Introduzione
XI
le collaborazioni coordinate e continuative e determinando una crescita impetuosa, addi-
rittura abnorme del fenomeno.
La questione dell’assenza di protezione, a sua volta, ha generato ulteriori problema-
tiche, quali la distorsione alla concorrenza tra le imprese e, soprattutto, l’instaurazione
di rapporti collaborativi in frode alla legge, ovvero rapporti di collaborazione che in so-
stanza erano dei rapporti di lavoro subordinato “mascherato”. A fronte di questa situa-
zione, dunque, urgeva un “cambiamento”, una risposta che il diritto del lavoro non po-
teva più esimersi dall’offrire, abbandonando le vecchie rigidità e la sua impostazione
monocromatica, per accogliere nel suo bunker protettivo anche i nuovi lavori atipici e
offrire loro una soglia minimale di tutele, rispondente alle esigenze di tale “zona grigia”
tra autonomia e subordinazione.
A conclusione di oltre un decennio di proposte dottrinali e progetti di legge, nel
2003 la c.d. “riforma Biagi” del mercato del lavoro ha finalmente ridisegnato la figura
delle collaborazioni coordinate e continuative, dando loro una sistemazione sostanziale
attraverso l’introduzione della nuova fattispecie del “lavoro a progetto”. Occorre, però,
domandarsi quali siano state veramente le finalità della riforma, nonché come siano sta-
te affrontate la questione delle tutele da un lato e quella della repressione delle pratiche
fraudolente dall’altro. Nel corso di questa trattazione, senza pretese di totale esaustività,
si proporrà un’analisi delle “spinose” questioni richiamate, soprattutto per comprendere
se e fino a che punto la riforma realizzata sia stata coerente ed opportuna rispetto alle
problematiche che bisognava affrontare.
Lo scritto sarà articolato in sei capitoli, in ognuno dei quali si cercherà di illustrare
gli aspetti fondamentali di una particolare tematica. Il primo capitolo sarà dedicato alle
collaborazioni coordinate e continuative “vecchia maniera”, ossia all’analisi delle carat-
teristiche e delle modalità con cui venivano instaurati questi rapporti prima della “rifor-
ma Biagi”. Innanzitutto, si chiariranno i contorni del concetto di parasubordinazione,
individuandone i fondamenti legislativi e ricercandone i requisiti costitutivi. Particolare
attenzione sarà riservata alla descrizione dei concetti di collaborazione, continuità, co-
ordinamento e natura prevalentemente personale della prestazione di lavoro, senza tra-
scurare peraltro una riflessione sulle concrete modalità d’instaurazione dei rapporti e
sulle clausole contrattuali dettate dalla prassi applicativa. Si cercherà poi di inquadrare
la crisi del binomio autonomia-subordinazione e i problemi nella qualificazione dei rap-
Introduzione
XII
porti di lavoro nell’ambito della c.d. “zona grigia”. Si passerà, quindi, ad approfondire
una delle questioni più sentite, vale a dire quella delle tutele assegnate o riconosciute al-
le vecchie collaborazioni, distinguendo gli istituti pacificamente applicabili da quelli in-
certi e da quelli assolutamente preclusi. A chiusura del capitolo si evidenzieranno le
cause che hanno prodotto l’affermazione e la diffusione su vasta scala del fenomeno,
fornendo anche alcune informazioni di tipo numerico-statistico, sì da evidenziare la sua
effettiva rilevanza quantitativa.
Nel secondo capitolo ci si occuperà delle diverse tappe del percorso di riforma che
ha condotto all’introduzione delle collaborazioni a progetto. Nella prima parte sarà for-
nita una rassegna delle principali proposte e dei più importanti progetti di legge avanzati
nel corso delle precedenti legislature. In seguito sarà evidenziato il complesso iter di re-
alizzazione della riforma, cominciato con la stesura del Libro Bianco e concluso poi con
l’approvazione della legge delega n. 30/2003 e dei decreti legislativi di attuazione: il n.
