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clausura e disprezzo per le passioni umane. Questa ripulsa estrema per la natura stessa
dell’essere umano, porterà alla formazione di personalità ‘malate’, accecate dal
desiderio di far condividere la loro strada a più persone possibili, soprattutto donne,
sottraendole alla ‘corrotta’ vita mondana ed assicurandole a Dio. Compito che
bisognerebbe considerare lodevole se le anime da salvare fossero state consenzienti o
comunque che, trovandosi nel dubbio su quale strada perseguire, fossero state bisognose
di un aiuto spirituale che le guidasse ad una scelta consapevole.
I Fatti però si discosteranno radicalmente dalle intenzioni. Questi ‘salvatori di
anime’, decisero anche per loro, crearono delle vere e proprie carceri in cui raccogliere
il maggior numero possibile di donne sole e la loro frenesia nel ricercare giovani da
rinchiudere in conventi di clausura, fu senza pari.
Lo scopo del presente lavoro, vuol innanzitutto essere quello di presentare la figura
di Suor Juana Inés della Cruz, bistrattata per secoli e di dimostrare come una personalità
del suo calibro, conscia e fiera delle proprie qualità intellettive, potesse scatenare nel
Messico barocco, una tale invidia e inimicizia da parte del clero, da renderle la vita
pressoché impossibile.
Anche la giovane Juana Inés, infatti, sola alla corte vicereale, non passò inosservata e
non riuscì a sottrarsi all’abilità persuasiva di questi chierici che la spinsero verso la
strada della clausura. Nonostante ciò, perseguì per tutta la sua esistenza il vero scopo
della sua vita, studiare e comporre versi, contravvenendo così alle regole che la morale
della Chiesa le imponeva. La sua produzione letteraria risultò essere uno dei lavori più
riusciti dell’epoca barocca dell’intero mondo ispanico. Il suo ardire nel ribellarsi alle
regole imposte dalla Chiesa e la notorietà che ne conseguì, la fece incorrere però nell’ira
di chi aveva cercato di rinchiuderla in un convento per assicurarla a Dio, scatenando un
5
vero e proprio scontro per stabilire chi dovesse primeggiare; ma la Chiesa non poteva
perdere contro una semplice donna, ciò avrebbe screditato la sua autorità agli occhi di
tutti: era necessario rimettere ordine e zittirla. La sua punizione sarebbe stata esemplare
e lei sarebbe dovuta tornare sui propri passi ad ogni costo.
La tesi presenta una suddivisione in quattro capitoli:
Cap. I: Si vogliono fornire al lettore alcune informazioni essenziali sulle personalità
che circondarono Suor Juana Inés de la Cruz così da chiarire quanto e come la monaca
fu influenzata e condizionata nelle sue scelte di vita e di stesura dei suoi testi dalle
coercizioni di alcuni e dall’appoggio incondizionato di altri.
Cap. II: È dedicato all’analisi testuale della Carta Atenagórica mettendo in luce le
conoscenze teologiche della monaca. La prima opera in prosa della monaca e unica sua
opera a carattere teologico fu elemento detonatore degli attacchi più aspri nei suoi
confronti.
Cap. III: Attraverso l’analisi della Respuesta a Sor Filotea de la Cruz, si scopre come
Suor Juana, difendendosi magistralmente dagli attacchi sferrati dopo la pubblicazione
dell’Atenagórica, fornisca anche elementi della sua vita e del Messico del secolo XVII.
In questo capitolo, si desidera dimostrare l’abilità retorica della monaca e il suo
coraggio nel trovarsi sola contro i potenti, e continuare comunque la sua difesa.
Cap. IV: Il capitolo conclusivo, riporta le conseguenze dell’ardire della monaca, il
primeggiare dei chierici su di essa e le varie interpretazioni della critica della sua abiura
e rinuncia alla vita mondana da lei tanto amata.
