Capitolo primo
2
1.1.1 Shock settoriali come fonte di attività di takeover
1
La figura 1 mostra due differenti misure dell’attività di takeover che ha
caratterizzato gli Stati Uniti nel periodo 1962-1998. La linea sottile rappresenta il
numero di società acquisite durante l’anno espresso come frazione del numero di
società quotate al NYSE all’inizio dello stesso anno. La linea in grassetto dà
un’idea invece dei valori coinvolti, rappresentando il valore aggregato delle
operazioni concluse come percentuale della capitalizzazione totale delle società
quotate. Il grafico mostra chiaramente come l’attività di takeover possa essere
divisa in tre fasi principali.
Aggregate Merger Activity
0,0%
1,0%
2,0%
3,0%
4,0%
5,0%
6,0%
7,0%
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9
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d
% of Market Cap
% of Firms
Fig. 1 – Attività di acquisizione aggregata.
Gli anni sessanta sono stati caratterizzati da un maggior numero di operazioni
rispetto agli anni ottanta. Questa seconda decade supera però le altre in termini di
valore:deal da bilioni di dollari cominciarono ad essere all’ordine del giorno. Gli
1
I dati relativi all’attività di M&A statunitense fanno riferimento ad Andrade et al. 2001
Teoria neoclassica e operazioni di acquisizione
3
anni novanta infine sembrano essere ancora più sorprendenti, dal momento che
dimostrano di essere comparabili agli anni sessanta per numero di operazioni e
agli anni ottanta in termini di valore.
La tabella 1 mostra come le tre macrofasi siano diverse tra loro anche per tutta
un’altra serie di aspetti.
1973-1979 1980-1989 1990-1998 1973-1998
N 789 1.427 2.040 4.256
All Cash 38,3% 45,3% 27,4% 35,4%
All Stock 37,0% 32,9% 57,8% 45,6%
Any Stock 45,1% 45,6% 70,9% 57,6%
Hostile Bid at Any Point 8,4% 14,3% 4,0% 8,3%
Hostile Bid Successful 4,1% 7,1% 2,6% 4,4%
Bidders/Deal 1,1 1,2 1,0 1,1
Bids/Deal 1,6 1,6 1,2 1,4
Own Industry 29.9% 40,1 47,8% 42,1%
Premium (Median) 47,2% 37,7% 34,5% 37,9%
Acquirer Leverage > Target Leverage 68,3% 61,6% 61,8% 62,9%
Acquirer Q > Target Q 68,4% 61,3% 68,3% 66,0%
Relative Size (Median) 10,0% 13,3% 11,2% 11,7%
Tab. 1 - Macrofasi dell’attività di takeover statunitense
La prima distinzione chiave consiste nell’uso sproporzionato di azioni come
metodo di pagamento durante l’ultima decade. Circa il 70% di tutti i deal degli
anni novanta includono un pagamento con stock, di cui un 58% interamente
finanziato da azioni. Tali cifre sono circa doppie se paragonate con quelle della
decade precedente. Probabilmente legata a quest’ultima osservazione, è facile
notare la quasi totale sparizione di takeover ostili. Un’offerta di takeover si
definisce ostile se la società target la rifiuta pubblicamente o se l’acquirente
stesso la descrive come poco amichevole. Solo il 4% delle transazioni negli anni
novanta risultano ostili, paragonate al 14% degli anni ottanta. Infine gli anni
Capitolo primo
4
novanta sembrano proseguire un trend iniziato negli anni settanta in cui
acquirente e acquisita appartengono allo stesso settore.
Benché l’attività di acquisizione tenda a verificarsi per fasi, Mitchell e Mulherin
1996 mostrano come i settori coinvolti in tali operazioni varino notevolmente da
fase a fase.