276/2003 e il decreto correttivo n. 251/2004. Alcune considerazioni saranno rivolte al
contesto socio-economico, a miglioramento del quale è stato portato a compimento il
processo riformatore. Un’attenta riflessione sarà poi dedicata alle ragioni e agli scopi
che hanno effettivamente animato il legislatore, chiudendo infine il capitolo con un ac-
cenno alla prospettiva de iure condendo di predisporre uno “Statuto dei lavori”.
Il terzo capitolo sarà destinato all’analisi delle caratteristiche delle nuove collabora-
zioni a progetto, di cui agli artt. 61-69 del D.Lgs. n. 276/2003, proponendo un inqua-
dramento della fattispecie nella sistematica del diritto del lavoro e dando atto dei diversi
orientamenti manifestati dalla dottrina. Si provvederà, quindi, a scomporre la nozione
del lavoro a progetto, approfondendo il significato e la portata dei vari requisiti introdot-
ti dal legislatore per “costruire” la fattispecie. In particolare, si cercherà di comprendere
se i connotati delle nuove collaborazioni – su tutti quello del progetto, programma o fa-
se di lavoro – siano effettivamente in grado di realizzare la ratio antielusiva che pervade
la definizione legale. L’ultima parte del capitolo servirà a tracciare i confini del campo
di applicazione delle nuove disposizioni, nonché a segnalare al lettore le ragioni e
l’opportunità delle esclusioni operate ex lege.
Nel quarto capitolo saranno oggetto di trattazione la disciplina e gli aspetti di mag-
giore criticità delle nuove collaborazioni a progetto, a partire dalla loro natura contrat-
tuale. Nell’ambito del contenuto negoziale si analizzerà il valore assegnato alla forma,
Introduzione
XIII
alla durata (e quindi alla natura a termine della prestazione), all’individuazione del pro-
getto, alle forme di coordinamento e alle misure di sicurezza. Ampio spazio sarà dedica-
to al corrispettivo dovuto al collaboratore a progetto, evidenziandone la natura di diritto,
la portata della sua indicazione contrattuale, i criteri e le modalità della sua determina-
zione ed erogazione. Saranno in seguito oggetto di esame gli altri diritti del lavoratore,
sia in merito alle invenzioni realizzate durante il lavoro, sia con riguardo al riconosci-
mento di un periodo di comporto e di trattamenti per gravidanza, malattia ed infortunio,
chiarendo se e quando sia possibile il recesso del committente dal rapporto di lavoro.
Naturalmente uno spazio sarà riservato anche ai doveri del collaboratore, soprattutto con
riferimento all’obbligo di fedeltà nei confronti del committente. Altri aspetti rilevanti
che saranno affrontati riguardano l’estinzione del contratto, gli spazi di derogabilità del-
la disciplina legale ad opera dell’autonomia individuale e/o collettiva, il significato da
assegnare alla specifica disciplina delle rinunzie e transazioni, il contenuto delle dispo-
sizioni di transizione al nuovo regime legale. Tuttavia, uno degli aspetti a cui sarà riser-
vata maggiore attenzione è quello dei meccanismi sanzionatori e di conversione predi-
sposti per arginare le collaborazioni “atipiche”, in merito ai quali saranno segnalati i
possibili dubbi di legittimità costituzionale.
Il quinto capitolo riguarderà le collaborazioni instaurate nelle pubbliche ammini-
strazioni. Ci si interrogherà sul perché il legislatore abbia escluso il settore pubblico dal
campo di applicazione della riforma e sullo spazio lasciato ai profili di armonizzazione
col settore privato. Si vedrà quanto sono ingenti gli incarichi collaborativi affidati nella
P.A., nonché quali dovrebbero essere le regole e i principi da rispettare per potervi ri-
correre. L’ultima parte sarà destinata alla disamina dei molteplici elementi di conver-
genza delle collaborazioni nell’ambito pubblico rispetto al lavoro a progetto.
Il sesto ed ultimo capitolo costituirà la sede in cui delineare gli aspetti previdenziali,
assicurativi e fiscali, che riguardano tanto il lavoro a progetto quanto le collaborazioni
vecchia maniera. In particolare, si esamineranno le modalità di contribuzione alla c.d.