6
Il metodo di lavoro scelto è un’attenta analisi testuale dell’ultima produzione di Suor
Juana, della sua sola opera in prosa, poiché questa, a differenza dell’abbondante
produzione poetica, è vera e propria autobiografia della monaca e fornisce un accurato
scorcio della società messicana del secolo XVII.
Si vuol inoltre dimostrare come i divieti a lei imposti dalle autorità ecclesiastiche,
che si adoperarono strenuamente per impedirle di scrivere e di ottenere notorietà nel
mondo, sortirono l’effetto contrario: la monaca difendendosi, produsse i due testi presi
in esame (Carta Atenagórica e Respuesta a Sor Filotea de la Cruz) che analizzati in
profondità, dimostrano un’abilità retorica e una pluralità di livelli di lettura e di
significati che li designano come capolavori della letteratura barocca mondiale.
7
I. ATTORNO A SUOR JUANA INÉS DE LA CRUZ
Suor Juana riuscì a produrre nel secolo XVII, sebbene pesantemente condizionata e
limitata dalla Chiesa novoispana, testi eccezionali della letteratura barocca. Si vuole
quindi focalizzare l’attenzione soprattutto sulle personalità di coloro che furono più
vicini alla monaca e che, in qualche modo, ne cambiarono il carattere, le convinzioni e
lo stesso modo di scrivere. I cambiamenti che questi determinarono in Suor Juana
furono sicuramente di segno negativo, soprattutto per quanto riguarda le persone
dell’arcivescovo di Città del Messico, Francisco de Aguiar y Seijas, del suo confessore,
Antonio Nuñez de Miranda e di uno dei suoi mecenati, il vescovo della città di Puebla,
Manuel Fernández de Santa Cruz. Si avrà modo di constatare come queste personalità
incarnassero lo stile di vita di moltissimi chierici i quali, serrati nelle proprie
convinzioni, che spesso si riveleranno sbagliate e in malafede, agirono in contrasto con i
precetti della dottrina cattolica, condannando ciò che essi ritennero immorale, senza
rendersi conto che l’immoralità stava proprio nel loro modo d’agire.
Non bisogna dimenticare però le relazioni positive che Suor Juana ebbe con molti
altri sconosciuti della Nuova Spagna e perfino della penisola Iberica; con la corte
vicereale di Città del Messico che, apprezzandola, le offrì numerosi spunti per
conversazioni e disquisizioni intellettuali, le commissionò molteplici opere per svariate
occasioni e, soprattutto, le fornì per lunghi anni protezione, sottraendola alle angherie
della curia.
8
I.1. Don Francisco de Aguiar y Seijas
1
Fernando Benítez intitola un capitolo del suo libro «Los salvadores de almas»,
2
titolo
che appare perfetto poiché molti dei personaggi che agirono nella Nuova Spagna
durante il periodo barocco, furono intimamente convinti che il loro operato fosse
totalmente dedito a strappare a Satana le anime di molti che essi ritenevano essere
pericolosamente compromessi in atteggiamenti poco ortodossi. Per lo più, si riveleranno
invece persone accecate dall’ortodossia della controriforma, disposte a tutto per mettere
in atto i precetti delle Sacre Scritture, interpretate in termini di assoluto dogmatismo.
1
O. PAZ, Suor Juana Inés de la Cruz o le insidie della fede, Milano, Garzanti, 1991. Edizione originale:
Sor Juana Inés de la Cruz o las trampas de la fe, México, FCE, 1982.
2
F. BENÍTEZ, Los demonios en el convento, cit., p.95.
9
Veri e propri invasati che, con il loro misticismo fatto di castità, penitenza, privazioni ed
autopunizioni feroci, cercheranno di trasformare la Nuova Spagna in un ‘cimitero
culturale’, privando il popolo delle libertà primarie.
Aguiar y Seijas in particolare fu animato da un atteggiamento misogino, percepiva le
donne come oggetto di desiderio e di lussuria e dedicò tutta la sua vita a condannare
ogni azione diversiva, ricreativa e culturale etichettandola come immorale e corruttrice
per l’anima.