Se le operazioni si verificano per fasi ma ogni fase è differente in termini di
settori coinvolti, allora una significativa porzione dell’attività di takeover
potrebbe essere dovuta a degli shock a livello settoriale. Per shock settoriale si
intende qualsiasi fattore, atteso o inatteso, che altera la struttura di un settore. Si
assume che la struttura di un settore, incluso il numero e la dimensione delle
società che vi appartengono, sia una funzione di fattori quali la tecnologia, la
politica di governo, le condizioni di domanda e offerta. Cambiamenti
considerevoli o shock in alcune di queste variabili hanno un effetto su quella che
è la struttura del settore. Le società interessate possono rispondere ad un tale
evento dall’interno o dall’esterno:l’aumento di dimensione richiesto da uno
shock tecnologico può essere per esempio assolto mediante un’espansione
interna o un takeover. Una delle ipotesi a fondamento della teoria neoclassica è
che l’operazione di takeover (la quale include fusioni, acquisizioni e leveraged
buyout) sia la risposta meno costosa ad una tale alterazione di struttura del
settore. Come esempio specifico di relazione tra l’attività di takeover e uno shock
settoriale si considerino i cambiamenti che hanno interessato il sistema bancario
negli Stati Uniti degli anni novanta. Una legge dei tempi della Grande
Depressione conosciuta come Glass Steagall Act impediva alle singole
compagnie di assicurazione, banche e società di asset management quali i mutual
fund di vendere i prodotti delle altre società. Il Congresso degli Stati Uniti revocò
quest’atto nel 1999 aprendo così le porte al consolidamento del settore dei servizi
finanziari. Tale intervento, unito a quello da parte del World Trade Organization
in merito alla rimozione di barriere all’investimento cross-border in materia di
servizi finanziari, favorì la strategia di rapido sviluppo di molte società
Teoria neoclassica e operazioni di acquisizione
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finanziarie, tra cui ING Group. Nata nel 1991 in Olanda dalla fusione tra la terza
banca per dimensioni e la più grande compagnia di assicurazioni, si è espansa
rapidamente prima in Belgio e in Germania, poi negli Stati Uniti, tramite una
serie di acquisizioni oculate che le hanno permesso di entrare, nel 2000, tra le
dieci maggiori compagnie di servizi finanziari degli Stati Uniti. La combinazione
di deregolamentazione all’interno delle singole nazioni e liberalizzazione di
normative governative in materia di investimenti diretti ha favorito inoltre lo
sviluppo di settori interessati da una forte globalizzazione quale quello delle
telecomunicazioni. Da qui l’acquisizione da 60 bilioni di dollari dell’americana
Air Touch Communications da parte della compagnia britannica Vodafone e
l’acquisizione di One 2 One in Inghilterra da parte della tedesca Deutsche
Telekom. Una simile ondata di acquisizioni cross-border è stata registrata anche
nel settore automobilistico, che ha visto Daimler acquistare Chrlysler, Ford
acquistare Volvo e Renault acquistare Nissan.
Simili considerazioni possono essere svolte anche per casi in cui l’attività di
takeover è legata a shock settoriali negativi. Un forte calo di domanda può
portare le società del settore a chiudere gli stabilimenti non più produttivi e
premere per la fusione delle unità rimanenti. Dutz 1989 mostra come nel settore
statunitense dell’acciaio le operazioni di takeover abbiano consentito il
mantenimento delle economie di scala; Jensen 1993 indica invece l’alterazione
dei costi degli input a seguito dello shock petrolifero come fonte dell’ancora
attuale consolidamento di molti settori.
1.1.2.1 Intensità e timing di attività
Nel verificare se gli shock settoriali possano effettivamente costituire fonte di
attività di takeover un primo passo consiste nel riscontrare una variazione
significativa nell’intensità di attività tra i diversi settori. La tabella 2 mostra i
cinque settori maggiormente interessati dall’attività di takeover nelle diverse
decadi. Negli anni ottanta in settori quali Petrolio e Gas o il Tessile tre quarti o
Capitolo primo
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più delle società ricevono un’offerta di takeover o avviano un considerevole
intervento di ristrutturazione.
1970s 1980s 1990s
Metal Mining Oil & Gas Metal Mining
Real Estate Textile Media & Telecom.
