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CAPITOLO PRIMO 
 
LA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA  
DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO.  
BREVE RICOSTRUZIONE STORICA. 
 
 
1. Premessa 
 
Innanzitutto, per capire cosa ha significato la sentenza della Corte 
Costituzionale n. 204 del 2004 nel campo della giustizia 
amministrativa e quindi nel rapporto tra cittadino e Pubblica 
Amministrazione, riteniamo sia necessario soffermarci, attraverso un 
breve cenno, su cosa si intende con  il termine “giurisdizione 
esclusiva”, e sul modus operandi del giudice amministrativo dinanzi 
ad una situazione soggettiva quale quella del diritto soggettivo 
perfetto che tradizionalmente non rientrava nella sua cognizione 
“ordinaria”. Poi passeremo ad analizzare l’evoluzione che ha portato 
al decreto legislativo n. 80 del 1998; che ha rappresentato una riforma 
epocale nell’ambito del criterio di riparto delle giurisdizioni e nel 
campo della giurisdizione esclusiva in particolare, sancendo il 
concetto mutuato dall’esperienza francese del riparto per blocs de 
compétence che è andato a sostituire quello tradizionale della causa 
petendi. 
Questo excursus storico ci consentirà di valutare nel capitolo 
successivo quello che è stato l’impatto della sentenza della Corte 
Costituzionale n. 204 del 2004 sul piano generale e nelle concrete 
applicazioni giurisprudenziali e le diverse e molteplici reazioni che ha 
suscitato in campo dottrinale, cercando di evidenziare quelli che sono 
i punti sui quali i vari autori hanno trovato maggiori convergenze. 
  
 
5 
2. L’oggetto e la natura della tutela 
 
La giurisdizione esclusiva, secondo  l’opinione unanime della dottrina 
e della giurisprudenza, consiste nell’attribuire alla cognizione del 
giudice amministrativo, in via principale, controversie afferenti non 
solo ad interessi legittimi ma anche a diritti soggettivi (con il limite 
dell’incidente di falso e delle questioni di stato e capacità delle parti, 
sulla base degli artt. 28, 30, T.U. Cons. Stato, e 8, legge T.A.R.).  
In tal modo si dilata l’ambito della giurisdizione del giudice 
amministrativo a scapito di quello ordinario, incidendo sul suo limite 
interno.  
Da un lato quindi non si è in presenza di una giurisdizione diversa e    
ulteriore – un tertium genus – rispetto a quella dell’autorità giudiziaria 
ordinaria e a quella (ordinaria) del giudice amministrativo, dall’altro è 
evidente il vulnus che si arreca al criterio generale (sul piano storico e 
costituzionale), in considerazione dell’individuazione del giudice 
ratione materiae. 
Deve escludersi comunque, che il mutamento del criterio di riparto 
della giurisdizione, incida sulla natura della situazione soggettiva 
dedotta nel  thema decidendum della res litigiosa. 
Non è quindi la situazione giuridica da tutelare che deve adeguarsi al 
tipo di giurisdizione, ma sono le regole processuali che devono 
adattarsi alla situazione soggettiva coinvolta: perciò la tutela 
giurisdizionale dei diritti soggettivi nell’ambito della giurisdizione 
esclusiva non deve differenziarsi eccessivamente quanto ad effettività 
e pienezza, rispetto a quella che si sarebbe ottenuta se non vi fosse 
stato il trasferimento di competenza. 
 
 
  
 
6 
3. La giurisdizione esclusiva dalla sua “nascita” fino alla 
delega legislativa contenuta nella legge n. 59/1997 
 
