III
l’indipendenza della Somalia (1960) che faceva campagna per
l’indipendenza di Djibouti, e la maggiore propensione degli Afar
al mantenimento della tutela francese, soluzione appoggiata
anche dall’Etiopia. La visita del presidente De Gaulle nell’agosto
1966 fornì lo spunto per grandi manifestazioni pro-somale. Nel
marzo 1967 fu indetto un referendum sul futuro del territorio. La
preparazione della consultazione fu turbata da incidenti e
violenze. Molti somali di fatto non votarono o non poterono
votare, col risultato che il referendum diede la maggioranza
all’opzione “francese”. Le relazioni interetniche si invelenirono.
Non senza qualche fondamento, la classe dirigente somala locale
e Mogadiscio erano persuasi che la Francia avesse barato per
mantenere il controllo della base e accontentare l’Etiopia. Si
assisteva intanto al mutamento della composizione etnica di
Djibouti-ville, determinato dall’esodo rurale afar e da ondate
successive di immigrazioni dalla Somalia, soprattutto in seguito
alla grande siccità del 1974.
2. Dall’indipendenza a una democratizzazione
di facciata
L’accesso all’indipendenza nel giugno 1977 fu determinato dalla
crescita del movimento indipendentistico gibutino (a
maggioranza somala), dalla rivoluzione etiopica e dal
progressivo disinteressamento della Francia, sempre più convinta
di dover lasciare Djibouti. Hassan Gouled Aptidon, presidente
della neonata repubblica, portò a termine il processo di
tribalizzazione avviato dall’amministrazione coloniale, favorendo
la tribù degli Issa e più in particolare il proprio clan, i Mamassan,
a scapito delle altre tribù somale (Issaq, Gadabursi) e
discriminando soprattutto gli Afar. Il partito unico (l’RPP,
Rassemblement Populaire pour le Progrès) istituzionalizzato nel
1981, un esercito fedele e un sistema di cooptazione dei deputati
permisero ad Hassan Gouled di governare Djibouti con una
dittatura de facto. Tuttavia il regime manteneva una certa
IV
credibilità in ambito internazionale (Djibouti negli anni Ottanta
veniva considerata un’oasi di pace in una regione tanto
tormentata), mascherando in tal modo la repressione brutale di
ogni sorta di opposizione: non rari erano gli arresti e la tortura.
Inoltre la corruzione, il clientelismo e una gestione della cosa
pubblica ai fini di un arricchimento privato aggravavano la
situazione economica del Paese.
La perestrojka sovietica, la caduta del muro di Berlino e il
conseguente nuovo scacchiere internazionale; l’appello del
presidente francese F. Mitterand à La Baule, in occasione del
vertice franco-africano nel giugno 1990: “La France soutiendra,
par une aide accrue, les pays évoluant dans le sens de la
démocratie”; il caos venutosi a creare in Somalia e l’arrivo di
numerosi rifugiati; la caduta del regime di Menghistu in Etiopia,
con il rilancio di una politica di autonomia regionale da parte del
nuovo governo; l’indipendenza dell’Eritrea. Questi i fattori che
incisero sulle mutazioni avvenute nel corso degli anni Novanta
nella piccola repubblica di Djibouti. Nel 1992 furono votate una
nuova costituzione e una legge sul quadripartitismo; nel 1993
durante le elezioni presidenziali, vinte dall’RPP, vennero
denunciati brogli da parte dell’opposizione e da osservatori
internazionali. Le elezioni si svolsero in piena guerra civile, una
guerra combattuta tra le truppe presidenziali e il FRUD.
Quest’ultimo, Front pour la Restauration de l’Unité et de la
Démocratie, creato ufficialmente nell’agosto 1991, raggruppava
l’opposizione afar al regime. Nel 1994 il governo firmò un
accordo di pace con una parte dei ribelli del FRUD, quindi
l’organizzazione fu legalizzata. La politica interna negli anni
successivi fu movimentata dalla lotta per la successione alla
guida dello Stato, e nel 1999 Ismail Omar Guelleh, nipote del
presidente, vinse le elezioni presidenziali, giudicate corrette dagli
osservatori internazionali. Per le prossime elezioni presidenziali
che si terranno ad aprile 2005, i tre partiti dell’opposizione
chiameranno gli elettori al boicottaggio delle urne. Si tratterà
quindi di un plebiscito per l’unico candidato, Ismail Omar
Guelleh.
