni, mentre l ordine nelle preferenze
riguarda le conseguenze. In condizioni d incertezza un azione comporta il
verificarsi di una particolare conseguenza appartenente ad una serie di
conseguenze ex ante note nella loro sostanza, ma incerte nel loro verificarsi.
La scelta si realizza, pertanto, nello stabilire non solo le preferenze circa le
conseguenze, ma anche la relazione che intercorre tra le azioni e le
conseguenze stesse. Ci implica, necessariamente, la formulazione di un
giudizio.
4
Rational Foundation of Economic Behaviour , K. Arrow, E. Colombatto, M. Perlman e C.
Schmidt editori, 1996, pp. 379.
5
Questa possibilit , in caso di condizioni d incertezza, comporta l ulteriore distinzione tra azioni e
conseguenze.
16
L espressione di un giudizio rappresenta quindi il momento finale della
razionalit delle azioni. In tale momento si inserisce la seconda tipologia di
razionalit : la razionalit della conoscenza. Essa Ł tesa all uso migliore
delle informazioni disponibili per formare tali giudizi. Questo uso ha il suo
piø chiaro significato quando tale conoscenza Ł rappresentata dalle
probabilit . Infatti, nel momento applicativo la razionalit della
conoscenza vuol dire utilizzare le leggi della probabilit condizionata, nel
momento in cui queste ultime rappresentano le uniche informazioni
disponibili.
¨ intuitivo che questa individuazione e specificazione del concetto di
razionalit sia il risultato di un lungo processo di sviluppo, portato avanti da
studiosi di tutti i campi della conoscenza, e che fin dall’inizio, seppur in
modo latente, ha interessato anche la scienza economica. Sebbene, infatti,
gli economisti classici (Adam Smith, David Ricardo, John Stuart Mill)
abbiano quasi totalmente confinato la razionalit nell asserzione che il
capitale e il lavoro defluissero da usi e settori a basso ritorno di valore,
verso quelli ad alto ritorno, poco piø di un secolo dopo (negli anni 70 del
diciannovesimo secolo), Leon Walras sviluppa una coerente teoria
(micro)economica basata sulla razionalit degli individui economici,
17
introducendo il concetto di massimizzazione dell utilit sotto vincolo di
bilancio, come spiegazione della domanda (teoria dell utilit marginale). ¨
interessante notare, tuttavia, come si osserver di seguito, che tale concetto
ha fatto la sua comparsa ben prima che Walras lo utilizzasse nella sua teoria
della domanda.
1. 2 IL PARADOSSO DI SAN PIETROBURGO
Nel diciassettesimo secolo, durante lo sviluppo della moderna teoria delle
probabilit , matematici come Blaise Pascal e Pierre de Fermat enunciano il
principio secondo il quale l attrattiva di una scommessa L che offre
( ,..., )xx
n1
risultati possibili (determinazioni), con associate probabilit
( ,..., )pp
n1
, tali che p
i
i
n
=
∑
=
1
1
6
, Ł data dal suo valore atteso, definito come:
EL x p
ii
i
n
()=⋅
=
∑
1
.
6
Ossia la somma delle probabilit associate al generico evento aleatorio L deve essere unitaria. Si
noti che L individuer un evento aleatorio sia ora che nel corso di questo capitolo; tuttavia, se tutte
le determinazioni di un tale evento sono costituite da importi monetari, si parler di lotteria o
gioco .
18
Tuttavia, il fatto che gli individui considerino nel momento di scegliere se
partecipare ad una scommessa qualcosa di diverso dal suo valore atteso,
viene illustrato efficacemente da un famoso esempio noto come il
paradosso di San Pietroburgo.
Si supponga che venga offerta ad uno scommettitore la possibilit di
partecipare ad un gioco che consiste nel lanciare una moneta, non truccata,
ripetutamente finchØ per la prima volta esca testa . Il gioco termina non
appena esca la testa della moneta ed allo scommettitore viene pagata una
somma di denaro che dipende dal numero dei lanci che egli ha dovuto
effettuare per vincere. Quindi si paga al giocatore 1 lira
7
se tale evento
( testa ) accade al primo lancio, 2 lire, se accade al secondo lancio, 4 lire,
se accade al terzo lancio, e cos di seguito con una progressione che
determina ad ogni lancio il raddoppio della vincita. Ci si pone, allora, il
quesito di quale somma di denaro certa ()zL un soggetto razionale dovrebbe
ritenere equivalente ad L (in altre parole quale cifra sarebbe disposto a
pagare per poter prendere parte alla scommessa appena descritta).
Calcolando il valore atteso della scommessa, si ottiene:
7
Il valore della somma di denaro non Ł rilevante.
19
EL
n
n
n
( ) .... ....=
⋅+
⋅+
⋅+=
⋅ =+++=∞
=
∞
−
∑
1
2
1
1
4
2
1
8
4
1
2
2
1
2
1
2
1
2
1
1
.
Dunque, identificando il valore atteso con il certo equivalente
8
nasce il
paradosso: infatti, prendere parte alla scommessa Ł la scelta sicuramente
preferita di fronte a qualsiasi somma di denaro. In altri termini, un soggetto
che possegga il diritto alla vincita di San Pietroburgo dovrebbe rifiutare di
venderlo anche di fronte ad una offerta astronomica (ad esempio 10 miliardi
di lire) in quanto, come si Ł appena dimostrato, il suo valore atteso risulta
essere infinito. D altronde, questo comportamento non Ł mai stato tenuto da
nessun giocatore avveduto .
La soluzione di tale paradosso viene offerta nel 1738 da Daniel Bernoulli
9
il
quale propone che, ai fini della soluzione del gioco, la vincita non venga
presa in considerazione solo per il suo importo monetario, ma piuttosto
secondo una funzione di tale importo che sia adatta ad esprimere il valore
morale che lo scommettitore (o un qualsiasi altro individuo) attribuisce
alla vincita. Egli parla di felicitazione morale , che Ł quella ritenuta
8
Il certo equivalente Ł l importo certo che viene ritenuto dal decisore indifferente alla scommessa;
la sua deduzione matematica verr fornita nel quarto paragrafo di questo capitolo.
9
D. BERNOULLI, Specimen theoriae novae de mensura sortis in Commentarii Academiae
Scientiarum Imperiales Petropolitanae, 5, pp. 175-192 (Tradotto da Somer L. in Econometrica, 22
1954, pp. 23-36). La soluzione Ł stata proposta indipendentemente anche da Gabriel Cramer.