VI
E’ naturale chiedersi quale strano collegamento sussista tra la fattispecie descritta, un
semplice esempio di danni al consumatore, e il “destino” della negligence action, e
quali siano le ragioni che inducono a considerare questa data uno spartiacque nella
storia della negligence law.
Si tratta di un quesito apparentemente complesso, in realtà facilmente risolvibile alla
luce di una semplice considerazione.
Fino al 1932, anno in cui la House of Lords si pronuncia sul caso Donoughue, non
esisteva un appiglio legale a cui il consumatore potesse rivolgersi per agire contro il
produttore di un bene difettoso, fonte di danno.
Vi è di più: la nozione, ormai scontata, di consumatore, non trovava spazio nella
mentalità di quell’ epoca, sia a livello sociale, sia in ambito strettamente legale.
Non esisteva, dunque, un principio di responsabilità extracontrattuale basato sulla colpa
al quale ricondurre le lesioni a carico di soggetti non legati da una specifica relazione
contrattuale.
Predominava, al contrario, un principio di non responsabilità, fondato sull’attribuzione
di uno status privilegiato ad alcune categorie di persone, tra le quali i produttori, così
dispensate dal dovere di agire nel rispetto dei diritti e dell’integrità altrui.
In altre parole: la forma mentis prevalente non tollerava la presenza di una
responsabilità colposa, ed impediva ogni pretesa risarcitoria nei confronti del
danneggiante, nell’ipotesi in cui non si fosse instaurato un precedente rapporto
contrattuale con quest’ ultimo.
Aderendo a tale impostazione, dunque, l’azione intentata da Mrs Donoughue nei
confronti del produttore della bevanda gassosa avrebbe dovuto fallire, obbligando la
donna a farsi pieno carico dell’ injury subita: nessun accordo contrattuale, infatti era
intercorso ex ante tra i due.
Diversamente, grazie al principio formulato da Lord Atkin in questa sede , il “neighbour
principle”, i Lords sostengono l’esistenza di un generico duty of care del convenuto nei
confronti della parte lesa, e, conseguentemente, condannano il produttore al recovery.
Per la prima volta, nel panorama britannico, si assiste all’ affermazione della liability in
tort, in mancanza sia di una relationship of contract tra le parti in causa, sia di un
precedente che autorizzi ad agire in tal senso, bensì fondata esclusivamente sullo
“scollamento” della condotta individuale rispetto al metro valutativo di riferimento.
Un’ inevitabile premessa conduce la corte a tale risultato innovativo.
VII
Nella società moderna, progredita, tecnologica e potenzialmente in grado di fornire
molteplici occasioni di danno, ogni soggetto ha il dovere morale e giuridico di aderire
ad uno standard di condotta, conformando la sua azione ad un canone comportamentale
capace di garantire la propria integrità e quella altrui.
La libertà individuale, pur essendo un valore dalla fondamentale importanza, trova un
limite nella pari libertà del mio “vicino”, colui che può subire delle conseguenze in
seguito alla mia condotta e, quindi, deve necessariamente essere oggetto di un’ attenta
considerazione nel momento in cui decido di comportarmi in una maniera
potenzialmente pericolosa.
Poco importa, dunque, se il produttore della bevanda e Mrs. Donoughue non sono
vincolati al rispetto della contract law: il primo ha trasgredito il dovere di attenzione a
cui doveva conformarsi.
Tale breach of duty, poi, ha generato una precisa injury dell’attore, permettendo
l’identificazione di un legame causale tra la defendant’s conduct e la lesione subita dal
consumatore.
Questi quattro requisiti, il duty of care, il suo breach, la presenza di un’injury e il nesso
tra il breach e l’ injury stessa, sono sufficienti al fine di una pronuncia pro plaintiff.
E’ evidente la straordinaria portata innovativa della decisione in questione: il duty to
take care, infatti, rappresenta la chiave di volta del sistema anglosassone in tema di
liability, poiché permette di individuare nuove ipotesi di responsabilità colposa, dotando
l’organo giudiziale di un “paradigma” interpretativo preciso, e allontanando i dubbi di
aletorietà e discrezionalità da sempre connotanti tale ambito.
Una forte tendenza astrattiva, inoltre, garantisce una maggiore uniformità di vedute in
sede processuale, attraverso il riferimento al reasonable man.
