scenario in continua evoluzione e fermento: mutano i mercati, mutano le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, muta la società nel suo insieme. La causa
stessa che richiede all’organizzazione di orientarsi ai processi, ovvero la necessità di
rispondere in maniera esaustiva e tempestiva alle mutevoli richieste da parte del cliente,
determina la continua richiesta di innovazione e cambiamento dell’azienda per
rispondere ai bisogni dei clienti che non risultano affatto statici, così come non sono
statiche le soluzioni che l’azienda adotterà per soddisfarli. Fattore primario per il
successo dell’impresa diventa quindi la capacità di gestire l’innovazione divenuta più
rapida, più articolata, più pervasiva.
Il Business Process Reengineering si pone quindi come approccio strutturato ad
un‘innovazione radicale degli aspetti organizzativi e tecnologici dell’impresa che
risponde ad entrambe le esigenze di orientamento ai processi e di capacità di gestire
l’innovazione. Esso infatti ricostruisce i processi aziendali, ottimizzando le persone e la
conoscenza, attraverso la revisione della struttura organizzativa, rendendo l’azienda
così ristrutturata capace di generare prodotti e servizi che garantiscono la massima
soddisfazione per il cliente. Tale ristrutturazione inoltre richiede l’iniziale capacità
dell’azienda di innovarsi per poter essere portato a termine con successo, essendo esso
un approccio fortemente innovativo, ma dopo la sua attuazione rende l’azienda dotata
di grande flessibilità e capacità di creare e gestire conoscenza , il che la rende
ampiamente capace di generare innovazione ed innovarsi ulteriormente.
Questo studio degli aspetti concettuali e di contesto della teoria del Business Process
Reengineering ci sono serviti per effettuarne una loro applicazione nel caso pratico
della nostra esperienza in azienda. Essa è consistita in uno stage di 5 mesi presso la
sede milanese dell’azienda Energia S.p.A., azienda operante nel settore della
compravendita nel mercato energetico, partecipando al progetto “Processi Aziendali”.
Tale esperienza ci ha permesso di venire a contatto con la realtà aziendale, e nel nostro
caso specifico di conoscere da vicino un progetto di reingegnerizzazione dei processi
aziendali, entrando a far parte del team di lavoro. In questi mesi di permanenza in
azienda abbiamo assistito alla fase di mappatura dell’AS-IS ed individuazione delle
criticità, dando un nostro personale contributo a tale lavoro.
All’interno del “Progetto Processi Aziendali”, siamo entrati a far parte del team di
riprogettazione del processo “Gestione Flussi Gas”, ovvero di quell’insieme di attività
il cui obiettivo è gestire la “merce gas”, a partire dall’attivazione del cliente ed al suo
allacciamento alla rete distributiva per ottenere il necessario rifornimento, alla
VI
previsione dei consumi energetici fino all’emissione di fatture per il cliente e che
Energia deve pagare alle società che le hanno offerto vari servizi quali stoccaggio,
trasporto, etc… Il lavoro di mappatura ha previsto la formulazione di un modello
concettuale generato ad hoc per le esigenze di sintesi e di rappresentazione presentate
dall’azienda, realizzato come mix di diversi linguaggi di modellazione. Sulla base di
tale modello abbiamo costruito il nostro lavoro di mappatura, aggiungendo un
documento di sintesi accanto ai lavori di mappatura a livello di dettaglio molto elevato
prodotti dall’azienda. Il lavoro è poi proseguito con l’individuazione delle principali
criticità organizzative e tecnologiche, emerse grazie ad un’attenta analisi delle modalità
e meccanismi di funzionamento aziendale AS-IS, correlate dalle rispettive proposte
risolutive di più o meno immediata implementazione.
Alla luce di quanto appreso sullo studio della teoria del BPR, abbiamo effettuato un
confronto metodologico tra lo schema di strutturazione dell’intervento adottato da
Energia e quanto esposto nella prima parte teorica. Questo ci ha fornito un’ulteriore
chiave di lettura del progetto, permettendoci di approfondire maggiormente la
comprensione e le motivazioni che hanno spinto Energia ad adottare un tale schema di
strutturazione, oltre a permetterci di osservare come i vari passi teorici possano subire
delle varianti ed essere modificati nella realizzazione pratica di un intervento di BPR.
L’ipotesi di fondo di questa metodologia infatti è che non esistano modelli, più o meno
sicuri o addirittura infallibili, da imitare in modo pedissequo, ma che sia invece
necessario comprendere i criteri base, i meccanismi e le logiche profonde che vi sotto-
stanno, al fine di applicarli creativamente alla specifica situazione in ogni azienda.