“Gestione separata” istituita presso l’INPS e le prestazioni previdenziali che sono garan-
tite a fronte dei versamenti contributivi. Altrettanto sarà fatto per i premi assicurativi e
le prestazioni INAIL. Il capitolo si concluderà considerando il trattamento fiscale dei
redditi di collaborazione coordinata e continuativa.
Introduzione
XIV
In ragione della rilevante complessità delle problematiche che si esamineranno, si
invita anche alla consultazione del quadro sinottico predisposto a chiusura
dell’elaborato, in cui saranno richiamati e sintetizzati i concetti chiave sottoposti
all’attenzione del lettore.
Abbreviazioni
Riviste, enciclopedie e pubblicazioni
ADL Argomenti di diritto del lavoro
AS Assistenza sociale
DL Il diritto del lavoro
DLM Diritti, lavori, mercati
DPL Diritto e pratica del lavoro
DRI Diritto delle relazioni industriali
ED Enciclopedia del diritto
FI Il foro italiano
FP Foro padano
GC Giustizia civile
GCM Giustizia civile (massime)
GD Guida al diritto
GDLRI Giornale di diritto del lavoro e relazioni industriali
GL Guida al lavoro
GU Gazzetta Ufficiale della Repubblica
ILLeJ Italian Labour Law e-Journal
IO Italia Oggi
IP Informatore Pirola
ISL Igiene e sicurezza del lavoro
LD Lavoro e diritto
LF Lavoro e finanza
LG Lavoro nella giurisprudenza
LPA Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni
LPO Lavoro e previdenza oggi
MFI Massimario del foro italiano
MGC Massimario della giustizia civile
MGL Massimario della giurisprudenza del lavoro
NGL Notiziario giuridico del lavoro
Abbreviazioni
VIII
OGL Orientamenti della giurisprudenza del lavoro
QDLRI Quaderni di diritto del lavoro e delle relazioni industriali
RCC Rivista della Corte dei Conti
RCDL Rivista critica di diritto del lavoro
RDT Rivista di diritto tributario
RFI Repertorio del foro italiano
RGI Repertorio della giurisprudenza italiana
RGLPS Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale
RIDL Rivista italiana di diritto del lavoro
RTDPC Rivista trimestrale di diritto e procedura civile
Termini di uso ricorrente
A. autore
art. articolo
artt. articoli
cap. capitolo
Cass. Corte di Cassazione
c.c. codice civile
CCNL contratto collettivo nazionale di lavoro
c.d. cosiddetto
C.d.A. consiglio di amministrazione
cfr. confronta
cit. citato
Cons. Stato Consiglio di Stato
Corte Cost. Corte Costituzionale
Cost. Costituzione
c.p. codice penale
c.p.c. codice di procedura civile
c.p.p. codice di procedura penale
d.d.l. disegno di legge
D.L. decreto legge
Abbreviazioni
IX
D.Lgs. decreto legislativo
D.M. decreto ministeriale
D.P.R. decreto del Presidente della Repubblica
es. esempio
L. legge
lett. lettera
n. numero
nn. numeri
OO.SS. organizzazioni sindacali
p. pagina
pp. pagine
P.A. pubblica amministrazione
P.D.L. proposta di legge
P.I. pubblico impiego
R.D. regio decreto
ss. successivi
S.S.N. servizio sanitario nazionale
S.U. sezioni unite
Trib. tribunale
T.U. testo unico
T.U.E.L. Testo unico sugli Enti Locali
T.U.P.I. Testo unico sul pubblico impiego
v. vedi
vol. volume
Capitolo I
LE «VECCHIE» COLLABORAZIONI COORDINATE
E CONTINUATIVE
SOMMARIO: 1. La “zona grigia” della c.d. parasubordinazione. – 2. I fondamenti legislativi
del lavoro parasubordinato – 3. I requisiti di cui all’art. 409, n. 3 c.p.c. – 4. (Segue): La
collaborazione. – 5. (Segue): La continuità. – 6. (Segue): La coordinazione. – 7. (Segue):
La natura prevalentemente personale della prestazione. – 8. Le modalità di costituzio-
ne dei rapporti di lavoro coordinato. – 9. La crisi della classica dicotomia autonomia-
subordinazione. – 10. (Segue): I problemi di qualificazione dei rapporti di lavoro. – 11.
