accademici e governativi. L’evento che ha portato questo problema in cima alle priorità
di molti gruppi d’interesse è stata la negoziazione e approvazione dell’Accordo TRIPS
per la tutela della proprietà intellettuale; tale accordo ha mobilitato l’azione di talune
ONG, tra cui MSF (Medici Senza Frontiere), che hanno fatto in modo che la questione
giungesse all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. Sebbene la critica di MSF si
rivolga principalmente ai farmaci coperti da brevetto e alle malattie trascurate dalla
ricerca farmaceutica, il mio interesse si è rivolto al fatto che molti farmaci privi di
brevetto sono comunque inaccessibili; da questo ha avuto origine l’idea di stilare una
tesi sull’accesso ai farmaci nei PVS e il ruolo dell’industria farmaceutica che fornisce
questi beni.
L’obbiettivo della presente ricerca è perciò quello di indagare quali sono gli ostacoli
all’accesso ai farmaci nei PVS, puntando l’attenzione soprattutto sugli aspetti economici
del problema.
Il lavoro è introdotto da un capitolo, il primo, riguardante la situazione nei PVS che
presenta caratteristiche patologiche particolari per quanto concerne il diritto alla salute.
Questo capitolo offre anche una panoramica attuale sull’accesso ai farmaci, avvalendosi
delle stime fornite dal WHO.
Il capitolo secondo riguarda gli accordi internazionali in ambito di diritti di proprietà
intellettuale; in particolare il focus è sui diritti di brevetto, che come è noto vengono
conferiti all’innovatore per tutelare il prodotto dall’imitazione. Viene dato ampio spazio
all’evoluzione dei negoziati, all’analisi del testo dell’Accordo TRIPS, il principale
strumento internazionale di protezione della proprietà intellettuale, e della Dichiarazione
di Doha sull’Accordo TRIPS e la salute pubblica.
Il capitolo terzo descrive il funzionamento del mercato farmaceutico nei paesi
industrializzati prima e nei PVS poi, mettendo in luce le differenze sostanziali nei
sistemi sanitari e nelle politiche pubbliche in ambito di accesso ai farmaci. Questo
capitolo include anche un’analisi sui prezzi dei farmaci nei PVS e una discussione sulle
possibili opzioni per ridurli.
Il capitolo quarto infine è dedicato interamente all’industria farmaceutica, la quale è
investita della responsabilità di individuare nuovi farmaci e di produrli in quantità tale
da soddisfare i bisogni della popolazione; sennonché essa è composta da imprese, che
sono operatori economici alla ricerca della massimizzazione del profitto. Fatto salvo il
7
riconoscimento della natura economica di questi operatori, tenuto conto dell’ambiente
competitivo in cui essi operano e dei costi e rischi connessi a questa attività non si è
tralasciato di concedere ampio spazio ai problemi e alle critiche che l’industria sta
affrontando.
Il quinto capitolo fornisce una sintesi delle principali conclusioni.
8
CAPITOLO PRIMO
IL DIRITTO ALLA SALUTE NEI PVS
“La salute, stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non
semplicemente assenza di malattia o infermità, è un diritto umano
fondamentale e il raggiungimento del maggior livello di salute possibile
è un risultato sociale estremamente importante in tutto il mondo”
Articolo I, Dichiarazione di Alma Ata sull’assistenza sanitaria primaria,
1978.
1. LE MALATTIE PIU’ DIFFUSE NEI PVS
1.1 HIV/AIDS: L’EMERGENZA DEL XXI SECOLO
La diffusione del virus HIV ( Human Immuno deficiency Virus) ha raggiunto da tempo
una dimensione mondiale ed è in continua espansione. Secondo l’ultimo rapporto di
UNAIDS/WHO, nel 2004 il numero delle persone portatrici del virus HIV
ammontavano a 39 milioni e 400 mila, dei quali 25 milioni soltanto nell’area sub
sahariana dell’Africa. I decessi sono stati 3,1 milioni, ma con 4,9 milioni di nuove
infezioni
1
.
I primi casi di decesso attribuiti all’AIDS si sono presentati negli Stati Uniti all’inizio
degli anni ’80. Si è così iniziato a studiare il virus dell’HIV, causa della malattia
dell’AIDS. Dal momento in cui il virus è stato scoperto fino ad oggi, si stima che più di
20 milioni di persone sono morte a causa di esso e 13 milioni di bambini sono rimasti
orfani.
