5
collante e rendendo visibile, trasparente, la propria attività sui diversi mercati »
(Corvi E., 2000).
Ciò premesso, con il presente lavoro si è intenso focalizzare l’attenzione
sul flusso di comunicazioni indirizzato al sistema finanziario, inteso quale
sovra-sistema rilevante in virtù sia della criticità della risorsa da esso
acquisibile, sia dell’influenza che esercita in relazione ai vincoli e alle regole
proiettate sul sistema impresa
2
. Tale tipo di comunicazione viene comunemente
definita “economico-finanziaria” ed è stata impropriamente identificata, sia con
l’informativa societaria, sia con quella relativa ai prodotti finanziari offerti.
Tale modo di operare, tuttavia, rischia di confondere l’informazione con la
comunicazione, la dimensione economica con quella finanziaria, mentre si
tratta di concetti che vanno opportunamente tenuti distinti
3
.
Mentre la comunicazione relativa ai prodotti finanziari è solo di tipo
commerciale, forti restano i fraintendimenti tra il concetto di comunicazione
economico-finanziaria e quello di informativa (o informazione) societaria la
quale, invece, si riferisce al complesso delle informazioni che le società, non
necessariamente quotate sui mercati finanziari, devono fornire a terzi
4
.
Nell’ambito dell’informativa societaria si definisce informazione finanziaria
«quella parte che si esprime attraverso prospetti di carattere economico-
finanziario e che trova in diverse forme di bilanci e di rendiconti la sua
espressione più tipica»
5
. La dottrina, tuttavia, effettua un’ulteriore distinzione
tra informazione statistica, cioè tradotta in dato quantitativo e informazione
2
Cfr. GOLINELLI G., L’approccio sistemico al governo dell’impresa. L’impresa sistema
vitale, Cedam, Padova, 2000, pag. 203.
3
Cfr. BERTINETTI G.,Comunicazione finanziaria aziendale e teoria della finanza, EGEA,
Milano, 1996, pag. 27.
4
Cfr. ALVINO F., La comunicazione economico-finanziaria d’impresa sul mercato dei
capitali, Giappichelli, Torino, 2001, pag. 5 e analogamente «l’informativa societaria ha
carattere esclusivamente obbligatorio, per cui si configura come il “concetto più vasto,
onnicomprensivo di tutti gli obblighi di informazione”», MARASCO V., L’informazione
finanziaria delle società. Bilanci – Prospetti informativi – Relazioni infrannuali – Controlli
CONSOB – Certificazione, Ipsoa Informatica, Milano, 1988, pag. 17.
5
Cfr. MARASCO V., op. cit., 1988, pag. 18.
6
economica, la quale dovrebbe invece consistere nell’interpretazione del dato al
fine di poter giungere all’assunzione di scelte consapevoli
6
.
La comunicazione economico-finanziaria, invece, in un’accezione
estremamente lata può essere intesa quale complesso delle comunicazioni
effettuate, obbligatoriamente e volontariamente, attraverso qualsiasi canale di
diffusione dalla direzione aziendale alle varie classi di interesse in essa
convergenti sull’evoluzione dell’assetto reddituale, finanziario e patrimoniale
dell’impresa
7
. Tuttavia, al fine di sistematizzare la terminologia è opportuno
richiamare la distinzione tra informazione e comunicazione. La comunicazione
è un concetto più ampio di quello di informazione. Essa non riguarda solo la
trasmissione di dati standardizzati, quanto la trasmissioni di «valori», ossia di
fatti, cifre e valutazioni ad un altro soggetto al fine di provocare un
cambiamento. Per tale motivo, è necessario che il concetto di informativa
societaria sia esclusivamente riferito agli obblighi imposti alle società dalla
sola normativa in essere.
