INTRODUZIONE
VII
Ogni istituto deve interrogarsi e “ripensarsi” per trovare un
posizionamento all’interno della nuova costellazione dei rapporti di
business, deve mirare alla creazione del valore, implementando i
nuovi modelli comportamentali per l’eccellenza.
Quello della ricerca del valore è un principio guida che rimane
valido anche e sopratutto nell’economia della rete; esso, sovente,
assume i toni dell’ovvio, anche se da più di un ventennio ormai è
principe del dibattito accademico economico aziendale, nonchè
dell’operato di tutti i professionisti dell’impresa.
Le regole dell’azione sono nuove, il fine resta invariato: la ricerca di
un vantaggio competitivo sostenibile rimane, anche oggi, la vera
fonte di valore.
Occorre però ricordare quanto i contesti micro e macroeconomici
influenzino l’operato dell’attività d’impresa.
Infatti, non è possibile indagare i concetti di valore e decisoni
aziendali in tema di valore senza contestualizzarli in uno scenario
globale.
Il presente lavoro viene alla luce in un periodo di recessione
economica, di spaventosa distruzione di valore, da molti attribuita
ad eventi esogeni come i clamorosi default di alcune grandi
corporations statunitensi (Enron,Worldcom, Global Crossing,ecc.), le
crisi dei mercati finanziari sudamericani (crack argentino), la guerra
in Iraq, l’epidemia di polmonite atipica.
INTRODUZIONE
VIII
A mio avviso però occorre guardare più lontano: è nella
dissoluzione della “bolla” dell’euforia di Internet che, una
concomitanza di cause, ha portato alla perdita di uno dei beni piu
preziosi per l’economia e, in special modo, per la finanza, la fiducia
nel mercato, quel mercato la cui missione primaria è riconoscere il
valore, favorirne lo scambio e porre le premesse per la nuova
creazione.
Tab.I: La distruzione di valore nel mercato americano
indice NASDAQ 100 (1998/2003)
Fonte: www.finance.yahoo.com
Si sono persi punti di riferimento fondamentali: le manovre di
politica economica non sortiscono l’effetto teorizzato ed i mercati del
debito e dell’equity mostrano una correlazione che va contro i più
semplici principi della teoria della finanza.
INTRODUZIONE
IX
I Governi e le istituzioni sovranazionali sono impegnati sul fronte
della guerra al rischio deflazione, che si pone come ostacolo al
riportare l’economia al livello di crescita potenziale, e delle riforme
necessarie alla ripresa.
Per di più, non si contano le società che scelgono di uscire dal
mercato e il deprezzamento del tasso di cambio €/$ pone un freno
alle esportazioni, che spesso hanno dato respiro ad un sistema
economico abituato a profondi periodi di crisi.
In una tale situazione, ogni singola impresa che voglia continuare a
ricercare l’eccellenza ed a preservare il proprio valore, per
perseguire il fine ultimo di sviluppo e, di conseguenza, perdurare
nell’interesse di tutti gli stakeholders, deve considerarsi ad un punto
di svolta, affrontare con spirito proattivo un Turnaround, per meglio
cogliere le opportunità ad evitare le insiedie di un’arena competitiva
instancabilmente dinamica e selettiva.
In un’ottica domestica la situazione non è certamente migliore:
alcune tra le più importanti realtà imprenditoriali dell’economia
italiana, nell’ultimo triennio, hanno vissuto un progressivo
deterioramento dei risultati economico finanziari. Fiat, ad esempio,
ha raggiunto livelli record di perdite fino ad essere inclusa nel
novero dei “car giants” di cui un’autorevole voce come l’Economist
1
preannuncia l’”estinzione”.
Personalmente, mi piace tracciare un parallelismo tra l’ondata
massiccia di corporate restructuring degli anni ’80, quella che ha
1
“ The Economist” 14 giugno 2003
INTRODUZIONE
X
stimolato le prime organiche riflessioni di teorici e di professionisti
sull’eccellenza e sul valore, e quella di cui si avverte l’esigenza nel
mercato odierno.
A mio avviso, per superare le resistenze al cambiamento, occorre
ripensare alla teoria di creazione del valore, alle regole della finanza
e del management con spirito critico, volto alla ricerca di quelle
condizioni per cui si possa ritrovare fiducia nel mercato, in un
mercato globale che riconosce, diffonde e favorisce il valore.
