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Introduzione
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INTRODUZIONE
TEORIE SOCIO ECONOMICHE RIGUARDO L’INNOVAZIONE
TECNOLOGICA
1. Le teorie standard
Per gli economisti neoclassici la tecnica non rientra nel campo
dell’economia. L’economista austriaco Friedrich von Hayeck afferma riguardo
all’innovazione tecnologica: “Finché lavora sui suoi problemi, l’ingegnere [o
l’inventore n.d.r.] non partecipa a un processo sociale nel quale altri attori posso
prendere decisioni indipendenti, ma vive in un mondo tutto suo e separato. […]
Non deve preoccuparsi di quali siano le risorse disponibili, né conoscere
l’importanza relativa dei diversi bisogni […] E’ detentore di conoscenze sulle
proprietà delle cose, che non cambiano in nessun luogo e in nessun momento e
che sono indipendenti da ogni situazione umana contingente.”
1
Quando negli anni Cinquanta gli economisti iniziarono ad interessarsi alla
questione della crescita: la tecnica, precedentemente estromessa, riapparve in
maniera inattesa. La crescita della produzione deriverebbe in primo luogo
dall’incremento quantitativo dei fattori di produzione (capitale o lavoro) in
seguito ad un aumento del tasso di risparmio o della popolazione. Ma tali
incrementi non rendono conto di tutta la crescita. Resta un “residuo”. A seconda
dei casi tale residuo rappresenta dalla metà ai tre quarti della crescita, e per uscire
da una teoria nella quale il residuo è la causa principale, gli economisti devono
cercare di integrarvi la tecnica. Robert Solow fu uno dei primi, nel 1957, a
proporre di tener conto del cambiamento tecnologico nella funzione di
produzione. A suo avviso la produzione è determinata da tre fattori: il capitale, il
1
Friederich von Hayek, Scientisme et sciences sociales, Plon, Paris 1953, pp.113-114
Introduzione
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lavoro e il cambiamento tecnologico. Egli precisa anche che come progresso
tecnologico va inteso “qualsiasi cambiamento nella funzione della produzione. In
tal modo le recessioni, le accelerazioni e i miglioramenti dell’educazione della
forza lavoro sono considerati progresso tecnologico.”
2
In seguito Solow e altri
economisti tenteranno di incorporare il progresso tecnologico nel capitale,
utilizzando diversi modelli.
Occorre distinguere tra innovazione ed invenzione, la prima attribuibile al
campo della tecnica, la seconda a quella dell’economia, al centro dei lavori di
Shumpeter. Per questo economista, considerato il più sensibile nel campo della
tecnica, l’imprenditore non interviene nelle novità che introduce, ma seleziona
nuovi sistemi tecnologici da immettere sul mercato. Svolge quindi una funzione
da mediatore tra due mondi separati. Quando, ed è un caso eccezionale, un
inventore diventa imprenditore, muta completamente la propria attività.
Per tutti questi motivi, in questa sede, è stata attribuita una importanza
così grande alle caratteristiche tecniche delle invenzioni fotografiche. Il campo
della fotografia, come qualsiasi altro campo in cui la tecnica è particolarmente
importante, necessita un’attenzione particolare ai progressi tecnici che si
susseguirono nel corso del tempo, soprattutto se, ed è questo il caso, la tecnica
influenzava fortemente il modo d’uso del prodotto e il risultato finale da parte
dell’utilizzatore.
L’aspetto più criticabile della posizione di Shumpeter, e dell’insieme dei
neoclassici, sta nel presupporre che l’innovatore attinga ad un fondo inesauribile
di invenzioni non sfruttate. Le imprese sono quindi spinte a procurarsi
autonomamente tale risorsa o modificando l’invenzione a livello tecnico
investendo in ricerca e sviluppo, e questo accade sia per le imprese moderne sia
per quelle del diciannovesimo secolo. E’ quindi possibile affinare l’idea di
Shumpeter affermando che occorre considerare la mediazione dell’imprenditore
2
Robert Solow, Technical Change and the Aggregate Production Function, in “Rewiew of Economics
and Statistics, agosto 1957, p. 312.
