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CAPITOLO PRIMO
LA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA
DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO.
BREVE RICOSTRUZIONE STORICA.
1. Premessa
Innanzitutto, per capire cosa ha significato la sentenza della Corte
Costituzionale n. 204 del 2004 nel campo della giustizia
amministrativa e quindi nel rapporto tra cittadino e Pubblica
Amministrazione, riteniamo sia necessario soffermarci, attraverso un
breve cenno, su cosa si intende con il termine “giurisdizione
esclusiva”, e sul modus operandi del giudice amministrativo dinanzi
ad una situazione soggettiva quale quella del diritto soggettivo
perfetto che tradizionalmente non rientrava nella sua cognizione
“ordinaria”. Poi passeremo ad analizzare l’evoluzione che ha portato
al decreto legislativo n. 80 del 1998; che ha rappresentato una riforma
epocale nell’ambito del criterio di riparto delle giurisdizioni e nel
campo della giurisdizione esclusiva in particolare, sancendo il
concetto mutuato dall’esperienza francese del riparto per blocs de
compétence che è andato a sostituire quello tradizionale della causa
petendi.
Questo excursus storico ci consentirà di valutare nel capitolo
successivo quello che è stato l’impatto della sentenza della Corte
Costituzionale n. 204 del 2004 sul piano generale e nelle concrete
applicazioni giurisprudenziali e le diverse e molteplici reazioni che ha
suscitato in campo dottrinale, cercando di evidenziare quelli che sono
i punti sui quali i vari autori hanno trovato maggiori convergenze.
5
2. L’oggetto e la natura della tutela
La giurisdizione esclusiva, secondo l’opinione unanime della dottrina
e della giurisprudenza, consiste nell’attribuire alla cognizione del
giudice amministrativo, in via principale, controversie afferenti non
solo ad interessi legittimi ma anche a diritti soggettivi (con il limite
dell’incidente di falso e delle questioni di stato e capacità delle parti,
sulla base degli artt. 28, 30, T.U. Cons. Stato, e 8, legge T.A.R.).
In tal modo si dilata l’ambito della giurisdizione del giudice
amministrativo a scapito di quello ordinario, incidendo sul suo limite
interno.
Da un lato quindi non si è in presenza di una giurisdizione diversa e
ulteriore – un tertium genus – rispetto a quella dell’autorità giudiziaria
ordinaria e a quella (ordinaria) del giudice amministrativo, dall’altro è
evidente il vulnus che si arreca al criterio generale (sul piano storico e
costituzionale), in considerazione dell’individuazione del giudice
ratione materiae.
Deve escludersi comunque, che il mutamento del criterio di riparto
della giurisdizione, incida sulla natura della situazione soggettiva
dedotta nel thema decidendum della res litigiosa.
Non è quindi la situazione giuridica da tutelare che deve adeguarsi al
tipo di giurisdizione, ma sono le regole processuali che devono
adattarsi alla situazione soggettiva coinvolta: perciò la tutela
giurisdizionale dei diritti soggettivi nell’ambito della giurisdizione
esclusiva non deve differenziarsi eccessivamente quanto ad effettività
e pienezza, rispetto a quella che si sarebbe ottenuta se non vi fosse
stato il trasferimento di competenza.
6
3. La giurisdizione esclusiva dalla sua “nascita” fino alla
delega legislativa contenuta nella legge n. 59/1997
Dopo questa introduzione necessaria a comprendere cosa si intende
per giurisdizione esclusiva, passeremo a delineare un breve excursus
circa l’evoluzione normativa di questo istituto dalla sua nascita,
passando per il riconoscimento (anche se non espresso) nella Carta
Costituzionale, fino alla delega legislativa contenuta nella legge n. 59
del 1997 che seppur perseguendo nelle intenzioni del Legislatore
delegante primariamente altri scopi, ha dato il là in poco tempo ad un
susseguirsi frenetico di interventi dottrinali, giurisprudenziali
(soprattutto fondamentali quelli della Corte Costituzionale che ha
ridisegnato la materia) seguenti alla sua attuazione, determinati dalle
oggettive incertezze e lacune del dato normativo.
La complessa opera di ripartizione delle competenze giurisdizionali
affonda le sue origini nella legislazione preunitaria
1
, dove già si
registrano i primi isolati casi di attribuzione ad autorità diverse dal
giudice ordinario di controversie concernenti diritti.