Oil & Gas Misc. Manufacturing Banking
Apparel Non-Depository Credit Real Estate
Machinery Food Hotels
Tab. 2 – Settori maggiormente interessati da attività di takeover
Nello stesso periodo in settori come la Carta e il Chimico meno di un terzo delle
società sono state coinvolte, nel periodo considerato, in attività di takeover o di
ristrutturazione. In particolare una società è considerata in ristrutturazione
difensiva se, in assenza di un’offerta di takeover esplicita, intraprende una
vendita consistente di asset o una robusta ricapitalizzazione in corrispondenza di
un’implicita pressione al takeover; quest’ultima a sua volta è rappresentata
dall’inizio di scalata da parte di un raider o dalla crescente incidenza delle
operazioni di acquisizione nel settore di appartenenza. Benché nessun settore sia
stato completamente immune dalla pressione di takeover, la variazione
nell’intensità di attività tra i vari settori risulta considerevole.
All’interno di uno stesso settore l’attività di takeover tende anche a concentrarsi
in alcuni sotto periodi all’interno della stessa decade. Questa evidenza è a
supporto dell’ipotesi che gli shock settoriali contribuiscano all’attività di
takeover e di ristrutturazione. Una distribuzione stretta dell’attività in un
particolare settore suggerisce infatti che le operazioni di takeover e di
ristrutturazione siano state guidate da uno shock comune. Negli anni ottanta nel
settore dell’Original Equipment Auto Parts ad esempio tutte e sei le operazioni di
takeover hanno luogo negli anni 1985-86;allo stesso modo l’83% delle
operazioni nel settore dell’Home Appliance e il 75% delle operazioni nel settore
Teoria neoclassica e operazioni di acquisizione
7
Drugstore avvengono in un periodo di due anni. Le tre macrofasi individuate non
differiscono solo in termini di settori coinvolti ma anche in termini di
concentrazione dell’attività: lo stesso tipo di analisi replicato per gli anni sessanta
e settanta non mostra infatti evidenza di un significativo raggruppamento
dell’attività in sotto periodi.
1.1.2.2 Shock specifici di settore
Gli shock settoriali sono inaspettati e ciò spiega perché l’attività di takeover a
livello settoriale sia concentrata e differenziata nel tempo, giustificando la
variazione nella composizione settoriale delle diverse fasi
2
. Esempi di shock
settoriali variano da fattori specifici quali la deregolamentazione e la volatilità
dei prezzi degli input, a fattori ad effetto più ampio quali i cambiamenti
demografici o tecnologici. Qualunque sia il fattore, questo porta a modifiche
nella struttura del settore. L’ipotesi è che l’attività di takeover o ristrutturazione
rappresenti la miglior risposta a tali cambiamenti.
Se lo shock settoriale è misurato dal valore assoluto della differenza tra la
crescita nelle vendite di un particolare settore e la crescita media tra tutti i settori
nel periodo antecedente quello di analisi
3
, Mitchell e Mulherin mostrano che una
deviazione dalla media di dieci punti percentuali nelle vendite di un settore porta
ad un aumento di 4.6 punti percentuali nell’attività di takeover e ristrutturazione
di quel settore. Un’elevata correlazione è registrata anche da misure di shock e
crescita nei livelli di occupazione.
2
Un’altra possibile spiegazione del perché le operazioni di takeover si verifichino per fasi e, all’interno di
una singola fase, per settori, può essere data dal fatto che tali operazioni sono esempi di “informazioni a
cascata” (Bikchandani et al., 1992). L’idea di fondo è che un’azione, in questo caso una fusione o
un’acquisizione, fornisce un’informazione agli agenti che si trovano a loro volta coinvolti in tali
operazioni riguardo la profittabilità di simili azioni. Quindi una volta che si verifica un’operazione
all’interno di un settore aumenta la probabilità che se ne verifichino altre, il che giustificherebbe il
raggruppamento dell’attività per settore. Ad ogni modo tale teoria non è in grado di spiegare che cosa
provochi la prima acquisizione a capo della cascata.
3
La misura del valore assoluto risponde al concetto di shock indicato, dal momento che questo può avere
un effetto sia positivo sia negativo sulla crescita del settore. Inoltre il focus sul periodo antecedente quello
di analisi consente di verificare se i settori che hanno subito i maggiori cambiamenti sono quelli
successivamente più interessati dall’attività di takeover.
Capitolo primo
8
Lo studio della correlazione tra l’attività di takeover e shock più specifici apporta
ulteriori evidenze a supporto della tesi. Tra i fattori maggiormente responsabili
dell’attività di takeover degli anni ottanta Mitchell e Mulherin indicano la
deregolamentazione, la dipendenza energetica, la competizione estera e le
innovazioni verificatesi nelle modalità di finanziamento.