Se la politica interna di Djibouti sembra caratterizzata da un certo
immobilismo e da una democratizzazione di facciata da mostrare
V
agli occhi distratti dei paesi occidentali, i rapporti con l’estero
variano a seconda del mutare degli interessi delle superpotenze
militari in Africa. Così, dieci anni dopo la disastrosa missione
“Restore Hope” in Somalia, gli Stati Uniti tornano nella regione
del Corno d’Africa, occupando dal settembre 2002 l’ex base
militare della Legione Straniera a Djibouti. Qui l’esercito
americano ha potuto effettuare le prove generali per l’invasione
dell’Iraq. Il governo americano non si limita a una presenza
militare; ad esempio ha finanziato la campagna elettorale
filogovernativa del 2003 e ha ottenuto che Radio of America
emetta in direzione dello Yemen e della Somalia.
VI
Distribuzione territoriale delle due principali etnie della Repubblica di
Djibouti Afar e Somali. Djibouti-ville può essere considerata una città
multietnica.
1
1
Carta tratta da: Ali Coubba, Le mal djiboutien. Rivalités ethniques et enjeux politiques,
Paris, L'Harmattan, 1995
VII
Il territorio della Repubblica di Djibouti
VIII
Abdourahman A. Waberi
Abdourahman Ali Waberi è nato a Djibouti nel 1965 e vive
attualmente in Normandia, dove si era trasferito per studiare con
una borsa di studio nel 1985. Laureatosi in Lingua e letteratura
inglese, insegna in un liceo di Caen; dal 1995 al 2002 ha
insegnato all’Università per stranieri di Caen. Specialista di
letteratura africana di lingua inglese, autore di vari studi,
collabora con rubriche e articoli a numerosi periodici, in
particolare «Hommes & migrations» e «Le Monde
diplomatique». Ha esordito nel 1994 con un volume di racconti
Le Pays sans ombre per il quale ha ricevuto vari premi, tra i quali
il “Grand Prix de la nouvelle francophone de l’Académie Royale
de Langue et Littérature Française de Belgique”. Cahier nomade
è un secondo volume di racconti pubblicato nel 1996, vincitore
del “Grand Prix Littéraire de l’Afrique noire”; il romanzo
Balbala è del 1997, anno in cui collabora a un libro di fotografia
su Djibouti L’œil nomade. Nel 2000 vengono pubblicati una
raccolta di poesie Les nomades, mes frères, vont boire à la
Grande Ourse e un saggio-racconto sul genocidio in Ruanda
Moisson de crânes. Textes pour le Rwanda nell’ambito del
progetto «Rwanda: Ecrire par devoir de mémoire». La
pubblicazione di Rift Routes Rails. Variations romanesques è del
2001, il racconto per l’infanzia Bouh et la vache magique è del
2002. Nel 2003 è stato pubblicato il suo secondo romanzo
Transit.
1. Le Pays sans ombre (1994)
Waberi guida il lettore alla scoperta di Djibouti: la città, le terre
desertiche, i villaggi, alternando reportage giornalistici romanzati
a cronache sociali, frammenti in cui si mescolano ritagli di
giornali e commenti personali giustapposti a racconti inverosimili
IX
o fantastici. In La galerie des fous viene descritta una seduta di
khat, la droga della regione:
[…] le khat, la plante de toutes les convoitises dans cette partie
du monde. La plante magique. Maléfique. […] Le khat rythme
la vie dans ce foutu pays. Sans khat point de vie! […] Dans un
monde à la dérive, les hommes s’agrippent à la chose plus
fragile qui soit: les brindilles d’un arbuste éthiopien. Cette
plante les aguerrit en retour. Le khat, c’est le poison et son
antidote, autrement dit l’incarcération perpétuelle.