Come ultimo spunto di approfondimento, abbiamo poi utilizzato le teorie sul ciclo di
vita delle imprese ( “corporate lifecycle” ) per analizzare il ruolo e le caratteristiche del
BPR in relazione alla particolare fase del ciclo evolutivo dell’impresa in cui esso si
colloca. In particolare abbiamo utilizzato la teoria di Greiner di modellazione della
dinamica organizzativa. Lo studio e la classificazione di Energia s.p.a. tramite le
variabili driver indicate dal modello ci ha permesso di identificare la particolare fase
evolutiva in cui essa si colloca, e da qui di effettuare ulteriori considerazioni su ruolo e
caratteristiche di tale progetto di intervento sui processi approfondite anche alla luce
della fase del ciclo di vita aziendale in cui esso è pervenuto.
VII
La logica di esposizione dei concetti nella prima parte è sequenziale: essa inizia
ponendo le basi concettuali per la comprensione della teoria del Business Process
Reengineering, che verrà affrontata successivamente.
Il primo capitolo si apre con l’esposizione del concetto di processo, ovvero di
un’insieme organizzato di attività e decisioni interfunzionali finalizzate alla
predisposizione di un output finito che abbia un impatto significativo sulle capacità
competitive dell’azienda. Quindi viene introdotto il contesto storico ed i mutamenti di
scenario economico che hanno reso necessario il passaggio dalla struttura organizzativa
funzionale ad una basata sulla gestione per processi.
Nel secondo capitolo viene trattata la tematica dell’innovazione, del collegamento tra
quella incrementale e quella radicale (ripercorrendo tale passaggio sia dal punto di vista
storico che concettuale), ed in particolare il ruolo del Business Process Reengineering
(BPR) come approccio all’innovazione radicale organizzativa e tecnologica. Il capitolo
termina delineando l’evoluzione futura del concetto di BPR, alla cui originale
connotazione attribuitagli nel 1990 da Hammer & Champy di cambiamento radicale
intra-aziendale, Hammer aggiunge l’estensione dei concetti di efficienza ed
integrazione inter-aziendale, ovvero all’interno della filiera produttiva.
Gli aspetti puramente teorici e metodologici sul Business Process Reengineering
vengono affrontati nel terzo capitolo. Qui vengono descritti in maniera strutturata i
passi che costituiscono tale intervento e che possono essere utilizzati come possibile
modello e linea guida per la strutturazione di un progetto di BPR. Congiuntamente agli
aspetti razionali e di metodo vanno però considerati anche gli aspetti legati alla gestione
degli interessi in gioco, ovvero gli aspetti politici, e alla gestione degli aspetti emotivi
delle persone all’interno dell’organizzazione. Nei paragrafi relativi al governo degli
aspetti razionali , degli aspetti politici e degli aspetti emotivi vengono fornite utili
indicazioni per la definizione e gestione di un progetto di reingegnerizzazione
aziendale, ripercorrendo quanto fornito a riguardo dalla letteratura dagli anni ‘90 fino
ad oggi: la mancata osservanza di tali principi può portare tale progetto all’insuccesso.
Accanto all’illustrazione delle metodologie di intervento e degli accorgimenti da tener
presente nella gestione degli aspetti tecnici e sociali, nel quarto capitolo illustriamo le
dimensioni di analisi di cui è necessario tener conto in un progetto di BPR. Prima tra
tutte è la dimensione della conoscenza. Gli anni ’90 hanno visto l’attenzione focalizzata
sulla conoscenza come fonte di competitività per le aziende. Da questo background si è
sviluppato il knowledge management, integrando anche il contributo dato
VIII
dall’informatica: spesso il knowledge management è stato interpretato come il tentativo
di generare attraverso il mondo digitale una innovazione fondata sull’impegno
(commitment) delle persone. Accanto a questa dimensione però nella strutturazione di
un progetto di BPR è necessario tener conto anche del ruolo dato dall’automazione e
dall’introduzione di sistemi informativi ed informatici che permettono di rivedere in
un’ottica di maggiore efficienza ed efficacia le regole e le operazioni del sistema di
business. A tutto ciò va aggiunta la necessità di introdurre sistemi di misurazione delle
performance centrate sui processi, sui loro risultati, sui collegamenti tra questi e gli
obiettivi gestionali e strategici dell’ organizzazione tramite sistemi e tecnologie di
monitoraggio dei risultati.
