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Il progressivo spostamento nell’Oceano Pacifico dell’asse di
sviluppo del pianeta con il consolidarsi delle economie cinesi e
indiane, l’unificazione europea, la globalizzazione e il paradosso del
riacutizzarsi dei fenomeni nazionalistici, l’esponenziale progresso
tecnologico e scientifico, la dimensione mondiale dei media e dei
sistemi di comunicazione sono solo i principali fenomeni di un
mondo in rapidissimo mutamento in cui è difficile individuare delle
chiare linee di tendenza.
La recente storia mondiale ha prodotto una trasformazione degli
equilibri mondiali e del sistema delle relazioni internazionali: la
violenza del terrorismo, la necessità di ridefinire possibilità e
capacità della democrazia e degli Stati democratici, il tentativo di
rispettare o di costruire nuovi strumenti per l’equilibrio economico
e politico del sistema mondo, sono i temi che hanno portato la
politica estera a svolgere un ruolo primario nel dibattito politico
interno ai singoli stati.
La politica estera torna ad essere, come fu negli anni della guerra
fredda, un importante elemento di espressione dell’individualità dei
soggetti giuridici statuali: descrive come lo stato-organizzazione
6
interpreti la propria identità e la proietti in un sistema di relazioni
internazionali ad esso affine o proficuo. La rilevanza della politica
estera si riversa quindi anche nella sfera della soggettività
dell’individuo, del cittadino, sollecitato a definire la propria
coscienza nazionale in un contesto che si avvia ad essere
multietnico e carico di sfide da risolvere per la pace e la prosperità
delle nazioni. Seppur in settori separati e con dinamiche non
lineari e consequenziali, la politica estera tocca la sfera del singolo
industrializzazione dei paesi asiatici, la rivoluzione informatica, cfr. T. Detti, G.
Gozzini, STORIA CONTEMPORANEA, VOL. II-IL NOVECENTO, Bruno Mondatori, Milano,
2002, pp. XV, 344-55.
6
Per il concetto di stato-organizzazione come individuazione della soggettività
dello stato nel diritto internazionale cfr. Benedetto Conforti, DIRITTO
INTERNAZIONALE, Editoriale Scientifica, Napoli, 2002, pp. 10-20.
3
uomo, della nazione, della politica interna, del processo di decision
making, dell’azione degli stati nel contesto internazionale.
In un mondo dominato dalla sovrabbondanza di informazioni in
tempo reale da(quasi) ogni angolo della Terra, la metabolizzazione o
la comprensione degli avvenimenti che accadono acquistano una
valenza transitoria ed effimera. Ciò che accade ha senso mentre si
compie, fino a che un altro avvenimento conquisti la nostra
attenzione. Il boato che due aerei di linea e tremila morti hanno
prodotto quattro anni fa a New York sembra essersi smorzato nel
generale ottundimento e nell’incomprensione dei più recenti
avvenimenti, altrettanto dolorosi e tristi.
Mentre dilaga, nelle società, un interesse generale drogato dalla
categoria dell’estemporaneità e dell’attualità, si è scelto in questa
sede di analizzare un periodo storico di oltre cinquant’anni fa,
quello degli anni 1945-’52, i cui effetti hanno tuttavia continuato a
influire sulla storia mondiale per i successivi cinque decenni.
Gli anni che videro crearsi le condizioni e i presupposti della guerra
fredda forse presentano delle analogie con la situazione attuale, ma
non è scopo di questa analisi compararle.
Interessa invece analizzare un arco temporale la cui dimensione
più sorprendente è la novità degli elementi che vi erano in gioco: la
possibilità di una ridefinizione e costruzione radicale del sistema
mondo. I problemi del secondo dopoguerra erano immensi e
difficili, ma la gamma delle soluzioni era nella disponibilità degli
uomini politici dell’epoca. La vastità e profondità dei cambiamenti
che si ebbero nel sistema delle relazioni internazionali e nella vita
degli uomini videro protagonisti, allora come oggi, gli Stati Uniti
d’America.