Diversi settori hanno assistito ad una robusta deregolamentazione: linee aeree
(1978), broadcasting (1984 e 1996), gas naturale (1978), banche (1994), utility
(1992) e telecomunicazioni (1996). La rimozione di limiti artificiali alla
dimensione delle società e l’ingresso di nuovi competitor nel mercato
costituiscono i maggiori effetti di un tale shock. L’adattamento ai cambiamenti
nell’organizzazione del settore poteva essere facilitato da operazioni di takeover.
I dieci anni attorno a tali interventi normativi viene definita “deregulation
window” e la figura numero 2 mostra, per ogni anno, la percentuale delle
operazioni verificatesi all’interno di quella finestra rispetto all’attività di takeover
totale. Durante gli anni ottanta questa percentuale ha raggiunto il 10-15%.
Annual Value of Mergers in Deregulated Industries as a Percent of Total
Merger Value
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
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6
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9
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Fig. 2 – Valore annuale dell’attività di acquisizione in settori deregolamentati
come percentuale dell’attività totale
Teoria neoclassica e operazioni di acquisizione
9
Inoltre l’elevato potere esplicativo della variabile dummy
4
scelta per
rappresentare tale fenomeno nella regressione costituisce un’ulteriore conferma
dell’impatto di una normativa più rilassata sui livelli di attività.
Per ciò che riguarda la dipendenza energetica Jensen 1993 conferma come
l’attività di takeover degli anni ottanta sia stata guidata dalla volatilità del prezzo
del petrolio cominciata con il boicottaggio dell’OPEC nel 1973 e proseguita nel
1979 con l’embargo in Iran. Jensen suggerisce che tale shock non ha toccato solo
il settore del petrolio ma ha avuto un effetto importante anche su tutti quei settori
in cui l’energia è un input fondamentale. Per testare empiricamente l’importanza
di tale shock si è stimato per ogni settore la frazione di input totali contenente
energia. Anche in questo caso la regressione mostra come prezzi del petrolio più
volatili abbiano contribuito alla creazione della merger wave degli anni ottanta. Il
potere esplicativo della dipendenza energetica per i tentativi di takeover tende ad
ogni modo ad essere meno rilevante rispetto a quello del fattore
deregolamentazione dal momento che alcuni settori “dipendenti” quali Oilfield
Services e il Trucking and Transport Leasing hanno risposto allo shock
petrolifero più con operazioni di joint ventures piuttosto che di takeover.
Diverse ricerche hanno documentato inoltre la crescente vulnerabilità delle
industrie statunitensi alla competizione estera mostrando come cambiamenti
nella concorrenza influenzino i margini e altre misure di efficienza. I settori quali
il tessile e l’acciaio hanno mostrato essere quelli tra i più colpiti. Nel momento in
cui l’impatto di tale fenomeno è misurato dalla variazione nel rapporto tra le
importazioni e l’offerta di settore
5
, questo sembra non spiegare il maggior livello
di attività di takeover verificatesi nei settori indicati. Una simile incapacità
esplicativa pone quindi dei dubbi sull’affidabilità del metodo di scelta delle
variabili più che sulla tesi posta a verifica.
4
Si definisce tale una variabile volta a rappresentare un fenomeno qualitativo all’interno di un’analisi di
regressione. Può assumere solo valori pari a 0 o a 1.
5
Specificatamente è stata calcolata la media di tale rapporto per il periodo di analisi e per i cinque anni
precedenti. E’ stata presa quindi come riferimento la differenza delle medie per i due intervalli.