Data tale premessa, poiché la forma societaria è solo una delle possibili
forme giuridico-organizzative per lo svolgimento dell’attività aziendale,
«l’informazione societaria è null’altro che l’informazione economica riferita ad
una particolare fattispecie d’azienda»
8
. L’informazione finanziaria s’inserisce
all’interno di quella economica, ricordando che è propriamente finanziario tutto
ciò che concerne i flussi di risorse monetarie generati e/o assorbiti dallo
svolgimento dell’attività. Pertanto, è vero che tutti gli accadimenti di gestione
producono effetti di natura finanziaria, ma i due termini non sono
assolutamente sinonimi. In tale logica «l’informazione finanziaria è costituita
dall’insieme delle informazioni obbligatorie che le imprese sono tenute a
6
Cfr. BIANCHI T., Intervento alla Tavola Rotonda Oscar di Bilancio 1993, Milano, 7 febbraio
1994, pubblicato in AA.VV., Per una credibile informazione societaria ovvero: l’etica
dell’informazione aziendale, Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa,
Quaderno n.124, 1994, pag. 6.
7
Cfr. CORVI E., op. cit., 2000, pag. 55, e analogamente ALVINO F., op. cit., 2001, pag. 5, e
GOLFETTO F., Comunicazione e comportamenti comunicativi. Una questione di coerenza per
l’impresa, EGEA, Milano, 1993, pag. 119.
8
Cfr. BERTINETTI G., op. cit., 1996, pag. 31.
7
trasmettere sul mercato dei capitali per effetto di disposizioni normative o in
conseguenza di regolamenti emanati dagli organismi incaricati di
sovrintendere il corretto funzionamento del mercato stesso» (Bertinetti G.,
1996).
Il riferimento che oggi continua a farsi all’informativa societaria in luogo
della comunicazione economico-finanziaria prende le mosse dall’origine degli
obblighi di informazione. Questi ultimi sono stati favoriti dallo sviluppo
dell’attività industriale e commerciale il quale ha imposto il progressivo
passaggio dall’impresa individuale alle società di capitali, capaci di reperire
risorse, finanziare e non, maggiormente adeguate alle esigenze dell’azienda
moderna. In tale tipo di società è più pressante l’esigenza di far conoscere la
situazione patrimoniale, finanziaria e l’andamento economico, sia ai creditori
(finanziari e commerciali), sia agli azionisti di minoranza. Una semplice
raccolta di numeri, però, non costituisce in sè informazione economica;
affinché questo sia possibile è necessario che gli obblighi normativi puntino a
dare evidenza dell’equilibrio o del disequilibrio dell’azienda e delle sue
prospettive. Tuttavia, alla luce delle precedenti considerazioni in merito ai
concetti di informazione e comunicazione, quella economica e quella
finanziaria sono comprese nell’ambito della più ampia categoria della
comunicazione economico-finanziaria, che a sua volta è scindibile in
comunicazione economica e comunicazione finanziaria:
1) la comunicazione economica può essere intesa come la trasmissione di
informazioni sull’evoluzione dell’assetto reddituale, finanziario e
patrimoniale dell’impresa a tutti gli interlocutori sociali
9
, definizione
analoga a quella da molti usata per indicare la comunicazione
economico-finanziaria
10
;
2) la comunicazione finanziaria, invece, si riferisce ad ogni tipo di
informazione, rivolto all’esterno, suscettibile di influenzare in modo
diretto il prezzo delle azioni, e più in generale di aggiornare le
9
Cfr. BERTINETTI G., op. cit., 1996, pag. 27
10
Vedi nota 7.
8
conoscenze disponibili in ordine alle caratteristiche attuali e
prospettiche dei titoli emessi dalle società.
Tale ultimo tipo di comunicazione è divenuto importante in virtù della
sostituzione, nella raccolta delle risorse finanziarie, del rapporto bilaterale
(azienda-creditore) caratteristico del prestito bancario o del collocamento delle
azioni presso un socio-capitalista partecipe alla gestione, con un rapporto
pubblico ed anonimo fondato su titoli cartolari che possono circolare da una
mano all’altra. Mentre nel primo tipo di rapporto l’informazione è diretta, nel
secondo è indispensabile un flusso di comunicazioni tempestivo al mercato
11
.
