5
basato sulle singole transazioni, illustrando i principali contributi teorici a
tal riguardo.
In questa sede mi proporrò, inoltre, di fornire una rassegna di modelli
cross sectional e longitudinali di sviluppo delle relazioni, utili a definire,
infine, un ciclo di vita della relazione stessa ed i driver la cui attivazione ne
determina lo sviluppo.
Il secondo capitolo si soffermerà sulle conseguenze di un approccio
relazionale al marketing management ha a livello competitivo e di valore
d’impresa, illustrando i motivi che rendono le risorse relazionali
dell’impresa un asset strategico su cui poter fondare un vantaggio
competitivo durevole, e quindi in grado di generare un valore superiore per
l’impresa stessa.
Il terzo capitolo si focalizzerà sugli strumenti utili all’impresa per la
gestione delle relazioni con il proprio portafoglio clienti, consistenti in
processi, strumenti e tecnologie di CRM, e proporrà un modello di
implementazione di un progetto di CRM.
Infine, nell’ultimo capitolo si applicheranno le tecniche di CRM,
precedentemente menzionate, al caso concreto del business dei lubrificanti
di Shell Italia, con la finalità di gestire al meglio le relazioni con i propri
clienti industry.
6
I
L’APPROCCIO
RELAZIONALE AL
MARKETING MANAGEMENT
7
Introduzione
All’inizio degli anni ottanta la disciplina di marketing passa da una
fase caratterizzata da una “normale” attività di ricerca ad una di pura
euforia. Il paradigma del marketing concept
1
, che aveva fino a quel
momento indirizzato gli studi di marketing negli anni sessanta e settanta,
viene sottoposto ad una critica serrata, causa scatenante dello sviluppo di
nuovi indirizzi di ricerca, nonché dell’elaborazione di nuovi paradigmi su
cui fondare le teorie di marketing.
Il classico paradigma del marketing concept viene attaccato su più
fronti ed in questo contesto turbolento emerge un complesso di teorie, per lo
più elaborate dalle scuole scandinave, che possono essere qualificate con il
termine marketing relazionale, che coglie l’essenza del loro contributo.
Il marketing relazionale nasce con l’obiettivo di gestire le relazioni
con i clienti per perseguire vantaggi competitivi sostenibili nel tempo,
fondando quindi la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa sulle relazioni
che la stessa intrattiene con gli stakeholder.
In questo capitolo illustrerò i limiti del classico paradigma di
marketing e come un approccio relazionale al marketing management è in
grado di superare questi limiti. Andrò, in seguito, ad analizzare l’aspetto
statico del paradigma del marketing relazionale, quello riguardante le
variabili che caratterizzano le relazioni, utilizzando alcuni modelli cross-
1
Il costrutto qui citato è stato definito da Day e Wensley nel 1953.
8
sectional. L’elemento dinamico dell’approccio relazionale al marketing
management, vale a dire lo sviluppo nel tempo della relazione, lo
rappresenterò tramite alcuni modelli longitudinali che presuppongono
l’esistenza di un ciclo di vita, che la relazione segue durante il suo sviluppo.
Infine mi soffermerò nel descrivere lo sviluppo della relazione lungo il
suo ciclo di vita ed i driver che l’impresa dovrà attivare con l’obiettivo di
determinare la customer loyalty del cliente.
9
1.I limiti del paradigma di marketing transazionale
I primi studi nell’ambito del marketing risalgono addirittura alla fine
degli anni venti, ma è soltanto a partire della seconda metà del secolo
scorso che questa disciplina ha sperimentato un significativo sviluppo.
L’oggetto del marketing viene definito in modo più preciso ed ampio
rispetto alle formulazioni originarie e la sua applicazione da parte delle
imprese trova ampia diffusione (Ferrero, 1992).
Un ruolo preminente nell’influenzare le ricerche e le applicazioni del
marketing è stato svolto dal paradigma tradizionale del marketing,
denominato “marketing concept” (Day e Wensley, 1953), la cui natura può
essere facilmente dedotta dalla definizione che Kotler dà del marketing
management:
“il marketing management consiste nell’analisi, nella pianificazione,
nella realizzazione e nel controllo di programmi volti all’effettuazione di
scambi desiderati con i mercati obiettivo allo scopo di realizzare obiettivi
aziendali. Esso mira soprattutto ad adeguare l’offerta dell’impresa ai
bisogni e ai desideri del mercato obiettivo ed all’uso efficace delle tecniche
di determinazione del prezzo, della comunicazione e della distribuzione per
informare, motivare e servire il mercato” (Kotler, 1976).