Capitolo primo
10
Infine un ulteriore shock che ha caratterizzato il mercato del M&A degli anni
ottanta fu il significativo aumento nella scelta del debito come modalità di
finanziamento. Una maggiore apertura verso tale modalità ha rimosso molti
ostacoli all’attività di takeover, consentendo ad alcuni player di considerare come
target anche società di elevate dimensioni. Non a caso l’ondata di takeover degli
anni ottanta si distingue dalle due decadi precedenti proprio per la relativa grande
dimensione delle società acquisite. Studi precedenti documentano la presenza di
un limitato utilizzo del debito in presenza di una elevata sostituibilità e
intangibilità degli asset. Parallelamente Bradley, Jarrell e Kim 1984 indicano
l’inversa correlazione tra il grado di indebitamento e il rapporto settoriale ricerca
e sviluppo/vendite. A livello di singola azienda, infatti, l’elevato investimento in
ricerca e sviluppo non consente inizialmente un finanziamento tramite debito,
venendo meno i capitali fissi necessari per garantirne il rimborso. Un maggiore
accesso al finanziamento tramite debito consente il rapido ingresso in nuovi
mercati tramite l’acquisizione di altre società, superando quindi i limiti creati da
un basso investimento in ricerca e sviluppo. Di conseguenza ci si aspetta che nel
periodo antecedente quello di analisi il rapporto R&S/vendite sia stato
particolarmente basso, preannunciando un’elevata attività di takeover. La
regressione ha confermato tali attese:il valore del rapporto nel periodo
antecedente quello di analisi è infatti negativamente e significativamente
correlato al livello di attività.
1.1.2.3 Limiti dell’analisi
In conclusione l’analisi di regressione sembra essere generalmente a supporto
della relazione tra tali shock settoriali e l’attività di takeover e ristrutturazione.
L’evidenza riguardante gli shock di settore non è però in grado di spiegare la
variazione di attività tra i diversi settori. Una prima ragione è data dal fatto che le
variabili esplicative scelte per la regressione sono misure imperfette dello shock.
Un caso è proprio dato dal fenomeno della competizione estera:mentre la
variabile è in grado di catturare l’effetto delle importazioni dal lato dell’offerta,
Teoria neoclassica e operazioni di acquisizione
11
non spiega le condizioni globali di domanda che il settore deve affrontare,
venendo così meno la sua relazione con l’attività di takeover del settore.
Secondo limite dell’analisi è l’assenza di un modello in grado di spiegare
l’eterogeneità delle risposte agli shock tra i diversi settori. La singola decade
analizzata è infatti vista come un blocco uniforme e questo impedisce di spiegare
perché ad esempio il settore del Broadcasting reagisca in modo più immediato al
fenomeno della deregolamentazione rispetto al settore del Trasporto aereo.
1.1.2 Teoria dei flussi di cassa
Un ulteriore contributo alla comprensione dei fattori che guidano le operazioni di
fusione o acquisizione è dato dalla così detta Teoria dei flussi di cassa. Secondo
tale teoria Jensen 1986 riferisce che 1) i free cash flow creano dei conflitti di
agenzia tra manager e azionisti e 2) le operazioni di acquisizione risolvono tali
conflitti e creano valore inducendo ad una maggiore efficienza organizzativa. La
teoria riesce a spiegare alcune evidenze del settore del petrolio degli anni settanta
e di altri settori caratterizzati da un’elevata attività di takeover.
1.1.3.1 Teoria dell’agenzia, debito ed efficienza organizzativa
Il management di una società è per definizione l’agente dei suoi azionisti e
questo tipo di relazione crea necessariamente dei conflitti. Il pagamento di
dividendi agli azionisti toglie risorse dal controllo dei manager riducendone il
potere e aumentando la probabilità che questi monitorino il mercato dei capitali
come quando l’impresa ha bisogno di nuovo capitale. Il finanziamento interno di
progetti evita questo monitoraggio e la possibilità che il capitale non sia a
disposizione o lo sia solo a prezzi espliciti troppo alti. Ulteriore fonte di conflitto
è data dal fatto che i manager sono incentivati a far crescere l’azienda oltre la
dimensione ottimale. Maggior crescita implica non solo maggior potere ma anche
maggior compenso, dal momento che questo è positivamente correlato alla
crescita nelle vendite. Anche un sistema di promozione basato su un aumento di
Capitolo primo
12
posizione invece che su un bonus annuale costituisce un incentivo alla crescita:
solo una certa crescita organizzativa è infatti in grado di fornire le posizioni
richieste da un tale sistema di incentivo. Infine i conflitti di agenzia sono
particolarmente elevati in quelle società che generano elevati free cash flow. Si
definiscono free cash flow i flussi di cassa in eccesso dopo aver investito in
progetti a valore attuale netto positivo. Manager con elevati flussi di cassa in
eccesso possono aumentare i dividendi o ricomprare le azioni sul mercato
favorendo così l’uscita di capitale che sarebbe altrimenti sprecato o investito in
progetti a basso rendimento. Una tale situazione vede quindi i manager con un
elevato potere di scelta sulla destinazione del capitale in eccesso e gli azionisti
volti ad evitare azioni che diminuiscano il valore di mercato della società.