Il virus dell’HIV, una volta acquisito, si riproduce all’interno del corpo umano,
intaccando e deteriorando il sistema immunitario. Quando il livello di difesa
immunitaria di una persona scende sotto una determinata soglia, il paziente è affetto da
AIDS (Acquired Immuno Deficiency Sindrome) e diventa vulnerabile a qualsiasi altro
1
AIDS epidemic update 2004, UNAIDS.
9
virus che lo può portare alla morte in un breve periodo di tempo. Si è stimato che, in
presenza di un regime alimentare adeguato, il virus impiega dieci anni per raggiungere
lo stadio tale da essere definito AIDS; invece, dove esistono carenze alimentari e
conseguente debolezza fisica, il periodo è molto più breve.
Il virus dell’HIV è presente nel sangue, nei liquidi prodotti dagli organi sessuali e nel
latte della madre per l’allattamento del figlio. Può essere quindi trasmesso mediante
rapporti sessuali non protetti, gravidanza e allattamento, trasfusioni di sangue e infine
anche con il solo contatto con una piccola quantità di sangue infetto. La trasmissione del
virus non è necessariamente automatica, ma la probabilità è comunque molto alta,
soprattutto in presenza di comportamenti abituali ad elevato rischio. Alcuni di questi
riguardano l’uso abituale di droga unito all’uso di siringhe non sterili e rapporti sessuali
non protetti.
Una persona può contrarre il virus, ma non accorgersene fino a quando esso sfocia in
AIDS e questo è un ulteriore pericolo perché può nel frattempo contagiare altre persone.
Non c’è modo di scoprire se una persona è sieropositiva se non con un apposito test al
quale bisogna sottoporsi volontariamente. Oggigiorno, anche nei PVS, si rende sempre
più accessibile il test e altri strumenti di conoscenza e prevenzione. In generale si
conducono test e statistiche sulle categorie di persone a rischio: donne,
tossicodipendenti, prostitute. Molte persone nel mondo, soprattutto nei PVS e LD,
ignorano gli effetti e le cause di trasmissione del virus, non conoscono i comportamenti
per la prevenzione o semplicemente non se ne curano. Per questi e altri motivi
l’epidemia è in continua espansione: ogni anno, il numero dei nuovi infetti è maggiore
al numero dei decessi.
Varie agenzie dell’ONU e numerose ONG si occupano del problema, ma ufficialmente
è il programma UNAIDS, una partnership tra diverse organizzazioni mondiali
comprendente anche il WHO, che offre le stime ufficiali, avvalendosi comunque
dell’aiuto di altri operatori.
Il numero di persone affette dal virus si deduce sottoponendo a test alcune categorie di
persone: coloro che lo richiedono volontariamente, alle donne partorienti negli ospedali
e sui tossicodipendenti e prostitute. Naturalmente non tutta la popolazione mondiale è
sottoposta al test, neppure nei paesi avanzati le persone si sottopongono normalmente al
10
test quindi i numeri che vengono forniti sono delle stime, che infatti oscillano tra un
valore massimo e uno minimo.
Un altro indicatore dell’epidemia è l’incidenza percentuale, tra gli adulti, del virus in
relazione alla popolazione totale. Entrambi i valori precedenti misurano il numero delle
persone sieropositive in un dato anno, ma non danno informazioni sul tasso di crescita
dell’epidemia. Una persona può aver contratto il virus 10 anni prima come può averlo
contratto nei mesi antecedenti: la differenza è molto importante, perché permette di
stabilire se la diffusione è in diminuzione o in aumento. Da qui si può dedurre che il
numero di nuovi infetti riscontrati in un dato anno è un valore da considerare
attentamente perchè da questo si può poi risalire alle categorie più a rischio in un
determinato paese o regione.