Il futuro arcivescovo di Città del Messico era galiziano, rampollo di un’illustre
famiglia che sosteneva di discendere da Giulio Cesare. Orfano, fu affidato ad estranei e
successivamente fu paggio di un prelato. Già da giovane aveva mostrato un’estrema
devozione ma anche un carattere lunatico e collerico. Intrattenne ottimi rapporti con la
Compagnia di Gesù e fu un prelato ligio al dovere, fino all’eccesso.
3
La sua ‘missione’ iniziò nel momento in cui il re di Spagna gli offrì l’ambita carica
di vescovo di Michoacán, che nessun prelato avrebbe mai rifiutato per il potere e la
relativa libertà dal controllo dell’autorità centrale che una diocesi così lontana offriva.
4
Aguiar però non fu felice di questa promozione; avrebbe anzi rinunciato molto
volentieri perché il suo nuovo incarico, essendo una carica pubblica, tra gli svariati
impegni gli avrebbe imposto di frequentare le donne, la sua più grande ossessione.
Accettò e impose la condizione che la sola donna che avrebbe visitato, suo malgrado,
sarebbe stata la viceregina e richiamava inflessibilmente tutti coloro che, sebbene suoi
devoti, gli facevano visita con la consorte al seguito.
3
O.PAZ, Suor Juana Inés de la Cruz o le insidie della fede, cit., p.518.
4
F. BENÍTEZ, Los demonios en el convento, cit. p.95.
10
Benítez sostiene che il motivo di questa avversione al sesso femminile di Aguiar y
Seijas sia da ricercare nella sua accentuata passionalità e desiderio sessuale. Egli dovette
necessariamente reprimerla per seguire la sua vocazione religiosa:
[…] el misógino era lascivo al mismo tempo y cada noche, […] tenía
que azotarse duramente, para librarse del aguijón de la carne. Eso
quiere decir que esta misoginia, ese horror, ese odio a las mujeres, era
en el fondo lo contrario, una atracción irresistible hacia las mujeres, a
las cuales no se atrevía a ver de frente.
5
La somma di questi due fattori con tutta probabilità lo portò a lottare contro i propri
impulsi fisiologici ogni qualvolta si imbatteva in una donna. La sua misoginia
raggiungeva l’assurdo:
Afirmaba que la lujuria era la gran flota del infierno y rogaba que no
se visitasen mujeres sin grave causa y que, aun siendo forzada la
visita, no se les había de mirar la cara. En México reiteró la
excomunión contra las mujeres que se atreviesen a subir la escalera de
su palacio. […] si supiera que algunas habían entrado, mandaría
arrancar los ladrillos profanados por ellas. […] las cocineras
debían estar en otra casa, no toleraba que las mujeres pusieran mano
en alguna cosa suya, ni le sirvieran la mesa, ni soportaba oírlas hablar
o cantar.
6
Questo passaggio ben dimostra che il principe della Chiesa non nutriva solamente
un’avversione per le donne, il suo era odio e ripugnanza.
Aguiar, avrebbe appoggiato molto volentieri il progetto di altri tre famosi prelati
messicani del periodo: Domingo Pérez de Barcía, don Pedro de Arellano y Sosa e don
Juan de la Pedroza, che riuscirono a costruire il cosiddetto Belén o castillo de la pureza,
5
C.E. ALCARAZ, La discutida “conversión” de Sor Juana, in Memoria del coloquio internacional,
México, Instituto Mexiquense de Cultura, 1995, p.86.
6
F. BENÍTEZ, Los demonios en el convento, cit. p. 96.
11
un vero e proprio carcere in cui rinchiusero centinaia di donne privandole della libertà
solamente per il fatto di essere di sesso femminile.
7
Egli come i suoi confratelli, non
pensava ad un carcere; credeva fermamente in questo progetto di una casa d’accoglienza
per donne povere, per indecenti e lussuriose, ma anche per devote e fedeli che avrebbero
rischiato di avviarsi alla prostituzione.