Nell’Italia unita, il sistema è quello recepito dalla legge n. 2248/1865
(preso a modello dalla legislazione successiva), che attribuiva al
giudice amministrativo (non ancora consapevolmente avvertito come
tale), la competenza a giudicare sulla lesione di interessi legittimi,
mentre all’aut. giud. ord. rimaneva la competenza a giudicare sulla
lesione di diritti soggettivi, fatte salve talune eccezioni.
L’introduzione della giurisdizione esclusiva (intesa anche come
formula normativa specifica), si ebbe ad opera del r.d. 30 dicembre
1923, n. 2840 – modificazioni all’ordinamento del Consiglio di Stato
e della giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale – che
elencò in maniera tassativa, le materie devolute al giudice
amministrativo concernenti diritti soggettivi.
1
Legge piemontese 20 novembre 1859 n. 3780 sui conflitti.
7
Tali disposizioni integrate con le precedenti, vennero raccolte nel T.U.
26 giugno 1924, n. 1054 (ancora in vigore).
In particolare, l’art. 29 del T.U. C.d.S. del 1924 attribuiva
“all’esclusiva giurisdizione del Consiglio di Stato” i ricorsi relativi al
pubblico impiego, quelli contro i provvedimenti in materia di
fondazione, statuti e istruzione e di educazione; le controversie tra
Stato e i suoi creditori nella materia del debito pubblico e quelle in
materia di spedalità; i ricorsi contro i decreti mediante i quali il
prefetto regoli o vieti l’esercizio delle industrie pericolose.
L’art. 30 prescriveva poi che “nelle materie deferite alla giurisdizione
esclusiva del Consiglio di Stato, questo conosce anche di tutte le
questioni relative ai diritti” (intendendosi che le questioni vengono
affrontate in via principale e non come avviene anche in tema di
giurisdizione di legittimità in via incidentale), individuando al comma
2 le questioni comunque riservate all’autorità giudiziaria ordinaria. Si
tratta delle controversie attinenti a “diritti patrimoniali consequenziali
alla pronuncia di legittimità dell’atto”, nonché delle questioni
pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità dei privati, salvo che si
tratti della capacità di stare in giudizio, e della risoluzione
dell’incidente di falso.
Era chiaro l’intento del Legislatore di agevolare l’accesso alla tutela
giurisdizionale al cittadino e la certezza dei rapporti giuridici, con
riferimento a casi in cui diritti soggettivi e interessi legittimi
risultassero strettamente intrecciati tra loro; al fine soprattutto di
risparmiare all’interessato le “forche caudine” della duplicazione dei
giudizi in relazione ad una vicenda sostanzialmente unitaria.
Un’esigenza quindi di concentrazione (delle controversie) in un unico
giudizio e di specializzazione (del giudice).
Accanto a detta tesi è emersa una diversa opzione ermeneutica ad
avviso della quale la scelta legislativa sarebbe motivata dall’esigenza
di devolvere alcune controversie al giudice maggiormente “attrezzato”
per giudicare in peculiari materie caratterizzate per la rilevanza
dell’interesse pubblico coinvolto. Si riteneva quindi, che in tali
8
situazioni fosse preferibile il ricorso ad un sistema di giustizia
sviluppato, secondo il dettato dell’art. 100, comma 1, Cost., all’interno
dell’Amministrazione.
Prescindendo dalla ratio dell’introduzione della giurisdizione
esclusiva del g.a., la dottrina tradizionale non dubitava che l’avvento
del modello della giurisdizione esclusiva non intaccasse la validità
complessiva del criterio della causa petendi (criterio che si basava
sulla natura delle situazioni giuridiche coinvolte: per cui la cognizione
sui diritti soggettivi spettava al giudice ordinario, quella sugli interessi
legittimi al giudice amministrativo) e non si ponesse con esso in
posizione di alternatività ma, semmai, di sussidiarietà.
Il principio quindi, più e oltre che un’eccezione in senso stretto,
costituiva una conferma “strumentale” del criterio generale di riparto
di giurisdizione, di cui non poneva in discussione gli assunti.
In particolare, con la previsione di “blocchi di materie” (espressione
poi utilizzata per indicare il criterio di riparto adottato nel d. lgs. n.