Le tutele riconosciute, tra esiguità ed incertezze. – 12. (Segue): Parasubordinazione e
autonomia collettiva. – 13. L’avanzata inarrestabile dell’esercito di riserva.
1. La “zona grigia” della c.d. parasubordinazione
L’espressione «lavoro parasubordinato» non è una denominazione introdotta dal le-
gislatore per individuare una certa categoria di rapporti di lavoro, bensì il frutto di
un’elaborazione compiuta dalla dottrina e dalla giurisprudenza
1
. Costoro, di fronte
all’emergere prepotente di una variegata gamma di rapporti di lavoro non compiutamen-
te ascrivibili né alla tipologia legale della subordinazione (art. 2094 c.c.) né a quella
dell’autonomia (art. 2222 c.c.), costituendo di fatto una “zona grigia tra il bianco e il ne-
ro di tale classica dicotomia”, hanno forgiato la nozione di “parasubordinazione”.
Occorre precisare sin da adesso che la miriade di rapporti che rientrano nel “limbo
tra autonomia e subordinazione” sono talvolta indicati dalla dottrina (ma anche dalla
giurisprudenza) come rapporti di parasubordinazione
2
, altre volte come collaborazioni
coordinate e continuative
3
, altre volte ancora come lavori coordinati
4
e, infine, anche
1
V. BALLESTRERO, L’ambigua nozione di parasubordinazione, in LD, 1987, n. 1, p. 42. L’espressione si
è ormai consolidata, grazie soprattutto all’ampio e dettagliato scritto di SANTORO PASSARELLI, Il lavoro
«parasubordinato», Franco Angeli, Milano, 1979. L’aver inserito l’aggettivo tra virgolette sottolinea non
solo il particolare argomento su cui si concentra la monografia, ma anche una sorta di esitazione
dell’autore nell’introdurre tale termine sconosciuto al sistema del diritto del lavoro. Invero, un precedente
riferimento a questo termine è presente in una nota di MARTINELLI, Sul diritto all’indennità di fine rap-
porto dell’agente dimissionario, in DL, 1969, II, p. 104.
2
Cfr. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit..
3
Cfr. COLANTONI, A proposito di collaborazioni coordinate e continuative, in DRI, 2001, n. 1.
4
V. PERSIANI, Autonomia, subordinazione e coordinamento nei recenti modelli di collaborazione lavora-
tiva, in DL, 1998, n. 2.
Capitolo I
2
come lavori atipici
5
. Evidentemente esistono delle lievi sfumature fra i vari termini uti-
lizzati per circoscrivere, in qualche maniera, questi rapporti di lavoro, su cui occorre
brevemente, ma opportunamente, soffermarsi. In un discorso che si muova, per cerchi
concentrici, dal generale verso il particolare, è possibile guardare ai lavori atipici come
alla categoria più generale, in altre parole, quella che ingloba in sé tutte le altre. Essa si
identifica con tutti quei rapporti che non possono rientrare pienamente nelle classiche
due tipologie legali (autonomia o subordinazione), ma che al contempo possono costi-
tuire sia ipotesi contrattuali tipiche sia non tipizzate dal legislatore. Ad un secondo livel-
lo si può collocare la parasubordinazione, la quale copre un campo più vasto di quello
occupato, al terzo livello, dalle collaborazioni coordinate e continuative, comprendendo
anche rapporti in cui è possibile rinvenire ulteriori caratterizzazioni (rispetto a quelle
proprie delle co.co.co., che si avrà ampiamente modo di enunciare e tratteggiare nel cor-
so di questo scritto; v. infra, § 3) che spingono tali fattispecie sempre di più verso la su-
bordinazione in senso stretto. La presenza del prefisso «para», d’altronde, permette di
intuire che si tratta di un tipo di lavoro che presenta alcuni elementi di similitudine col
lavoro subordinato, tuttavia non sufficienti ad identificarlo con la fattispecie astratta
prevista dal codice civile
6
. Al quarto ed ultimo livello andrebbero collocati i lavori co-
ordinati, la cui semplice espressione letterale induce ad attribuire agli stessi un solo e-
lemento caratterizzante, quello della coordinazione, a fronte degli altri elementi che ne-
cessariamente qualificano le altre definizioni del rapporto.