I concetti alla base di questo paradigma possono essere individuati nel
modello delle 4P e nell’orientamento al cliente. La premessa di fondo che
sottende alla disciplina del marketing, così come elaborata nelle sue
formulazioni primordiali, pone al centro dell’attenzione degli operatori le
singole transazioni poste in essere con la clientela. Il comportamento delle
parti coinvolte nello scambio viene valutato relativamente ad alcuni
parametri che caratterizzano la transazione stessa, che sono tipicamente
10
identificabili in termini di prodotto o prestazione e di prezzo. Tali parametri
vengono gestiti unilateralmente dal venditore, che rappresenta l’unico
soggetto attivo dello scambio. Ciò implica che il problema di marketing per
quest’ultimo si identifica, nella definizione della migliore combinazione dei
parametri dell’offerta, al fine di suscitare una risposta positiva nella
controparte (Varaldo e Stanton, 1987).
Il paradigma di marketing transazionale individua uno strumento
semplice ed immediato per la gestione dei parametri dell’offerta: il
marketing mix (Borden, 1964). Le caratteristiche precedentemente descritte
hanno favorito l’adozione di questo strumento da parte della generalità delle
imprese, evidenziandone al contempo alcuni rilevanti limiti. Scendendo più
nel dettaglio possiamo affermare che al marketing management viene
riconosciuta una autonomia funzionale che non rende possibile
l’individuazione e lo sviluppo delle sinergie derivanti da un orientamento
strategico maggiormente integrato. Questo approccio si caratterizza, inoltre,
per una scarsa attenzione al contesto internazionale e per un orientamento
adattivo nei confronti dell’ambiente. I cambiamenti strutturali che hanno
interessato, a partire dagli anni settanta, il contesto competitivo in cui le
imprese sono chiamate ad operare hanno reso i limiti dell’approccio di
marketing tradizionale maggiormente evidenti.
All’inizio degli anni ’80 a questo paradigma furono rivolte numerose
critiche, sulla base di alcune spinte al cambiamento che provenivano
principalmente da tre direzioni:
¾ Da una più ampia definizione dell’oggetto del marketing. Gli
studiosi puntavano all’ampliamento dei confini a cui riferire gli studi
11
di marketing
2
. Nel 1983 Hunt individuò addirittura quattro gruppi di
fenomeni che, a suo avviso, dovevano essere analizzati e spiegati dal
marketing : a) i comportamenti degli “acquirenti” diretti ad effettuare
gli scambi, b) i comportamenti dei “fornitori” diretti ad effettuare gli
scambi, c)la struttura delle istituzioni dirette ad effettuare o facilitare
gli scambi, d) le conseguenze sulla società dei comportamenti diretti
allo scambio dei soggetti sopra citati.
¾ Dallo sviluppo delle applicazioni del marketing a nuovi settori.
Durante gli anni ‘70 vi furono molti tentativi di tesi all’applicazione
dei modelli, tradizionalmente utilizzati con riferimento ai settori dei
beni di largo consumo, anche ai settori dei servizi e dei beni
industriali, ottenendo però scarso successo. Da qui gli studi di molti
autori finalizzati ad individuare le cause di questi insuccessi e
l’individuazione di nuove vie per le applicazioni del marketing in
questi contesti.
¾ Dalla crescente incapacità del marketing management di contribuire
efficacemente al successo competitivo delle imprese. A partire dagli
anni settanta, le imprese americane sperimentarono una crescente
perdita di competitività rispetto alle concorrenti giapponesi e alcuni
Autori attribuirono la causa di questo fenomeno alla tipologia di
orientamento strategico da queste assunto che conferiva importanza
crescente agli strumenti operativi individuati dal paradigma
tradizionale di marketing. L’attenzione posta esclusivamente sulla
definizione delle variabili che compongono il marketing mix si
traduceva in una limitata ricerca di vantaggi competitivi di lungo
2
Particolarmente rilevante è l’articolo pubblicato da Kotler e Levy nel 1969 in cui si evidenzia
come anche le associazioni senza fini di lucro pongano in essere delle vere e proprie azioni di
marketing. Kotler P., Levy S.J., 1969, “Broadening the Concept of Marketing”, in Journal of
Marketing.