80/98) devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
si fissava normativamente un novero di casi in cui, pur sussistendo
posizioni di diritto soggettivo, il potere di intervento della P.A. era
considerato di rilievo tale da suggerire di caratterizzare la relativa
giurisdizione in modo analogo alle ipotesi di giurisdizione generale di
legittimità del g.a.
A parte quelle che possono essere le ragioni e i presupposti
dell’introduzione del modello della giurisdizione esclusiva nell’assetto
precedente l’avvento della Carta Costituzionale, il Costituente, così
come avallò la distinzione tra diritti e interessi legittimi quale
fondamento del riparto di giurisdizioni, alla stessa stregua considerò
fisiologico, nel sistema di riparto, l’esistenza di casi in cui la
fissazione della giurisdizione potesse essere operata dal Legislatore in
virtù della particolarità della materia e secondo un criterio che non
contraddice la validità del principio generale del riparto per posizioni.
Ne derivò l’attuale stesura dell’ attuale art. 103, comma 1, secondo cui
“il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa
9
hanno la giurisdizione per la tutela nei confronti della Pubblica
Amministrazione degli interessi legittimi [regola] e, in particolari
materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi [eccezione]”.
Preso atto che la previsione (art. 103 Cost.) delle ipotesi di
giurisdizione esclusiva costituiva il suggello di uno status quo
preesistente, ci si chiedeva, piuttosto, se detta previsione andasse
intesa come null’altro che una sorta di escamotage volto a
costituzionalizzare l’esistenza delle (pregresse) ipotesi di giurisdizione
esclusiva (contribuendo quindi a fornire una sorta di sigillo
costituzionale ad un numero tendenzialmente chiuso di ipotesi)
2
,
ovvero se la previsione in parola andasse letta come una sorta di
“clausola aperta” volta ad ammettere (e, da un punto di vista
sistematico, a limitare tendenzialmente) la possibilità di un
ampliamento del numero delle ipotesi di giurisdizione esclusiva.
La tesi che qualifica la norma costituzionale come “sanatoria”
costituzionale delle sole ipotesi vigenti di giurisdizione esclusiva, se
pure sostenuta autorevolmente in dottrina con riferimento alla c.d.
“logica della norma costituzionale”
3
, appare smentita dallo stesso dato
testuale dell’art. 103, ove si rinvia in generale alle scelte legislative
senza riferimento alle opzioni già attuate.
L’elenco delle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo è stato arricchito da numerose leggi successive
al T.U. del Cons. Stato.
Va in particolare menzionata la l. 1034/1971 (l. T.A.R.) il cui art. 7, c.
2, prescrive che il Tribunale Amministrativo Regionale “esercita
giurisdizione esclusiva” nei casi previsti dall’art. 29 T.U. Cons. Stato.,
dall’art. 4 r.d. 1058/1924 (T.U. g.P.A.) e dall’art. 5, l. T.A.R
4
.
2
In tal senso: TRAVI, Unità e riparto della giurisdizione nella prospettiva costituzionale negli atti
del convegno tenutosi presso il C.S.M. dal titolo “Unità e riparto della giurisdizione nella
prospettiva costituzionale”, Roma, 2002.
3
Sul punto, RUOPPOLO , Profili costituzionali sulla giurisdizione e sul processo amministrativo,
in Giust. civ., 2000, II, 22.
4
Quanto agli interventi legislativi volti ad ampliare le materie rientranti nella devoluzione alla
giurisdizione esclusiva si ricordano le seguenti normative: legge n. 1185/1967 (in tema di
10
Di rilievo è il richiamo a tale ultima norma, la quale aggiunge un
importante caso di giurisdizione esclusiva, costituito dalla materia
delle concessioni di beni e servizi, avendo cura di precisare che “resta
salva la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria per le
controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”.
Di estrema importanza è anche l’art. 26, l. T.A.R., in quanto ha
espressamente sancito la sussistenza del potere di condanna del
giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva
5
.
Al contrario rimaneva fermo, ai sensi dell’ art. 7, comma 3, il limite
dato dall’impossibilità di conoscere dei diritti patrimoniali
consequenziali
6
.
passaporti); art. 16, legge n. 10/1977 (con riferimento a controversie in tema di concessioni,
contributi e sanzioni edilizie); artt. 11 e 15, legge n. 241/1990 (in materia di formazione,
conclusione ed esecuzione degli accordi stipulati tra amministrazioni e privati o tra
amministrazioni); legge n. 287/1990 (in tema di ricorsi avverso i provvedimenti amministrativi
adottati dall’autorità garante della concorrenza e del mercato sulla base delle disposizioni di cui ai
titoli primo e quarto della legge); d. lgs. n. 74/1992 (con riferimento alle decisioni definitive
adottate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di pubblicità
ingannevole); legge n. 481/1995 (in ordine alle controversie relative agli atti della autorità di
regolazione dei servizi di pubblica utilità); art. 6, legge n. 537/1993, modific. dalla legge n.