Queste considerazioni, indubbiamente, sono indotte anche e soprattutto dall’analisi
dei dati etimologici, che tuttavia non possono soddisfare le esigenze di sistemazione
terminologica a cui bisognerebbe provvedere. Ciò in ragione del fatto che la dottrina fi-
nisce, in buona sostanza, per soprassedere su tali labili difformità e, optando per l’una o
per le altre espressioni, in ogni caso identifica sempre la medesima “zona grigia”
7
. An-
che nel corso di questa dissertazione si seguirà, pertanto, l’impostazione di una sostan-
ziale coincidenza delle diverse espressioni volte ad individuare i rapporti di collabora-
zione coordinata e continuativa.
5
V. MENGONI, Quale disciplina per i lavori “atipici”?, in DL, 2000, n. 1.
6
GREGORIO, La nozione di coordinamento della prestazione d’opera continuativa, in ADL, 1995, n. 1, p.
181.
7
Si consideri, ad esempio, l’opzione di SANDULLI, Il lavoro coordinato fra disciplina civilistica e regimi
fiscale e previdenziale, in ADL, 2001, n. 2.
Le «vecchie» collaborazioni coordinate e continuative
3
2. I fondamenti legislativi del lavoro parasubordinato
Un primo riconoscimento normativo della parasubordinazione si è avuto nell’art. 2
della legge 14 luglio 1959, n. 741 (c.d. legge Vigorelli) che, in materia di trattamenti
economici minimi dei lavoratori, indicava come meritevoli di tutela anche «i rapporti di
collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera continuativa e coordina-
ta». Si trattava, in sostanza, di una legge che conferiva delega al Governo a recepire per
decreto i trattamenti minimi economici e normativi stabiliti dai contratti collettivi, rea-
lizzando un’estensione erga omnes degli stessi
8
. Peraltro, chiamata a pronunciarsi su
una possibile questione d’illegittimità costituzionale per incompatibilità con la seconda
parte dell’art. 39 Cost., la Corte Costituzionale ritenne che la legge n. 741 non fosse in
contrasto con detto articolo in ragione del suo «significato» e della sua «funzione» di
«legge provvisoria, transitoria ed eccezionale»
9
.
È solo nella prima metà degli anni ’70 che si è giunti a delineare più compiutamen-
te la figura della parasubordinazione. Ciò è avvenuto ancora una volta attraverso un in-
tervento del legislatore, ovvero mediante la legge 11 agosto 1973, n. 533, che ha novel-
lato l’art. 409, n. 3 del codice di procedura civile. Suddetta modifica ha introdotto una
nuova ipotesi di applicazione della normativa riguardante le controversie individuali di
lavoro (capo IV del c.p.c.): «i rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed
altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera continua-
tiva e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato»
10
.
Il testo del d.d.l. originale, presentato alla Camera nella seduta del 29 aprile 1971, pre-
8
Tale delega produsse una corposa attività normativa di recepimento da parte dell’Esecutivo. Vennero
recepite le norme dell’accordo 10 ottobre 1951 per gli agenti di assicurazione in gestione libera e la con-
venzione nazionale 24 giugno 1953 sul trattamento economico e normativo degli agenti di assicurazione
in gestione libera e degli agenti operanti per le gestioni in economia (D.P.R. 18 marzo 1961, n. 387); le
norme dell’accordo 20 giugno 1956, relativo alla disciplina del rapporto di agenzia e rappresentanza
commerciale, e quelle dell’accordo 17 luglio 1957 per la redazione delle disposizioni regolamentari di cui
agli articoli 19 e 20 del predetto accordo del 1956, sul trattamento economico e normativo degli agenti e
rappresentanti di commercio delle imprese industriali (D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 145); le norme
dell’accordo 13 ottobre 1958, relativo alla modifica di quello sottoscritto il 30 giugno 1938, sul trattamen-
to economico e normativo degli agenti e rappresentanti di commercio delle imprese commerciali (D.P.R.
26 dicembre 1960, n. 1842).