Introduzione
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come funzionante in entrambi i sensi, non solo dalla tecnica verso l’economia,
ma anche dall’economia verso la tecnica.
Gli economisti dell’innovazione sogliono distinguere fra innovazione di
prodotto e innovazione di processo. Bernard Real invece distingue tra
innovazioni di processo e innovazioni di consumo, la prima delle quali influenza
l’offerta e la seconda delle quali influenza la domanda. La fotografia rappresentò
un’innovazione di consumo in grado di produrre crescita, come fecero, nel
secondo dopoguerra, l’automobile o gli elettrodomestici. Per la fotografia il
consumo di massa avvenne molto avanti nel tempo, si parla addirittura degli anni
settanta del novecento, ma sicuramente già nel 1840 era stato inventato un
metodo assolutamente superiore per riprodurre le immagini della realtà.
Un secondo ambito di indagine per gli economisti interessati al
cambiamento tecnologico è la diffusione dell’innovazione. Il modello di base,
elaborato negli anni Sessanta, parte dall’idea di imitazione e si propone di
studiare la propagazione di una novità. Alla sua origine sta il trasferimento nelle
scienze sociali del modello epidemiologico della propagazione per contatto.
Quando si descrive la progressione di una innovazione in funzione del
tempo, si ottiene una curva a S (partenza lenta, forte crescita, stagnazione) detta
sigmoide. Le grandi linee di questo modello si riscontrano sia all’interno di una
azienda, sia di un’industria, sia nel complesso dell’economia. Tale modello è
carente sotto alcuni aspetti, ad esempio in quanto eccessivamente statico:
definisce infatti ex ante la popolazione potenziale dell’innovazione (l’asintoto
superiore della curva) mentre nel corso del tempo l’ambito di diffusione si
modifica, in seguito alle trasformazioni dell’oggetto e allo sviluppo di forme di
utilizzazione non previste al momento del lancio. In realtà la questione
dell’evoluzione dell’oggetto tecnico si articola in molteplici componenti. In
primo luogo, il produttore continua a migliorare il proprio prodotto per tutto il
periodo di diffusione. L’attività di invenzione non si ferma. Al contrario permette
di lanciare generazioni successive del prodotto e modelli differenti. Si citino nel
Introduzione
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caso in questione semplicemente i progressi dei materiali sensibili, il passaggio
dalle lastre al collodio secco a quelle al collodio umido, o al progressivo
miglioramento degli apparecchi sempre più accessoriati ed in grado di offrire
prestazioni sempre crescenti.
Inoltre, il ripetersi della produzione del nuovo oggetto genera un processo
di apprendimento. Kenneth Arrow, economista americano, fu uno tra i primi a
studiare tale fenomeno, il learning by doing. All’apprendimento attraverso la
produzione, Nathan Rosenberg oppone l’apprendimento attraverso l’uso
(learning by using), il quale permette all’operatore di migliorare le performance
della macchina; si profila dunque un migliore adeguamento fra macchina e
uomo. L’uso stesso può ugualmente portare a modifiche della macchina. In
fotografia ciò è perfettamente riscontrabile, soprattutto nell’Ottocento, periodo
durante il quale la fabbricazione degli apparecchi fotografici era svolta
soprattutto da artigiani che miglioravano i loro prodotti acquisendo esperienza
attraverso la fabbricazione degli apparecchi stessi.