724/1994 (in ordine alle controversie relative ai contratti di beni e servizi stipulati dalle
amministrazioni di cui all’art. 1, c. 2, d. lgs. n. 29/1993); art. 4, legge n. 109/1994 (per quanto
attiene alle controversie che sorgono dall’impugnazione dei provvedimenti dell’autorità per la
vigilanza sui lavori pubblici che comminano sanzioni amministrative ai soggetti operanti nel
settore); art. 1, c. 26, legge n. 249/1997 (in tema di ricorsi avverso i provvedimenti di applicazione
di sanzioni pecuniarie e di sospensione dell’efficacia di concessioni ed autorizzazioni dell’autorità
per le garanzie nelle comunicazioni); il d.l. n. 220/2003, in tema di giustizia sportiva. Dottrina e
giurisprudenza hanno ritenuto che rientrassero nell’ambito della Giurisdizione esclusiva anche
altre fattispecie, pur in assenza di una espressa indicazione legislativa in tal senso. A tale proposito
si richiameranno, in particolare, le controversie in tema di indennità di buonuscita degli impiegati
dello Stato e delle aziende autonome (legge n. 75/1980); un’ipotesi che aveva suscitato un animato
dibattito teorico, in linea di massima sfociato nell’affermazione della sussistenza della
Giurisdizione esclusiva, quella di cui all’art. 25, legge n. 241/1990 (in tema di diritto d’accesso), è
stata da ultimo ricondotta alla giurisdizione generale di legittimità, opinandosi nel senso che il
soggetto che intende accedere ai documenti dell’Amministrazione sarebbe titolare di un interesse
legittimo (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 16/1999, in Foro it., 1999, III, 433, con note di CARINGELLA e
ROMEO; in senso contrario v. però Sez. IV, 27 luglio 2000, n. 4092, in Cons. Stato, 2000, I, 1794).
5
FERRARI, Commento all’ art. 26, l. T.A.R., in ROMANO (a cura di), Commentario breve alle leggi
sulla giustizia amministrativa, ed., Padova, 1992,
6
Un depotenziamento della giurisdizione esclusiva è stato conseguente invece, per quanto riguarda
la disciplina anteriore al d. lgs. n. 80/98, alla disciplina posta dal d.lgs. 29/93 e succ, modific. (ora
sostituito dal d. lgs. 165/2001), che, a seguito della c.d. “privatizzazione del pubblico impiego“, ha
disposto l’attribuzione al giudice ordinario della cognizione di gran parte delle controversie in
materia di pubblico impiego. Secondo alcune voci, in realtà, in questo caso si sarebbe assistito più
11
4. La genesi dell’attuale formulazione dell’art. 33 del d.
lgs. n. 80/1998
4.1 La delega legislativa di cui all’art. 11, comma 4, lett. g) legge n.
59/1997 e la sua portata
L’art. 11, comma 4, lett. g), della legge n. 59 del 1997, nel quadro di
un’ampia delega legislativa per la riforma dell’Amministrazione
Pubblica, ha delegato il Governo ad emanare disposizioni integrative e
correttive al d. lgs. 29/1993, indicando, tra i principi e i criteri
direttivi, la “contestuale estensione della giurisdizione del giudice
amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali
consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno,
in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici”.
Innanzitutto la norma di delega, dal punto di vista della sua
collocazione sistematica, è quasi occultata nel corpo della normativa
di riforma.
La previsione in oggetto, infatti, non è configurata, almeno
formalmente, come espressione di un principio autonomo di delega,
ma assume la fisionomia di un “subcriterio”, essendo inserita
nell’ambito di una norma il cui oggetto principale consiste nella
devoluzione delle controversie in materia di pubblico impiego alla
giurisdizione ordinaria
7
. In altri termini, l’“estensione” della
che ad una riduzione della giurisdizione del giudice amministrativo, ad una trasformazione
sostanziale di rapporti di diritto pubblico in rapporti di diritto comune).