Si vuole analizzare la definizione e l’evoluzione delle linee di politica
estera dell’amministrazione Truman (nel corso dei due suoi
mandati, 1945-48, 1949-1952) in un momento in cui gli USA
dovevano ripensare il loro ruolo mondiale. Questo aveva della
inevitabili ripercussioni e interdipendenze con la sensibilità della
4
nazione ad appoggiare un tale mutamento: modificare la propria
posizione significava modificare la propria identità e approntare
quei cambiamenti istituzionali atti ad assecondare tale processo.
Il percorso che si è seguito è quindi suddiviso in quattro parti.
Nella prima parte si indaga l’identità della nazione statunitense
prodotta dalla tradizione di due secoli di storia. Il primo passo è la
Dichiarazione d’Indipendenza e il retaggio di un popolo che si è
formato emigrando e scappando dal Vecchio Continente. La vastità
dell’indagine ha fatto privilegiare l’adozione del punto di vista di
storici, scrittori, filosofi e sociologi venuti a contatto con gli USA
per individuare dei temi che persistono nella storia della nazione
americana e che quindi possano costituire delle ipotesi. Il proposito
non è infatti un’indagine metodologicamente scientifica, quanto
ricreare un modo d’essere dell’American carachter. Ne si analizzano
quindi i connotati per disegnare l’atteggiamento degli statunitensi
verso la politica estera in generale e le azioni dell’America nel
mondo. A questo fine si esamina un excursus dei grand designs
delle amministrazioni USA: attraverso i concetti di eccezionalismo,
missione e intervento
7
, si ripercorrono le fasi dall’isolazionismo
all’internazionalismo liberale di Franklin D. Roosvelt e della sua
eredità morale dopo quattro mandati presidenziali consecutivi.
La seconda parte è una disamina sulla politica estera attuata
dall’amministrazione Truman. Il punto di vista usato riprende
quello di Melvin P. Leffler circa il tentativo degli USA di creare una
situazione geopolitica ed economica che permettesse loro di
mantenere una “preponderanza di potere” mondiale che garantisse
la supremazia degli interessi e dei valori americani
8
. Si ripercorre
quindi la consapevolezza dell’America di scoprirsi formidabile
7
G. Valdevit, I VOLTI DELLA POTENZA.GLI STATI UNITI E LA POLITICA INTERNAZIONALE
NEL NOVECENTO, Carocci, Roma, 2004, pp. 9-10.
8
Melvin P. Leffler, A PREPONDERANCE OF POWER.NATIONAL SECURITY, THE TRUMAN
ADMINISTRATION AND THE COLD WAR, Stanford University Press, Stanford-
California, 1992.
5
potenza all’indomani del secondo conflitto mondiale e la ricerca da
parte di Truman di percorrere la strada delle trattative
diplomatiche con i Sovietici per la definizione del nuovo assetto
mondiale. Oggetto dell’analisi è il comportamento americano e non
quello russo: il fatto che si commenti solo il primo non è cifra di
nessuna pregiudiziale politica.
Il processo di degenerazione dei rapporti USA-URSS che porta alla
guerra fredda viene individuato secondo i concetti di sfida-risposta.
Al presentarsi di situazioni di crisi internazionali si ha un
irrigidimento delle posizioni americane. L’analisi delle reazioni di
Washington privilegia il ruolo del contesto politico-sociale in cui i
foreign policy makers agiscono e si sviluppa nell’ambito dei
documenti programmatici di politica estera che vengono adottati
dal governo. Si spiega così l’evoluzione e la modificazione del grand
design di Truman dal tentativo di fondere l’internazionalismo di
Roosvelt al realismo sostenuto dalle nuove figure nell’esecutivo, la
negotiation from strenght, il creare un nuovo balance of power
europeo consono agli interessi americani del containment,
l’assumere un progetto di egemonia mondiale per la propria
sicurezza nazionale in seguito alla guerra di Corea. La chiave di
lettura è il costante privilegiare da parte americana della
superiorità militare e del riarmo, nucleare e convenzionale, quale
garanzia per la propria difesa e arma diplomatica da utilizzare per
la negoziazione. Il concetto del “security dilemma” è
l’interpretazione imparziale dello sclerotizzarsi dei rapporti
diplomatici e il nascere della guerra fredda.
