11
progetti. Il Business plan, denominato anche Piano d’affari o Piano di fattibilità,
è in altre parole quel documento con cui Ë identificato, descritto e quantificato
un progetto imprenditoriale. Tale importante strumento viene in genere utilizza-
to: per affrontare in maniera obiettiva e pragmatica la prospettiva di intraprende-
re una nuova iniziativa imprenditoriale, costituendo il mezzo essenziale per pre-
sentare nella sua globalità, in modo chiaro ed accattivante, il proprio progetto
d’impresa; come importante strumento di pianificazione a medio - lungo termine
d’imprese già esistenti, che consente di esplicitare le strategie e di prevederne gli
effetti economici e finanziari, di porre le basi per la programmazione operativa
con orizzonte annuale (budget d’esercizio) e per il controllo di gestione.
Ricondurre la strategia competitiva dell’impresa – fenomeno di per sé molto
complesso date le molteplici interazioni sistemiche – a una efficace sintesi for-
male unitaria è un tentativo laborioso. E’ tuttavia un’operazione che è necessario
intraprendere. Presentare la strategia in modo sintetico ed essenziale, mettendo a
fuoco gli aspetti distintivi e portanti, è prerogativa di ogni progetto strategico di
successo. In caso contrario, la mancanza di sintesi è probabile sia da attribuire ad
insufficiente chiarezza o assenza di un’idea forte e originale che renda attrattivo
e valido il piano industriale.
Nei paesi, quali ad esempio gli Usa, dove questo strumento è ormai largamente
diffuso e conosciuto, è praticamente impossibile ottenere finanziamenti per svilup-
pare nuove attività se non si è in grado di presentare un Business plan soddisfa-
cente. Alcune ricerche condotte negli Stati Uniti (…) hanno messo in rilievo come
non basti saper preparare un Business plan: bisogna anche saperlo presentare e
scrivere in modo da riuscire a catturare immediatamente l’attenzione e l’interesse
dei destinatari. Le indagini svolte hanno infatti rivelato come le società di venture
capital di questo paese ricevano mediamente 400 Business plan al mese. E’ evi-
dente che (…) bisogna essere molto abili per riuscire a mettere in evidenza la
propria proposta.
1
E’ importante sottolineare che, nel corso di questo documento, verranno utilizza-
ti in modo indistinto i termini Business plan, Piano industriale e Piano
d’impresa. La distinzione è presente solo a livello terminologico ed è dovuta ad
approssimative traduzioni del termine inglese “Business plan”; a livello pratico i
termini sono usati come sinonimi. In particolare, l’analisi empirica ha come o-
biettivo la produzione di uno standard per una comunicazione del Piano indu-
striale sintetica ed efficace. Il campione di analisi conterrà aziende già esistenti e
consolidate a livello competitivo nei loro mercati, quindi non in fase di start-up.
Questo lavoro analizza la comunicazione del Business plan ossia la presentazio-
ne della strategia, delle intenzioni e azioni realizzative che il management inten-
de realizzare per aziende di grandi dimensioni.
L’idea di fondo di è analizzare la modalità di Business planning del settore ban-
cario italiano per effettuare uno studio sulle tecniche e metodologie di presenta-
1
Parolini C., (2002), pp. 62-63.
12
zione dei piani industriali. Lo scopo è quello di giungere ad uno schema di pro-
gettazione e a modalità prestabilite per creare un Business plan completo, effica-
ce e messo in evidenza da una presentazione corretta.