La teoria sociologica della diffusione dell’innovazione ha per punto
centrale l’idea della rete di influenza. Everett Rogers è il principale esponente di
questa corrente. Il comportamento di un individuo, in seno ad una popolazione in
cui ognuno interagisce con tutti gli altri, influenza i comportamenti altrui. La
dimostrazione di successo di un certo processo e di una certa invenzione offre
un’occasione di cambiamento a coloro che non hanno avuto un uguale gusto per
la sperimentazione. La stessa adozione da parte di uno o più d’uno offre agli altri
nuovi stimoli. Il processo decisionale si snoderebbe in cinque tappe (la
conoscenza, la persuasione, la decisione, la messa in opera e la conferma) e gli
utilizzatori si dividerebbero in cinque gruppi (gli innovatori, i primi utilizzatori,
la prima maggioranza, la seconda maggioranza, i ritardatari). Le differenti
tipologie così individuate permettono di seguire l’evoluzione del tasso di
adozione che, come per gli economisti, descriverebbe una curva ad S. I fenomeni
di influenza reciproca hanno come conseguenza una crescita esponenziale. Si dà
Introduzione
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quindi un fondamento sociologico al modello epidemiologico comune ad
economisti e sociologi.
Nel campo della fotografia il tasso di diffusione ed utilizzazione fu
fortemente influenzato dal potere di acquisto della popolazione italiana, per la
quale per molto tempo gli strumenti fotografici furono di prezzo inaccessibile.
Alla fine dell’ottocento erano solo i nobili o i pochi fotoprofessionisti dell’epoca,
nonché scienziati e uomini d’ingegno che utilizzavano apparecchiature
fotografiche, il resto della popolazione era per forza tagliata fuori. E’ anche vero
che molto spesso i potenziali utilizzatori attendevano miglioramenti nella
tecnologia o nelle caratteristiche d’uso degli strumenti fotografici per poter
accedere all’invenzione. Si può tuttavia riproporre la teoria del processo
decisionale ogniqualvolta si sia verificato un forte cambiamento nella
strumentazione fotografica. Basti per tutti l’esempio della Leica, dotata di un
sistema totalmente innovativo che venne utilizzata progressivamente da un
numero sempre maggiore di utenti fino a dominare il mercato mondiale e
sconvolgere il mondo della fotografia.
Elihu Katz, sociologo dei media, è particolarmente attento alla
comunicazione, e scrive che mentre “i mass media servono ad informare, i
contatti personali permettono di legittimare”
3
. Appare evidente l’importanza
attribuita agli opinion-leader che, in un gruppo paritario, svolgono un ruolo
trainante e diventano degli agenti di cambiamento sociale. Opinion-leader in
campo fotografico furono gli esperti del mercato, i fotografi più famosi (italiani e
stranieri) di ogni epoca, i quali si confrontavano nei vari saloni ottocenteschi
prima e nei momenti di confronto più o meno istituzionalizzati poi. Opinion-
leader furono anche i personaggi di alcuni film, si citi solo il protagonista di
Blow, con al collo una Leica, che trascinò il grande pubblico verso l’acquisto di
quell’apparecchio.
3
Elihu Katz, The Social Itinerary of Technical Change:two studies of the diffusion of Innovation, cit., p.
785.
Introduzione
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Sia economisti che sociologi hanno una concezione unidirezionale della
diffusione: i fruitori sono passivi di fronte all’offerta tecnologica, limitandosi ad
accettare o a rifiutare l’innovazione. L’oggetto tecnico è considerato come una
scatola nera, non soggetta a modificazioni. I sociologi distinguono, tuttavia,
come visto, un gruppo di opinion-leader, i quali sarebbero più propensi in
generale all’innovazione, all’adozione di nuove tecnologie qualsiasi esse siano.