L’Africa Sub Sahariana è la regione del globo più colpita in assoluto. Qui sono presenti
il 64% dei sieropositivi del mondo, 25 milioni il valore stimato alla fine del 2003;
l’indice di incidenza media di questa regione tra gli adulti è del 7,4%, ciò significa che
ogni 100 adulti di età compresa tra i 15 e 49 anni, 7 sono affetti dal virus; nei paesi più
colpiti tuttavia, l’incidenza sfiora il 40%
2
. L’incidenza varia a seconda delle fasce
d’età: tra i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni l’incidenza è ancora più elevata e il
76% di questi sono femmine. In questa regione il 57% dei sieropositivi sono donne, il
che provoca la trasmissione del virus da madre a figlio. La tabella 1.1 riassume
brevemente la gravità della situazione nei paesi dell’Africa Sub-Sahariana più colpiti,
sia per numero assoluto di malati che per incidenza.
I numeri a sette cifre dei sieropositivi dei primi paesi elencati nella tabella colpiscono,
ma il problema più grave si presenta quando l’incidenza negli adulti è alta, perché
significa che una buona parte della popolazione è malata e che il virus può diffondersi
più velocemente. Il Sud Africa è il paese che, oltre a presentare il numero maggiore di
malati in assoluto, ha anche un tasso d’incidenza piuttosto alto. Altra amara
constatazione è che in tutti paesi più del 50% degli HIV sono donne.
2
In Botswana il 37,3% degli adulti risulta HIV, in Swaziland il 38,8%
11
TABELLA 1.1: INCIDENZA HIV/AIDS NELL'AFRICA SUB SAHARIANA
PAESE TOT.HIV
INCIDENZA
% ADULTI %DONNE BAMBINI DECESSI
SUD AFRICA 5.330.000 21,5 57 230.000 370.000
NIGERIA 3.590.000 5,4 58 290.000 310.000
ZIMBAWE 1.720.000 24,6 58 120.000 170.000
TANZANIA 1.640.000 8,8 56 140.000 160.000
ETIOPIA 1.520.000 4,4 55 120.000 120.000
MOZAMBICO 1.299.000 12,2 56 99.000 110.000
KENYA 1.200.000 6,7 65 100.000 150.000
REP.DEM.CONGO 1.100.000 4,2 57 110.000 100.000
BOTSWANA 355.000 37,3 58 25.000 33.000
LESOTHO 322.000 28,9 57 22.000 29.000
NAMIBIA 215.000 21,3 55 15.000 16.000
SWAZILAND 216.000 38,8 55 16.000 17.000
Fonte: http://www.avert.org/subaadults.htm
L’educazione è molto importante: un livello scolastico più elevato permette anche alle
donne di ottenere condizioni di vita migliori; un’informazione di base sui semplici
metodi di prevenzione e sulle conseguenza che invece la malattia può arrecare, è
un’importante strumento di prevenzione.
Le situazioni variano comunque da paese a paese e tra città e zone rurali. In genere
l’incidenza è notevolmente maggiore nelle città, dove la famiglia si disintegra e molte
donne sole o bambini orfani si trovano in situazioni di elevato rischio. Non mancano
casi, comunque, di alto contagio anche nelle aree rurali.
Alcuni paesi dell’Africa, grazie a politiche di prevenzione e di tutela delle categorie a
rischio, sono riusciti a debellare in parte la piaga dell’AIDS, ma molti restano
comunque con una elevata incidenza, causata spesso anche da negligenza verso
l’allarmante situazione.
La regione al secondo posto per incidenza, in misura del 2,4%, è quella dei Caraibi. La
morte per AIDS è diventata la prima causa di decesso nella regione per persone di età
tra 15 e 44 anni. Soprattutto i paesi più turistici, Repubblica Dominicana, Haiti,
presentano il maggior numero di sieropositivi, con la conseguenza che da qua possa
diffondersi anche altrove.
12
L’Asia è in generale una regione che presenta un buon contenimento dell’epidemia: il
tasso di prevalenza è dello 0,4%. Tuttavia, data l’elevata densità demografica, ciò
implica che il numero dei sieropositivi sia più di 8 milioni. Dato il basso livello di
infezioni, anche tra le categorie più a rischio, questi paesi hanno ottime possibilità di
evitare il dilagare continuo del virus. Alcuni paesi, tuttavia, che fino a poco tempo fa
avevano tenuto sottocontrollo la diffusione dell’HIV, presentano ora segni preoccupanti.
In Cina per esempio, il virus si sta diffondendo molto velocemente, soprattutto tra
coloro che fanno uso di droga e che si prostituiscono. In Asia inoltre è molto diffuso il
turismo sessuale, una delle cause del continuo espandersi del virus.