2
In Conte de fer si torna indietro nel passato, al 1897, durante la
costruzione della linea ferroviaria Djibouti-Addis Abeba:
Il s’étirera de tout son être long de 784 kilomètres. Il traversera
déserts, plaines, savanes et hauts plateaux. Un condensé
d’histoire. Il s’étirera. Deux lignes de sang parallèles relieront
deux pays et mille paysages. Une grossesse difficile: il mettra
vingt ans avant de se rendre utile. Il viendra au monde un jour
de 1897 – d’abord sur papier millimétrique. Il enfoncera les
piétinés de la modernité. Il quittera le pays de la soif. Il montera,
montera, montera jusqu’à 2 350 mètres d’altitude. Il montera de
la mer étale et bleutée aux contreforts qu’envahit le vert foncé
de l’ eucalyptus:
Il traversera le pays réel
Il traversera le pays rêvé.
3
Il treno come simbolo della modernità, associato alla conquista
coloniale non è un tema nuovo nella letteratura africana
4
; non
potrebbe essere altrimenti, vista l’importanza che i colonialisti
francesi attribuivano al treno come mezzo di trasporto, di
controllo e di penetrazione commerciale.
Nell’ultimo “racconto” Fragments intimes et colossaux si può
individuare una vera e propria dichiarazione di poetica:
2
Abdourahman A. Waberi, Le pays sans ombre, Paris, Le serpent à plumes, pp. 14-15
3
Ibid., pp. 89-90
4
Cfr. ad esempio, Ahmadou Kourouma, Monnè, outrages et défis, Paris, Seuil, 1990
X
Nous commencerons par faire nôtre l’art du fragment car la vie
est trop complexe pour être saisie dans son ensemble.
5
L’autore resterà fedele a questa affermazione anche nelle opere
successive.
2. Cahier nomade (1996)
La seconda raccolta di racconti di Waberi è un progetto
ambizioso: scrivere l’abbandono di un paese, una storia ai
margini della Storia. Se in Odéon, Odéon! l’autore rimpiange i
tempi in cui “sept cinémas fonctionnaient à plein régime dans la
grande ville blanche”, in Une affaire à vivre s’interroga sulla
condizione della donna nella sua terra. Août 1966 narra la visita
del generale de Gaulle a Djibouti:
La visite du général-président prit de court tout le monde dans le
confetti de l’Empire. Ce dernier sur le chemin de Phnom Penh –
le fameux discours de Phnom Penh, que les lycéens de la
métropole (et de ses possessions) apprennent par cœur pour le
programme du bac, était déjà dans sa poche droite – avait
souhaité faire une pause digne de son rang sur ces arpents de
basalte appelés officiellement la Côte française des Somalis.
Pourtant, le général-président ne cachait pas son immense
mépris pour ces territoires de poche, qui s’agitaient de par le
monde, qu’ils se trouvent dans la mer turquoise des Caraïbes,
dans la mer dite Rouge ou dans l’océan Indien.
6
[..]
Une farce tragique l’attendait sur la place Rimbaud : des
porteurs de pancartes que le gouverneur croyait venus saluer
l’homme d’Etat exigèrent tout bonnement l’indépendance
immédiate et totale du territoire exigu. Non mais des fois ! Mais
bon Dieu, quel affront au général, quelle audace et quelle
innocence ! le général-président fit trois petits entrechats et,
blessé, s’envola pour Phnom Penh. Le gouverneur embastilla la
ville pour l’éternité.