Quest’ultimo, un individuo capace di valutare in un’ottica comparativa il suo interesse
e il bene altrui, un prodotto cerebrale standardizzato, un idealtipo agisce con l’ordinary
care e si adopera per evitare l’inflizione ingiustificata di danni al suo neighbour.
Determinati idealmente i connotati tipici dell’uomo ragionevole, il passo successivo
della corte consiste nella concretizzazione del modello in esame grazie al confronto tra
la singola fattispecie e la regola comportamentale generica.
Tale modus operandi conduce ad una valutazione ponderata e motivata della
defendant’s conduct, enfatizzando la straordinaria empatia di cui sono capaci i giudici e
il pragmatismo delle conclusioni alle quali essi pervengono.
VIII
In questa osservazione si coglie uno dei tratti distintivi della negligence, e cioè il
connubio tra due caratteristiche opposte, la cui sapiente miscela spiega la presenza di un
movimento altalenante, della natura dinamica ed in fieri di questo rimedio.
Da un lato, la spinta verso l’astrazione e la ricerca di un criterio oggettivo dall’estesa
applicabilità; dall’altro, un approccio empirico delle circostanze fattuali, capace di non
trascurare il carattere sui generis di alcune ipotesi e di plasmare la regola in base alle
esigenze specifiche.
La presenza di una logica bipartita spiega le frequenti inversioni di rotta nel vasto mare
della negligence, a conferma della complessità e della profondità concettuale del
suddetto ambito.
Il duty of care, inoltre, permette di assecondare tale ricostruzione, dato il suo duplice
ruolo: estendere il settore della responsabilità colposa al di là dei precedenti vincolanti (
la cui assenza ha sempre agito in senso ostativo rispetto a qualsiasi innovazione
giudiziale), e, contemporaneamente, tratteggiare i confini della negligence, onde
evitarne un abuso in situazioni estranee alla sua natura.
Nel tempo, quindi, sono emerse differenti concezioni, rappresentative, segnatamente, di
un lassismo ideologico, improntato ad un frequente ricorso al tort of negligence, e di un
atteggiamento più cauto, finalizzato alla più severa delimitazione del rimedio in esame.
Tuttavia, a partire dal 1970, è prevalsa una mentalità garantista, favorevole ad un
riconoscimento più incisivo dei diritti dell’attore.
E’ iniziata, dunque, una stagione di frequenti condanne al risarcimento dei danni, in
linea con l’ accentuato rigore interpretativo adoperato nel valutare il convenuto.
Tale nuovo trend è emerso non solo in relazione alla products liability, ma anche in altri
settori in cui esistano concrete possibilità di arrecare ad altri un pregiudizio, assumendo
una condotta trascurata e scarsamente diligente.
In particolare, l’ambito in cui più si è assistito ad una dilagante applicazione della
negligence law è, indubbiamente, quello della responsabilità colposa medica.
L’attuale strutturazione del malpractice system, dunque, è il fenomeno più
rappresentativo della tendenza generalizzatrice prevalsa, sorta al fine di soddisfare
ineludibili esigenze di tutela, ma trasfiguratasi al punto da diventare il principale male
dei paesi di common law.
Per questo motivo, si è deciso di affiancare ad una parte generale, volta a delineare i
connotati della negligence e a descriverne la fisionomia intrinseca, una sezione speciale
IX
in cui si spieghi l’apice di questo movimento estensivo, riferendosi alle frequenti
condanne nei confronti della classe medica.
Nel settore medico, infatti, si assiste continuamente ad una strumentalizzazione delle
regole legali, al fine di assecondare le richieste del danneggiato.
Tale ottica “assistenzialista” ha prodotto profonde fratture all’interno della tort law, in
particolare nel panorama statunitense, a causa delle inefficienze da essa generate (si
pensi alla crisi del sistema assicurativo e all’ atteggiamento di selfprotection assunto dai
medici in linea con la defensive practise).
In codesto quadro di riferimento, dunque, è inevitabile dubitare della validità della
negligence, quale rimedio elastico e contemporaneamente non discrezionale.