Il capitolo I si focalizza sui caratteri generali di un Business plan, in riferimento
alle direttive dell’organo che dirige il sistema borsistico italiano, Borsa Italiana
S.p.A. Nel secondo capitolo si esamina la tematica della comunicazione azienda-
le nell’ambito economico-finanziario con attenzione ai collegamenti con il Busi-
ness planning e l’Investor relation. Il capitolo III considera analiticamente le di-
namiche delle strategie aziendali, nell’ambito della pianificazione strategico-
oparativa necessaria per una corretta progettazione del piano. Il capitolo IV si
sviluppa attorno alle prospettive economico-finanziarie del Business plan, indi-
spensabili per creare un legame tra variabili di tipo qualitativo e quantitativo nel-
la definizione delle strategie. La ricerca ha inizio con il capitolo V sulla proget-
tazione, che mira a delineare uno schema generale per le aziende quotate sulla
base della pluralità di tracce presenti nella bibliografia attuale. L’analisi si sposta
all’interno del settore bancario con la scansione delle sezioni Investor relations
dei siti web dei vari gruppi bancari e dei relativi piani industriali pubblicati. La
bibliografia contiene i percorsi web per scaricare i file dei piani industriali. La
sitografia contiene importanti indicazioni sui portali degli istituti bancari sempre
maggiormente delineati nell’ottica di una presenza costante e visibile sul web,
nonché riferimenti a società che si occupano di Business planning, consulenza e
valutazione dell’investimento.
13
Metodologia di ricerca
Partendo dalle indicazioni di Borsa Italiana sulla metodologia di realizzazione di
un Business plan per la quotazione (cfr. tab.8, Schema standard di Borsa italia-
na), si è condotto uno studio sui contenuti richiesti nonché sugli elementi da in-
serire e di cui trattare nella progettazione del piano. Sono state esaminate le se-
zioni richieste cercando di illustrare i contenuti da mettere in evidenza per una
comunicazione efficace. Una ulteriore parte di ricerca ha inizio da uno studio di
Prometeia sulla voluntary disclosure all’interno del settore bancario italiano. Il
campione di analisi è stato esteso allo studio della comunicazione del Business
plan. La ricerca analizza forme e metodi per una comunicazione efficace e una
presentazione completa in base alle richieste dei diversi stakeholders.
Figura 1 - Il campione analizzato
Sigla Nome Peer Group
BINT Gruppo Banca Intesa Big Cap
UNIC Gruppo Unicredito Italiano Big Cap
SPAO Gruppo Bancario Sanpaolo Imi Big Cap
MPAS Gruppo Monte dei Paschi di Siena Big Cap
CAPT Gruppo Bancario Capitalia Big Cap
BNLA Gruppo Bancario Banca Nazionale del Lavoro Big Cap
BAPD Gruppo Bancario Banca Antoniana - Popolare
Veneta
Big Cap
BPUN Gruppo Banche Popolari Unite Popolari
BPVN Gruppo Bancario Banco Popolare di Verona e
Novara
Popolari
BPLD Gruppo Creditizio Bipielle Popolari
BPER Gruppo Banca Popolare dell’Emilia Romagna Popolari
BPMI Gruppo Bipiemme - Banca Popolare di Milano Popolari
BPCV Gruppo Credito Valtellinese Popolari
BPET Gruppo Etruria Popolari
BLBD Gruppo Bancario Banca Lombarda e Piemontese Small Cap
CDEM Gruppo Credito Emiliano – Credem Small Cap
CRFI Gruppo Banca Cr-Firenze Small Cap
CRGE Gruppo Carige Small Cap
BDSO Gruppo Banco di Desio e della Brianza Small Cap
BFID Gruppo Banca Fideuram Asset Man-
ager
14
Il campione individuato all’interno del settore bancario del nostro paese è suddi-
viso per Peer Group d’appartenenza, rendendolo omogeneo e rappresentativo.
I documenti analizzati sono il risultato della ricerca avanzata nel web tramite i
seguenti strumenti:
ricerca avanzata di http://www.google.it
advanced search di http://www.vivisimo.com
advanced search di http://www.altavista.digital.com
La rilevazione si è basata in particolare sui siti web degli istituti bancari (sezioni
Investor Relations - Comunicati Stampa - Downloads).
I dati ottenuti sono stati elaborati a più livelli con l’obiettivo di evidenziare le
caratteristiche strutturali della comunicazione del Business plan nel settore ban-
cario; si è cercato di mettere in luce differenze e peculiarità tra i piani sotto il
piano della progettazione dei contenuti e della presentazione.