Una volta assunta la carica di arcivescovo di Città del Messico, egli cercò con tutte le
proprie forze di epurare quella che riteneva una società corrotta: oltre alla politica
antifemminile, Aguiar predicava dal suo pulpito contro i numerosi biscazzieri
accusandoli degli spergiuri e dei comportamenti lussuriosi dei propri clienti nelle loro
sale da gioco. In città e in tutta la diocesi proibì, sotto pena di scomunica, i
combattimenti di galli, le scommesse e le risse ad essi legati. Riuscì a convincere decine
di librai a non vendere più commedie e romanzi, sostituendoli con il Consuelo de
pobres che portò di persona dalla Spagna e fece stampare libri esclusivamente
penitenziali.
8
Si potrebbe affermare che egli abbia privato il proprio gregge del ‘sale della vita’,
rendendo le loro esistenze prive di ogni svago e divertimento mondano, applicando lo
stesso rigoroso codice che reggeva la sua condotta: non aveva vizi, era dedito solo alla
preghiera e alla predicazione, non temeva fatiche o privazioni. Era un uomo accecato
dal desiderio di dare, la sua carità era senza limiti, tanto che svuotò le casse della curia e
chiese aiuto ai nobili, ricorrendo spesso a vere e proprie minacce di scomunica, perché
dessero anch’essi come faceva il loro vescovo. La sua carità nel donare tutto ai poveri,
era senza limiti e come ricorda Paz, questa
7
Per informazioni più approfondite sull’argomento, Cfr. Cap. 8 e 9 di F. BENÍTEZ, Los demonios en el
convento, cit.
8
F. BENÍTEZ, Los demonios en el convento, cit., p.98.
12
febbre della carità era inseparabile dai miracoli […] Carità, miracoli e
umiltà: don Francisco indossava abiti vecchi, le sue calze erano
bucate, aveva cancellato dai sigilli arcivescovili lo stemma della
propria casa, mangiava negli ospedali e il suo orrore per il lusso e
l’ostentazione era tale da «provocare le mormorazioni degli uomini
mondani.» Portava il cilicio e si fustigava due volte alla settimana.
Dormiva in letti precari e, alla sua morte, si scoprì che era pieno di
cimici.
9
Tutte le privazioni che egli imponeva al suo corpo non erano però sufficienti a placarne
gli stimoli. La volubilità lo caratterizzava: dall’ardore passava alla collera e la sua carità
eccessiva si potrebbe interpretare più odio per se stesso e per i ceti più abbienti che
amore per i poveri. In questo modo riuscì a trasformare Città del Messico in un mondo
apparentemente pio, casto e devoto, ma pressoché morto dal punto di vista culturale.
Nunca, en efecto el diablo fue más combatido y más vejado. La ciudad
estuvo a punto de convertirse en la metrópoli de la santidad; […]
Pensó edificar el reino de Dios y dejó una Babilonia. Muerto Aguiar y
Seijas, los gallos, los toros y los naipes renacieron, las mujeres
redoblaron su impudicicia.
10
Alla sua morte, infatti, tutto tornò come prima; l’esasperazione di un uomo accecato dal
desiderio di assicurarsi un posto in Paradiso e disposto ad agire con violenza, finì nel
nulla.
Suor Juana, considerando ciò che è stato finora presentato, incarnava, per Aguiar y
Seijas, un ricettacolo di tutto ciò che egli odiava: era una donna, amava il teatro, le
letture profane, la musica e le arti in generale, ma soprattutto era una monaca che
avrebbe dovuto sottostare all’autorità del suo vescovo anziché abbracciare, per quanto
poteva, la vita mondana.
9
O. PAZ, Suor Juana Inés de la Cruz o le insidie della fede, cit., pp. 519-521.
10
Ivi, pp. 103-104.