Dopo questa introduzione necessaria a comprendere cosa si intende 
per giurisdizione esclusiva, passeremo a delineare un breve excursus 
circa l’evoluzione normativa di questo istituto dalla sua nascita, 
passando per  il riconoscimento (anche se non espresso) nella Carta 
Costituzionale, fino alla delega legislativa contenuta nella legge n. 59 
del 1997 che seppur perseguendo nelle intenzioni del Legislatore 
delegante  primariamente altri scopi, ha dato il là in poco tempo ad un 
susseguirsi frenetico di interventi dottrinali, giurisprudenziali 
(soprattutto fondamentali quelli della Corte Costituzionale che ha 
ridisegnato la materia) seguenti alla sua attuazione, determinati dalle 
oggettive incertezze e lacune del dato normativo.  
La complessa opera di ripartizione delle competenze giurisdizionali 
affonda le sue origini nella legislazione preunitaria
1
, dove già si 
registrano i primi isolati casi di attribuzione ad autorità diverse dal 
giudice ordinario di controversie concernenti diritti. 
Nell’Italia unita, il sistema è quello recepito dalla legge n. 2248/1865 
(preso a modello dalla legislazione successiva), che attribuiva al 
giudice amministrativo (non ancora consapevolmente avvertito come 
tale), la competenza a giudicare sulla lesione di interessi legittimi, 
mentre all’aut. giud. ord. rimaneva la competenza a giudicare sulla 
lesione di diritti soggettivi, fatte salve talune eccezioni. 
L’introduzione della giurisdizione esclusiva (intesa anche come 
formula normativa specifica), si ebbe ad opera del r.d. 30 dicembre 
1923, n. 2840  – modificazioni all’ordinamento del Consiglio di Stato 
e della giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale – che 
elencò in maniera tassativa, le materie devolute al giudice 
amministrativo concernenti diritti soggettivi. 
                                          
1
 Legge piemontese 20 novembre 1859 n. 3780 sui conflitti. 
  
 
7 
Tali disposizioni integrate con le precedenti, vennero raccolte nel T.U. 
26 giugno 1924, n. 1054 (ancora in vigore). 
In particolare, l’art. 29 del T.U. C.d.S. del 1924 attribuiva 
“all’esclusiva giurisdizione del Consiglio di Stato” i ricorsi relativi al 
pubblico impiego, quelli contro i provvedimenti in materia di 
fondazione, statuti e istruzione e di educazione; le controversie tra 
Stato e i suoi creditori nella materia del debito pubblico e quelle in 
materia di spedalità; i ricorsi contro i decreti mediante i quali il 
prefetto regoli o vieti l’esercizio delle industrie pericolose. 
L’art. 30 prescriveva poi che “nelle materie deferite alla giurisdizione 
esclusiva del Consiglio di Stato, questo conosce anche di tutte le 
questioni relative ai diritti” (intendendosi che le questioni vengono 
affrontate in via principale e non come avviene anche in tema di 
giurisdizione di legittimità in via incidentale), individuando al comma 
2 le questioni comunque riservate all’autorità giudiziaria ordinaria. Si 
tratta delle controversie attinenti a “diritti patrimoniali consequenziali 
alla pronuncia di legittimità dell’atto”, nonché delle questioni 
pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità dei privati, salvo che si 
tratti della capacità di stare in giudizio, e della risoluzione 
dell’incidente di falso. 
Era chiaro l’intento del Legislatore di agevolare l’accesso alla tutela 
giurisdizionale al cittadino e la certezza dei rapporti giuridici, con 
riferimento a casi in cui diritti soggettivi e interessi legittimi 
risultassero strettamente intrecciati tra loro; al fine soprattutto di 
risparmiare all’interessato le “forche caudine” della duplicazione dei 
giudizi in relazione ad una vicenda sostanzialmente unitaria. 
Un’esigenza quindi di concentrazione (delle controversie) in un unico 
giudizio e di specializzazione (del giudice). 
Accanto a detta tesi è emersa una diversa opzione ermeneutica ad 
avviso della quale la scelta legislativa sarebbe motivata dall’esigenza 
di devolvere alcune controversie al giudice maggiormente “attrezzato” 
per giudicare in peculiari materie caratterizzate per la rilevanza 
dell’interesse pubblico coinvolto. Si riteneva quindi, che in tali 
  