Tenendo presente tale distinzione, il concetto di comunicazione
economico-finanziaria più condiviso dalla dottrina è quello che la considera
come il complesso delle comunicazioni rilasciate obbligatoriamente o
volontariamente dalla direzione aziendale, relative ai profili reddituale,
patrimoniale e finanziario, finalizzate a soddisfare le esigenze conoscitive
degli stakeholder. Nel suo ambito è possibile distinguere, quindi, tre tipi di
contenuti: i risultati ottenuti, i piani e le strategie aziendali, le operazioni
straordinarie e le valutazioni. La comunicazione economico-finanziaria non si
limita, pertanto, a spiegare solo le cause dell’andamento economico passato,
ma cerca di fornire tutti gli indizi utili a comprendere la futura evoluzione
dell’impresa.
Adottando tale definizione bisogna considerare la posizione di chi
definisce in senso più lato l’informativa societaria come «il complesso delle
comunicazioni effettuate attraverso qualsiasi canale di diffusione dagli organi
di una società per azioni (o da chi può esercitare un influsso rilevante sulle
scelte di gestione di tali società) alle varie classi di interesse in essa
convergenti (siano destinate alla totalità oppure solo ad una parte di essa) ed
aventi ad oggetto singole operazioni di gestione oppure tutte le operazioni
poste in essere in un determinato periodo »
12
.
11
Cfr. GUATRI L., VICARI S., Sistemi d’impresa e capitalismi a confronto, EGEA, Milano,
1995, pagg. 293-294.
12
Cfr. BELCREDI M., Economia dell’informazione societaria, Utet, Torino, 1993, pag. 7.
9
Tale autorevole definizione, essendo affine a quella di comunicazione
economico-finanziaria, chiude il circolo favorendo il superamento di questioni
terminologiche e consentendo un eventuale uso alternativo dei due concetti. In
particolare nel presente lavoro, dopo aver definito il “perché” di tale
comunicazione al sistema finanziario, si analizzeranno i suoi due principali
caratteri: la trasparenza e la riservatezza delle informazioni, nell’intento di
comprendere se prevale l’interesse del sistema finanziario alla trasparenza o
quello dell’impresa al riserbo, oppure se esiste un punto di equilibrio tra tali
contrapposte esigenze.
10
CAPITOLO I
IL SISTEMA FINANZIARIO E I FABBISOGNI INFORMATIVI
1.1. Il concetto di sistema finanziario
I processi tipici dell’economia reale, ossia gli scambi commerciali, gli
investimenti e la produzione, sono strettamente connessi allo svolgimento di
attività di natura finanziaria. Le attività economiche, infatti, generano
contemporaneamente flussi reali economici (costi e ricavi) e flussi di natura
monetaria e finanziaria, il governo dei quali è rilevante in virtù della necessità
di garantire costantemente, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo,
l’equilibrio tra gli impieghi di risorse e le fonti finanziarie.
Tuttavia, i soggetti dell’economia si trovano in condizioni di «diversità di
posizioni»: alcuni dispongono di un “surplus” di risorse finanziarie rispetto al
fabbisogno per investimenti e consumi, altri hanno un deficit (tipicamente le
imprese) che deriva dall’opportunità di effettuare investimenti reali di valore
superiore rispetto all’autofinanziamento o dal desiderio di anticipare i consumi,
che possono colmare soltanto procurandosi risorse esterne tramite contratti di
finanziamento. Poiché tale condizione di diversità di posizioni comporta una
dissociazione risparmio-investimento, il processo di produzione di ricchezza
può svolgersi in maniera equilibrata soltanto se i flussi finanziari possono
essere trasferiti in condizioni efficienti dai soggetti in surplus a quelli in deficit.