9
Corte Cost., 19 dicembre 1962, n. 106, in FI, 1963, I, p. 17.
10
Secondo PERSIANI, Autonomia, subordinazione e coordinamento nei recenti modelli di collaborazione
lavorativa, cit., la legge n. 533 ha «complicato inutilmente la nozione di lavoro coordinato che era stata
accolta dal legislatore del 1959» sopprimendo il richiamo alla contrattazione collettiva, aggiungendo i
rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale e la locuzione «anche se a carattere non subordina-
to».
Capitolo I
4
vedeva la sola fattispecie generale (altri rapporti di collaborazione coordinata e conti-
nuativa); l’indicazione dei rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale avvenne
nel corso dei lavori parlamentari: il primo fu introdotto dalle Commissioni riunite Giu-
stizia e Lavoro della Camera ed il secondo dal Senato
11
.
La ratio della novella introdotta all’art. 409 c.p.c. consiste nell’estensione ai rap-
porti in discorso dello speciale rito del lavoro e dei suoi vantaggi, sulla base di un ac-
centuato bisogno di tutela che li caratterizzerebbe, bisogno a sua volta scaturente dalla
condizione di soggezione socio-economica e di timore reverenziale del collaboratore,
quale parte contrattualmente più debole
12
. Invero, la stabile dipendenza economica nei
confronti dello stesso committente (implicita nel rapporto di collaborazione coordinata e
continuativa) e la correlata impossibilità di procedere ad un “frazionamento dei rischi”,
realizzabile mediante l’acquisizione di una pluralità di commesse, rende alquanto più
oneroso per il lavoratore l’eventuale inadempimento del committente
13
.
Parte della dottrina
14
non ha mancato di sottolineare come non sia rinvenibile alcu-
na traccia, nella legge, circa la definizione della tutela processuale come conseguenza
della posizione di supremazia del committente nei riguardi del prestatore di lavoro, la
quale, tuttavia, anche alla luce del dato sociologico e statistico preesistente, costituisce
indubbiamente la ragione politica dell’intervento legislativo.
Sono state prospettate ipotesi di ergere la c.d. parasubordinazione a vera e propria
categoria nell’ambito dell’ordinamento giuslavoristico
15
, ma il dibattito che ne è seguito
ha, ovviamente, rimarcato che essa non costituisce una nuova categoria di rapporti di
lavoro, bensì si limita a definire il campo di applicazione di disposizioni processuali e
sostanziali
16
. «L’espressione “lavoro parasubordinato” non è indicativa perciò di una
fattispecie tipica, ma solo di particolari modalità di svolgimento di una serie di rapporti
11
COLANTONI, A proposito di collaborazioni coordinate e continuative, cit., p. 33.
12
SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit., precisa che la debolezza contrattuale e la
soggezione socio-economica del lavoratore stanno su due piani diversi, giacché la prima si rileva nella
fase genetica del rapporto, come mera adesione del prestatore di lavoro alle condizioni contrattuali unila-
teralmente stabilite dal committente, senza disporre della facoltà di modificarle, mentre la seconda si veri-
ficherebbe nella fase di svolgimento del rapporto e sarebbe intesa come vincoli alle modalità di esecuzio-
ne dell’attività verso i terzi.
13
Sulla questione v. SANDULLI, In tema di collaborazione autonoma continuativa e coordinata, in DL,
1982, n. 1, p. 251. Analogamente v. COLANTONI, A proposito di collaborazioni coordinate e continuative,
cit., p. 34.
14
Su tutti v. PEDRAZZOLI, Prestazione d’opera e parasubordinazione, in RIDL, 1984, I, n. 2, p. 509.
15
SANDULLI, In tema di collaborazione autonoma continuativa e coordinata, cit., p. 251.
16
BALLESTRERO, L’ambigua nozione di parasubordinazione, cit., p. 64.
Le «vecchie» collaborazioni coordinate e continuative
5
che nondimeno conservano una loro disciplina sostanziale e ritrovano il dato unificante
nella particolare tutela processuale loro accordata»
17
. È questa una soluzione piena-
mente condivisa anche dalla Suprema Corte, la quale ha sottolineato che «il carattere di
parasubordinazione rileva ai soli fini processuali e non ai fini sostanziali»
18
.