15
Capitolo I
Caratteri generali del Business plan
1.1 Definizione
“Business planning is at the core of everything we do with people who come to us
[…], whether it is to start a new business or expand an existing one […]. Towards
the end of each enterprise programme we invite a distinguished panel of senior
bankers and venture capital providers to review and criticise each business plan
presentation […]. Perhaps the most important step in launching any new venture
or expanding an existing one is the construction of a business plan”.
2
Il Business plan è uno studio, condotto in via preventiva, dei problemi e delle
opportunità di un progetto imprenditoriale al fine di stabilirne la fattibilità con-
creta, l’opportunità economica e la compatibilità finanziaria. Tramite il piano,
quindi, si definisce il progetto imprenditoriale, si delineano le linee strategiche,
si stabiliscono gli obiettivi e si effettua la pianificazione economico-finanziaria.
In generale è il documento redatto all’avvio di una nuova idea imprenditoriale,
in occasione dello sviluppo di nuove aree di business o di nuove attività strate-
giche in un’attività già operante. Ha quindi l’obiettivo di divenire uno strumento
di comunicazione per l’ottenimento dei finanziamenti necessari allo start-up del-
la nuova iniziativa. Oltre che nelle situazioni di start-up il piano industriale può
rappresentare un più versatile strumento di presentazione delle intenzioni strate-
giche e delle azioni realizzative di imprese già consolidate e di una certa dimen-
sione.
Sempre meno esperti di Business planning rimarcano la differenza terminologica
tra i termini Business plan, piano industriale, piano d’impresa e piano strategico:
è da sottolineare che il termine originario Business plan era riferito al documen-
to per la pianificazione di aziende in fase di start-up (quindi imprese in fase di
creazione). In seguito sono state effettuate numerose traduzioni del termine che
hanno portato ad un uso indistinto dei termini sopra indicati, adottati nella prati-
ca come sinonimi. Nel corso del presente lavoro, quindi, si utilizzeranno indi-
stintamente i termini Business plan, piano industriale e piano d’impresa.
Borsa Italiana S.p.A. ha svolto un importante lavoro di ricerca per la realizza-
zione di piani industriali sempre più efficaci e nell’ottica della standardizzazio-
ne. Secondo la società responsabile della regolamentazione del mercato borsisti-
co del nostro paese il piano industriale
“(…) è il documento che illustra le intenzioni strategiche del management relative
alle strategie competitive dell’azienda, le azioni che saranno realizzate per il rag-
2
Barrow C.J., (1999), pp. 1-9.
16
giungimento degli obiettivi strategici, l’evoluzione dei key value driver e dei
risultati attesi”.
3
Si tratta quindi di una sintesi organica e critica della strategia a livello di area
strategica d’affari (ASA) e a livello aziendale che il management intende realizza-
re: un documento riassuntivo del progetto imprenditoriale che si intende realiz-
zare. Per area strategica d’affari si intende un sottosistema aziendale strategica-
mente rilevante. Ogni ASA è contraddistinta da una propria specifica missione
che si può definire in termini di prodotti offerti e mercati serviti.
1.2 Funzioni
Rappresenta uno strumento imprescindibile nell’ambito dei processi di gestione
strategica in quanto risulta di fondamentale utilità per i diversi soggetti in rap-
porto economico con l’impresa.
La tab.1 descrive le funzioni di utilità in rapporto ai diversi stakeholders.
Tabella 1 - Funzioni di utilità del Business Plan
Management: consente di affinare e precisare i contenuti della strategia
intenzionale elaborata e delle principali azioni da porre in essere in vista
della sua piena realizzazione
Consiglio di amministrazione: consente di svolgere appieno il proprio
ruolo di indirizzo e controllo della società
Impresa: consente di attrarre le risorse, umane e finanziarie, necessarie
all’attuazione delle strategie intenzionali o di coinvolgere altre economie
in accordi, alleanze, partnership di lungo periodo
Società quotate: consente di ottenere una consapevole e convinta adesio-
ne da parte del mercato finanziario e degli investitori istituzionali ai pro-
getti strategici intrapresi.