«Il trasferimento degli stessi avviene mediante contratti che rappresentano per
il datore di fondi (il creditore) una forma di investimento finanziario, e per il
prenditore (debitore) un modo per raccogliere risorse aggiuntive rispetto alle
proprie autonome capacità di risparmio»
1
. Tale particolare categoria di
contratti avente ad oggetto diritti e prestazioni di natura finanziaria prende il
nome di “strumenti finanziari” (Sf).
I contratti possono essere stipulati attraverso due modalità: il circuito
diretto, in particolare il mercato di borsa, in cui la transazione è negoziata
direttamente tra il risparmiatore e il prenditore, e il circuito indiretto in cui,
1
Cfr. FORESTIERI G., MOTTURA P., Il sistema finanziario, EGEA, Milano, 2002, pagg.4-5.
11
invece, per il trasferimento dei flussi finanziari ci si avvale di intermediari per
lo più bancari ai quali sono delegate varie funzioni in merito alla transazione.
Grafico 1.1 Lo schema semplificato del sistema finanziario
Unità
in deficit
Mercati
finanziari
Sf
Sf Sf
Intermediari
finanziari
Unità
in surplus
Circuito
diretto
Circuito indiretto
Fonte: FORESTIERI G., MOTTURA P., 2002.
I mercati finanziari, che possono essere definiti spazi economici
specializzati in cui si negoziano transazioni finanziarie, e le imprese, intese sia
come intermediari la cui attività si basa principalmente sulla produzione e
negoziazione di tali transazioni, sia come fornitori di servizi connessi a tali
attività (si pensi ad esempio alle società di rating), rappresentano le prime due
componenti di una struttura idonea a svolgere la funzione di trasferimento dei
flussi finanziari.
Data la natura di questa funzione è necessario che essa sia
svolta in un contesto di vincoli e regole, e che ne sia garantita l’applicazione.
La terza componente della struttura è rappresentata, quindi, dalle Autorità di
vigilanza.
Tali componenti sono tutte tese a realizzare un adattamento reciproco
proficuo tra le condizioni d’uso e le condizioni di impiego del risparmio per lo
12
svolgimento dell’impresa, in modo da realizzare un processo allocativo
efficiente delle risorse. Tale tensione porta all’emersione del sistema
finanziario, inteso quale insieme relazionato di mercati, imprese e istituzioni,
orientato al fine del trasferimento delle risorse finanziarie dai risparmiatori ai
prenditori
2
.
Il sistema finanziario svolge, però, oltre alla funzione allocativa, altre due
funzioni fondamentali: l’offerta di strumenti di regolamento degli scambi e la
gestione dei rischi. Tuttavia, nell’ottica dell’approccio sistemico, risulta
prioritaria la funzione di trasferimento delle risorse dalle unità in surplus alle
unità in deficit, ed è questa la funzione alla quale faremo riferimento nel
prosieguo del lavoro.
1.1.1. Il concetto di sistema finanziario in chiave vitale
Il sistema finanziario ha come finalità quella di realizzare il processo
allocativo in condizioni di efficienza incrementando le proprie probabilità di
sopravvivenza. Identificando la “vitalità” quale finalità sistemica, il sistema
finanziario può essere visto come sistema vitale caratterizzato dalla presenza di
un’area del decidere e di un’area dell’agire. Occorre considerare, però, che il
processo di trasferimento delle risorse finanziarie avviene in un contesto di
vincoli e regole stabiliti dalle Autorità di vigilanza avvalendosi, nella pratica,
dell’operato di imprese e mercati: in buona sostanza si riproduce nel sistema
finanziario la dicotomia governo-gestione, tipica dell’impresa. Estrapolando,
quindi, dall’area del decidere un sottoinsieme di decisioni caratterizzanti
l’azione di governo, residua l’insieme delle decisioni gestionali. L’insieme
residuato delle decisioni di gestione sommato all’area delle operazioni
identifica la struttura operativa. La struttura operativa coincide con l’area
2
Cfr. GOLINELLI G.M., L’approccio sistemico al governo dell’impresa. La dinamica
evolutiva del sistema impresa tra economia e finanza, Cedam, Padova, 2000, pag. 101.