La prima parte si conclude con una trattazione del ruolo e delle diverse caratteristiche
del BPR in base alla fase evolutiva del “corporate lifecycle” in cui l’impresa si colloca.
Gli aspetti e i contenuti della riprogettazione, congiuntamente agli obiettivi che essa si
prepone, variano in base alla fase evolutiva in cui l’azienda si posiziona nel momento in
cui intraprende tale progetto di cambiamento radicale. Viene quindi esposta la teoria di
Greiner di modellizzazione della dinamica organizzativa, ampliata da considerazioni
circa la correlazione tra ruolo e tipo di BPR in relazione alla fase evolutiva in cui
sopraggiunge.
Nella seconda parte riprendiamo tutti questi temi applicandoli al caso pratico della
nostra esperienza in azienda. Riproponendo lo schema sequenziale già adottato nella
prima parte, questa sezione si articola partendo dalla presentazione dell’assetto del
mercato energetico in Italia, per poi introdurre l’azienda ed entrare nello specifico del
BPR da essa condotto e del nostro lavoro all’interno di tale progetto.
Il primo capitolo presenta quindi il contesto generale energetico in cui Energia S.p.A. si
colloca. Esso si distingue in due sezioni, una relativa all’energia elettrica, l’altra relativa
al gas naturale, operando l’azienda in entrambi i mercati. Entrambe le sezioni prendono
le mosse da una descrizione delle rispettive filiere dell’energia elettrica e del gas
naturale, per poi presentare il percorso storico che ha determinato l’introduzione del
regime di libera concorrenza a partire dal precedente monopolio presente in entrambi i
settori. Viene descritto l’attuale assetto competitivo dell’energia elettrica e del gas
naturale, passando per la presentazione dei decreti legislativi che hanno introdotto il
concetto di vendita dell’energia: Bersani per l’elettricità, Letta per il gas.
Nel secondo capitolo passiamo dunque alla descrizione nello specifico dell’azienda
Energia s.p.a.. Viene presentata la storia a partire dalla sua recente fondazione nel 1999,
IX
ripercorrendo la sua repentina crescita che nel giro di pochissimi anni l’ha portata a
crescere notevolmente in termini di dimensioni, sia come numero di dipendenti ( da 2
fino a 100 unità nel 2004 ) ma soprattutto come volumi di vendite e di fatturato, che nel
2004 ha sfiorato quota mille milioni di euro. Oggi l’azienda opera nella compravendita
di energia elettrica e gas, e di qui a poco aprirà anche la centrale termoelettrica di
Termoli Merese, entrando anche nel settore della produzione all’interno della filiera
dell’energia elettrica.
Segue una breve descrizione dei principali processi di Energia, quale utile
modellizzazione del funzionamento dell’azienda e premessa alla trattazione del
progetto di reingegnerizzazione dei processi intrapreso dall’azienda. Una sorta di
“macroflusso di processo” aziendale permette di inquadrare le attività quotidiane ed i
processi operativi e strategici che costituiscono Energia s.p.a., ma anche più in generale
lo schema di funzionamento di una generica azienda operante nel settore energetico.
Presentati i processi chiave aziendali, viene esposta la metodologia di intervento e
riprogettazione di tali processi. A partire dall’identificazione delle esigenze ed obiettivi
dell’intervento, ovvero di formalizzare e dare un assetto strutturato all’organizzazione e
alle attività aziendali, ripercorriamo tutte le varie tappe che compongono l’attuazione
dell’intervento già precedentemente trattate da un punto di vista teorico nella prima
parte, relativa al governo degli aspetti razionali.
Terminata la presentazione generale del progetto effettuata in termini descrittivi e
metodologici nel capitolo tre, entriamo nello specifico del lavoro da noi svolto nel
successivo capitolo. Esponiamo quindi il nostro contributo al progetto nell’ambito del
processo “Gestione Flussi Gas”, presentando il nostro lavoro di mappatura ed i risultati
della fase di analisi AS-IS ed individuazione delle criticità del processo.
Nella parte conclusiva della tesi, compare un capitolo relativo alle considerazioni di
carattere globale, effettuate rileggendo l’esperienza pratica e l’effettiva modalità di
attuazione del BPR in Energia alla luce delle teorie esposte nella prima parte: vengono
analizzati ruolo e caratteristiche del BPR ponendolo in relazione alla particolare fase
del ciclo evolutivo dell’impresa ( secondo la teoria di Greiner ) in cui esso si è collocato
e viene riportato il confronto metodologico tra lo schema di strutturazione
dell’intervento adottato da Energia e quanto lo schema di strutturazione proposto nella
prima parte teorica.