Solo un’analisi dell’attuale configurazione della professional liability, come settore
esemplificativo di una crisi in atto, però, permette una valutazione critica ed imparziale
della negligence law, ed è proprio tale consapevolezza a spiegare la necessaria
trattazione dei casi di medical liability.
Lo stato attuale in cui versa questo settore, infatti, rende opportuno un ripensamento
dell’impianto concettuale su cui si è strutturato tale rimedio, confermando ancora una
volta il legame indissolubile tra l’esperienza e la teoria, in un clima di costante
eterodeterminazione ed influenza reciproca.
Il cambiamento mentale è richiesto dalla crisi, non è casuale e non rappresenta un
capriccio interpretativo, pensato meramente per assecondare i diversi gusti e le mutate
opinioni delle corti.
La realtà fattuale rende necessaria l’introduzione di accorgimenti con cui contenere il
“deficit virale” insito nella struttura della negligence e, quindi, presuppone una parallela
trattazione della problematica sia da un punto di vista teorico, sia applicativo.
Vi è di più: la descrizione del sistema di responsabilità medica crea anche un nuovo
terreno su cui i lawyers possano confrontarsi e perpetrare la logica dialettica tipica di
questo tort.
La presenza di un massiccio numero di condanne nei confronti dei professionisti, infatti,
ha sollevato una nuovo interrogativo, portando a chiedersi se l’attuale sistema dei torts
possa essere ancora considerato tipico, poiché fondato su rimedi puntuali, o se stia
avvicinandosi ai modelli proposti dai civil lawyers.
Si tratta di un interrogativo al quale si potrà rispondere solo dopo aver descritto la
negligence nella sua identità e avere analizzato le eterogenee implicazioni derivanti
dalla sua presenza.
1
PARTE GENERALE:
NEGLIGENCE
2
CAPITOLO PRIMO: NEGLIGENCE IN
GENERALE
3
1) IL CONCETTO DI NEGLIGENCE
1.1 NEGLIGENCE COME ELEMENTO DEI VARI TORTS E
COME AZIONE IN SE’
L’espressione Negligence viene adoperata dai common lawyers in una pluralità di
accezioni.
L’obiettivo di questo lavoro vuole essere quello di chiarirne il significato
considerando la sua più moderna configurazione e cioè come un’azione autonoma
da esperirsi nelle ipotesi colpose.
Per procedere in tal senso si rende però opportuno un breve chiarimento circa le
due sfere semantiche fondamentali nelle quali la parola in esame può essere
ricompresa.
1
“Negligence has two meanings:
1) a mode of committing certain torts (in this sense negligence is carelessness).
2) an indepedente tort.”
2
Da un primo punto di vista, è possibile utilizzare questo termine per riferirsi
all’elemento soggettivo degli altri torts, necessario al fine di distinguere tra
comportamento colposo e doloso.
Nelle aree di common law si è strutturato un sistema tipico degli illeciti che
prevede rimedi puntuali in relazione alla specifica fattispecie in esame. In questo
contesto la negligence contraddistingue i vari “strumenti” esperibili nell’ambito
giuridico senza per questo assumere una sua configurazione autonoma.
E’, però, la seconda accezione quella sulla quale si vuole riflettere: la negligence
come un vero tort, un'azione in sè idonea a determinare la concessione di un
rimedio in tutte quelle ipotesi per le quali tale rimedio non sia già concedibile in
base ad altri torts.
1
“Negligence in the law of torts has a double meaning; it may signify: a) a definite tort ...b) a
possible mental element in the commission of some other (but by no means all) torts.”: così
WINFIELD, The history of negligence in the law of torts, in 42 L.Q.R, (1926), p.196.
2
Così R.F HEUSTON e R.A BUCKLEY, Law of torts, Sweet & Maxwell Ltd, Londra, (1996),
p.194.
4
In quest’ultima ottica la negligence può considerarsi il tort moderno più
importante che protegge una molteplicità di interessi, caratterizzato dalla presenza
di un unico fattore unificante: la condotta colposa.
Fatta questa premessa, è facile individuare l'elemento che la differenzia dagli altri
torts, i quali si limitano a tutelare un particolare interesse e non hanno tale portata
estensiva.
Basti citare il caso delle diffamazione, avente come oggetto la tutela di un
interesse specifico, quello alla reputazione.