7
L’art. 11, comma 4, lett. g) legge n. 59 del 1997 delega il governo a “devolvere”, entro il 30
giugno 1998, al giudice ordinario, tenuto conto di quanto previsto dalla lett. a), tutte le
controversie relative ai rapporti dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, ancorché
concernenti in via incidentale atti amministrativi presupposti, ai fini della disapplicazione,
prevedendo: misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire
disfunzioni dovute al sopraccarico del contenzioso; procedure stragiudiziali di conciliazione e
arbitrato; infine, la contestuale estensione della giurisdizione del giudice amministrativo alle
controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al
risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici, prevedendo altresì un
regime processuale transitorio per i procedimenti pendenti”.
12
giurisdizione amministrativa viene in rilievo, nella struttura formale
della lett. g) dell’ art. 11 legge n. 59 cit., come uno dei criteri che il
Legislatore delegato deve seguire nel “devolvere” al giudice ordinario
il contenzioso in materia di lavoro pubblico.
In questa ottica l’aggettivo “contestuale”, posto all’inizio della norma
di delega, non indica solo il nesso di ordine temporale con la nuova
giurisdizione ordinaria sul pubblico impiego, ma, come è stato
rilevato
8
, riflette la ragione della riforma: trasferire al giudice
amministrativo sgravato del pubblico impiego una parte della
domanda di giustizia precedentemente attribuita al giudice ordinario ai
fini di un riequilibrio tra le due giurisdizioni.
4.2 Il decreto legislativo n. 80 del 31 marzo del 1998
Il vero salto di qualità del modello della giurisdizione esclusiva è stato
sancito con il decreto legislativo n. 80/1998 il quale ne ha determinato
un’espansione interna ed esterna.
La delega contenuta nell’art. 11, comma 4, lett. g), legge 15 marzo
1997, n. 59, è stata esercitata con il d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80,
recante “Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti
di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle
controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa”, il quale non
solo ha esteso la cognizione dei diritti patrimoniali consequenziali
nelle controversie relative ai servizi pubblici, urbanistica ed edilizia
che già appartenevano alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo (così come voleva l’interpretazione restrittiva della
legge delega adottata dalla Corte Costituzionale sentenza n.
8
LIPARI, La nuova giurisdizione amministrativa in materia edilizia, urbanistica e dei servizi
pubblici, in Urb. e app., 1998, 6, 593.
13
292/2000
9
), ma ha devoluto alla sua giurisdizione esclusiva tutte le
controversie in queste materie.
Il decreto introduce, a costituzione invariata, fondamentali novità che
hanno dato il là ad una rivoluzione del tradizionale assetto della
giustizia amministrativa: risultano, infatti, profondamente rivisitati e
radicalmente innovati non solo i criteri volti a perimetrare i territori
giurisdizionali da assegnare al giudice amministrativo in sede
esclusiva, ma ancor prima si è operata una decisiva scelta verso un
sistema ispirato alla tendenziale unicità della giurisdizione, piuttosto
che al dualismo giurisdizionale.
Punto fondamentale è rappresentato dall’affacciarsi del criterio del
riparto per blocchi di materie, poi ribadito dalla legge 205 del 2000, in
sostituzione di quello della causa petendi.
L’evoluzione normativa culminata nelle riforme del 1998-2000 ha
condotto alcuni osservatori a ritenere, – prima del brusco
ridimensionamento imposto dalla sentenza n. 204/2004
10
della Corte
Costituzionale – che, nonostante la perdurante vigenza dell’art. 103
Cost., il criterio della causa petendi sarebbe già oggi da considerare,
nell’ambito della Costituzione materiale, come un criterio
tendenzialmente in via di superamento.
Infatti, alla luce dell’ampiezza quantitativa e della rilevanza
qualitativa delle materie di cui alla “nuova” giurisdizione esclusiva del
g.a. (ci si riferisce, in particolare, alle ipotesi di cui al d.lgs. n.