Il debito costituisce una soluzione al problema dei costi di agenzia nel momento
in cui lega le azioni del management al pagamento degli interessi e delle quote,
evitando lo spreco delle risorse in eccesso. La presenza di un vincolo contrattuale
rende inoltre l’assunzione di debito uno strumento di controllo più efficace
rispetto all’annuncio di un permanente aumento nei dividendi. Non a caso il
mercato punisce con gravi cali di prezzo la diminuzione dei dividendi pagati, a
comprova dei costi di agenzia enunciati. L’assunzione di debito fornisce anche
gli incentivi organizzativi necessari a motivare il management a superare le
normali resistenze al ridimensionamento. I manager tendono ad avere difficoltà
ad abbandonare strategie in cui hanno investito tempo per la definizione e
l’implementazione, benché siano strategie non più in grado di contribuire alla
sopravvivenza dell’azienda. Tali interventi richiedono infatti la chiusura di
impianti, l’abbandono di progetti primari, la chiusura e la vendita di intere
divisioni. La minaccia di fallimento al mancato ripagamento del debito serve da
forte spinta all’implementazione degli interventi enunciati, aumentando quindi
l’efficienza organizzativa.
Il debito non è certo immune da costi. All’aumentare del grado di indebitamento
aumentano anche i costi di agenzia del debito, inclusi quelli fallimentari. La
Teoria neoclassica e operazioni di acquisizione
13
struttura di capitale ottimale è data dal punto in cui il costo marginale del debito è
perfettamente bilanciato dal suo beneficio marginale.
E’ importante specificare che l’assunzione di debito non ha sempre effetti
positivi di controllo. Il debito risulta uno strumento efficace soprattutto per
società con bassi trend di crescita ed elevati flussi di cassa e ancor di più per
quelle società che necessitano un ridimensionamento: in tali organizzazioni il
rischio di sprecare l’eccesso di liquidità in progetti poco profittevoli risulta molto
preoccupante. Il debito può invece non essere un buon strumento di controllo per
organizzazioni ad alti ritmi di sviluppo con molte possibilità di investimento
profittevoli ma con scarsa liquidità. In questo caso infatti il ricorso continuo al
mercato rappresenta l’opzione migliore. In quella sede il mercato ha
l’opportunità di valutare la società, il suo management, i progetti di investimento
e il giudizio risultante si rifletterà nel prezzo dato al capitale richiesto.
1.1.3.2 Flussi di cassa e teoria dei takeover
All’inizio degli anni settanta cambiamenti radicali nel mercato dell’energia
comportarono un grande aumento nei flussi di cassa generati nel settore del
petrolio e, di conseguenza, un aumento dei costi di agenzia. Il mercato dei
takeover ha giocato un ruolo fondamentale nella riduzione di quei costi.
Dal 1973 fino alla fine degli anni settanta si verificò un aumento dei prezzi del
petrolio grezzo accompagnato da un’iniziale espansione del settore e un
incremento dei prezzi futuri attesi. Dopo una prima fase positiva paradossalmente
la profittabilità di esplorare e trivellare alla ricerca del petrolio cominciò a
diminuire. Questa diminuzione fu giustificata dal fatto che il calo nei consumi
rese difficile la promozione del ritrovamento di nuove fonti. Alla fine degli anni
settanta l’aumento del costo delle riserve associato ad un calo nelle aspettative
sui prezzi futuri, all’aumento del tasso di interesse reale e all’aumento dei costi
per l’esplorazione e lo sviluppo resero i progetti correnti di esplorazione e
sviluppo diseconomici. D’altro canto i profitti erano elevati. L’aumento nella
produttività media del settore era infatti accompagnato da un calo della
Capitolo primo
14
produttività marginale. Si creò quindi una situazione alquanto inusuale:i flussi di
cassa e i profitti erano alti in un settore in cui cambiamenti strutturali
richiedevano una riduzione di capacità. D’accordo con la teoria dei costi di
agenzia dei flussi di cassa i manager continuarono ad investire in E&S benché i
rendimenti medi fossero minori del costo del capitale, invece che distribuire la
liquidità in eccesso sottoforma di dividendi.