Tale prima peculiarità della negligence non è, però, sufficiente ad allontanare
dubbi e perplessità circa la sua attuale configurazione, i suoi "confini" e i rapporti
che essa instaura con gli altri torts.
Per affrontare tale questione si rende prima necessario descrivere in breve
l'origine della negligence negli ordinamenti di common law.
In senso lato, già a partire dal XIV secolo si possono rinvenire i primi riferimenti
ad un concetto prossimo alla negligence: in un caso del 1348, un traghettatore
viene considerato responsabile per aver sovraccaricato la sua imbarcazione e aver
quindi determinato la morte del cavallo dell'attore a causa della sua caduta in
acqua.
3
Ancor più chiaramente, nel 1676 viene condannato un uomo che ha ordinato al
suo domestico di domare dei cavalli selvaggi in Lincoln's Inn Fields, dato che tale
sua decisione ha poi provocato la lesione di un soggetto preso a calci
dall'animale.
4
Se si vuole, però, considerare il momento in cui sorge concretamente la
negligence come azione vera e propria, ecco che bisogna fare un "salto temporale"
e giungere al XIX secolo.
Sono rari, anteriormente al 1850, i casi in cui ci si riferisca alla responsabilità
basata sulla negligence.
Non a caso, Wilfield P. sostiene che, solo a partire dal secondo quarto del XIX
secolo, sia emerso un concetto generico di duty of care e quindi si siano andati
delineando i requisiti della negligence. Afferma Wilfield : “Because industrial
3
Il caso in questione è conosciuto come l’ Humber ferryman case: così G.L WILLIAMS e B.A
HEPPLE, I fondamenti del diritto dei torts, (1983), Edizioni scientifiche italiane, Napoli, p.68.
4
Mithchill v. Alestree (1676) I Vent.295; E.R.190, citato in G.L WILLIAMS e B.A HEPPLE,
op.ult.cit.
5
machinery, and in particular railways, killed any object from a Minister of State to
a wandering cow, negligence evolved from having been only a method through
which various torts were committed into an indepedent tort which sprang from the
action upon the case.”
5
E tale scarsa attenzione connota sia il sistema inglese, sia quello americano.
6
E' essenziale, quindi, il riferimento alla rivoluzione industriale, fenomeno che
gioca un ruolo chiave nello sviluppo dell'azione per negligence.
Se, infatti, prima dell'avvento dell'era industriale, sono infrequenti i casi di danni
accidentali e comunque vengono affrontati per mezzo del sistema dei writs (un
sistema che si fonda sull'uso dell'azione in trespass e in trespass on the case),
successivamente aumentano in modo esponenziale le occasioni di danno alla
persona.
7
Si vedrà nel proseguio della trattazione che tale momento porta con sè esigenze tra
loro contrapposte: da un lato si rende opportuna l'identificazione di un criterio che
permetta di ottenere il risarcimento ed evitare che condotte colpose restino
impunite; dall'altro, soprattutto a seguito di una dilagante espansione del nuovo
tort, non si sottovalutano le ragioni del capitalismo e quindi si agisce con
l'obiettivo di delimitare il numero dei danni risarcibili. Accettando ogni richiesta
di compensation, si giungerebbe ad ostacolare lo sviluppo industriale, con la
conseguenza che molti imprenditori si asterrebbero dall'intraprendere attività
potenzialmente pericolose, consci dei rischi insiti in tali attività e quasi sicuri di
5
Per un approfondimento cfr. P. WINFIELD, Duty in tortious negligence, in 34 Colum.L.Rev,
(1934), p.41. Si veda anche The History of negligence in the law of tort, in 42 L.Q.R., (1926),
p.184. citati in M.A. STEIN, Priestley v. Fowler and the emerging tort of negligence, in 44
B.C.L.Rev., (2003), pp. 6-7.
6
L. FRIEDMAN, A history of American law, Touchstone Book, New York, (1985), p.467: "The
common law had little to say about personal injuries brought about by carelessness-the area of life
and law that underwent most rapid growth in the nineteenth century. The modern law of torts must
be laid at the door of the industrial revolution, whose machines had a marvellous capacity for
smashing the human body".