Tale punto è criticato dagli economisti, che sostengono che i sociologi non
tengono in considerazione nella loro analisi la qualità o “utilità” del nuovo
prodotto. Ma la critica principale che si può fare al modello diffusionista è quella
di fare astrazione dalla tecnologia. Si potrebbe affermare che si fa riferimento
solo alla parte finale dello sviluppo tecnologico. Occorrerebbe dunque tenere
conto delle trasformazioni dell’oggetto tecnico. Le reazioni degli utenti di massa
hanno spinto le ditte costruttrici a modificare le caratteristiche degli apparecchi
prodotti: semplificazione dell’uso e limitazione delle possibilità negli ambiti
considerati marginali dagli utenti. Una ricerca dedicata alla diffusione di una
invenzione dovrebbe tenere conto delle suddette trasformazioni dell’oggetto
tecnico. Successivamente Rogers, nella terza edizione della sua opera, introduce
il concetto di “re-invenzione”, per indicare le modifiche operate dagli utenti sui
dispositivi che adottano. Se simili comportamenti erano stati a lungo considerati
dai sociologi della diffusione come una sorta di “rumore di fondo” nel processo
di diffusione, o come ostacolo all’utilizzo razionale ed efficace della nuova
tecnologia, oggi la “re-invenzione” appare come il segno di un’autentica
integrazione della novità nella cultura dei fruitori. Ogni nuovo modello di
apparecchio fotografico può considerarsi una “re-invenzione”.
Vediamo ora cosa è possibile dire dal punto di vista storico. Per costruire
un discorso metodologicamente corretto sulla tecnica occorre certamente
rompere con la teoria eroica dell’invenzione, la quale pone l’inventore come un
individuo dotato di facoltà soprannaturali. Una descrizione minuziosa delle
Introduzione
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tecniche e della loro evoluzione è il modo migliore per dare garanzia di
scientificità. In Francia, l’Histoire générale des techniques di Maurice Daumas
costituisce un esempio di storia tecnica delle tecniche, che rifiuta di interessarsi
al contesto politico, economico e sociale delle invenzioni. “Il compito originale
della storia delle tecniche” scrive Daumas” consiste nel mettere in evidenza la
logica specifica dell’evoluzione tecnologica. Questa si sviluppa infatti secondo
una logica interna ben differente dalla logica dell’evoluzione della storia socio-
economica”
4
. Una simile ricerca si colloca dunque in una prospettiva internalista.
Alla visione internalista della tecnica si può opporre la prospettiva di
Lucien Febvre secondo il quale “ogni epoca ha la propria tecnica, e questa
tecnica si conforma allo stile dell’epoca. Uno stile che chiarisce fino a che punto
nei fatti umani tutto si colleghi o interferisca, o se si preferisce, come la tecnica
sia influenzata da ciò che si è soliti definire storia generale e, al contempo, agisca
su quella stessa storia”
5
. In una prospettiva caratterizzata dall’esigenza di inserire
la tecnica nella storia generale, si situa anche la voce di Bertrand Gille che
intende costruire una storia “concatenata dal mondo materiale”. Per farlo
costituisce una struttura di lunga durata, le cui cesure sono determinate dalle
tecniche dominanti. A differenza di Daumas, non si tratta più di analizzare i
sistemi tecnici come insiemi coerenti di dispositivi compatibili e reciprocamente
articolati. L’interdipendenza delle tecniche definisce allo stesso tempo il contesto
e gli elementi mancanti, in un quadro che orienta il lavoro degli ideatori.
Compito dello storico è mostrarne la coerenza e, in un secondo tempo, cercare di
studiare i rapporti fra sistemi tecnici e sistemi economici e sociali.
La volontà di strutturare la diversità delle tecniche si ritrova ugualmente al
centro di una disciplina ancora allo stato embrionale: la tecnologia. Negli anni
Sessanta, André-Georges Haudricourt ha auspicato la creazione di una nuova
scienza umana, alla confluenza fra storia ed etnologia, la quale abbia per
obiettivo la classificazione naturale degli oggetti. Analogamente a quanto
4
Maurice Daumas, Le grandi tappe del pensiero tecnico, Armando, Roma 1983, p.12.