13
Di ciò che però pensasse l’arcivescovo di Suor Juana in particolare, e di come abbia
agito nei suoi confronti, non ci è dato di sapere con certezza per mancanza di
documenti. Le opinioni sono discordanti. C’è chi, come Benítez, ritiene che Aguiar y
Seijas fosse a conoscenza, come gran parte della popolazione colta di Città del Messico,
del lavoro intellettuale e dei contatti mondani di Suor Juana. Questo però, secondo lo
scrittore, non implica che egli abbia avallato i duri provvedimenti presi contro la
monaca. Benítez tende a incolpare principalmente il confessore di Suor Juana, Antonio
Nuñez de Miranda
11
e a scagionare in parte l’arcivescovo. Aguiar infatti non era un
‘salvatore di anime’ femminili alla stregua di Padre Nuñez. Egli
no quería saber nada de las mujeres. Al grotesco arzobispo le se puede
culpar de odio y temor a las mujeres, pero no hay ninguna prueba de
que se haya propuesto hostigar o molestar a sor Juana. Con su
desprecio bastaba y ella debió sentirse lastimada […].
12
Paz, invece, attribuisce una maggior responsabilità per le persecuzioni subite da Suor
Juana ad Aguiar y Seijas, poiché un uomo che tanto odiò il teatro, la poesia e qualsiasi
forma di arte, non avrebbe potuto rimanere indifferente dinanzi ad una donna che se ne
faceva promotrice. «L’insofferenza e la collera dell’arcivescovo devono essere state
immense» dice Octavio Paz, ma Aguiar rimase nell’ombra, in un’apparente
indifferenza, fintanto che le difese che Suor Juana aveva presso la corte vicereale non
caddero una ad una.
13
Egli espresse le proprie ostilità indirettamente, attraverso divieti
imposti alla monaca dal confessore e dalle madri superiore, attendendo il momento
giusto per punirla per tutti i suoi ‘peccati’.
11
Cfr. Cap. I.2.
12
F. BENÍTEZ, Los demonios en el convento, cit.,p. 246.
13
Cfr. Cap. I.4.
14
Certamente Suor Juana conosceva l’avversione dell’arcivescovo per i suoi studi e
probabilmente temeva questa personalità fredda e severa. Nonostante ciò, la sua
grandezza è riscontrabile nel fatto che
Non si vergognò mai di essere donna, e la sua opera è un’esaltazione
dello spirito femminile. Aguiar y Seijas incuteva timore ma la monaca
non si piegò. Al contrario: scrivere una critica
14
al sermone di Vieyra,
teologo venerato da Aguiar y Seijas, equivaleva a dare una lezione
all’arrogante prelato.
15
14
Cfr. Cap. II.
15
O. PAZ, Suor Juana Inés de la Cruz o le insidie della fede, cit., p. 523.
15
I.2. Padre Antonio Nuñez de Miranda
16
«El que lo obedecía se salvaba para sempre, el que no lo acataba se condenaba
para siempre»:
17
così Benítez ben riassume la fama di questo gesuita che tanto incise
sulla vita di Sor Juana Inés de la Cruz. La relazione d’odio-amore che intercorse fra la
monaca e il gesuita Antonio Nuñez de Miranda, si instaurò nel momento in cui il
‘pescatore di anime’ incontrò la non ancora ventenne Juana Inés alla corte vicereale e
decise di prendersi cura di lei. Da quel momento innanzi il loro rapporto sarà molto
stretto, sebbene Suor Juana spesso sopportasse in silenzio le reprimende del confessore
adempiendo a quel voto di obbedienza che fece entrando in convento. Sarà la stessa
monaca con uno scritto,
18
recentemente scoperto, a determinare la rottura dei loro
rapporti nel 1681,
19
poiché non più disposta a sopportare i richiami e le coercizioni del
16
Ivi.
17
F.BENÍTEZ, Los demonios en el convento, cit., p.36.
18
Cfr. Cap. II.2.1.