7
5
Abdourahman A. Waberi, Le pays sans ombre, cit., p. 174
6
Abdourahman A. Waberi, Cahier nomade, Paris, Le Serpent à plumes, pp. 24-25
7
Ibid., pp. 31-32
XI
A proposito della presenza francese a Djibouti, l’autore dichiara
in un’ intervista:
C’était effectivement une présence-absence: elle était et est
toujours centrée autour de points névralgiques : le port,
l’aéroport, les garnisons. Le pays ne présentait pas d’intérêt
matériel, mais un intérêt symbolique et stratégique : les Français
voulaient affirmer leur présence dans cette partie du monde, à
côté des Anglais et des Italiens.
e parlando dell’indipendenza, afferma :
C’est une indépendance qui a été octroyée, plus qu’arrachée. La
joie, certes, il y en avait, mais elle a vraiment été de courte
durée. J’avais douze ans à cette époque. En vieillissant et en
relisant l’Histoire, je me suis rendu compte que ça avait été
négocié dans un ministère parisien, qu’on avait constitué des
listes : N’appelez pas Untel, Untel, parce que ces gars sont anti-
français ; si vous mettez Untel, Untel, tout se passera bien.
8
3. Balbala (1997)
Balbala (deformazione del francese barbelés, “filo spinato”), è il
nome di una grande bidonville alla periferia della capitale. In
questo romanzo Waberi affronta direttamente la questione
dell’opposizione al regime, narrando le vicende di un «quatuor
sovversivo» all’inizio degli anni Novanta. Il romanzo si articola
in quattro parti, una per ogni personaggio (un maratoneta, un
medico, un poeta e una donna), che a partire da brandelli di storie
e di Storia compongono un quadro della situazione di Djibouti.
Romanzo complesso e tormentato nella struttura, metafora della
complessità degli avvenimenti, rivela la sua vocazione
enciclopedica tramite gli espliciti riferimenti a scrittori, artisti,
avvenimenti politici, luoghi, musiche e oggetti. Ritroveremo
questa forma “aperta” in Transit, con maggior consapevolezza. Il
tono generale del romanzo è cupo, sebbene di tanto in tanto
8
Articolo in Le Matricule des Anges № 16 - juin-juillet 1996
XII
affiori un’ironia tagliente e si concluda con un invito alla
speranza:
Anab stona in questo no women’s land africano.[…] Ma Anab
non si preoccupa della sua dittatura; per quanto essa affili gli
artigli sui poveracci, Anab fa provvista di speranza, si arma di
pazienza in attesa di un’alba radiosa. […] Il giorno in cui lascerà
questa terra e il suo cielo infernale, non avrà niente da
rimproverarsi – cosa che non è concessa a tutti.
9
E’ interessante notare come le digressioni siano tanto numerose
(sarebbe difficile distinguerle dal racconto) quanto importanti
nell’economia del romanzo:
“Anche qui, come si sa, il mito «kalash» ha successo da tempo.
Inventato nel 1947 da un ingegnere sovietico il cui nome,
Michajl Kalashnikov, risuona come una detonazione, un
fracasso sinonimo di morte. Con il nome di battesimo AK47 (A
per automatico e 47 per l’anno di fabbricazione), è diventata
l’arma feticcio dei partigiani del mondo intero e delle lotte
antimperialiste. Questo robusto compagno dei dannati della terra
ha destituito l’americano M16, che dà certo più affidamento ma
che è meno facile da mantenere in buono stato. E comunque non
tutti possono permettersi un M16, mentre il kalashnikov cresce
da noi più alla svelta dei fichi d’India. Le scorte lasciate dai
ribelli dell’Etiopia o dell’Eritrea sono tutt’altro che esaurite.
Altrimenti, basta attraversare il Mar Rosso in una notte senza
luna per rifornirsi nello Yemen, nazione solitamente ricca di
armi e sempre pronta a tenderci una mano caritatevole. A
Randa, Dilleyta ha optato per un gesto assurdo e grandioso:
salvare la sua parte di uomo facendo la guerra totalmente
disarmato, dopo aver tolto la culatta del suo mitra AK47.”
10
9
Abdourahman A. Waberi, Balbala, Paris, Le serpent à plumes, 1997. Trad.it. Balbala,
Roma, Edizioni Lavoro, 2003, pp. 124-125
10
Ibid.., p. 76