Dal punto di vista dell’imprenditore, quindi, il Business plan rappresenta una
opportunità unica per esplorare tutti gli aspetti della nuova attività, esaminando
le possibili conseguenze di diverse strategie finanziarie, competitive, produttive
o commerciali. Inoltre l’analisi consente di determinare in prima approssimazio-
ne le risorse umane e finanziarie indispensabili per l’avvio e lo sviluppo della
nuova attività imprenditoriale.
3
Borsa Italiana, (2003), p. 11.
17
La stesura di un piano preventivo permette inoltre di:
apportare modifiche della propria idea imprenditoriale evitando costi eccessi-
vi;
ridurre il rischio dell’ investimento;
ottenere maggiore facilità di accesso a fonti di finanziamento;
testare efficacemente la motivazione, determinazione e capacità di eventuali
futuri collaboratori.
Se ben fatto, il Business plan rappresenta il principale documento sul quale i po-
tenziali investitori (tutti coloro che nell’idea imprenditiva intendono impegnare,
a tempo indeterminato, le loro risorse) e finanziatori (banche, istituti di credito,
società di venture capital etc.) fonderanno la propria decisione di investimento.
In fase di start up il processo di creazione del piano deve quindi essere collocato
subito dopo la nascita dell’idea imprenditoriale e la volontà di mettere a punto
l’idea stessa in termini di ricaduta patrimoniale, economica e finanziaria. Si trat-
ta di un processo di pianificazione strategica che implica un apprendimento con-
tinuo.
Il piano industriale ha una serie di funzioni di utilità per l’impresa che devono
essere messe in luce per giungere ad una corretta pianificazione dell’attività stra-
tegica aziendale. In primo luogo la stesura del Business plan porta alla compren-
sione dell’ambiente circostante all’impresa: esso deve rispondere a domande sul-
la concorrenza, il positioning, il mercato, aumentando in questo modo il grado di
conoscenza dell’ambiente competitivo. Inoltre questo porta alla definizione della
visione imprenditoriale e degli obiettivi da perseguire.
La progettazione del Business plan comporta la valutazione del budgeting e un
controllo costante delle performance aziendali: sia nei casi di start-up che di am-
pliamento di un’attività già esistente è necessaria una analisi di fattibilità finan-
ziaria e di attrattività dell’investimento.
Infine, la stesura del piano richiede una pianificazione di medio-lungo periodo
delle strategie e del piano operativo. Tutti questi fattori nel complesso determi-
neranno l’accesso alle fonti di finanziamento.
1.3 Ottica di processo
Il processo proprio del Business plan è un processo di pianificazione strategica:
dalla nuova idea di business si procederà a tutte le analisi del caso che consenta-
no di evidenziare, nell’ambiente esterno, le minacce e opportunità collegate a
tale idea e, all’interno, le forze e le debolezze proprie.
Sulla base di queste analisi sarà possibile dimensionare l’idea imprenditiva, pre-
disporre un quadro organizzativo di assegnazione delle risorse e previsione dei
costi, attivare l’attuazione del progetto. È necessaria quindi, durante la stesura
del documento, una costante ottica di processo suddiviso in più fasi.
18
La fig.2 (pag. successiva) delinea fasi, abilità e processi necessari per portare a
compimento la realizzazione del piano: le fasi si succedono partendo dall’ intui-
zione (la Business idea), per passare allo sviluppo dell’idea fino alla sua realiz-
zazione (il positioning sul mercato di riferimento). Nei casi in cui test-idea e po-
sitioning sul mercato risultano positivi si ha il consolidamento che porta
l’impresa a difendere la propria quota di mercato. Il piano industriale si colloca
tra le fasi e le abilità di sviluppo della strategia, essendo un mezzo di pianifica-
zione sia strategica che operativa (è infatti attivo sia nel processo di apprendi-
mento che in quello di attuazione delle intenzioni del management).