5
Lucien Febvre, Réflexions sur l’Histoire des techniques, PUF, Paris 1962, t.I, p. X
Introduzione
10
avviene in biologia si tratta di costruire “una classificazione genealogica che
della rendere conto della reale parentela storica”
6
. Gli attrezzi e le tecniche
agricole, ambito sul quale ha prevalentemente lavorato Haudricourt, sono studiati
non in se stessi ma in relazione ai gesti che permettono di utilizzarli.
Malgrado le differenze, gli storici tecnici delle tecniche e i tecnologi
conservano la stessa prospettiva internalista. Tutti gli autori citati studiano la
tecnica come un mondo a parte che è necessario descrivere, classificare,
strutturare. Una volta realizzato questo lavoro, alcuni, come Gille, auspicano, in
un secondo tempo, la comparazione delle strutture tecniche con le strutture
sociali.
In linea generale quindi, la prospettiva degli storici tecnici della tecnica si
presenta in sintonia con quella degli economisti neoclassici. Per Daumas, come
per von Hayek, tecnica ed economia sono mondi separati che funzionano
ciascuno secondo una razionalità specifica.
Conviene soffermarsi su un’ulteriore versione, a concludere questo
itinerario di teorie che o escludono la tecnica o la separano completamente dalla
società: si tratta dell’approccio utilizzato dal Jacques Ellul, il quale nega
l’interazione fra tecnica e società, dissolvendo il sociale nel tecnico. Secondo
Ellul fra i secoli XVIII e XIX ha luogo una mutazione fondamentale della
tecnica. Mentre precedentemente si disponeva soltanto di tecniche locali, diffuse
localmente, la rivoluzione politica e industriale del XIX secolo estese
l’utilizzazione della tecnica ad ogni attività sociale, non soltanto alla meccanica,
ma anche al diritto, alle norme di bilancio, all’economia… La tecnica partecipa
all’opera di razionalizzazione sociale avviata dall’Illuminismo. “Un grande
lavoro di razionalizzazione, di unificazione, e di chiarificazione viene sviluppato
ovunque, sia nello stabilire norme di bilancio e l’organizzazione fiscale, sia
nell’ambito dei pesi e delle misure o dei tracciati stradali. E’ tutto opera della
6
André-Georges Haudricourt, La Technologie science humaine, Editions de la Maison des science de
l’homme, Paris 1987, p.41.
Introduzione
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tecnica. Da questo punto di vista si potrebbe dire che la tecnica è la traduzione
dell’ossessione umana a dominare le cose attraverso la ragione. Rendere
calcolabile ciò che è inconscio, quantitativo ciò che è qualitativo…”
7
.
Per Ellul “in tutto il corso della storia, senza eccezione, la tecnica è
sempre appartenuta ad una civiltà, della quale era un elemento, inglobato in una
pluralità di attività non tecniche.”
8
In sostanza la tecnica evolve autonomamente,
senza intervento esterno, e fra due procedure tecniche non si dà scelta: una di
esse infatti si imporrà fatalmente in quanto i suoi risultati si apprezzano,
misurano, vedono e sono indiscutibili. La tecnica si impone non soltanto ai suoi
produttori ma anche ai suoi utilizzatori. Secondo Ellul non esiste scelta; l’uomo è
posto di fronte all’alternativa secca di utilizzare la tecnica in conformità alle
regole tecniche e non usarla per niente. E’ impossibile usarla in maniera diversa,
ogni interrogazione etica è impossibile. Egli afferma, a proposito della bomba
atomica che “essendo possibile, era necessaria”. In definitiva la tecnica diviene
completamente autonoma, non più né controllata né influenzata da un’altra sfera
dell’attività sociale. “L’economia può essere uno strumento di sviluppo, una
condizione favorevole o un ostacolo al progresso tecnologico, ma non può mai
determinarlo, provocarlo o dominarlo: allo stesso titolo di un potere politico, un
sistema economico che rifiutasse l’imperativo tecnico sarebbe condannato [a
scomparire].”