Il percorso si articola in quattro parti principali, la prima è volta a
fornire un quadro generico sul settore dell’auto e delle aziende che
compongono il settore, con un’attenta analisi storica a partire dal
periodo Fordista.
La seconda parte introduce il fenomeno di crisi e di ristrutturazione
aziendale, affrontando concetti come il piano di ristrutturazione, sia
industriale che finanziario, e soffermandosi sul tema del Turnaround,
termine che richiama le operazioni di risanamento da un punto di
vista economico e finanziario, nonché sul ripensamento strategico
dell’impresa.
In un terzo momento vengono affrontati i concetti definiti nel
secondo capitolo, con un approccio pratico rappresentato dai
maggiori casi aziendali di settore, utili per una valutazione più
professionale del piano di rilancio Fiat, cuore della trattazione, in
tutti i suoi aspetti.
“NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA”
1
Capitolo I
NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA
1.1 Origini e caratteristiche del Fordismo
L’industria automobilistica è inizialmente stata utilizzata come
modello per l’espansione economica e per il progresso tecnologico
fondato sulla produzione di massa, intesa come creazione di beni
standardizzati su enormi volumi tramite macchinari altamente
specifici e manodopera non specializzata. Questo sistema sarebbe
stato definito in seguito come “Fordismo”, dal suo padre fondatore
Henry Ford.
Ma dai primi anni ‘70 del Novecento, importanti cambiamenti nei
mercati e innovazioni tecnologiche hanno a loro volta trasformato le
condizioni competitive internazionali inducendo i produttori di ogni
Paese a sperimentare nuove strategie, basate su ampia diversità di
prodotto e più flessibili metodi di produzione. Questi cambiamenti
posero nuove sfide a lungo termine ovviamente non solo per le
imprese ma anche per i loro lavoratori.
La produzione di massa di automobili sviluppata da Henry Ford
durante gli anni antecedenti la Prima Guerra Mondiale si basava su
tre principi di base:
1) standardizzazione del prodotto;
“NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA”
2
2) utilizzo di macchinari ad output specifico;
3) eliminazione della manodopera specializzata.
Ford andò a colmare quella enorme domanda latente di mezzi di
trasporto affidabili e a basso costo localizzata geograficamente nel
Midwest americano, caratterizzato da piccole città e da grandi e
isolate fattorie. Il modello T, dal design semplice, facile da riparare e
lanciato sul mercato ad un prezzo inferiore rispetto ai suoi
competitori è stato venduto in volumi impensabili fino ad allora: da
6,000 unità nel 1908 ad un totale di 189,000 unità nel 1913 balzando a
802,000 nel 1917 fino ad arrivare nel 1926 alla cifra record di 15
milioni di veicoli venduti.
La Ford T veniva proposta in un unico modello standard e soltanto
di colore nero. L’elevata standardizzazione dell’auto e dei suoi
componenti erano pensati per facilitare la riparazione ai clienti
situati in zone lontane dalle officine ma ancor più per permettere
una notevole riduzione dei costi ottenuta tramite l’utilizzo in fase di
produzione di macchinari ad output altamente specifico e di
manodopera non specializzata. Ford aveva elaborato la tradizione
del “sistema americano di produzione”, sviluppato dalle macchine
tessili, dai macchinari agricoli e dalle biciclette arrivando fino alla
produzione in grandi volumi di parti intercambiabili. Il suo gruppo
di ingegneri aveva semplificato il più possibile ogni componente
fruendo di nuovi materiali come ad esempio l’acciaio pressato,
aveva inoltre sistemato i macchinari nel nuovo stabilimento di
Highland Park in modo tale che il flusso dei materiali usati seguisse
“NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA”
3
quello della sequenza delle operazioni e inoltre la squadra di
ingegneri aveva disegnato nuovi particolari pezzi e macchinari
cosicchè fosse assicurata una piena intercambiabilità.
Questi sistemi semplificati potevano essere comandati da operai non
specializzati, anche non in possesso di esperienze precedenti
nell’industria; Ford operava in modo da ridurre i requisiti specifici
per l’assemblaggio dei veicoli attraverso la divisione dei compiti. In
seguito alla rapida ascesa del numero di veicoli venduti, ogni
innovazione rendeva a sua volta necessaria l’incremento
dell’efficienza, in una costante ricerca della perfezione produttiva,
che portò alla più famosa ideazione di Ford: l’introduzione della
catena di montaggio flessibile (Moving Assembly Line) nel 1913.