Figura 2 - Il processo del Business plan
La fig.3 è una rappresentazione degli obiettivi iniziali del piano. Delli Quadri
4
offre un’altra rappresentazione del contesto relativo al Business plan: la nuova
idea (Business idea) deve relazionarsi fin da subito con l’ambiente esterno e
quello interno all’impresa (escludendo i casi di start-up del business in cui non è
ancora definita la realtà interna).
Le prime domande da risolvere riguardano il dimensionamento del progetto, le
risorse umane necessarie per il suo sviluppo, la pianificazione economico-
finanziaria e le specifiche di attuazione del progetto. Il Business plan ha
l’obiettivo di rispondere a queste domande ed è uno strumento molto utile nelle
mani dell’imprenditore o del management.
4
Tratto da Delli Quadri E.C., (1999), p. 16.
Fasi
Intuizione Sviluppo Realizzazione Consolidamento
Business Idea Test Idea Positioning Difese e Barriere
all’entrata
Il Business Plan è qui
Abilità Fantasia Tecnica Managerialità Managerialità –
Fantasia
Processi Apprendimento Attuazione
19
Figura 3 - Momenti della strategia
LA NUOVA IDEA
Diagnosi esterna minac-
ce/opportunità
Diagnosi interna for-
ze/debolezze
DIMENSIONAMENTO PROGETTO
ANALISI RISORSE UMANE
PIANIFICAZIONE ATTIVI-
TA’/PREVISIONE COSTI
ATTUAZIONE
La pianificazione diventa quindi un momento centrale, indispensabile per la
progettazione strategica di un documento che non sia nell’ottica di breve termi-
ne. Il Business plan deve essere utilizzato come uno strumento con orizzonte di
medio-lungo termine per imprese già esistenti o in fase di start-up che consente
di esplicitare le strategie e prevedere possibili sviluppi economici e finanziari
ponendo le basi per una programmazione operativa annuale.
La fig.4 esprime in modo analitico il processo che guida la progettazione del
piano
5
. Ogni parte del processo sarà poi approfondita nel corso del documento.
E’ ora importante avere una chiara visione globale. Fin da subito risulta chiaro il
legame tra gli aspetti qualitativi del piano come la descrizione delle dinamiche di
mercato, del positioning o della concorrenza e gli elementi quantitativi come le
stime economico-finanziarie e i bilanci previsionali.
5
Adattato da Delli Quadri E.C., (1999), p. 18.
20
Figura 4 - Il processo specifico del Business plan
Per dare un’ idea dell’importanza dell’attività di Business planning per l’impresa
e introdurre il capitolo successivo sulla comunicazione aziendale, si fa riferi-
mento ad una indagine Eurisko su un campione rappresentativo di 300 PMI del
nostro paese. I risultati indicano che il 53% delle imprese ritiene che esista un
21
problema di scarsa comprensione con le banche; questa percentuale si dimezza
al 29% per le imprese che utilizzano il Business plan. Inoltre solo una piccola
impresa su 30 (una su dieci tra le medie) utilizza abitualmente un Business plan
(cfr. Manifesto banche-PMI in Appendice).
22
Capitolo II
Comunicazione aziendale e Investor
relation
2.1 Comunicazione d’impresa e valore
“La comunicazione non solo diffonde il valore del capitale economico, rendendo
esplicito ai mercati il valore effettivo, ma essa stessa crea valore, incrementando
il patrimonio intangibile dell’impresa”.
6
Negli ultimi tempi è stata riconosciuta alle risorse immateriali la caratteristica di
essere divenute fondamentali per il raggiungimento del vantaggio concorrenzia-
le. Secondo la teoria degli invisible assets
7
nell’impresa esistono risorse definite
“intangibili”: ad esempio sapere tecnologico, potere su fornitori e distributori,
esperienza e competenza del management e così via, sono risorse intangibili.
L’informazione diventa un processo fondamentale per la trasmissione di tale
“patrimonio intangibile”. La comunicazione quindi crea e diffonde il valore.