9
Perfetto esempio del determinismo, la teoria di Ellul descrive un sistema
totalitario nel quale un dispositivo senza controllo, attraverso la propria
dinamica, divora il complesso della società. Non può esistere nessun
contropotere al potere tecnologico.
Commentando questa tesi, occorre certamente dire che la questione della
tecnica è in essa talmente inglobante da sterilizzare ogni analisi specifica dello
sviluppo tecnologico. Affermare la non-esistenza della scelta tecnica, in quanto
l’opzione più efficace si imporrebbe sempre automaticamente, significa sia
7
Jacques Ellul, La Technique ou l’enjeu du siècle, Economica, Apris 1990, p.40.
8
ivi, p.117.
Introduzione
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ignorare la complessità del processo di elaborazione di una tecnica, sia sostenere
un discorso tautologico in cui la tecnica buona è sempre quella che si è imposta.
In definitiva la tesi pantetica di Ellul per rendere conto dei rapporti fra
società e tecnica appare inadeguata, tanto quanto la tesi della marginalizzazione
della tecnica proposta dagli economisti neoclassici.
Visto che è necessario rifiutare le teorie che ignorano la tecnica,
relegandola in qualche nicchia particolare o dissolvendola nella società, emerge
chiaramente l’interesse dello studio della tecnica. Non è possibile analizzare né la
crescita economica né le evoluzioni della società prescindendo dalla tecnologia,
parte integrante non solo dei modi di produzione ma anche della cultura e della
comunicazione tra individui.
Tali riflessioni indicano come sia necessario pensare la tecnica e la società
in articolazione reciproca: la tecnica non è al di fuori dell’economia e della
società. Non c’è da una parte il laboratorio dove avvengono le invenzioni e di
elaborano gli oggetti e dall’altra le reti di diffusione. E’ dunque necessario
associare in un’unica teoria queste due fasi della storia delle innovazioni.
Trovandoci d’accordo con queste considerazioni, troviamo logico
affermare che è questa la ragione per cui parlare di industria fotografica significa
parlare necessariamente anche di tutti i cambiamenti economici, sociali e tecnici
che la circondano.
2. Determinismo tecnico/determinismo sociale
La questione del determinismo ha suscitato forti controversie in parecchie
discipline dell’ambito sociale, in primo luogo tra gli economisti, i quali si sono
domandati se fosse l’offerta tecnica a creare l’innovazione o se al contrario fosse
la domanda sociale a svolgere tale funzione. Gli storici delle tecniche si sono
9
Jacques Ellul, Le système technicien, Calmann-Lévy, Paris 1977, p. 153.
Introduzione
13
domandati, dal canto loro, se le invenzioni fossero inevitabili e se fosse la
macchina a fare la storia; i sociologi e gli storici della comunicazione hanno a
lungo dibattuto sugli effetti dei media e sul ruolo da loro svolto nel processo di
diffusione.
Vediamo come si pongono gli economisti.
Utterback osserva che dal 60 all’80 per cento delle innovazioni soddisfa
un bisogno della domanda del mercato; quindi ne deduce che l’innovazione è
stimolata dai mercati in espansione e dall’aumento dei costi avendo per scopo di
ridurre l’utilizzo dei fattori più costosi. Il mondo della fotografia, ad esempio,
nascerebbe quindi per rendere più economica e più efficace la riproduzione di
una immagine permanente su supporto fisico. La fotografica sarebbe dunque una
forma molto più evoluta ed economica della pittura. Tale teoria viene detta del
“pilotaggio attraverso la domanda” (o market pull). E’ stata scriticata da David
Mowery e Nathan Rosenberg i quali illustrano le contraddizioni di questa teoria
in cui si privilegiano le innovazioni che hanno incontrato il successo
commerciale. La fotografia è in effetti un ottimo esempio a riguardo. La
dimostrazione della validità della teoria market pull è soggetta a cadere nel
lapalissiano, in quanto è evidente che esistono dei bisogni potenziali, la cui
esistenza sarebbe provata dalla possibilità di rilevarli a posteriori, nel momento
in cui una nuova tecnica incontra il favore del mercato. Se si vuole che la teoria
trovi una verifica, sarebbe necessario conoscere a priori la direzione di sviluppo
del mercato. Tra l’altro il tutto è molto complicato in quanto l’innovazione
tecnologica si sviluppa secondo ritmi propri che hanno scansioni troppo lunghe
perché si possa aspettare segnali del mercato per avviarli.