Secondo parte della dottrina, accanto a quella ricavabile dal codice di procedura ci-
vile, una nozione legale di parasubordinazione può essere anche ricavata nell’ambito del
diritto tributario, per la precisione nel T.U.I.R. (Testo Unico delle Imposte sui Redditi,
emanato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)
19
.
Originariamente il referente normativo era costituito dall’art. 49, comma 2, lett. a),
ma a decorrere dal 1
o
gennaio 2001 tale regime è stato modificato: l’art. 34 della legge
21 novembre 2000, n. 342 (c.d. «collegato fiscale»), infatti, ha trasposto il contenuto
dell’art. 49, comma 2, lett. a) – ora art. 53, comma 2, lett. a) per effetto della nuova nu-
merazione del T.U.I.R. disposta dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, con vigenza dal
1
o
gennaio 2004 – nell’art. 47, comma 1, lett. c-bis) – ora art. 50, comma 1, lett. c-bis) –
assimilando i redditi di “co.co.co.” a quelli di lavoro dipendente. La scelta operata non
sembra che sia definitiva, alla luce dell’art. 3, comma 8, della legge n. 80/2003 (c.d. de-
lega fiscale), dove sono fissati principi e criteri direttivi in base ai quali tali redditi do-
vranno essere ricondotti a quelli di lavoro autonomo.
Ora nel nuovo art. 50, comma 1, lett. c-bis) si postula che tra i redditi assimilati a
quelli di lavoro dipendente rientrano anche «le somme e i valori in genere, a qualunque
titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in rela-
zione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri en-
ti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie
e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazio-
ne ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte
senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un
rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione
periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti
istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente di cui all’articolo 49, comma 1,
17
SANTORO PASSARELLI, Il lavoro «parasubordinato», cit..
18
Cass., 2 marzo 1995, n. 2426, in FI, 1995, p. 3520.
19
Tra gli altri, v. NOGLER, La doppia nozione giuslavoristica di parasubordinazione, in MGL, 2000, p.
1028.
Capitolo I
6
concernente redditi di lavoro dipendente, o nell’oggetto dell’arte o professione di cui
all’articolo 53, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal con-
tribuente».
Oltre alla menzionata trasposizione, che dispiega i suoi effetti solo sul piano fiscale,
senza produrre alcuna trasmigrazione del lavoro parasubordinato dall’area del lavoro
autonomo a quella del lavoro dipendente, gli elementi di novità introdotti nel D.P.R. n.
917/1986 dalla legge n. 342/2000 sono due: a) l’eliminazione del riferimento al conte-
nuto artistico o professionale della prestazione, di modo che si possano ora stipulare an-
che contratti collaborativi aventi ad oggetto attività manuali od operative
20
; b) la speci-
ficazione che le attività di collaborazione non devono rientrare nei compiti istituzionali
inclusi nell’attività di lavoro dipendente di cui al nuovo art. 49, comma 1, o nell’oggetto
dell’arte o professione di cui all’art. 53, comma 1 del nuovo T.U.I.R., pena la ricondu-
zione alla disciplina fiscale prevista per tali categorie reddituali.
Di questa (fantomatica) seconda nozione di parasubordinazione, il legislatore ha in-
dividuato innanzitutto delle ipotesi tipiche (amministratore, sindaco, collaboratore a
giornali, partecipante a collegi e commissioni), cioè quei rapporti che presumibilmente
si espletano di preferenza sotto forma di lavoro coordinato e continuativo. A fianco di
queste sono poi state previste le ipotesi “atipiche”, una categoria vasta e variegata in cui
confluiscono tutti i rapporti resi al di fuori dei casi normativamente citati e caratterizzati
da alcuni particolari requisiti
21
. I rapporti devono essere coordinati e continuativi (nel
senso che si specificherà con riguardo ai rapporti di cui all’art. 409 c.p.c.; v. infra, §§ 5
e 6); devono avere ad oggetto una prestazione di attività di carattere non subordinato e
non rientrante nell’oggetto dell’arte o professione abitualmente esercitata; l’attività, i-
noltre, deve essere svolta in assenza di mezzi organizzati propri del collaboratore, che
possono tuttavia essere messi a disposizione dal committente
22
; il compenso, infine, de-
20
V. anche circolare del Ministero delle Finanze n. 207/E/2000.
21
NOGLER, La doppia nozione giuslavoristica di parasubordinazione, cit., p. 1028; CARDONI, La parabo-
la della tutela previdenziale del lavoro c.d. “parasubordinato” tra incertezze normative, conflitti ammi-
nistrativi e proposte di revisione, in DL, 2001, n. 1, p. 634.