80/1998, artt. 33 e 34), oltre che il rafforzamento dei poteri del giudice
amministrativo esclusivo, questa ricostruzione ha parlato di un vero e
proprio “ribaltamento” del rapporto regola-eccezione fra il criterio
9
In Giur. it., 2000, 135; Gius. civ., 2000, 2491;
10
In Giur. cost., 2004, f. 4; Foro it. 2004, I, 2594, nota di BENINI, TRAVI, FRACCHIA; Giur. it.,
2255; Foro amm. C.D.S, 2004, 1895 con nota di SATTA, GALLO, SICLARI; Resp. civ. e prev., 2004,
1003 con nota di ANGELETTI; Giust. civ., 2004, I, 2207, con nota SANDULLI, DELLE DONNE; Dir.
proc. amm., 2004, 799 con nota CERULLI IRELLI, VILLATA; Serv. pubbl. e app. 2004, 798 con
nota di FRACCHIA; D & G, Dir. e gius., 2004, f. 29, 16 con nota di ROSSETTI, MEDICI.
14
della giurisdizione esclusiva per materia e quello della distinzione fra
diritti e interessi
11
.
Altra parte della dottrina ha parlato, a proposito delle innovazioni in
punto di disciplina processuale degli anni 1998-2000, di un vero e
proprio “sconquasso” del previgente assetto (anche costituzionale) del
sistema di giustizia amministrativa nel suo complesso
12
.
Si è quindi reputato che la nuova giurisdizione esclusiva, espansa
all’interno ed all’esterno, abbia delineato un modello di
concentrazione della tutela che ha poi fatto breccia anche nella
giurisdizione di legittimità per effetto della devoluzione della
cognizione delle questioni risarcitorie.
Il Legislatore delegato ha inteso realizzare l’unificazione della tutela
dinanzi al giudice amministrativo in materia di giurisdizione
esclusiva, eliminando il criterio del doppio binario di tutela
giurisdizionale caratterizzato dal previo annullamento dell’atto cui è
subordinato l’eventuale successivo giudizio di condanna per il
risarcimento dei danni dinanzi al giudice ordinario ed attribuendo al
g.a. esclusivo, ormai dotato di giurisdizione piena, anche il potere di
assicurare la tutela risarcitoria (art. 35, comma 1).
L’art. 35, comma 4, d. lgs. 80/1998, infatti, ha modificato l’art. 7,
comma 3, legge n. 1034 del 1971, sopprimendo la riserva di
giurisdizione del giudice ordinario con riferimento ai diritti
patrimoniali consequenziali; il comma 5, inoltre, ha disposto in modo
significativo l’abrogazione dell’art. 13, legge 142/1992 e di “ogni altra
disposizione che prevede la devoluzione al giudice ordinario delle
controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento
11
Sul punto, v.: DI MODUGNO, in La nuova giurisdizione esclusiva e la prova nel processo
amministrativo: prime riflessioni sulla recente riforma, in Dir. proc. amm., 2000, fasc. 1, 13 ss.
12
PROTO PISANI, Verso il superamento della giurisdizione amministrativa, in Foro it., 2001, V, 26,
4. Sul punto, v. anche VIOLA, Recenti tendenze della giustizia amministrativa: verso un diverso
criterio di riparto della giurisdizione? in Cons. Stato, 1995, II, 318, che riporta la posizione sul
punto di CASSESE.
15
di atti amministrativi” nelle materie dei servizi pubblici,
dell’urbanistica e dell’edilizia.
E’ stato poi modificato l’art. 5, legge T.A.R., espungendo dal suo
campo la concessione di servizi pubblici.
Il d. lgs. n. 80/98, con gli artt. da 33 a 35, perciò, se da un lato ha
dilatato non poco i confini della giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, includendovi tutte le controversie rientranti nelle
materie dei servizi pubblici, dell’edilizia e dell’urbanistica; al
contempo ha mutato le regole del riparto nella stessa giurisdizione
esclusiva, ascrivendo al giudice amministrativo la cognizione dei
diritti consequenziali e dei profili risarcitori, con l’ammissione della
reintegra in forma specifica; infine ha munito il giudice
amministrativo del corredo processuale necessario per far fronte ai
nuovi compiti, dotandolo dei mezzi di prova codificati nel processo
civile (escluse le prove legali), ed ivi compreso l’indispensabile
strumento della consulenza tecnica.
Passando ad esaminare nel merito contenuto e carattere dell’intervento
legislativo volto a dare attuazione alla delega legislativa, l’art. 33
innanzitutto estende la giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, a tutte le controversie in materia di servizi pubblici,
ivi compresi quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle
assicurazioni, al mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai
trasporti, alle telecomunicazioni ed ai servizi di cui alla legge 14
novembre 1995, n. 481.