I sostenitori della tesi del market pull, invocano l’opera di Jacob
Schmookler, Invention and Economic Growth, in cui si mostra come l’attività
ideativa di un settore economico (misurata in numero di brevetti depositati)
dipenda da un indicatore di domanda costruito a partire sia dagli investimenti sia
da altri dati come il volume d’affari, il valore aggiunto… Questa analisi è
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incentrata sulle invenzioni brevettate e non su quelle commercializzate: tuttavia è
noto il divario rilevante tra brevetti innovazioni, per via del fatto che numerose
innovazioni non vengono brevettate. Schmookler si interessa non tanto
all’influenza della domanda sull’innovazione, quanto alle modalità con cui il
mercato influenza l’allocazione delle risorse attraverso l’attività di ideazione. Si
tratta peraltro di due prospettive differenti. Di fronte ad invenzioni secondarie, il
lancio sul mercato è più rapido e si può realmente affermare che la domanda
influenza l’innovazione ed il ritmo di ideazione, come dice Michel Zitt, è
determinato più dalle fluttuazioni dell’attività economica che dalle resistenze
tecniche. Al contrario, di fronte a innovazioni di maggiore portata, o
all’apparizione di un nuovo paradigma tecnologico, il divario tra invenzione ed
innovazione cresce e la teoria del market pull è contraddetta ampiamente. Essa
non è in grado di spiegare perché l’innovazione tecnologica appaia.
Al contrario i teorici della spinta prodotta dall’offerta tecnologica
(technological push) insistono sul ruolo essenziale giocato dal progresso delle
scienze e delle tecnologie di base. L’evoluzione del sapere scientifico non ha, a
priori, alcun legame con la domanda. I grandi laboratori e le Accademie delle
Scienze lavorano indipendentemente dai cambiamenti del mercato e l’avvento di
alcune innovazioni fondamentali appare aleatorio e spesso gli inventori non
avevano la minima idea dell’eventuale uso che si sarebbe fatto delle loro
scoperte. Daguerre, con l’aiuto di Nièpce, sarebbe arrivato a fissare sensibilmente
un’immagine su un supporto sensibile in virtù del proprio sapere e del proprio
intuito scientifico, ma non perché spinto da una precisa necessità da parte della
popolazione francese. In tale prospettiva la tecnologia è concepita come semplice
applicazione di un sapere scientifico stabilito.
Tuttavia si possono citare numerosi casi in cui la tecnologia ha preceduto
il sapere scientifico, e gli ingegneri hanno fornito agli scienziati degli strumenti
di misura e una messe di fatti empirici utili da analizzare. In alcuni casi è
l’ingegnere che incalza lo scienziato perché egli studi quel fenomeno. Lo schema
lineare in apparenza scienza-tecnologia-mercato appare quindi difettoso a monte.
Introduzione
15
A valle la teoria della pressione dell’offerta tecnica ha dei limiti evidenti e
simmetrici a quelli incontrati dalla teoria market pull: lo sviluppo del binomio
invenzione-tecnologia non può svilupparsi indipendentemente dalle spinte del
mercato e da fattori economici.
Un secondo limite consiste nel presupporre una organizzazione
unidirezionale della sequenza scienza-tecnologia-mercato. In molti casi è infatti
il mercato ad interpellare gli studiosi o i laboratori.