La rapida crescita della Ford e le ultime innovazioni in tema di
produzione causarono nuovi problemi di gestione della
manodopera. Operai specializzati progressivamente venivano
trasferiti a nuovi servizi “indiretti” come Produzione di Strumenti e
Manutenzione, andando a convogliare nel gruppo dei supervisori,
ispettori, impiegati e ingegneri con il compito amministrare la
produzione di massa. Dal 1909 al 1913 la forza lavoro salì da 1548 a
13667 unità, di cui una parte cospicua era rappresentata da
immigrati del Sud ed Est europeo, molti dei quali non parlavano
inglese. I livelli di turnover raggiunsero nel 1913 il 370% con tassi di
assenteismo del 10% al giorno provocando enormi difficoltà nella
pianificazione della produzione. Fu in questo contesto che Ford
inaugurò il famoso “Five-dollar day”, un programma di condivisione
“NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA”
4
dei profitti d’azienda ideato per stabilizzare, da integrare in maniera
congiunta ad altre misure come il Dipartimento Sociologico.
Dalla Prima Guerra Mondiale, Ford ha sintetizzato le sue
innovazioni nel design del prodotto, produzione e gestione della
manodopera in una coerente strategia competitiva la cui
implementazione risultò universale. La standardizzazione di
prodotto portò a economie di scala che ebbero come effetto la
riduzione drastica dei costi unitari, che permisero ovviamente
riduzione dei prezzi espandendo il mercato e conducendo ancora ad
ulteriori economie di scala.
L’enorme stabilimento di River Rouge, edificato alla fine della Prima
Guerra Mondiale, ricopriva l’intera catena produttiva, dalla
produzione di acciaio all’assemblaggio finale. Questo stabilimento,
dotato di proprie ferrovie, propri sbarchi per le navi merci e
generatori di energia, era la rappresentazione tangibile della
strategia universale di Ford. All’incredibile successo del modello T,
seguì una market share del 55% nel mercato americano del 1921, e le
prospettive della Ford intesa come azienda parevano senza limiti. Il
Fordismo andava a delineare lo standard internazionale della
produzione moderna.
“NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA”
5
1.2 Evoluzione del Fordismo e sue implementazioni all’estero
Il successo della Ford nel mercato americano andava analizzato per
le sue caratteristiche di enorme misura, vaste distanze, gusti
omogenei e paritaria distribuzione di redditi; peculiarità differenti
da altri mercati, specie quello britannico.
Il mercato inglese negli anni Venti era molto più piccolo e dominato
da veicoli di categoria lussuosa, quindi una strategia basata su
competizione dei prezzi ed economie di scala sarebbe stata
decisamente meno efficiente. Ma nei tardi anni Venti il mercato
inglese cominciava a sentire la necessità di una produzione su larga
scala. I dirigenti Ford a Detroit si rifiutarono di concedere ai
managers locali di sviluppare un modello specifico per il mercato
UK fino al 1928 e cercarono di imporre le pratiche americane di
dealer esclusivisti Ford, alte retribuzioni giornaliere e bassi livelli di
specializzazione di manodopera; caratteristiche abbastanza lontane
dalla tradizione locale. Anche quando il management locale assunse
autonomia, l’influenza di Detroit rimase forte: lo stabilimento Ford
di Dagenham, inaugurato nel 1932, era una versione ridotta di
quello di River Rouge, ritenuto troppo grande per il mercato
britannico fino agli anni 50.
I produttori inglesi attuavano una strategia più pragmatica basando
la competizione su nuovi modelli e design, oltre che sul prezzo e
indirizzandosi verso più alti volumi di produzione. I Metodi di
produzione erano meno rigidi e meno capital-insive, paragonati a
quelli Ford, con grande specializzazione nella forza lavoro,
“NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA”
6
utilizzavano macchinari più flessibili e adattabili e si servivavano di
più lavoro manuale in sede di assemblaggio. Rispetto alla Ford, i
produttori UK si affidavano, per motivare la forza lavoro, anche agli
schemi di incentivazione degli operai piuttosto che alla ferrea
supervisione; questo distintivo complesso di prodotto, produzione e
strategie di gestione della manodopera restarono caratteristica
peculiare dell’industria automobilistica britannica fino alla sua crisi
degli anni Sessanta/Settanta.