Analogamente, gli studiosi di economia degli intermediari finanziari rilevano l’emersione del
sistema dalla struttura quando lo stesso viene qualificato come un organismo di livello
superiore risultante dall’aggregazione di entità più semplici quali sono i mercati finanziari e gli
intermediari. A tal proposito, si veda FORESTIERI G., MOTTURA P., Il sistema finanziario,
EGEA, Milano, 1998, pagg. 19-20.
13
dell’agire contenendo tanto le residue decisioni gestionali, quanto il momento
operativo vero e proprio, mentre un organo di governo è preposto
all’elaborazione delle regole necessarie a garantire il corretto svolgimento
dell’attività.
Per quanto concerne quest’ultimo, bisogna inevitabilmente considerare il
processo di integrazione dei mercati e degli intermediari finanziari avvenuto
negli ultimi anni, il quale aumentando il grado di competitività ha anche
accresciuto il rischio di instabilità finanziaria, minando la sopravvivenza del
sistema stesso. Infatti, l’aumento della liquidità internazionale, favorito da tale
processo, ha consentito un’allocazione delle risorse più efficiente, ma è anche
foriera di speculazioni e di turbolenze finanziarie. Le Autorità nazionali non
possono gestire tale rischio di instabilità finanziaria in maniera isolata, pertanto
s’impone l’esigenza di un’azione di governo a livello mondiale. In quest’ottica
i Ministri delle Finanze e i Governatori delle Banche Centrali del G7 hanno
istituito il “Financial Stability Forum” al fine di valutare gli elementi di
potenziale vulnerabilità del sistema finanziario globale. Si può dire, però, che
un vero e proprio organo di governo a livello mondiale non sia ancora sorto,
mentre configurandosi il sistema finanziario come sistema complesso, al suo
interno si possono identificare sub-sistemi a livello di comunità di Stati e di
singoli Stati, che si qualificano a loro volta come sistemi vitali caratterizzati da
un organo di governo e da una struttura operativa.
Questo è il caso dell’Unione Europea nella quale è possibile individuare:
l’esistenza di un sistema vitale finanziario a livello di comunità di Stati
(sistema di ordine L, sub-sistema di quello mondiale) e di un sistema a livello
di singoli Stati partecipanti all’Unione (sub-sistema di ordine L-1).
L’organo di governo a livello europeo è rappresentato dalla BCE e dal
Sistema Europeo delle Banche Centrali Nazionali dei Paesi aderenti
all’Unione. Con l’avvio della Terza Fase dell’Unione economica e monetaria, è
stata trasferita alla BCE e al Sistema Europeo delle Banche Centrali la
conduzione della politica monetaria. In pratica, i Paesi partecipanti hanno
rinunciato alla sovranità monetaria trasferendola a istituzioni sovranazionali,
14
restando competenti solo per la realizzazione nel singolo Paese di quanto
deciso a livello comunitario. Si realizza, così, una bipartizione delle funzioni:
le decisioni in materia di politica monetaria sono accentrate nella BCE, la
gestione operativa è affidata alle Banche Centrali Nazionali. L’art.313 del
Trattato legittima l’intervento della comunità se, e nella misura in cui, gli
obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati
dagli Stati membri in coerenza con il principio della sussidiarietà. Tra l’organo
di governo e la struttura operativa c’è, però, un processo di raccordo poiché i
Governatori delle Banche Centrali Nazionali siedono nel Consiglio direttivo
della BCE il quale ha competenze in merito alla definizione degli indirizzi
della politica monetaria e delle direttive per l’implementazione e la
supervisione dell’attuazione degli stessi.
A livello di sistema finanziario di ordine L-1, con riferimento al caso
italiano, l’organo di governo è piuttosto complesso poiché è costituito da
quattro istituzioni: la Banca d’Italia, la Consob, l’ISVAP e la COVIP.