12
periodo. Si evidenziava, quindi, l’incapacità di questo approccio di
favorire un orientamento delle imprese alla continua innovazione,
favorendo piuttosto la diffusione di prodotti imitativi, il cui successo
era principalmente determinato dagli elevati investimenti in
differenziazione e comunicazione attuati. Altri autori hanno anche
evidenziato come questo approccio di marketing, enfatizzando la
redditività di breve periodo, abbia favorito l’adozione, da parte delle
imprese, di un orientamento temporalmente limitato e meramente
adattivo nei confronti dell’ambiente di riferimento esterno
3
.
Un aspetto fondamentale sul quale si concentrò l’attenzione degli
autori che misero in discussione il marketing concept era il modello di
rapporti di scambio che esso assume a riferimento. Esso, infatti, rappresenta
un paradigma ideato in funzione del tipo di rapporti che si instaurano tra
venditore ed acquirente nei marcati dei beni di consumo di massa, perdendo
la sua validità in altre situazioni, come i settori dei beni industriali e dei
servizi. Oltre alla specificità settoriale, l’altro aspetto fondamentale su cui
facevano presa le critiche sul marketing concept era la longitudinalità dei
rapporti, vale a dire la ripetitività degli scambi.
Innanzitutto il marketing concept assume a riferimento una struttura
atomistica del mercato di sbocco, costellato da molti acquirenti anonimi,
facilmente sostituibili tra loro in quanto caratterizzati da aspettative simili
(o quanto meno aggregabili in segmenti omogenei). Questa condizione
strutturale si accompagna, inoltre, alla presenza di costi di transazione
4
3
Tra gli Autori che maggiormente hanno sostenuto questo filone di critica si possono ricordare:
Wind Y., Robertson T.S., 1983, “Marketing Strategy: New Directions for Theory and Research”,
in Journal of Marketing, vol. 47; Zeithaml C., Zeithaml V., 1984, “Environmental Mangement:
Revising the Marketing Perspective”, in Journal of Marketing, vol. 48.
4
Per costi di transazione si intendono i costi di utilizzo del mercato che tendono a crescere in
funzione del grado di incertezza e complessità dell’ambiente e della riduzione del numero dei
13
minimi, se non addirittura nulli, dovuti all’ elevata sostituibilità degli
acquirenti. In mercati con queste caratteristiche gli operatori sono portati a
porre in essere transazioni indipendenti con un numero elevato di
controparti, le relazioni collaborative stabili di lungo periodo costituiscono
un’eccezione (Hakansson, 1982).
Inoltre, come prima accennato, le transazioni sono considerate come
eventi isolati ed indipendenti, ignorando totalmente gli aspetti di relazione
del comportamento acquirente-venditore (Dwyer, Shurr e Oh, 1987).
Incentrando l’attenzione su transazioni isolate conduce a trascurare molti
fattori che assumono rilevante importanza nelle relazioni di scambio, quali
la prospettiva temporale del rapporto, i processi di negoziazione, i rapporti
di fedeltà e fiducia fra le parti e possibili forme di solidarietà e
coinvolgimento reciproco.
Un terzo elemento rilevante messo in risalto fu la natura unidirezionale
del modello di scambio assunto a riferimento. Il meccanismo “stimolo-
risposta” adottato dal marketing concept presuppone che sia solo il
venditore ad assumere un ruolo attivo nel processo di scambio, ovvero che
ponga in atto politiche intenzionalmente dirette a condizionare il
comportamento della controparte.
Infine venne evidenziato come il paradigma in questione assuma a
riferimento un rapporto di potere asimmetrico e sbilanciato tra le parti che
realizzano lo scambio. L’acquirente, singolarmente considerato e data la
scarsa rilevanza dei suoi acquisti sul totale del venditore, non dispone di
una forza contrattuale tale da consentire la negoziazione delle caratteristiche
del prodotto/servizio e delle condizioni contrattuali.
concorrenti in quanto queste condizioni aumentano la possibilità che i soggetti con cui si
sviluppano le transazioni assumano comportamenti opportunistici. Williamson O.E., 1981, “The
Economics of Organizations: The Transaction Cost Approach”, American Journal of Sociology.
14
Il dibattito che si è sviluppato tra gli studiosi sui limiti e le possibilità
di ampliamento degli ambiti applicativi del paradigma di marketing
tradizionale si è tradotto in due differenti approcci al problema. Il primo si è
concretizzato nel tentativo di superare i limiti individuati mediante la
modificazione e rielaborazione degli approcci già esistenti senza però
arrivare ad un vero e proprio superamento del marketing concept
5
. Il
secondo si è concretizzato nella formulazione di veri e propri approcci
alternativi e differenti per i diversi settori di possibile applicazione,
considerando il paradigma tradizionale inconciliabile con i cambiamenti in
atto (Arndt, 1983).