La terza parte indaga la percezione della politica estera dello stato-
organizzazione da parte della popolazione. Partendo da una
sintetica valutazione del livello di informazione sugli affari
internazionali e dalle ipotesi ottenute sull’American carachter, si
analizza l’irrompere della politica estera nella dimensione interna
del paese, sia sociale che politica.
6
l’irrompere della politica estera nella dimensione interna del paese,
sia sociale che politica. oggetto ne sono il livello dell’attenzione in
prossimità di periodi di crisi internazionali e gli effetti di feedback
che questo processo porta nel tempo sia nella popolazione sia nei
foreign policy makers. Lo strumento utilizzato è quello delle raccolte
dei sondaggi statistici dell’epoca, condotti tramite intervista. Si è
consci dei possibili effetti distorsivi di tale indagine, ma l’obiettivo
non è raggiungere un’ organicità ed esaustività compiuta
dell’analisi, quanto ottenere un trend indicativo della focalizzazione
dell’interesse nazionale verso la politica estera.
Si indagherà così quale aspetto veniva considerato dagli americani
come il più importante nella vita del paese, il loro grado di fiducia
verso l’URSS, le loro aspettative riguardo una guerra futura.
I risultati ottenuti verranno scomposti e analizzati secondo la
classificazione della popolazione per età, sesso, classe di reddito,
ruolo occupazionale, livello d’istruzione e area geografica
d’appartenenza.
La quarta parte riguarda gli esiti in patria del nuovo ruolo
mondiale assunto dagli Stati Uniti. É la sintesi della politica estera,
principalmente voluta dalla classe politica, e della nuova
percezione del contesto internazionale da parte della popolazione.
Si esaminano le ripercussioni della costituzione di un nuovo
assetto istituzionale, estraneo alla tradizione antistatalista degli
USA e giustificato in base a necessità di sicurezza nazionale, sulla
coscienza della nazione. Questo è il significato del dibattito tra
esponenti della new ideology del national security state,
contrapposti ai sostenitori della old political culture. L’esito viene
descritto esaminando il nuovo ruolo dei militari nella società
americana.
Ci si sofferma inoltre sulla necessità di costruire, da parte
dell’amministrazione, un consenso vasto e indiscutibile
sull’inevitabilità di un tale processo di state making e di foreign
policy: l’utilizzazione del comunismo come costruttore di identità e
7
di repressione del dissenso. Oltre ai vantaggi che la Casa Bianca
ottiene, si illustrano anche gli effetti controproducenti, sia per
l’amministrazione che per la nazione.
La volontà, definirlo obbiettivo sarebbe ambizioso, di questo lavoro
è di privilegiare, nello studio come nella vita, la calma e la serenità
che la conoscenza e l’informazione portano all’uomo nel capire sé
stesso e il suo mondo. La fretta e la superficialità, aspetti sempre
più dilaganti nel nostro presente, portano alla paura e a fidarsi del
semplice sentito dire. La contemporaneità come chiave di lettura
per gli accadimenti che ci circondano è una dimensione troppa
riduttiva per poter affrontare anche un solo aspetto di eventi che
riguardano intere nazioni.
La storia degli Stati Uniti è grandiosa, complessa, un’epopea
moderna che ha come protagonista un soggetto collettivo. Ma è
anche parte della storia del mondo, in cui hanno vissuto i nostri
padri e vivranno i nostri figli e che si basa sullo scorrere del tempo.
La dimensione della profondità e dell’interdipendenza degli attori
della storia mondiale è lo spirito e il fine con cui questa tesi è stata
scritta.