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PARTE PRIMA
• I processi aziendali e la gestione per processi
• Il percorso di innovazione necessario ad introdurre la gestione per processi
• La gestione del processo di cambiamento
• Le dimensioni di analisi in un progetto di BPR
• Evoluzioni e mutamenti nelle imprese che si espandono: il ruolo del BPR nel
“corporate lifecycle”
1
CAPITOLO 1 : I PROCESSI AZIENDALI E LA GESTIONE
PER PROCESSI
1.1 I processi aziendali
A partire dagli anni ’80, le aziende occidentali hanno cominciato ad operare una
trasformazione organizzativa con l’obiettivo di ottenere elevati salti prestazionali. I
motivi di questa tendenza vanno fatti risalire da un lato al sopraggiungere di una crisi
del mercato occidentale con l’avvento della globalizzazione che ha determinato un
aumento della competizione, dall’altro all’affermarsi di un “mercato del consumatore”,
cioè un mercato in cui è il consumatore sempre più esigente ad imporre il proprio
potere di scelta nei confronti di produttori in altissima competizione tra loro. Tutto ciò
ha determinato la necessità di realizzare prodotti di alta qualità, innovativi, a basso
costo, quindi di raggiungere simultaneamente obiettivi di qualità, innovazione,
flessibilità e costo. Per raggiungere questi elevati livelli di performance le aziende si
sono orientate verso la logica di processo. Prima di spiegare cosa intendiamo per questo
modello di gestione organizzativa, che sarà oggetto dei prossimi paragrafi, cominciamo
col definire l’elemento strutturale e basilare su cui si fonda la nostra trattazione, e la cui
comprensione costituisce il pilastro fondamentale per i prossimi paragrafi: il concetto di
processo.
A livello etimologico il termine processo ha due valenze: “successione di fenomeni
legati tra di loro” e “metodo da seguire per ottenere un determinato scopo”, che
richiamano sia l’aspetto descrittivo che quello operativo del termine. In altre parole,
poiché la radice primitiva è “procedere” si compendiano nel termine sia il significato
dell’atto di avanzare, della successione di fenomeni, che quello del comportarsi,
operare ( Frigelli U., 2001).
Possiamo quindi individuare due aspetti compresi nel concetto di processo:
- un aspetto “Hard” legato all’operatività organizzativa, intesa come il numero di
attività e persone coinvolte ed il valore aggiunto a cui esse contribuiscono nella
generazione dell’output, che viene definito da Hammer M. e Champy J. come “un
insieme di attività che richiede uno o più tipi di input e crea output che ha valore per il
cliente” ( Hammer M., Champy J., 1994 ).
- un aspetto “ soft ” riferito al campo dei comportamenti dei partecipanti al processo
e delle regole che sono loro imposte, e quindi delle relazioni collaborative tra gli attori,
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che viene colto nella definizione di processo di Schein “il processo si riferisce più al
come che al cosa viene fatto…descrive il modo in cui tale azione viene compiuta.(
Schein E.H., 1992 ).
Possiamo unificare i due aspetti in un’unica definizione di processo, inteso come
un’insieme organizzato di attività e decisioni interfunzionali finalizzate alla
predisposizione di un output finito che abbia un impatto significativo sulle capacità
competitive dell’azienda. ( Oriani G., 1995 ).
Nella figura 1.1 è possibile identificare i 6 elementi che concorrono all’identificazione
ed alla descrizione di un processo aziendale (Bartezzaghi , Spina , Verganti, 1999 ).
- OUTPUT: Prodotto o servizio richiesto dal cliente, ed al quale egli attribuisce un
valore ben definito. Può essere un output esterno, ovvero richiesto dal cliente finale, o
interno, ovvero richiesto da singole unità organizzative interne all’azienda.
- FASI:Sequenza di attività e decisioni che portano alla determinazione dell’output.
- INPUT: Fattori fisici o informativi che determinano l’innesco del processo, ovvero
avviano le fasi del processo
- RISORSE: Risorse umane, tecnologiche e materiali che vengono utilizzate nelle varie
fasi del processo. Nell’ambito delle risorse umane viene identificata una gerarchia di
ruoli e responsabilità che intervengono nei vari passi del processo
- INTERDIPENDENZE: Legami logici tra le fasi del processo. Possono essere:
o sequenziali: output della fase a monte è input della fase a valle
o reciproche: output dell’una è input dell’altra e viceversa
o generiche: non vi è legame logico esplicito ma ad esempio una
condivisione delle stesse risorse.