Oggi il veicolo per l’aumento del patrimonio conoscitivo dell’impresa è sempre
più la comunicazione e le relazioni di scambio tra i soggetti che possiedono le
competenze; il processo de learning by doing ha assunto costi sempre maggiori
in relazione alla variabile tempo.
Come è stato osservato riguardo alla comunicazione delle performance azienda-
li:
Il valore borsistico di un’impresa, la sua capacità di attrarre e conservare gli in-
vestimenti è oggi legata forse più a come l’impresa sa comunicare ai sui pubblici,
il mondo finanziario in primis, che alle sue strategie di ricerca, di produzione o di
marketing. Reticenze, mezze bugie, ritardi o contraddizioni nel comunicare non
sono più concessi a nessuno, tanto meno ai big.
8
Anche alla luce degli scandali finanziari internazionali degli ultimi anni, l’analisi
della comunicazione volontaria (voluntary disclosure) delle prestazioni aziendali
è un tema di grande attualità. Se da una parte si registra un crescente fabbisogno
informativo da parte dei diversi stakeholders (portatori di interessi nei confronti
di un’azienda), dall’altra è ormai sempre più evidente come sia una opportunità
per l’impresa. La comunicazione volontaria (non obbligatoria) delle modalità di
creazione del valore con strategie comunicative innovative, può essere conside-
rata una sorta di investimento per l’impresa. Esiste, quindi, una sorta di ri-
progettazione delle modalità di corporate reporting sulla base della trasparenza
6
Corvi E., (2000), p. 14.
7
Cfr. Itami,H., (1988).
8
Giusepponi K., (2003), p. 86.
23
e della credibilità. Questo, tuttavia, porta ad una maggiore complessità nella
progettazione della comunicazione.
Dagli anni ’80 la comunicazione aziendale è analizzata e progettata secondo due
dimensioni: una interna, con riferimento alle diverse unità di personale
d’impresa, ed una esterna, con riferimento ai soggetti portatori di interesse e-
sterni ad essa. Il consenso nei confronti di un’impresa da parte dei diversi stake-
holders contribuisce, senza dubbio, a creare quel vantaggio competitivo che di-
verrà un fattore chiave nelle dinamiche di mercato. I portatori di interesse che
devono essere raggiunti dalla comunicazione per ottenerne consenso sono diver-
si: in primo luogo i soggetti investitori, importanti per il finanziamento
dell’attività aziendale. I clienti, tramite l’acquisto dei prodotti-servizi
dell’azienda. I mass media che giocano un ruolo-chiave nella promozione
dell’immagine aziendale. Le istituzioni pubbliche, che possono produrre una le-
gislazione utile allo sviluppo aziendale.
La comunicazione interna, quindi, deve innanzitutto trasmettere, in modo diretto
o indiretto, alcuni valori per suscitare consenso. Tra i vari modelli di gestione
del consenso emerge quello persuasivo: si basa sulla trasparenza informativa,
sulla chiarezza ed efficacia della comunicazione, sul metodo di impostazione del
dialogo e sulla convinzione che esista un interesse aziendale sovraordinato con-
divisibile (e che sia interesse di tutti perseguirlo).
9
Da una recente ricerca effet-
tuata in ambito bancario, risulta che è suddivisa in tre aree omogenee: comuni-
cazione strategica (mission, valori, cultura etc.), comunicazione operativa
(processi produttivi e gestionali di base) e comunicazione informativa (cono-
scenza dell’azienda, dei prodotti e mercati)
10
. Inoltre lo studio ha rilevato mag-
giori difficoltà nell’organizzazione-implementazione della comunicazione inter-
na rispetto a quella esterna. Un dato indicativo è che solo il 20% degli istituti
bancari presenta un’area aziendale adibita alla comunicazione interna. In percen-
tuale decisamente maggiore nelle banche sono presenti uffici o figure professio-
nali (quale l’Investor Relator) preposti alla comunicazione esterna. Per chiudere
riguardo alla comunicazione interna, la stessa ricerca ha dimostrato che le ban-
che che presentano nel proprio organico una figura responsabile della comunica-
zione interna raggiungono importanti obiettivi in termini di risultato finale (con-
sulenza sulla comunicazione alle unità organizzative interne, supporto alle inno-
vazioni organizzative-gestionali, rafforzamento della corporate identity e coin-
volgimento del personale).