Anche nel resto dell’Europa il mercato dell’automobile divergeva
dalla struttura di quello americano ma l’atteggiamento dei
produttori non era molto differente.
Imprenditori di successo, sia italiani come Giovanni Agnelli, sia
francesi come Louis Renault e Andrè Citroen, erano affascinati dai
metodi di Ford sul piano tecnologico e cercarono di imporli sul
mercato. Ingegneri e managers da ognuna di queste compagnie
visitarono gli Stati Uniti in molte occasioni e ogni volta tornavano
determinati ad emulare il modello Fordista su scala più ambiziosa.
Negli anni Venti e Trenta vennero cosruiti nuovi stabilimenti
seguendo prima il modello di Highland Park e poi di River Rouge;
diversi macchinari erano importati dagli Stati Uniti, le linee di
prodotto vennero drasticamente semplificate e vennero compiuti
grandi sforzi al fine di razionalizzare la produzione secondo le linee
guida americane attraverso l’introduzione della catena di
montaggio. L’inclinazione dei produttori europei verso il modello
Fordista creò però alcune difficoltà sia nella gestione della
produzione che nelle politiche di marketing.
“NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA”
7
Il repentino cambiamento verso la produzione di massa trovò
impreparati molti managers che non furono in grado di elaborare
adatti sistemi di controllo dei costi, di gestione della manodopera, di
supervisione e di controllo qualità cosicchè le esigenze del
consumatore spesso non erano recepite dagli ingegneri.
La ridotta dimensione e la più vasta differenziazione del mercato
italiano e di quello francese crearono oltretutto ostacoli
all’applicazione delle strategie Fordiste di marketing, ed
inoltre i progetti molto ambiziosi di espansione come quelli di
Berliet e Citroen svanirono quando la domanda crollò nel 1921 e agli
inzi degli anni Trenta.
Tutti i produttori principali furono obbligati ad ampliare la linea di
prodotti e la gamma di modelli così da mantenere quantomeno
stabile la quota di vendite e, così come in Inghilterra,
l’organizzazione di produzione restò meno rigida e meno
automatizzata che negli Stati Uniti. Infine nessun produttore
europeo osò applicare in pieno le strategie Fordiste per la gestione
della forza lavoro, evitando alte retribuzioni giornaliere in favore di
una retribuzione effettiva sui pezzi prodotti così da velocizzare la
produzione e stimolare la flessibiltà del lavoratore, caratteristiche
utilizzate come mezzi di incremento della produzione e di
aggiustamento alle fluttuazioni della domanda.
Malgrado questi limiti pratici alla piena applicazione del Fordismo
in Europa durante il periodo tra le due Guerre, i principali
produttori italiani e francesi continuavano a vedere la teoria
Fordista come ideale strategia di produzione, da essere
implementata fino agli ovvi limiti del mercato locale.
“NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA”
8
Alcune aziende più piccole, come Alfa Romeo in Italia e Mercedes-
Benz in Germania attuarono, con diversi livelli di successo, una
strategia alternativa basata sulla specializzazione in auto di lusso ad
alte prestazioni prodotte con altri metodi artigianali. Intorno
all’avvento della Seconda Guerra Mondiale le case automobilistiche
Fiat, Renault, Peugeot e Citroen stavano sperimentando piccole
vetture utilitarie volte a creare un nuovo mercato di massa, così
come stava operando Volkswagen Werke in Germania sotto la
personale spinta di Adolf Hitler, altro grande ammiratore di Ford.
“NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA”
9
1.3 Primi segni di crisi del Fordismo
Così come i produttori europei operavano contro i limiti dei mercati
locali, nel tentativo di emulare i principi Fordisti, così il mercato
americano stava cambiando tanto da rendere necessari parziali
modifiche operative. Infatti gli anni Venti, negli Stati Uniti, videro
una crescente saturazione del mercato delle utilitarie; un principio
di crisi conclamata, evidenziata da un crollo nell’acquisto di
automobili nuove e il crescente diffondersi del mercato dell’usato e
una cresita rallentata della domanda complessiva.