7
“Before the industrial revolution, the infrequent cases of accidental harm that occured were
filtered through the Anglo-American writ system- a procedutal system requiring that tort-like
wrongs be pleaded as actions in trespass or trespass on the case, rather than the substantive
categories we now employ.”: così M.A FRANKLIN e R.L. RABIN, Tort law and alternatives,
University Casebook series, New York ,(1996), p.22.
6
essere condannati non appena un individuo alle loro dipendenze riporti delle
lesioni.
In un quadro di riferimento complesso e in via di sviluppo come quello appena
descritto, si capisce il ruolo prioritario che si debba assegnare alla negligence, e si
spiega il perchè delle frequenti polemiche che ne hanno accompagnato
l'evoluzione.
Dato il suo compito particolarmente delicato, è inevitabile la presenza di voci
discordanti: ancora negli anni venti del XX secolo si discute sulla possibilità di
classificare la negligence come un vero tort indipendente dagli altri.
8
Col tempo, però, quest' atteggiamento di generale diffidenza è destinato a
trasformarsi in un'accettazione, più o meno esplicita, del nuovo tort.
Dagli anni '30 in poi si assiste ad una grandiosa evoluzione della negligence, che
giunge ad essere il rimedio per eccellenza in materia di colpa, l'azione ex delicto
che deve essere intentata in via preferenziale.
Questa espansione non ha precedenti negli ordinamenti di common law.
Solo un confronto con il sistema giuridico romano permette di individuare
un'omologa evoluzione riferendosi alla Actio legis Aquiliae.
9
L'ordinamento giuridico romano, come quello anglosassone, è un sistema tipico in
cui esistono quattro azioni con campo diversificato: il furto, la rapina, l'ingiuria e
il danneggiamento.
Mentre, fino all'epoca di Giustiniano, si assiste ad una sostanziale parità di questi
quattro rimedi, con la compilazione Giustinianea si attribuisce una maggiore
rilevanza all' azione di danneggiamento, esperibile non più in via sussidiaria bensì
elettivamente. Questo allo scopo di semplificare il sistema degli illeciti, scopo che
verrà poi perseguito in modo ancor più deciso dai giusnaturalisti.
Rimane comunque un elemento che distingue lo sviluppo dell'azione di
danneggiamento romana da quello della negligence: nel primo caso tutti gli altri
rimedi vengono soppiantati totalmente, cosa che non accade nel common law,
dove la preminenza della negligence non si risolve in un "azzeramento" definitivo
degli altri torts.
8
S. JENKS, On negligence and deceit in the law of torts, in 18 L.Q.R, (1910), p.159: “Is
negligence a tort per se, like trespass and trover? Is it, on the other hand, merely an element in all
or some torts?.”
9
P. GALLO, L’elemento oggettivo del tort of negligence, Giappichelli, Milano, (1988), p.13
7
Come spiegare le ragioni di tanto successo?
Già si è visto che il nuovo tort trova un consenso generalizzato nella classe dei
capitalisti: dal loro punto di vista la negligence è vero "strumento di salvezza" che
permette loro di porsi al riparo da tutte quelle condanne al risarcimento non
fondate sulla dimostrazione della colpa.
Ma, anche se ci si cala nell'ottica del danneggiato, questo tipo di azione risulta
preferibile. Presupponendo una procedura più rapida e meno formale, riduce il
rischio di perdere la causa per mancanza di prove.
E' il confronto con il trespass, in cui spesso la mancata prova del danno diretto
porta all'assoluzione dell'imputato, che permette di sottolineare la convenienza
della negligence da un punto di vista processuale.
Si tenga, inoltre, presente che, grazie al meccanismo del "res ipsa loquitur", si
assiste ad un'inversione dell'onere probatorio, con la conseguenza che la parte lesa
è esonerata dall'onere di dimostrare la condotta negligente del convenuto. Anche
quest' ultimo fattore contribuisce a spiegare i motivi di un tale successo e di una
accettazione così generalizzata.
Quindi, partendo da una fase iniziale in cui l'azione è esperibile solo nei casi di
condotta commissiva che abbiano determinato danni fisici, si giunge a condannare
anche condotte omissive e non si tralasciano nemmeno le ipotesi di shock nervosi.
Si procede inoltre ad estendere il campo di applicazione e i confini di quest’
azione anche nel settore dei danni meramente patrimoniali, consci dell’ingiustizia
creata dalla dottrina della privity nell’ambito della contract law.