Entrambe le teorie, il technological push e il market pull, in sostanza,
appaiono insufficienti o in parte errate. Occorre dunque respingerle entrambe?
Per alcuni, ad esempio Richard Barras, ciascuna teoria ha il suo periodo di
validità: nelle fasi iniziali delle più importanti innovazioni di prodotto la spinta
tecnologica risultante da una fare di ricerca pura fa prevalere il technological
push, mentre nelle fasi più tardive, in cui occorre applicare e affinare
l’innovazione complementare, la pressione della domanda diviene
incontestabilmente dominante. In un periodo di stabilità l’adattamento
offerta/domanda è rapido. La tecnologia può rispondere rapidamente
all’evoluzione della domanda e quest’ultima reagisce senza ritardi a una nuova
acquisizione tecnica.
Tale sintesi non appare sempre soddisfacente. Ad esempio nel 1948
vennero depositati due brevetti, quello del transistor e quello dell’olografia. Se il
primo ebbe uno sviluppo enorme, il secondo dopo più di quarant’anni non ha
ancora trovato un mercato. Sarebbe dunque errato pensare che la domanda svolga
un ruolo dominante nel processo di diffusione della tecnologia, anche per
invenzioni secondarie in uno scenario tecnologico stabile. La storia dei
componenti elettronici ci mostra ad esempio come il mercato possa essere
ampiamente pilotato dall’offerta.
Per concludere il complesso discorso, si citi Christopher Freeman, il quale
sostiene che “ciò che rende affascinante l’innovazione è il fatto che il mercato e
Introduzione
16
la tecnologia si evolvono costantemente. Di conseguenza, appare senza sosta,
come in un caleidoscopio, una successione di nuove combinazioni possibili”
10
.
E’ opportuno infine affermare che tutte queste constatazioni spingono
verso una concezione più dialettica dei rapporti tra l’offerta tecnologica e la
domanda. Ogni teoria che separi il tecnologico dall’economico, producendo un
modello determinista che fa dell’una o dell’altra il fattore esplicativo
dell’innovazione, appare dunque contestabile.
3. Storia/società/tecnica
Pochi sono gli storici che si sono interessati alla tecnica, tuttavia alcuni di
essi le hanno attribuito un ruolo determinante nell’evoluzione sociale e politica, o
sostengono che essa sua una loro conseguenza apparentemente lontanissima. Si
citino a proposito due esempi: la staffa e il mulino a vento. La staffa, tanto
semplice quanto importante ebbe conseguente vastissime sul piano sociale e
politico, rese possibile un metodo di attacco ben più efficace e fece nascere una
nuova tecnica militare. Il mulino a vento, noto fin da prima dell’epoca cristiana
verrà utilizzato solo nella tarda antichità per ovviare alla scarsità di schiavi e
trovare un metodo alternativo per produrre energia. Esso fu il risultato
dell’abolizione progressiva della schiavitù della gleba. Scrive Marc Bloch:
“L’invenzione non è tutto. E’ necessario che la collettività l’accetti e la
propaghi”
11
, ma Fernand Braudel, alla propria affermazione che “tutto è tecnica”,
aggiunge che “un’innovazione ha significato soltanto in relazione alla spinta
sociale che la sostiene e la impone”
12
. In realtà la posizione di Braudel è molto
vicina a quella di Bloch, ma vi sono altri storici come per esempio Richard
10
Christopher Freeman, A quoi tiennent la réussite ou l’échec des innovations dans l’industrie?, in
“Culture technique”, n.18, CRCT, Neuilly 1988, p.30.
11
Marc Bloch, Technique et évolution sociale: réflexions d’un historien, in id, Melanges historiques,
Sevpen, Paris 1963, p.837.
12
Fernand Braudel, Civiltà materiale, economia, capitalismo, Einaudi, Torino 1976, t. I, p. 253.