In prima analisi la comunicazione esterna è suddivisibile nelle seguenti aree:
comunicazione commerciale: ha l’obiettivo di incrementare i ricavi
dell’impresa promuovendone l’immagine e i prodotti, aumentando la market
share (quota di mercato) e migliorando visibilità e notorietà. Allo stesso tem-
po deve migliorare l’immagine di marca e la percezione degli attributi di pro-
dotto.
11
9
Cfr. Coda V., (1989), p. 16.
10
Cfr. Incletolli M., Bosca M.A., (2003).
11
Per una descrizione completa della comunicazione commerciale si faccia riferimento a Mercu-
rio M., (2003).
24
comunicazione istituzionale: è rivolta all’insieme eterogeneo di stakeholders
ed è scomponibile in
economico-finanziaria: rappresentazione delle performance aziendali tra-
mite riclassificazioni di bilanci e calcolo di indici;
strategica: relativa al modello di business dell’azienda ed alla pianificazio-
ne strategica necessaria per la creazione di valore;
sociale-ambientale: trasmettere i valori dell’azienda e la mission (in gene-
rale, il suo capitale intellettuale).
Parlando di comunicazione del Business plan si entra perciò nell’ambito della
voluntary disclosure in ambito istituzionale. Sarà obiettivo di queste pagine,
quindi, un’analisi in questa sezione della comunicazione aziendale tralasciando
la comunicazione commerciale. Al fine della creazione di valore aggiunto per
l’azienda, hanno un ruolo fondamentale entrambe le forme di comunicazione,
commerciale e istituzionale (sia primaria che secondaria). In particolare, la co-
municazione economico-finanziaria e quella strategica, considerando i piani e le
strategie delineate, determinano l’evoluzione dell’assetto reddituale, finanziario
e patrimoniale dell’azienda (assets).
Ad un livello più generale si parla di:
comunicazione primaria
comunicazione obbligatoria: deriva da vincoli normativi di tutela dei terzi
e di garanzia per gli stakeholders. L’informativa dovuta risponde a obbli-
ghi di trasparenza riguardo alla comunicazione delle performance azien-
dali.
comunicazione volontaria (o discrezionale): deriva da scelte del
management, integra la comunicazione obbligatoria ed ha come obiettivo
quello di influenzare positivamente il processo di creazione del valore.
comunicazione derivata: deriva dall’analisi e dalla elaborazione della comu-
nicazione primaria; è una comunicazione non sistematica prodotta da centri di
ricerca, accademici e altri soggetti, in aggiunta ad altri obiettivi di ricerca per
colmare i vuoti di offerta presenti sul mercato (target non raggiunto dalla co-
municazione primaria nelle sue diverse forme).
Numerosi studi nell’ambito della comunicazione d’impresa hanno dimostrato
che la distinzione tra comunicazione interna ed esterna, pur essendo concettual-
mente chiara ed efficace e di facile comprensione, rappresenta un tentativo di
prima approssimazione che necessita di un’ulteriore analisi. L’insufficienza di
questo criterio distintivo è riconducibile a diversi fattori: innanzitutto alcuni
pubblici (clienti o fornitori ad esempio) possono essere collocati su posizioni
intermedie e di confine (interno/esterno). Lo stesso conferente di capitale di ri-
schio può essere considerato come soggetto interno, se è coinvolto attivamente
nel governo dell’impresa, ma anche come soggetto esterno se svolge una pura
funzione di conferente di capitale di rischio.
In secondo luogo, il confine tra comunicazione interna ed esterna diventa meno
evidente nelle imprese che associano servizi ai beni venduti: tutte le attività di
front-office e l’insieme di atteggiamenti del personale interno verso i soggetti,
clienti o meno, esterni all’impresa, rende sottile tale confine.