La Banca d’Italia, oltre alle funzioni di emissione e controllo della
moneta legale, come parte del SEBC concorre a definire gli indirizzi di politica
monetaria e ad attuarli in base al principio di sussidiarietà. Come organo di
vigilanza, invece, determina le condizioni di stabilità e di efficienza del sistema
finanziario, mentre in qualità di organo di tutela della concorrenza sorveglia la
condotta delle istituzioni finanziarie al fine di individuare situazioni e
comportamenti effettivamente o solo potenzialmente lesivi della concorrenza.
La Consob (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) è stata
istituita con la legge 216/1974 e svolge un’attività orientata prevalentemente
alla tutela degli investitori e al miglioramento e all’efficienza del sistema
finanziario. I suoi poteri di intervento riguardano sostanzialmente la
sollecitazione all’investimento, gli obblighi di trasparenza degli emittenti gli
strumenti finanziari quotati, i mercati regolamentati e i soggetti che li
gestiscono.
L’ISVAP, esercita funzioni di vigilanza sulle imprese di assicurazioni,
svolge attività di analisi e ricerca, nonché di tutela della concorrenza.
15
La COVIP, invece, vigila sui fondi pensione e svolge attività di analisi e
ricerca ai fini della previsione dell’andamento futuro delle attività
previdenziali.
Tali attività di vigilanza e controllo si rendono necessarie soprattutto per
la forte concorrenza tra i mercati, accentuata dall’adozione del modello
privatistico e dal riconoscimento dell’attività degli intermediari finanziari,
bancari e non, come attività d’impresa. A causa di ciò sono stati abbandonati i
tradizionali strumenti di vigilanza strutturale, orientandosi verso strumenti di
controllo non discrezionali. La vigilanza oggi non è più esercitata, infatti, in un
mercato amministrato, in cui prevalgono le logiche dell’“arresto” mediante
controlli strutturali utilizzati come barriere all’entrata, ma nell’ambito di un
mercato regolato e aperto a tutti gli operatori comunitari ed extra-comunitari.
L’Autorità in questo caso promuove e controlla la corretta dinamica del
mercato, lasciando ampia autonomia agli intermediari nelle scelte
organizzative.
Per quanto concerne, invece, la struttura operativa del sistema vitale
finanziario, essa è composta da mercati e intermediari. I mercati finanziari si
possono distinguere in due categorie: diretti e organizzati.
I mercati diretti sono quelli in cui il prenditore e il datore negoziano
direttamente il trasferimento delle risorse definendo le condizioni d’impiego
più opportune per entrambe le parti. Si parla in questo caso di prestiti diretti i
quali presentano notevoli difficoltà nel conciliare le contrapposte esigenze di
investitori e risparmiatori.
I mercati organizzati, invece, sono quelli in cui si negoziano
impersonalmente e secondo regole prefissate degli strumenti standardizzati, la
cui negoziazione in grandi quantità dà luogo alla formazione di prezzi ufficiali.
In questo secondo tipo di mercati assumono un ruolo importante gli
intermediari finanziari i quali si rendono controparte diretta dei prenditori e dei
datori di fondi facilitando la conciliazione delle loro esigenze. Può accadere,
infatti, che il prenditore di fondi abbia preferenze di durata e di rimborso che
collidono con quelle del datore di fondi il quale, invece, può presentare diverse
16
esigenze di liquidità. La presenza degli intermediari consente ai prenditori di
emettere attività finanziarie con le caratteristiche da essi preferite, saranno poi
essi ad assumere in bilancio tale posizione e ad emettere attività finanziarie con
caratteristiche appetibili dalle unità in surplus. L’intermediario finanziario, in
tal modo, opera una trasformazione delle caratteristiche delle attività
finanziarie, tipicamente delle scadenze, ma soprattutto dei rischi, poiché i
datori di fondi non sempre sono disposti ad investire direttamente in strumenti
emessi dalle unità in deficit, ma preferiscono avere come controparte diretta
l’intermediario stesso.