 
8 
situazioni fosse preferibile il  ricorso ad un sistema di giustizia 
sviluppato, secondo il dettato dell’art. 100, comma 1, Cost., all’interno 
dell’Amministrazione. 
Prescindendo dalla ratio dell’introduzione della giurisdizione 
esclusiva del g.a., la dottrina tradizionale non dubitava che l’avvento 
del modello della giurisdizione esclusiva non intaccasse la validità 
complessiva del criterio della causa petendi  (criterio che si basava 
sulla natura delle situazioni giuridiche coinvolte: per cui la cognizione 
sui diritti soggettivi spettava al giudice ordinario, quella sugli interessi 
legittimi al giudice amministrativo) e non si ponesse con esso in 
posizione di alternatività  ma, semmai, di sussidiarietà.  
Il principio quindi, più e oltre che un’eccezione in senso stretto, 
costituiva una conferma “strumentale” del criterio generale di riparto 
di giurisdizione, di cui non poneva in discussione gli assunti. 
In particolare, con la previsione di “blocchi di materie” (espressione 
poi utilizzata per indicare il criterio di riparto adottato nel d. lgs. n. 
80/98) devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo 
si fissava normativamente un novero di casi in cui, pur sussistendo 
posizioni di diritto soggettivo, il potere di intervento della P.A. era 
considerato di rilievo tale da suggerire di caratterizzare la relativa 
giurisdizione in modo analogo alle ipotesi di giurisdizione generale di 
legittimità del g.a. 
A parte quelle che possono essere le ragioni e i presupposti 
dell’introduzione del modello della giurisdizione esclusiva nell’assetto 
precedente l’avvento della Carta Costituzionale, il Costituente, così 
come avallò la distinzione tra diritti e interessi legittimi quale 
fondamento del riparto di giurisdizioni, alla stessa stregua considerò 
fisiologico, nel sistema di riparto, l’esistenza di casi in cui la 
fissazione della giurisdizione potesse essere operata dal Legislatore in 
virtù della particolarità della materia e secondo un criterio che non 
contraddice la validità del principio generale del riparto per posizioni. 
Ne derivò l’attuale stesura dell’ attuale art. 103, comma 1, secondo cui 
“il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa 
  
 
9 
hanno la giurisdizione per la tutela nei confronti della Pubblica 
Amministrazione degli interessi legittimi [regola] e, in particolari 
materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi [eccezione]”. 
Preso atto che la previsione (art. 103 Cost.) delle ipotesi di 
giurisdizione esclusiva costituiva il suggello di uno status quo 
preesistente, ci si chiedeva, piuttosto, se detta previsione andasse 
intesa come null’altro che una sorta di escamotage volto a 
costituzionalizzare l’esistenza delle (pregresse) ipotesi di giurisdizione 
esclusiva (contribuendo quindi a fornire una sorta di sigillo 
costituzionale ad un numero tendenzialmente chiuso di ipotesi)
2
, 
ovvero se la previsione in parola andasse letta come una sorta di 
“clausola aperta” volta ad ammettere (e, da un punto di vista 
sistematico, a limitare tendenzialmente) la possibilità di un 
ampliamento del numero delle ipotesi di giurisdizione esclusiva. 
La tesi che qualifica la norma costituzionale come “sanatoria” 
costituzionale delle sole ipotesi vigenti di giurisdizione esclusiva, se 
pure sostenuta autorevolmente in dottrina con riferimento alla c.d. 
“logica della norma costituzionale”
3
, appare smentita dallo stesso dato 
testuale dell’art. 103, ove si rinvia in generale alle scelte legislative 
senza riferimento alle opzioni già attuate. 
L’elenco delle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del 
giudice amministrativo è stato arricchito da numerose leggi successive 
al T.U. del Cons.  Stato.  
Va in particolare menzionata la l. 1034/1971 (l. T.A.R.) il cui art. 7, c. 
2, prescrive che il Tribunale Amministrativo Regionale “esercita 
giurisdizione esclusiva” nei casi previsti dall’art. 29 T.U. Cons. Stato., 
dall’art. 4 r.d. 1058/1924 (T.U. g.P.A.) e dall’art. 5, l. T.A.R
4
. 
                                          
2
 In tal senso: TRAVI, Unità e riparto della giurisdizione nella prospettiva costituzionale negli atti 
del convegno tenutosi presso il C.S.M. dal titolo “Unità e riparto della giurisdizione nella 
prospettiva costituzionale”, Roma, 2002. 
 