A questi due differenti orientamenti corrisponde, quindi, una diversa
classificazione dei nuovi approcci di marketing che, nel primo caso
vengono visti come evoluzione, in una logica di complementarietà, rispetto
al paradigma tradizionale; mentre nel secondo ne viene riconosciuta piena
autonomia. Questa distinzione è evidente con riferimento al marketing
relazionale: alcuni autori individuano una sostanziale compatibilità con gli
assunti base della teoria tradizionale, evidenziandone solo una parziale
revisione (Borg, 1991); mentre altri reputano questo approccio su posizioni
opposte ed inconciliabili con il marketing management (Arndt, 1985).
5
Particolarmente rilevante in questo senso è sicuramente la rielaborazione del marketing concept
effettuata da Kotler che ha portato alla definizione del modello di Megamarketing che aggiunge al
tradizionale marketing mix ulteriori due variabili: le pubbliche relazioni e la struttura di potere.
Kotler P., 1986, “Megamarketing”, Harvard Business Review.
15
2.L’approccio relazionale al marketing management
A seguito delle riflessioni che hanno interessato il paradigma
tradizionale di marketing, si sviluppa a partire dalla seconda metà degli anni
settanta un approccio innovativo, il relationship marketing. L’input è
riconducibile alle constatazioni, nella fase iniziale prevalentemente di
carattere empirico, sull’inadeguatezza del marketing concept ad essere
applicato efficacemente sia al settore dei servizi, che a quello dei beni
industriali.
Il marketing relazionale si sviluppa quindi, quasi
contemporaneamente, in questi due ambiti e si propone come obiettivo
“iniziare, negoziare e gestire le relazioni di scambio con gruppi chiave di
interesse al fine di perseguire vantaggi competitivi sostenibili in specifici
mercati, sulla base di accordi a lungo termine con clienti e fornitori”
(Hakansson, Wootz, 1979).
Secondo questa impostazione il marketing dovrebbe essere inteso
come management delle relazioni, dovrebbe essere cioè rivolto a creare,
mantenere e gestire un network di rapporti di lungo periodo. L’obiettivo di
sopravvivenza e crescita dell’impresa viene quindi perseguito, secondo
questo nuovo approccio, attingendo al così detto patrimonio relazionale
(Costabile, 2001). Elemento innovativo è la centralità e l’interattività dei
rapporti che si sviluppano tra le parti: entrambi gli attori coinvolti
ricoprono, infatti, un ruolo attivo nelle transazioni poste in essere. Il
modello di scambio preso a riferimento si caratterizza per la bidirezionalità
dei flussi che lo compongono, assumendo, in questo modo, caratteristiche di
maggiore complessità in quanto non riguarda più solamente beni, materiali
e non, e contropartite in denaro, ma anche informazioni e rapporti di natura
sociale. Ulteriore elemento distintivo è l’evoluzione dell’orizzonte
16
temporale di riferimento che in questo ambito si individua nel medio/lungo
periodo in quanto le relazioni richiedono tempo per essere analizzate,
costruite e mantenute.
In tutti i principali studi di marketing relazionale è stato evidenziato il
ruolo centrale svolto dalla fiducia, definita addirittura come il “fattore
cruciale per il passaggio da transazioni di mercato discrete a relazioni di
scambio continue” (Dwyer, Shurr e Oh, 1987). La fiducia è considerata da
molti autori un costrutto multidimensionale; Busacca e Castaldo (1996), ad
esempio, individuano tre dimensioni : la convinzione di affidabilità e le
percezioni in merito alle capacità ed elle motivazioni non opportunistiche
della controparte. In particolare, con riguardo alla dimensione
dell’affidabilità, quella cognitiva, l’opinione di molti studiosi converge nel
collegarne la misurabilità al confronto tra le aspettative di valore ed il
valore percepito (Raimondo, 2000).
Il costrutto mentale della fiducia può essere visto come antecedente ad
un altro costrutto fondamentale, anch’esso multidimensionale
6
ed evolutivo,
quello della fedeltà, in tutte le sue espressioni. I più importanti costrutti,
correlati alla fedeltà, messi in evidenza dagli studi di marketing relazionale,
caratterizzanti relazioni più stabili e longeve, sono il commitment e la
cooperazione.