I mercati organizzati possono distinguersi in relazione a vari fattori, ad
esempio:
- in base al tipo di strumento negoziato si distinguono il mercato primario e il
mercato secondario. Nel mercato primario si effettuano scambi in sede di
emissione dell’attività finanziaria tra emittente e primo investitore. Nel mercato
secondario, invece, si effettuano negoziazioni aventi ad oggetto attività già in
circolazione. Il funzionamento del mercato secondario è importante giacché
consente agli investitori di poter ridefinire la loro posizione in ogni momento,
mediante la negoziazione non solo di nuove attività, ma anche di quelle già sul
mercato. Inoltre il mercato secondario esprime prezzi più significativi del
mercato primario perché questi riguardano tutti i titoli in circolazione;
- in base alla durata dell’attività finanziaria è possibile distinguere tra mercato
monetario e mercato dei capitali. Nel mercato monetario si negoziano le attività
finanziarie a breve (meno di 18 mesi), mentre nel mercato dei capitali si
negoziano attività finanziarie a medio- lungo termine (più di 18 mesi). Si tratta
di mercati, comunque, relativi sia ad azioni, sia ad obbligazioni;
- in base alla natura istituzionale si distinguono in regolamentati e non; pubblici
e privati. I mercati regolamentati si caratterizzano per la presenza di una
regolamentazione specifica che definisce i requisiti fondamentali per
l’organizzazione e il funzionamento del mercato. I mercati non regolamentati
(definiti anche OTC: “over the counter”), invece, derivano la loro ragione
d’essere dalla presenza di attività finanziarie caratterizzate da un elevato grado
17
di personalizzazione in quanto predisposte di volta in volta in virtù delle
specifiche esigenze dei contraenti. Data la specificità dell’attività è difficile
inserirla in uno schema predefinito. La seconda distinzione si riferisce, invece,
all’assetto proprietario del mercato: il mercato pubblico nasce per istituzione da
parte delle pubbliche autorità e rientra nella proprietà pubblica, mentre il
mercato privato è un’organizzazione del tipo mercato- impresa che opera
secondo una logica di economicità in concorrenza con altri mercati
3
.
Per quanto concerne l’altra componente della struttura operativa del
sistema finanziario, le imprese, la loro attività comprende tipicamente due aree:
- l’attività di intermediazione, cioè di trasferimento fondi dalle unità in
surplus a quelle in deficit;
- l’offerta di servizi connessi con la produzione e la negoziazione di
attività finanziarie.
Gli intermediari finanziari si possono suddividere in:
- intermediari creditizi, la cui attività è caratterizzata dalla funzione
creditizia dal lato dell’attivo e da un passivo fondato su impegni di
rimborso a valore nominale. Nell’ambito degli intermediari creditizi si
distinguono le banche per il fatto di emettere tipologie di debito a vista
accettate come mezzi di pagamento;
- intermediari mobiliari: imprese che svolgono attività di gestione,
negoziazione e consulenza concentrata su valori mobiliari;
- compagnie di assicurazione preposte alla gestione dei rischi puri.
Nella seconda area rientrano le imprese che non svolgono attività di
intermediazione finanziaria vera e propria, ma attività orientate ad agevolare la
produzione, la trasformazione e la negoziazione di attività finanziarie. Sono
soprattutto le società di rating, di consulenza, di revisione, le quali
fondamentalmente producono come risultato flussi informativi tesi alla
riduzione delle asimmetrie tipiche dello scambio di risorse. Non bisogna
3
Queste sono le principali classificazioni dei mercati organizzati; ne esistono altre che esulano,
però, dal presente lavoro poiché si riferiscono alle strutture e alle tecniche di negoziazione
degli strumenti su tali mercati. Si pensi ad esempio alla distinzione tra “mercati ad asta” e
mercati con “market making”.