3
 Sul punto, RUOPPOLO , Profili costituzionali sulla giurisdizione e sul processo amministrativo, 
in Giust. civ., 2000, II, 22. 
4
 Quanto agli interventi legislativi volti ad ampliare le materie rientranti nella devoluzione alla 
giurisdizione esclusiva si ricordano le seguenti normative: legge n. 1185/1967 (in tema di 
 
  
 
10 
Di rilievo è il richiamo a tale ultima norma, la quale aggiunge un 
importante caso di giurisdizione esclusiva, costituito dalla materia 
delle concessioni di beni e servizi, avendo cura di precisare che “resta 
salva la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria per le 
controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”. 
Di estrema importanza è anche l’art. 26, l. T.A.R., in quanto ha 
espressamente sancito la sussistenza del potere di condanna del 
giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva
5
. 
Al contrario rimaneva fermo, ai sensi dell’ art. 7, comma 3, il limite 
dato dall’impossibilità di conoscere dei diritti patrimoniali 
consequenziali
6
. 
                                                                                                                   
passaporti); art. 16, legge n. 10/1977 (con riferimento a controversie in tema di concessioni, 
contributi e sanzioni edilizie); artt. 11 e 15, legge n. 241/1990 (in materia di formazione, 
conclusione ed esecuzione degli accordi stipulati tra amministrazioni e privati o tra 
amministrazioni); legge n. 287/1990 (in tema di ricorsi avverso i provvedimenti amministrativi 
adottati dall’autorità garante della concorrenza e del mercato sulla base delle disposizioni di cui ai 
titoli primo e quarto della legge); d. lgs. n. 74/1992 (con riferimento alle decisioni definitive 
adottate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di pubblicità 
ingannevole); legge n. 481/1995 (in ordine alle controversie relative agli atti della autorità di 
regolazione dei servizi di pubblica utilità); art. 6, legge n. 537/1993, modific. dalla legge n. 
724/1994 (in ordine alle controversie relative ai contratti di beni e servizi stipulati dalle 
amministrazioni  di cui all’art. 1, c. 2, d. lgs. n. 29/1993); art. 4, legge n. 109/1994 (per quanto 
attiene alle controversie che sorgono dall’impugnazione dei provvedimenti dell’autorità per la 
vigilanza sui lavori pubblici che comminano sanzioni amministrative ai soggetti operanti nel 
settore); art. 1, c. 26, legge n. 249/1997 (in tema di ricorsi avverso i provvedimenti di applicazione 
di sanzioni pecuniarie e di sospensione dell’efficacia di concessioni ed autorizzazioni dell’autorità 
per le garanzie nelle comunicazioni); il d.l. n. 220/2003, in tema di giustizia sportiva. Dottrina e 
giurisprudenza hanno ritenuto che rientrassero nell’ambito della Giurisdizione esclusiva anche 
altre fattispecie, pur in assenza di una espressa indicazione legislativa in tal senso. A tale proposito 
si richiameranno, in particolare, le controversie in tema di indennità di buonuscita degli impiegati 
dello Stato e delle aziende autonome (legge n. 75/1980); un’ipotesi che aveva suscitato un animato 
dibattito teorico, in linea di massima sfociato nell’affermazione della sussistenza della 
Giurisdizione esclusiva, quella di cui all’art. 25, legge n. 241/1990 (in tema di diritto d’accesso), è 
stata da ultimo ricondotta alla giurisdizione generale di legittimità, opinandosi nel senso che il 
soggetto che intende accedere ai documenti dell’Amministrazione sarebbe titolare di un interesse 
legittimo (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 16/1999, in Foro it., 1999, III, 433, con note di CARINGELLA  e 
ROMEO; in senso contrario v. però Sez. IV, 27 luglio 2000, n. 4092, in Cons. Stato, 2000, I, 1794). 
5
 FERRARI, Commento all’ art. 26, l. T.A.R., in ROMANO (a cura di), Commentario breve alle leggi 
sulla giustizia amministrativa, ed., Padova, 1992, 
6
 Un depotenziamento della giurisdizione esclusiva è stato conseguente invece, per quanto riguarda 
la disciplina anteriore al d. lgs. n. 80/98, alla disciplina posta dal d.lgs. 29/93 e succ, modific. (ora 
sostituito dal d. lgs. 165/2001), che, a seguito della c.d. “privatizzazione del pubblico impiego“, ha 
disposto l’attribuzione al giudice ordinario della cognizione di gran parte delle controversie in 
materia di pubblico impiego. Secondo alcune voci, in realtà, in questo caso si sarebbe assistito più 
 