Questo spiega come fosse a quel tempo più economico comprare il petrolio in
Borsa piuttosto che trivellando il terreno. Il mercato non stava sottovalutando il
petrolio ma al contrario stava valutando correttamente lo spreco di risorse
investite in tali progetti. Il mercato dei capitali creò così un doppio incentivo:da
una parte i bassi prezzi spingevano i potenziali acquirenti all’acquisizione,
dall’altra la minaccia di un takeover motivava le potenziali target ad attivare
quegli interventi di ritorno all’efficienza che al contrario il mercato del prodotto
non era stato in grado di creare. All’inizio degli anni ottanta il settore petrolifero
era quindi pronto per una maggiore concentrazione.
Il fatto che molte società avessero poi cominciato ad attuare politiche di
diversificazione era indice di mancanza di un numero sufficiente di compagnie
petrolifere profittevoli in cui investire i flussi in eccesso. I manager nel settore
investirono quindi in società nei settori minerario, vendita al dettaglio e
manifatturiero. Queste acquisizioni furono di scarso successo non solo per
sfortuna (ad esempio il collasso del settore minerario) ma anche e soprattutto per
la carenza di esperienze manageriali in settori al di fuori di quello petrolifero.
Benché gli acquirenti avessero registrato delle perdite, tali operazioni
comportarono però benefici sociali complessivi dal momento che riportarono
risorse agli azionisti (della target) tenendole lontano da progetti di investimento
nell’economia reale poco profittevoli.
Secondo la teoria dei flussi di cassa le acquisizioni sono un modo in cui i
manager possono utilizzare l’eccesso di liquidità invece che pagare dividendi agli
azionisti. Manager poco avvezzi all’indebitamento e con un eccesso di cassa a
Teoria neoclassica e operazioni di acquisizione
15
disposizione investiranno probabilmente in acquisizioni che comportano un
basso rendimento o addirittura distruzione di valore:i programmi di
diversificazione generalmente rientrano in questa categoria. Il maggior beneficio
di tali operazioni è la riduzione di risorse altrimenti investite in progetti interni
poco profittevoli. Inoltre la riduzione nel livello di investimento, che spesso
implica eliminare o ritardare dei progetti e di conseguenza minacciare i percorsi
di carriera delle persone coinvolte, non viene attuata se non in presenza di una
crisi. I tentativi di acquisizione causano le crisi necessarie per l’attuazione di quei
tagli che altrimenti non sarebbero avvenuti. Le società del settore del petrolio
coinvolte nei processi di aggregazione attuarono tutta una seri di interventi tra cui
aumento del grado di indebitamento, pagamento consistente di capitale agli
azionisti, riduzione delle spese in eccesso in E&S e riduzione della capacità di
raffinazione e distribuzione in eccesso.
La teoria dei flussi di cassa è in grado inoltre di prevedere quali acquisizioni con
maggior probabilità genereranno o distruggeranno valore. Nei settori in declino
acquisizioni all’interno del settore creeranno valore mentre acquisizioni al di
fuori del settore di appartenenza tenderanno ad avere rendimenti bassi o
addirittura negativi perché i manager hanno poca esperienza di gestione nei nuovi
settori. Settori del petrolio e del tabacco rientrano nell’esempio. In particolare il
settore del tabacco è stato caratterizzato a fine anni ottanta da un calo di domanda
a causa di cambiamenti nelle abitudini dei consumatori; è comunque un settore a
grande produzione di flussi di cassa che è stato coinvolto in quegli anni in
numerose operazioni di acquisizione. Le acquisizioni nel settore alimentare
sembrano riflettere questa teoria: il settore produce grandi flussi ma è
caratterizzato da poche opportunità di crescita restando quindi candidato ad una
serie di leveraged buyout che si sono poi di fatto verificati. Il settore del
Broadcasting genera elevati flussi di cassa attraverso le licenze e conferma la
teoria.