Il commitment è stato definito come “desiderio duraturo di mantenere
una relazione importante” (Morgan e Hunt, 1994). Morgan e Hunt
considerano il commitment come antecedente alla fedeltà e ne individuano
le determinanti nella fiducia, nel grado di condivisione dei valori tra
impresa e cliente, il valore dei benefici che scaturiscono dalla relazione ed il
livello dei costi determinati da una sua interruzione. Sempre Morgan e Hunt
6
Alcuni studi hanno messo in evidenza la presenza di una componente comportamentale,
rilevabile nella ripetizione del comportamento d’acquisto, ed una mentale, riguardante la
convinzione del cliente rispetto la superiorità del fornitore selezionato (Busacca, 1990).
17
assegnano un ruolo centrale anche alla cooperazione, influenzata dalla
fiducia e dal commitment, e definita come la disponibilità ad operare per
raggiungere obiettivi comuni o individuali, ma con un do ut des sfasato nel
tempo.
L’insieme di questi costrutti costituisce il cuore dei modelli sul
marketing relazionale, che, nonostante affondi le sue radici in prevalenza
nei contributi della Scuola Nordica, trova le sue prime definizioni negli
studi di autori nordamericani quali Berry (1983) e Jackson (1985).
Il nuovo paradigma di marketing relazionale, caratterizzato da una
prospettiva dinamica ed interattiva della relazione con il cliente, si sviluppa
con particolare riferimento a due specifici ambiti di applicazione, che
tutt’oggi rimangono i settori in cui si sperimentano le più avanzate
evoluzioni di questo approccio: il settore dei servizi ed il mercato dei beni
industriali.
2.1.Il marketing relazionale nel settore dei servizi
Nella seconda metà degli anni settanta si assiste, soprattutto in
America, ad una forte crescita di interesse, sia da parte di ricercatori, che di
operatori di settore, per le possibilità applicative del marketing concept
anche al settore dei servizi. Questo fenomeno può essere, almeno in parte,
sicuramente spiegato dalla forte crescita che coinvolse il settore dei servizi
proprio in quegli anni. Emblematici in questo senso paiono i dati che si
riferiscono proprio alla realtà americana: quasi il novanta percento dei
nuovi posti di lavoro creati nel corso degli anni ottanta fanno riferimento al
settore dei servizi.
La nascita e lo sviluppo di un ambito di ricerca specifico per il
marketing dei servizi sono stati favoriti dall’impegno in questo campo
18
esercitato da tre istituzioni di primaria importanza: il Marketing Science
Institute (MSI), l’American Marketing Association (AMA) ed il Centre for
Service Marketing dell’Arizona State University (FICSM).
Il MSI istituì il primo gruppo di ricerca specifico sul marketing dei
servizi nel 1977, costituito non solo da accademici, ma anche da operatori
del settore, in modo da poter considerare le diverse prospettive di analisi.
L’AMA organizzò la prima conferenza sul marketing dei servizi nel 1981
ed a seguito di questo evento istituì un dipartimento interno, indipendente
dagli altri, per implementare gli studi in questo campo. Il FICSM si
focalizzò principalmente sulla formalizzazione, raccolta e riorganizzazione
delle numerose ricerche che in quegli anni venivano poste in essere e sulla
pubblicazione dei primi testi base in materia.
Il termine marketing relazionale venne usato per la prima volta, con
riferimento al settore dei servizi, nel 1983 da Berry: l’Autore lo definì come
“un approccio di marketing volto a cominciare, mantenere e migliorare le
relazioni con i clienti”(Berry, 1983). Il contributo di questo Autore va
valutato soprattutto con riferimento all’impegno esercitato nel tentativo di
costituire una vera e propria teoria di marketing relazionale, indipendente
dagli approcci precedenti.
Il marketing relazionale ha sperimentato un importante sviluppo
nell’ambito dei servizi. Questo è stato favorito dalla particolare dinamicità
ed attenzione alle soluzioni più innovative del settore dei servizi, in quanto
ambito di applicazione nuovo per il marketing. Inoltre, le caratteristiche
strutturali di questo settore rendono maggiormente evidenti i vantaggi che
questo approccio può comportare.
Le specificità dei quest’ambito si riferiscono particolarmente alle
caratteristiche del processo di erogazione/acquisto del servizio, alla
bidirezionalità dei flussi informativi ed all’interdipendenza dei
comportamenti degli operatori. Nella maggior parte dei casi il potenziale