  
 
11 
4. La genesi dell’attuale formulazione dell’art. 33 del d. 
lgs. n. 80/1998 
 
4.1 La delega legislativa di cui all’art. 11, comma 4, lett. g) legge n. 
59/1997 e la sua portata 
 
L’art. 11, comma 4, lett. g), della legge n. 59 del 1997, nel quadro di 
un’ampia delega legislativa per la riforma dell’Amministrazione 
Pubblica, ha delegato il Governo ad emanare disposizioni integrative e 
correttive al d. lgs. 29/1993, indicando, tra i principi e i criteri 
direttivi, la “contestuale estensione della giurisdizione del giudice 
amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali 
consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno, 
in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici”. 
Innanzitutto la norma di delega, dal punto di vista della sua 
collocazione sistematica, è quasi occultata nel corpo della normativa 
di riforma.  
La previsione in oggetto, infatti, non è configurata, almeno 
formalmente, come espressione di un principio autonomo di delega, 
ma assume la fisionomia di un “subcriterio”, essendo inserita 
nell’ambito di una norma il cui oggetto principale consiste nella 
devoluzione delle controversie in materia di pubblico impiego alla 
giurisdizione ordinaria
7
. In altri termini, l’“estensione” della 
                                                                                                                   
che ad una riduzione della giurisdizione del giudice amministrativo, ad una trasformazione 
sostanziale di rapporti di diritto pubblico in rapporti di diritto comune). 
7
 L’art. 11, comma 4, lett. g) legge n. 59 del 1997 delega il governo a “devolvere”, entro il 30 
giugno 1998, al giudice ordinario, tenuto conto di quanto previsto dalla lett. a), tutte le 
controversie relative ai rapporti dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, ancorché 
concernenti in via incidentale atti amministrativi presupposti, ai fini della disapplicazione, 
prevedendo: misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire 
disfunzioni dovute al sopraccarico del contenzioso; procedure stragiudiziali di conciliazione e 
arbitrato; infine, la contestuale estensione della giurisdizione del giudice amministrativo alle 
controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al 
risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici, prevedendo altresì un 
regime processuale transitorio per i procedimenti pendenti”. 
  
 
12 
giurisdizione amministrativa viene in rilievo, nella struttura formale 
della lett. g) dell’ art. 11 legge n. 59 cit., come uno dei criteri che il 
Legislatore delegato deve seguire nel “devolvere” al giudice ordinario 
il contenzioso in materia di lavoro pubblico. 
In questa ottica l’aggettivo “contestuale”, posto all’inizio della norma 
di delega, non indica solo il nesso di ordine temporale con la nuova 
giurisdizione ordinaria sul pubblico impiego, ma, come è stato 
rilevato
8
, riflette la ragione della riforma: trasferire al giudice 
amministrativo sgravato del pubblico impiego una parte della 
domanda di giustizia precedentemente attribuita al giudice ordinario ai 
fini di un riequilibrio tra le due giurisdizioni. 
 