- METODI DI GESTIONE: Logiche di base usate per coordinare le attività, prendere le
decisioni e regolare l’avanzamento del processo.
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Figura 1: Gli elementi di un processo aziendale. Immagine tratta dall’opera di Bartezzaghi E.,
Spina G., Verganti R.: “Organizzare le PMI per la crescita”; Il sole 24 ore,1999.
I processi sono quindi catene del valore e di servizio interno che dobbiamo distinguere
in primari e di supporto.
Per processi primari intendiamo i processi che creano direttamente un valore
riconosciuto dal cliente esterno, e le loro prestazioni operative ( costi, qualità, tempi )
influenzano fortemente il livello di soddisfazione. (Bartezzaghi , Spina , Verganti,
1999). I processi primari sono quelli che hanno maggior impatto sul business, poiché
sono i processi a maggior valore aggiunto quali l’innovazione, la produzione, la
distribuzione e il servizio al cliente finale.
I processi primari hanno le seguenti caratteristiche (Frigelli U., 2001 ):
- sono in numero limitato;
- caratterizzano l’impresa e/o il settore;
- contribuiscono agli obiettivi strategici dell’impresa e del business;
- hanno un forte impatto sulla soddisfazione del cliente;
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- possono essere misurati.
I processi primari a loro volta contengono sottoprocessi e attività.
Per processi di supporto invece intendiamo quelli necessari alla gestione dei processi
primari e quindi all’operatività dell’azienda ma che non creano di per se un valore
riconosciuto dal cliente esterno. I processi secondari sono molto numerosi e
determinano costi generando benefici solo in maniera indiretta, e come tali vengono
definiti un “male necessario”. Esempi di processi secondari sono la gestione delle
risorse umane, processo di budgeting, gestione degli approvvigionamenti, gestione
finanziaria, pianificazione e controllo della produzione…
I processi secondari hanno le seguenti caratteristiche:
- hanno un cliente interno;
- i livelli di performance dei processi non sono spesso misurati o misurabili;
- alleggeriscono e aumentano l’efficienza dei processi primari.
La figura 1.2 rappresenta graficamente processi primari e di supporto tramite la catena
del valore di Porter.
Figura 2: Processi primari e di supporto rappresentati mediante la catena del valore di Porter.
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Per fare maggiore chiarezza, riportiamo l’esempio di catena del valore di un’azienda
editoriale.
Figura 3: Il modello dei processi: il caso di un’azienda editoriale. Immagine tratta dall’opera di
Frigelli U.:”Il governo dei processi”; Guerini e Associati, 2001; immagine a cura di Margherita
Minoretti.
Processi e funzioni aziendali
Un processo è per definizione trasversale alla struttura organizzativa, ovvero attraversa
le diverse unità organizzative che concorrono nella determinazione dell’output.
Figura 4: Processi e strutture organizzative.
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Questa trasversalità dei processi aziendali può determinare inefficienze, rallentamenti e
mancanza di una visione globale degli obiettivi del processo, con il conseguente
raggiungimento di un output insoddisfacente.
Al variare della struttura organizzativa, varia anche la trasversalità del processo stesso e
quindi anche la necessità di coordinamento richiesta tra le varie unità organizzative.
Nella strutture funzionale, le unità organizzative raggruppano risorse umane e
tecnologiche che sono omogenee tra loro e sono dedicate allo stesso tipo di attività.
Il processo attraversa pesantemente la struttura organizzativa, intrecciandosi tra le varie
unità organizzative e creando numerose interdipendenze tra esse che vanno gestite con
opportuni strumenti di coordinamento. Se complessità e incertezza ambientale sono
basse, i processi risultano ripetitivi e prevedibili, con interdipendenze prevalentemente
sequenziali e coordinamento basato su procedure e routine. All’aumentare però della
turbolenza dell’ambiente competitivo, la struttura risulta essere inadatta. Un esempio di
struttura funzionale è dato dal caso Bodin: la Bodin è un’azienda manifatturiera con
organizzazione funzionale. Nella figura qui sotto sono rappresentate l’ organigramma
ed i processi aziendali, che attraversano orizzontalmente l’intera struttura.
Figura 5: Il caso Bodin. Immagine tratta dall’opera di Bartezzaghi E., Spina G., Verganti
R.:”Organizzare le PMI per la crescita”; Il sole 24 ore, 1999.