Con questi mutamenti in atto non era più sufficiente fare leva
unicamente sul prezzo, e General Motors fu in grado di penetrare il
“mercato di massa” proponendo un prezzo lievemente più alto del
suo concorrente Ford, ma offrendo veicoli più comfortevoli e dal
design più moderno. Alla GM, per assicurarsi una buona fetta di
mercato, Alfred P. Sloan stabilì di produrre auto per ogni esigenza;
ideò così quattro autonome divisioni, ognuna posizionata in una
propria fascia di prezzo. Inoltre GM si serviva di campagne
pubblicitarie e variazioni annuali ai modelli per stimolare la
domanda e distanziare i suoi rivali. Per evitare che i cambiamenti
dei modelli appesantissero la produzione, per reagire positivamente
alle fluttuazioni della domanda e per aumentare le economie di
scala, i dirigenti GM elaborarono nuovi modelli di previsione della
domanda, aumentarono la proporzione di componenti acquistati da
fornitori e iniziarono ad utilizzire parti intercambiabili tra le
divisioni. Riguardo alla produzione specifica, GM si discostò dalle
“NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA”
10
tipiche pratiche Fordiste introducendo strumenti “semi-
specializzati”, cioè in grado di essere adattati a nuovi modelli
cambiando ingranaggi e apportando poche variazioni. Aumentarono
quindi la presenza lavoratori volti alla progettazione e
implementazione di queste variazioni.
Si cercò ulteriore flessibilità attraverso pause stagionali per i
lavoratori e l’utilizzo di pagamenti a “pezzo prodotto” e sistemi di
incentivazione a bonus, piuttosto che alte retribuzioni fisse
giornaliere.
Le innovazioni, di prodotto e di strategia di produzione, di GM
misero presto a rischio la presa di Ford sul mercato americano. Il
modello T di Ford divenne presto obsoleto malgrado vari
cambiamenti introdotti durante gli anni e le vendite crollarono
vertiginosamente dopo il 1924 malgrado diversi tagli di prezzo. Dal
1927 Ford dovette ammettere la crsi e iniziò a lavorare su un nuovo
modello per rendere nuovamente l’azienda competitiva. L’estrema
specializzazione della produzione del modello T rese il
cambiamento decisamente costoso e lungo: tutti i macchinari
esistenti furono dismessi e la fabbrica restò chiusa per circa un anno,
rendendo facile l’ingresso nel mercato per nuovi competitors come
Chrysler. Malgrado un iniziale boom delle vendite, il nuovo modello
A, anche dopo alcune modifiche, non ha mai dominato il mercato
come il modello T; così dopo il 1932 la Ford fu obbligata ad
introdurre un modello nuovo, il V-8. Questi fallimenti di prodotto
resero necessario un ritrarsi da alcuni aspetti tipici Fordisti legati al
processo produttivo: le linee di assemblaggio divennero più corte e i
“NASCITA E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA”
11
macchinari meno specializzati; l’integrazione verticale fu ridotta per
guadagnare flessibilità; i salari furono ridotti per compensare la
riduzione dei profitti. Il Fordismo venne ampiamente modificato per
far fronte ai cambiamenti di mercato e alle innovazioni di GM.
Ma il trionfo di quello che verrà chiamato “Sloanismo” (dal nome del
suo ideatore, Sloan) si rivelò ambiguo nella pratica. Durante la
depressione degli anni Trenta, GM ridusse il numero delle divisioni
e aumentò l’intercambiabilità dei componenti tra i modelli per
assicurarsi più grandi economie di scala in un mercato che si stava
contraendo. Nel periodo del dopoguerra, caratterizzato da crescita
nulla della domanda, dove si ampliava lo spazio per oligopoli
fondati sulle politiche di prezzo, la strategia Sloanista di “un
modello per ogni mercato” degenerò in un’altra basata
maggiormente sullo stile/design e sulle politiche di marketing.
Una volta perfezionati il motore V-8 e il cambio automatico a tre
marce agli inizi degli anni Cinquanta, le grandi compagnie
americane abbandonarono lo sviluppo di innovazioni e cancellarono
investimenti nella ricerca che non dessero risultati rapidi. In venti
anni l’unica importante innovazione tecnologica avvenne nel campo
dell’aria condizionata.