L’ambito della giurisdizione era pertanto perimetrato alla stregua di
un triplice criterio: il primo, costituito dal riferimento alla nozione di
servizio pubblico, avente carattere generale e principale , gli altri due,
invece, volti a specificare e puntualizzare un concetto la cui
definizione ha sempre costituito oggetto di un vivace dibattito sia in
sede dottrinale che giurisprudenziale.
Il Legislatore del 98 quindi, ha cercato di prevenire i rischi derivanti
dal riferimento ad una nozione così incerta come quella di servizio
pubblico per perimetrare il terreno della giurisdizione esclusiva del
16
giudice amministrativo procedendo ad un’indicazione esemplificativa
dei singoli settori in seno ai quali è normale riscontrare attività
sussumibili in quella nozione (operazione tra l’altro dettata dallo
stesso Consiglio di Stato in un suo parere sullo schema di decreto
legislativo predisposto dal Governo). Il carattere esemplificativo lo si
può dedurre oltre che dalla stessa formulazione testuale della
disposizione, segnatamente dall’inciso “ivi compresi” anche e prima
ancora da una lettura d’insieme dell’art. 33, volta a coordinare sul
piano esegetico il primo comma alle previsioni normative contenute
nel comma successivo.
Dalla seconda parte della disposizione in commento si ricava
agevolmente, che nella nozione di servizio pubblico, rilevante ai fini
della perimetrazione della nuova giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, sono da ricondurre il “servizio sanitario nazionale”,
“la pubblica istruzione”, [co. 2 lett. f)], nonché tutti i servizi pubblici
locali contemplati dall’art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142 [co. 2
lett. a)]: tutti servizi non ricompresi nell’elencazione del primo
comma dell’art. 33 che non aveva, pertanto, carattere esaustivo.
Rilievo centrale quindi aveva ai fini della esatta delimitazione della
sfera di giurisdizione rimessa al giudice amministrativo la nozione di
servizio pubblico, in alcun modo precisato dall’art. 33.
Il Legislatore del 98 riconduce espressamente nell’alveo di operatività
della nuova giurisdizione esclusiva talune tipologie di controversie
che, più di altre, avrebbero dato adito a maggiori perplessità di
inquadramento. Anche con riguardo a questo criterio delimitativo
degli ambiti giurisprudenziali assegnati al giudice amministrativo
emergeva il carattere meramente esemplificativo peraltro agevolmente
desumibile dalla formulazione testuale (“tali controversie sono in
particolare quelle”) oltre che la finalità chiaramente chiarificatrice
rispetto a quello che è l’unico criterio di riparto utilizzato, quello
costituito dalla nozione di servizio pubblico. Il dato certo che emerge
da questa sommaria e rapida lettura della disposizione in commento è
quindi costituito dall’adesione legislativa ad un innovativo
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meccanismo di delimitazione della giurisdizione amministrativa, non
più fondato sulla distinzione delle posizioni soggettive, criterio della
causa petendi, ma sui c.d. blocchi di competenza; l’intera materia dei
servizi pubblici è ricondotta nell’ambito giurisdizionale del giudice
amministrativo, cui sono nel contempo ascritti nuovi e più incisivi
poteri, secondo la previsione del successivo art. 35.
In materia di urbanistica ed edilizia, l’art. 34 devolve, per le
controversie introdotte a partire dal 1° luglio 1998 (art. 45 del d. lgs.
80/1998) alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le
controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti e i
comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica
ed edilizia (co. 1), precisando che, agli effetti del decreto, la materia
urbanistica concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio (co. 2). Il
successivo co. 3, infine, dispone che nulla è innovato in ordine: a) alla
giurisdizione del tribunale superiore delle acque; b) alla giurisdizione
del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione
e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di
atti di natura espropriativa e ablativa.
Si trattava comunque di una tecnica di perimetrazione della
giurisdizione amministrativa che ha lasciato più di un dubbio non solo
sul piano della compatibilità costituzionale, ma anche sul piano
dell’intrinseca inidoneità della nozione di servizio pubblico e di
urbanistica ed edilizia a consentire il conseguimento di quegli obiettivi
di semplificazione nella ricerca del giudice competente sottesi alla
scelta di sostituire con il criterio della materia quello tradizionale
fondato sulla distinzione fra diritti e interessi.