E' il culmine di quella tendenza alla generalizzazione che, sviluppatesi con un
intento e una logica del tutto coerenti, si trasforma in un fenomeno patologico dai
risvolti oscuri e altamente pericolose.
8
2) LORD ATKIN’S NEIGHBOUR PRINCIPLE
2.1. CASO E CONSEGUENZE DI QUESTO APPROCCIO
1932: un anno fondamentale per lo sviluppo del tort of negligence, un anno che
segna uno spartiacque tra la prima parte del 900, caratterizzata dalla prevalenza
della law of contract, e il periodo successivo in cui si assiste all'emergere di un
vero e proprio test per l'identificazione dei casi di negligence.
10
Il XX secolo infatti si apre con una convinzione di base che, pur nelle sue
sfumature differenti in base all'area geografica alla quale ci si riferisca,
caratterizza tutti i paesi di common law: l'ideologia liberale vieta di imporre
obbligazioni a carico di soggetti tra i quali non vi siano stati precedentemente
accordi in tal senso.
Si giunge, quindi, alla formulazione del principio secondo il quale, se una
fattispecie non rientra tra precise relazioni tra due persone (tipico il rapporto
dottore - paziente), non esiste un criterio, un parametro per determinare l'esistenza
di responsabilità in capo ad una parte per i danni sofferti dall'altra. Ecco perchè si
è soliti riferirsi al trionfo del contratto parlando della primacy of contract.
11
Già sul finire del XIX secolo la Rivoluzione industriale pone le basi per
l'identificazione di uno strumento che permetta di descrivere le circostanze nelle
quali esista il duty of care, un "dovere di attenzione" la cui violazione fa sorgere
una qualche responsabilità in capo al trasgressore.
12
Se, infatti, non si vuole ostacolare lo sviluppo del capitalismo nascente, si rende
necessario limitare il numero di danni risarcibili. Tale limitazione presuppone
però inevitabilmente una precisa identificazione dei danni stessi e la creazione,
10
HEUSTON R. F. e BUCKLEY R. A., Law of, cit., p.198 : “The 1889 edition of Beven on
Negligence lists 56 separete duties of care.”
11
MARKESINIS B.S. e DEAKIN S., The random element of thei Lordships’ infallible
judgement: an economic and comparative analysis of the tort of negligence from Anns to Murphy,
in 55 Mod. L. Rev, (1992), p.625 ss.: “Tort is therefore supplementary to contract in ensuring an
optimal resource allocation. This idea is familiar to lawyers who refer to the primacy of contract in
the field of obligations.”
12
In relazione al ruolo della Rivoluzione industriale nel determinare la nascita dell’azione per
negligence, si veda GALLO. P., L’elemento oggettivo, cit., pp 10-11.
9
quindi, di un parametro da utilizzare come ausilio tecnico per distinguere i casi in
cui la parte lesa possa vantare pretese nei confronti del convenuto, dai casi in cui
questo diritto all'azione non esista.
In questo generico quadro di riferimento si capisce l'importanza del leading case
del 1932 a cui farò riferimento -Donoghue v. Stevenson-
13
e soprattutto delle
parole dei giudici chiamati a deciderlo.
Due signore inglesi entrano in un caffè. Una delle due ordina del gingerbeer che
poi offre all'amica, Mrs May Donoghue. Quest' ultima, dopo averne bevuto dei
sorsi, si accorge che sul fondo della bottiglia ci sono dei resti di una lumaca in
decomposizione. Ecco perché, a causa dello spavento e sostenendo di aver
contratto una grave gastro enterite, decide di chiedere il risarcimento dei danni
causati dal produttore della bevanda gassossa.
La House of Lords, con un verdetto sostenuto da tre giudici su cinque
14
, riconosce
che il convenuto sia tenuto a rispettare un duty of care nei confronti della parte
lesa che ha agito in giudizio e giunge a condannare il produttore al risarcimento
dei danni.
Prima di soffermarsi su questo caso, è opportuno ricordare che in America già a
partire dal 1916, si è venuta creando una situazione simile a questa.
15
Ed è stato da
più parti sostenuto che il caso americano abbia esercitato una certa influenza nel
favorire l’emergere di un atteggiamento possibilista in rapporto alla necessità di
accordare il risarcimento dei danni determinati dai difetti di un prodotto.