 
4.2 Il decreto legislativo n. 80 del 31 marzo del 1998 
 
Il vero salto di qualità del modello della giurisdizione esclusiva è stato 
sancito con il decreto legislativo n. 80/1998 il quale ne ha determinato 
un’espansione interna ed esterna. 
La delega contenuta nell’art. 11, comma 4, lett. g), legge 15 marzo 
1997, n. 59, è stata esercitata con il d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80, 
recante “Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti 
di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle 
controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa”, il quale non 
solo ha esteso la cognizione dei diritti patrimoniali consequenziali 
nelle controversie relative ai servizi pubblici, urbanistica ed edilizia 
che già appartenevano alla giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo (così come voleva l’interpretazione restrittiva della 
legge delega adottata dalla Corte Costituzionale sentenza n. 
                                          
8
 LIPARI, La nuova giurisdizione amministrativa in materia edilizia, urbanistica e dei servizi 
pubblici, in Urb. e app., 1998, 6, 593. 
  
 
13 
292/2000
9
), ma ha devoluto alla sua giurisdizione esclusiva tutte le 
controversie in queste materie. 
Il decreto introduce, a costituzione invariata, fondamentali novità che 
hanno dato il là ad una rivoluzione del tradizionale assetto della 
giustizia amministrativa: risultano, infatti, profondamente rivisitati e 
radicalmente innovati non solo i criteri volti a perimetrare i territori 
giurisdizionali da assegnare al giudice amministrativo in sede 
esclusiva, ma ancor prima si è operata una decisiva scelta verso un 
sistema ispirato alla tendenziale unicità della giurisdizione, piuttosto 
che al dualismo giurisdizionale. 
Punto fondamentale è rappresentato dall’affacciarsi del criterio del 
riparto per blocchi di materie, poi ribadito dalla legge 205 del 2000, in 
sostituzione di quello della causa petendi. 
L’evoluzione normativa culminata nelle riforme del 1998-2000 ha 
condotto alcuni osservatori a ritenere, – prima del brusco 
ridimensionamento imposto dalla  sentenza n. 204/2004
10
 della Corte 
Costituzionale – che, nonostante la perdurante vigenza dell’art. 103 
Cost., il criterio della causa petendi sarebbe già oggi da considerare, 
nell’ambito della Costituzione materiale, come un criterio 
tendenzialmente in via di superamento. 
Infatti, alla luce dell’ampiezza quantitativa e della rilevanza 
qualitativa delle materie di cui alla “nuova” giurisdizione esclusiva del 
g.a. (ci si riferisce, in particolare, alle ipotesi di cui al d.lgs. n. 
80/1998, artt. 33 e 34), oltre che il rafforzamento dei poteri del giudice 
amministrativo esclusivo, questa ricostruzione ha parlato di un vero e 
proprio “ribaltamento” del rapporto regola-eccezione fra il criterio 
                                          
9
 In Giur. it., 2000, 135; Gius. civ., 2000, 2491; 
10
 In Giur. cost., 2004, f. 4; Foro it. 2004, I, 2594, nota di BENINI, TRAVI, FRACCHIA; Giur. it.,  
2255; Foro amm. C.D.S, 2004, 1895 con nota di SATTA, GALLO, SICLARI; Resp. civ. e prev., 2004, 
1003 con nota di ANGELETTI; Giust. civ., 2004, I, 2207, con nota SANDULLI, DELLE DONNE; Dir. 
proc. amm., 2004, 799 con nota CERULLI IRELLI, VILLATA; Serv.  pubbl. e app.  2004, 798 con 
nota di FRACCHIA; D & G, Dir. e gius., 2004, f. 29, 16 con nota di ROSSETTI, MEDICI. 
  