18
dimenticare, comunque, che tali attività possono essere esercitate anche dagli
intermediari veri e propri come supporto alla loro attività istituzionale.
1.2. L’efficienza del mercato
La capacità del sistema finanziario di conseguire la finalità della
sopravvivenza e, quindi, di prevenzione dell’instabilità, dipende soprattutto
dall’efficienza delle sue componenti strutturali, e in particolare dei mercati
organizzati. Come alcuni studiosi hanno affermato, l’efficienza dei mercati
organizzati e la stabilità del sistema rappresentano il meccanismo migliore per
garantire una corretta allocazione delle risorse.
Con riferimento ai mercati organizzati il concetto di efficienza assume tre
contenuti:
- efficienza allocativa: le risorse finanziarie disponibili devono essere
distribuite tra le unità richiedenti secondo un ordine di priorità basato sul
trade-off rischio/rendimento che caratterizza il singolo progetto di
investimento. «Affinché l’allocazione delle risorse si possa dire
efficiente, è necessario che la produttività marginale del capitale sia la
medesima per tutte le forme di impiego selezionate in modo che non vi
sia spazio per procedere a una sua riallocazione; un’eventuale azione
redistributiva non sarebbe in grado di apportare un beneficio
incrementale»
4
;
- efficienza operativa: essa si identifica a livello microeconomico con il
concetto di efficienza tecnica, a livello macro con l’efficienza funzionale.
La prima esprime la necessità degli operatori, tipicamente gli
intermediari, di razionalizzare la struttura al fine di minimizzare gli oneri
di transazione posti a carico della collettività per le funzioni da essi
svolte.
A livello di mercato l’efficienza tecnica si identifica con il
concetto di funzionalità inteso, invece, quale insieme di
condizioni/azioni, che attraverso la concentrazione e l’organizzazione
4
Cfr. FORESTIERI G., MOTTURA P., op. cit., 2002, pag. 204.
19
degli scambi, agevolano l’incontro tra la domanda e l’offerta, e di riflesso
producono benefici sulla significatività dei prezzi;
- efficienza informativa: un mercato si dice efficiente sotto il profilo
informativo quando si raggiunge un livello di trasparenza delle
informazioni disponibili che si riflette sui prezzi in modo da consentire
l’assunzione di decisioni razionali e ottimizzanti.
Sul concetto di efficienza informativa dei mercati mobiliari si sono
sviluppati molti contributi e dibattiti. Tra i più importanti ricordiamo quelli di
Fama, Stiglitz e Schredelseker.
1.2.1. L’efficienza informativa di Fama
L’ipotesi del mercato efficiente dal punto di vista informativo è stato
elaborato basandosi sullo studio delle modalità di formazione dei prezzi su un
mercato mobiliare.
Per Fama l’efficienza del mercato si deve intendere come la capacità dei
prezzi che in esso si formano di esprimere, sempre e pienamente,
l’informazione disponibile
5
. Poiché le scelte di investimento sono prese ex-ante
rispetto al momento di produzione dei rendimenti sugli investimenti sottostanti,
gli unici elementi su cui fondarsi sono le aspettative di rischio sopportato e di
rendimento offerto dagli stessi investimenti. Tali aspettative, naturalmente,
dipendono dalle informazioni disponibili. In condizioni di equilibrio il prezzo
dei titoli sul mercato riflette pienamente l’informativa, in modo che il
rendimento atteso da ogni investimento sia congruo con il suo profilo di
rischio. Un mercato in cui si verifica costantemente tale condizione è un
“mercato efficiente”: il prezzo incorpora tutte le informazioni, rappresentando
quindi, l’unica informazione che interessa all’investitore per assumere le sue
decisioni.
Fama distingue tre livelli di efficienza informativa:
- efficienza debole;
5
Tale concetto di mercato efficiente è stato originariamente elaborato in FAMA E.F., Random
Walks in Stock Market Prices, in Financial Analysts Journal, September-October, 1965.