16
Si
consideri inoltre che Lord Macmillan, uno dei giudici del caso inglese in esame, è
13
Donoghue v. Stevenson (1932) A.C. 562, COOKE J., Law of tort, Pearson Longman, Londra
2003, p.31.
14
I tre giudici in questione sono Lord Atkin, Lord Macmillan e Lord Thankerton. Ad essi Michael
Arnheim si riferisce parlando del “Lord Atkin’s triumvirate”, ARNHEIM M., The snail’s revenge,
in 107 Solicitors Journal, (1989), p.309.
15
Il caso in parola è MacPherson v. Buick Motor Co. (1916) 217 N.Y.832, GIORDAN J.D., The
American authorities in Donoghue v. Stevenson: a resolution, in 115 L.Q.R, (1999), pp.183-186.
16
In tal senso, Cfr POLLOCK F., The snail in the bottle, and thereafter, in 49 L Q.R, 1940, p.22.
“Thus in Donoghue v. Stevenson no reference was made by counsel in the House of Lords to the
leading American case MacPherson v. Buick Motor Co. in which Cardozo J. had developed the
modern principle of duty of care to third persons, but it was thereafter called to the attention of
Lord Atkin, who cited it in his judgement. It may also have influenced Lord Macmilln.” , Così,
GIORDAN J.D., The American authorities in Donoghue v. Stevenson: a resolution, in 115 L.Q.R,
(1999), pp.183-186.
10
un profondo conoscitore della realtà statunitense: questo sicuramente ha favorito
l’incontro tra le opinioni espresse dai giudici americani e quelle in fieri dalle
House of Lords.
Venendo al caso del 1932, è opportuno chiedersi sotto quali aspetti debba
considerarsi così centrale nell’ambito della casistica inglese da risultare un
precedente vincolante.
17
In primo luogo conferma quella tendenza che risale agli albori della Rivoluzione
industriale e che porta a configurare la negligence come un'azione in sè, come un
tort idoneo a determinare la
concessione di un rimedio nei casi non rientranti nell'ambito di altri torts. In tale
ottica non si considera più la negligence come uno stato mentale, bensì come una
condotta implicante un irragionevole grande rischio di cagionare danni ad altri. Si
insiste quindi sulla natura espansiva dell'azione per negligence.
In secondo luogo si assiste all'affermazione di un principio dal carattere
"disfattista" perchè si risolve in una negazione della "privity fallacy". Si nega in
sostanza che l'assenza di privity of contract tra le parti possa precludere la
responsabilità in tort. Accettando tale impostazione infatti il produttore di
gingerbeer sarebbe stato responsabile solo nei confronti dell'acquirente della
bottiglia infetta e solo nel caso in cui questo avesse riportato dei danni, ma ogni
pretesa vantata da Mrs. Donoghue non avrebbe avuto seguito.
Da tale aspetto deriva un' importante implicazione e cioè la creazione di una
nuova categoria di duty of care : il dovere del produttore nei confronti dell'ultimo
consumatore, a prescindere dall'esistenza tra i due di un rapporto contrattuale.
18
Tale regola è stata definita con l'espressione "the narrower rule".
19
E questo carattere "ristretto" del principio appena citato permette di collegarsi
direttamente al terzo motivo di importanza del caso in esame.
17
Si consideri che, dopo l’emanazione della sentenza, sono iniziate polemiche e discussioni.
A tal proposito HEUSTON, Donoghue v. Stevenson in retrospect, in 20 Mod.L.Rev, (1957), p.4
18
E’ noto che questo caso rappresenti un precedente per affermare l’esistenza di un nuovo dovere
di attenzione che va al di là del dovere che il produttore di gingerbeer è tenuto a rispettare nel
rapportarsi al consumatore della bevanda con i resti della lumaca. Si veda anche Junior Books Ltd
v. Veitchi Ltd (1983) A.C.510, 539, MARKESINIS B.S e DEAKIN S., The random element of
their Lordships’infallible judgment: an economic and comparative analysis of the tort of
negligence from Anns to Murphy; in 55 Mod L.Rev.,(1992), p. 620 ss.
19
COOKE J., Law of, cit., pp 202-207.