 
14 
della giurisdizione esclusiva per materia e quello della distinzione fra 
diritti e interessi
11
. 
Altra parte della dottrina ha parlato, a proposito delle innovazioni in 
punto di disciplina processuale degli anni 1998-2000, di un vero e 
proprio “sconquasso” del previgente assetto (anche costituzionale) del 
sistema di giustizia amministrativa nel suo complesso
12
. 
Si è quindi reputato che la nuova giurisdizione esclusiva, espansa 
all’interno ed all’esterno, abbia delineato un modello di 
concentrazione della tutela che ha poi fatto breccia anche nella 
giurisdizione di legittimità per effetto della devoluzione della 
cognizione delle questioni risarcitorie. 
Il Legislatore delegato ha  inteso realizzare l’unificazione della tutela 
dinanzi al giudice amministrativo in materia di giurisdizione 
esclusiva, eliminando il criterio del doppio binario di tutela 
giurisdizionale caratterizzato dal previo annullamento dell’atto cui è 
subordinato l’eventuale successivo giudizio di condanna per il 
risarcimento dei danni dinanzi al giudice ordinario ed attribuendo al 
g.a. esclusivo, ormai dotato di giurisdizione piena, anche il potere di 
assicurare la tutela risarcitoria (art. 35, comma 1).  
L’art. 35, comma 4, d. lgs. 80/1998, infatti, ha modificato l’art. 7, 
comma 3, legge n. 1034 del 1971, sopprimendo la riserva di 
giurisdizione del giudice ordinario con riferimento ai diritti 
patrimoniali consequenziali; il comma 5, inoltre, ha disposto in modo 
significativo l’abrogazione dell’art. 13, legge 142/1992 e di “ogni altra 
disposizione che prevede la devoluzione al giudice ordinario delle 
controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento 
                                          
11
 Sul punto, v.: DI MODUGNO, in La nuova giurisdizione esclusiva e la prova nel processo 
amministrativo: prime riflessioni sulla recente riforma, in Dir. proc. amm., 2000, fasc. 1, 13 ss. 
12
 PROTO PISANI, Verso il superamento della giurisdizione amministrativa, in Foro it., 2001, V, 26, 
4. Sul punto, v. anche VIOLA, Recenti tendenze della giustizia amministrativa: verso un diverso 
criterio di riparto della giurisdizione? in Cons. Stato, 1995, II, 318, che riporta la posizione sul 
punto di CASSESE. 
  
 
15 
di atti amministrativi” nelle materie dei servizi pubblici, 
dell’urbanistica e dell’edilizia. 
E’ stato poi modificato l’art. 5, legge T.A.R., espungendo dal suo 
campo la concessione di servizi pubblici.  
Il d. lgs. n. 80/98, con gli artt. da 33 a 35, perciò, se da un lato ha 
dilatato non poco i confini della giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo, includendovi tutte le controversie rientranti nelle 
materie dei servizi pubblici, dell’edilizia e dell’urbanistica; al 
contempo ha mutato le regole del riparto nella stessa giurisdizione 
esclusiva, ascrivendo al giudice amministrativo la cognizione dei 
diritti consequenziali e dei profili risarcitori, con l’ammissione della 
reintegra in forma specifica; infine ha munito il giudice 
amministrativo del corredo processuale necessario per far fronte ai 
nuovi compiti, dotandolo dei mezzi di prova codificati nel processo 
civile (escluse le prove legali), ed ivi compreso l’indispensabile 
strumento della consulenza tecnica. 
Passando ad esaminare nel merito contenuto e carattere dell’intervento 
legislativo volto a dare attuazione alla delega legislativa, l’art. 33 
innanzitutto estende la giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo, a tutte le controversie in materia di servizi pubblici, 
ivi compresi quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle 
assicurazioni, al mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai 
trasporti, alle telecomunicazioni ed ai servizi di cui alla legge 14 
novembre 1995, n. 481. 
L’ambito della giurisdizione era pertanto perimetrato  alla stregua di 
un triplice criterio: il primo, costituito dal riferimento alla nozione di 
servizio pubblico, avente carattere generale e principale , gli altri due, 
invece, volti a specificare e puntualizzare un concetto la cui 
definizione ha sempre costituito oggetto di un vivace dibattito sia in 
sede dottrinale che giurisprudenziale. 
Il Legislatore del 98 quindi, ha cercato di prevenire i rischi derivanti 
dal riferimento ad una nozione così incerta come quella di servizio 
pubblico per perimetrare il terreno della giurisdizione esclusiva del 
  