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Nelle strutture divisionali invece il raggruppamento delle attività si basa sul prodotto/
servizio erogato o su base geografica. Nelle strutture ibride infine criteri funzionali e
divisionali o anche atri criteri di raggruppamento vengono mescolati ai vari livelli della
struttura organizzativa. Questi ultimi due tipi di strutture appaiono essere maggiormente
orientate ai processi, ovvero ne riducono la trasversalità garantendone l’integrità e
continuità operativa.
Tuttavia, nonostante queste considerazioni sull’orientamento ai processi delle varie
strutture organizzative, è importante non commettere il grave errore di pensare che la
leva macro-strutturale ( cambiare la struttura ) sia l’unica manovra per migliorare la
gestione dei processi. Infatti esistono molte altre azioni complementari anche più
importanti, di cui parleremo più avanti, che consentono di ottenere la gestione per
processi.
1.2 Contesto storico della gestione per processi
Quasi tutte le aziende di oggi, indipendentemente dal settore in cui operano o dalla loro
nazionalità, possono rintracciare le radici della loro struttura organizzativa e del loro
stile di lavoro nel prototipo della fabbrica di spilli descritto da Adam Smith ne “La
ricchezza delle nazioni”, pubblicato nel 1776. (Hammer M., Champy J., 1998 ). In
quest’opera infatti, egli illustra quello che definì “Il principio della divisione del
lavoro”:
“Un uomo tira il filo, un altro lo raddrizza, un terzo lo taglia, un quarto gli fa la punta,
un quinto lo rettifica in cima per ricevere la capocchia; fare la capocchia richiede poi
due o tre operazioni distinte, applicarla è un compito particolare, sbiancare lo spillo
un altro; è un lavoro a se stante anche avvolgere gli spilli nella carta” ( Smith A.,
1776 ).
Suddividere il lavoro in numerose attività elementari, con una conseguente
specializzazione dei singoli operai, permise di ottenere un notevole incremento di
produttività nella produzione di spilli, grazie all’incremento di destrezza degli operai,
alle economie di tempo ( eliminazione tempi di “set-up”) e al ruolo di automazione
svolto dalle macchine.
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Col passare del tempo, le prime aziende che cominciarono ad affermarsi a partire dal
XIX secolo ( prime tra tutte quelle americane ) tradussero i principi organizzativi di
Smith in organizzazioni concretamente operanti, secondo il modello classico
gerarchico-funzionale.
Il concetto di Smith subì quindi successive evoluzioni, a partire dal concetto di “catena
di montaggio” di Ford, a quello di “ produzione di massa” o “di grande serie” della
General Motors di Sloan.
Il modello organizzativo sviluppato negli Stati Uniti si diffuse quindi rapidamente in
Europa e, in seguito, in Giappone dopo la seconda guerra mondiale. Progettata per un
periodo di domanda crescente, questa forma di organizzazione aziendale si adattò
perfettamente alle condizioni esistenti nell’era postbellica. Negli anni Cinquanta e
Sessanta infatti, la principale occupazione delle aziende era quella di soddisfare una
domanda in continua crescita, e la struttura piramidale della maggior parte delle aziende
era la più adatta al periodo di espansione, in quanto era dilatabile: se un’azienda
cresceva, aumentava il numero di lavoratori alla base ed integrava di conseguenza i
livelli superiori.
A partire dagli anni 60 però , alcune società giapponesi iniziarono a muoversi verso
l’eccellenza del processo nello sforzo di ottenere miglioramenti della qualità e
riduzione dei costi. Capofila di questo sforzo fu la Toyota Motor Company , con il suo
Toyota Management System. La Toyota si impegnò nella riorganizzazione del sistema
di produzione (noto come sistema di produzione Just in Time) confidando nel
conseguente miglioramento della quota di mercato.
In questi stessi anni, invece, in occidente lo stile del management era ancora
burocratico : raramente le strategie si orientavano verso le filosofie di produzione o su
come raggiungere obiettivi strategici attraverso l’eccellenza operativa. Ci si aspettava
che la produzione supportasse e seguisse la guida strategica del management. In questo
modo le aziende si presentavano essere rigide, insensibili, non focalizzate sul cliente e
sull’innovazione, con grosse strutture di supporto spesso alla causa di paralisi
burocratiche.
Con l’embargo del petrolio nel 1973, altre aziende giapponesi appresero dalla Toyota i
concetti di orientamento al processo e cominciarono a convertirsi alla produzione
guidata da quest’ultimo.
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