19
O. PAZ, Suor Juana Inés de la Cruz o le insidie della fede, cit., p. 625.
16
gesuita che le voleva imporre l’obbligo di adempiere pienamente ai suoi doveri
monastici invece di scrivere e di dedicarsi più alle lettere.
Il rigido ed inflessibile Antonio Nuñez de Miranda nacque nel 1616 a Fresnillo, un
piccolo paese fondato da suo padre, Diego Nuñez. Giovanissimo, racconta Fernando
Benítez, entrò in un collegio gesuitico dove fu vessato dal suo maestro per far sì che egli
si forgiasse un’anima di ferro pronta per diffondere la parola di Dio; uno in particolare,
fra i suoi mentori, gli impose di abbandonare i suoi interessi di oratore barocco e di
dedicarsi alla gloria di Dio piuttosto che alla sua: «menos retórica, más santidad».
20
Le
reprimende furono così forti da indurlo quasi ad abbandonare il collegio.
Era un tragador de libros, […] era insaciable su sed de saber y
aprender. Para Nuñez, la regla de oro de su vida consistía en nunca
estar ocioso. Consideraba que deberían cumplirse las tareas ordinarias
como quien no tiene otra cosa que hacer: él mismo barría la iglesia,
fregaba los platos y desempeñaba esmeradamente los quehaceres más
humildes.
21
Da ciò che i documenti tramandano, non sono poche le similitudini riscontrabili fra i
caratteri di Nuñez e Suor Juana. Entrambi avevano un’insaziabile sete di sapere;
entrambi amavano l’oratoria e i libri e ambedue desideravano occupare ogni momento
della giornata, abominando l’ozio. Probabilmente, avendo avuto degli inflessibili
maestri che disprezzavano la cultura delle lettere profane, Nuñez finì per divenire come
loro e, forse, ancora più integerrimo; pose infatti a Suor Juana gli stessi divieti che gli
vennero imposti quando era solo uno studente. Suor Juana si trovò in una posizione
ancora più sfavorevole per il fatto di essere donna; infatti Nuñez, accecato dal suo
20
F.BENÍTEZ, Los demonios en el convento, cit., p.32-34.
21
Ibidem.
17
misticismo, dal suo affanno per conquistare anime da sottrarre a Satana, agiva come mai
un cristiano avrebbe dovuto fare:
Odiaba a las mujeres por el hecho de ser la causa principal del pecado
y el origen de la culpa original; nunca las miró, ni permitió que lo
tocaran, ni tuvo compasión para las mujeres malas. Como definidor
del Santo Oficio autorizaba la quema de herejes. Educado en la
más estricta disciplina y humillación, aplicaba a sus hijos
espirituales las vejaciones y rigores que sufrió […] y exigía la
máxima obediencia.
22
Un profilo, quello ricostruito da Benítez, che ricorda quello dell’arcivescovo Don
Francisco de Aguiar y Seijas:
23
come Aguiar, anche Nuñez odiava le donne e attribuiva
loro la responsabilità del peccato originale. Il gesuita però, a differenza del misogino
arcivescovo, era un assiduo frequentatore di conventi femminili, ebbe moltissime figlie
spirituali e si adoperò per redimerle e avviarle ad una vita fatta di preghiera, umiltà e
autopunizioni. Nuñez era inflessibile, disposto a tutto pur di portare avanti la sua
missione di ‘salvatore di anime’, anche ad agire in modo inflessibile e contro i diritti
della persona, poiché più donne-peccatrici egli avrebbe assicurato a Dio, più grande per
lui sarebbe stata la ricompensa nei cieli. Le sue qualità di umiltà, castità e obbedienza,
che Benítez definisce quasi demoniache, erano finalizzate principalmente a prepararsi
ad una ‘buona morte’, ad assicurarsi il Paradiso piuttosto che alla salvezza delle sue
figlie spirituali.
22
Ivi, pp. 35-36.
23
Cfr. Cap. I.1.