 
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giudice amministrativo procedendo ad un’indicazione esemplificativa 
dei singoli settori in seno ai quali è normale riscontrare attività 
sussumibili in quella nozione (operazione tra l’altro dettata dallo 
stesso Consiglio di Stato in un suo parere sullo schema di decreto 
legislativo predisposto dal Governo). Il carattere esemplificativo lo si 
può dedurre oltre che dalla stessa formulazione  testuale della 
disposizione, segnatamente dall’inciso “ivi compresi” anche e prima 
ancora da una lettura d’insieme dell’art. 33, volta a coordinare sul 
piano esegetico il primo comma alle previsioni normative contenute 
nel comma successivo. 
Dalla seconda parte della disposizione in commento si ricava 
agevolmente, che nella nozione di servizio pubblico, rilevante ai fini 
della perimetrazione della nuova giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo, sono da ricondurre il “servizio sanitario nazionale”, 
“la pubblica istruzione”, [co. 2 lett. f)], nonché tutti i servizi pubblici 
locali contemplati dall’art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142 [co. 2 
lett. a)]: tutti servizi non ricompresi nell’elencazione del primo 
comma dell’art. 33 che non aveva, pertanto, carattere esaustivo. 
Rilievo centrale quindi aveva ai fini della esatta delimitazione della 
sfera di giurisdizione rimessa al giudice amministrativo la nozione di 
servizio pubblico, in alcun modo precisato dall’art. 33.  
Il Legislatore del 98 riconduce espressamente nell’alveo di operatività 
della nuova giurisdizione esclusiva talune tipologie di controversie 
che, più di altre, avrebbero dato adito a maggiori perplessità di 
inquadramento. Anche con riguardo a questo criterio delimitativo 
degli ambiti giurisprudenziali assegnati al giudice amministrativo 
emergeva il carattere meramente esemplificativo peraltro agevolmente 
desumibile dalla formulazione testuale (“tali controversie sono in 
particolare quelle”) oltre che la finalità chiaramente chiarificatrice 
rispetto a quello che è l’unico criterio di riparto utilizzato, quello 
costituito dalla nozione di servizio  pubblico. Il dato certo che emerge 
da questa sommaria e rapida lettura della disposizione in commento è 
quindi costituito dall’adesione legislativa ad un innovativo 
  
 
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meccanismo di delimitazione della giurisdizione amministrativa, non 
più fondato sulla distinzione delle posizioni soggettive, criterio della 
causa petendi, ma sui c.d. blocchi di competenza; l’intera materia dei 
servizi pubblici è ricondotta nell’ambito giurisdizionale del giudice 
amministrativo, cui sono nel contempo ascritti nuovi e più incisivi 
poteri, secondo la previsione del successivo art. 35. 
In materia di urbanistica ed edilizia, l’art. 34 devolve, per le 
controversie introdotte a partire dal 1° luglio 1998 (art. 45 del d. lgs. 
80/1998) alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le 
controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti e i 
comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica 
ed edilizia (co. 1), precisando che, agli effetti del decreto, la materia 
urbanistica concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio (co. 2). Il 
successivo co. 3, infine, dispone che nulla è innovato in ordine: a) alla 
giurisdizione del tribunale superiore delle acque; b) alla giurisdizione 
del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione 
e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di 
atti di natura espropriativa e ablativa. 
Si trattava comunque di una tecnica di perimetrazione della 
giurisdizione amministrativa che ha lasciato più di un dubbio non solo 
sul piano della compatibilità costituzionale, ma anche sul piano 
dell’intrinseca inidoneità della nozione di servizio pubblico e di 
urbanistica ed edilizia a consentire il conseguimento di quegli obiettivi 
di semplificazione nella ricerca del giudice competente sottesi alla 
scelta di sostituire con il criterio della materia quello tradizionale 
fondato sulla distinzione fra diritti e interessi.