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Si tratta dell’elemento di maggior divergenza rispetto alla formulazione legislativa ex art. 409, n. 3
c.p.c., che contiene sensibilmente l’ambito di questa seconda definizione legislativa di parasubordinazio-
ne.
Le «vecchie» collaborazioni coordinate e continuative
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ve essere prestabilito e periodicamente erogato
23
, con ciò escludendosi le ipotesi di la-
voro gratuito, ma non quelle in cui il compenso viene elargito in una sola soluzione.
Le differenze rispetto alla definizione contenuta nella norma processuale si riduco-
no nell’assenza di strumenti di lavoro di proprietà del collaboratore
24
e nel pagamento
periodico dei compensi. Non appare condivisibile il richiamo operato dal legislatore
all’unitarietà del rapporto, senza fare accenno al coordinamento della prestazione con la
struttura organizzativa del committente, giacché è quest’ultimo che conduce
all’unitarietà (non del rapporto, bensì delle singole prestazioni e nel senso di un colle-
gamento funzionale)
25
.
Si ritiene che tutti questi requisiti non siano imprescindibili nella delineazione del
lavoro parasubordinato, comprovando la non attitudine della disciplina fiscale ad essere
impiegata al di fuori del suo ambito
26
ed investendo, di conseguenza, il precetto di de-
viazione processualistica ex art. 409, n. 3 c.p.c. della funzione di unico referente norma-
tivo di qualificazione di detta tipologia di lavoro.
La periodicità nell’erogazione dei compensi non avrebbe altra valenza se non quella
di favorire la determinazione della base imponibile e le modalità di prelievo sui redditi,
non potendosi escludere la riconducibilità al lavoro parasubordinato di quei contratti in
cui si dà luogo al pagamento del compenso in un’unica soluzione, sempreché sussistano
gli altri requisiti.
La non titolarità dei mezzi organizzativi da parte del collaboratore escluderebbe al-
cune fattispecie che rientrano sicuramente nel lavoro coordinato e continuativo, quali il
softwarista, il web designer o più semplicemente l’autotrasportatore.
23
La legge parla impropriamente di “retribuzione”, evocando ambigue commistioni col lavoro dipenden-
te.
24
Questa caratteristica rimanda, in maniera approssimativa, al requisito della prevalente personalità. In tal
senso v. SANDULLI, Il lavoro coordinato fra disciplina civilistica e regimi fiscale e previdenziale, cit., p.
431.
25
CARDONI, La parabola della tutela previdenziale del lavoro c.d. “parasubordinato” tra incertezze
normative, conflitti amministrativi e proposte di revisione, cit., p. 635. Analogamente SANDULLI, Il lavo-
ro coordinato fra disciplina civilistica e regimi fiscale e previdenziale, cit., p. 431. Per NOGLER, La dop-
pia nozione giuslavoristica di parasubordinazione, cit., p. 1037, tale mancanza fa sì che la figura di para-
subordinazione prevista nel c.p.c. contenga quella del T.U.I.R., cioè sia più ampia.
26
CARDONI, La parabola della tutela previdenziale del lavoro c.d. “parasubordinato” tra incertezze
normative, conflitti amministrativi e proposte di revisione, cit., p. 636. Concordano SANDULLI, Il lavoro
coordinato fra disciplina civilistica e regimi fiscale e previdenziale, cit., p. 431; GALLO, La collaborazio-
ne coordinata e continuativa dagli attuali punti fermi alle incertezze dell’art. 4, L. n. 30/2003, in LG,
2003, n. 6, p. 529.