Nell’Europa dell’Est e nella Russia si sta assistendo a una veloce diffusione del virus
dell’HIV, soprattutto nella Federazione Russa, dove sono presenti il 70% dei
sieropositivi totali della regione. La maggioranza di questi hanno un’età inferiore ai 30 e
sono tossicodipendenti.
Tra gli stati dell’ex Unione Sovietica, in Ucraina si sta delineando una situazione
allarmante. In tutti gli altri paesi i casi di sieropositività sono in continuo aumento, per
questo motivo è necessario ricorrere tempestivamente a politiche di prevenzione.
L’America Latina, nella quale sono presenti 1,7 milioni di persone sieropositive, la
causa primaria di diffusione riguarda rapporti omosessuali. Negli ultimi anni tuttavia, il
trend sta investendo anche un numero sempre maggiore di donne, in seguito a rapporti
eterosessuali. Il Brasile, data anche la dimensione della popolazione, è lo stato che
presenta il maggior numero di sieropositivi. L’incidenza è notevolmente correlata alla
povertà; nelle città, nelle baraccopoli, è del 18%, ma sale al 23% tra chi non possiede un
livello base d’istruzione. L’uso di droga e il turismo sessuale sono, anche in questo
paese, le cause prevalenti.
In USA, Europa e Australia, nonostante le innumerevoli campagne di informazione,
l’epidemia non sta retrocedendo. Sta però cambiando volto: si espande in misura
prevalente fra determinate categorie emarginate della società. In USA, il virus si sta
diffondendo tra gli immigrati latino americani, e tra gli strati più poveri della
popolazione, che rischiano di non ricevere neppure le cure adeguate.
Il fatto che nelle società avanzate esistono ora cure efficaci contro la malattia, ha in
parte condotto a sottovalutare il pericolo. Anche nei paesi sviluppati dove sono
largamente disponibili test appropriati, molti sieropositivi ignorano di esserlo.
13
Nell’affrontare il problema della diffusione dell’AIDS bisogna stabilire politiche
adeguate di prevenzione e di controllo. Un approccio radicale alla situazione riguarda il
miglioramento del livello di vita delle persone a rischio; la garanzia di un livello di
educazione adeguato per tutti; l’eliminazione dei disagi sociali che possono condurre
all’uso di droghe e alla prostituzione. È molto importante anche promuovere campagne
di informazione sulla malattia, in quanto molte persone credono ancora che essa si
trasmetta con il semplice contatto e questo porta all’esclusione sociale dei sieropositivi,
che viceversa con farmaci adeguati possono invece continuare a vivere e lavorare.
L’AIDS ha comunque un forte impatto sociale ed economico; può potenzialmente
colpire chiunque, anche se nei fatti sono maggiormente i poveri che la contraggono e
muoiono per non aver ricevuto le informazioni e le cure necessarie. Inoltre è importante
notare che l’AIDS irrompe nella vita di una persona proprio nella fascia di età in cui è
più attiva, quindi sottrae forza lavoro, e nello stesso tempo richiede molte risorse per
contrastarla.
Attualmente esistono varie cure per l’AIDS, in particolare una in sperimentazione che
potrebbe portare a vantaggi notevoli; tuttavia il prezzo per i farmaci necessari,
inizialmente elevatissimo, oscilla e varia da paese a paese, e rende spesso difficile
attuare e continuare programmi di intervento.
Obiettivo comune a tutte le terapie antivirali, compresa quindi quella per l’AIDS, è
inibire la replicazione del virus, cioè tenere bassa la quantità di virus presente
nell'organismo. Se, infatti, non è ancora possibile sradicare completamente l’HIV,
grazie alla combinazione dei trattamenti oggi disponibili si può aumentare notevolmente
le difese immunitarie in quasi tutte le persone colpite. Esistono tre tipi di antiretrovirali,
ognuno con un’azione diversa, ma almeno due devono essere assunti
contemporaneamente per ottenere dei risultati soddisfacenti ed evitare che si sviluppi
una resistenza ai farmaci assunti.
Il primo gruppo di farmaci antiretrovirali, disponibile a partire dal 1987, comprende gli
inibitori della trascrittasi inversa (NRTI dal termine inglese “Nucleoside Reverse
Transcriptase Inhibitor”), farmaci in grado di bloccare la replicazione del virus
interrompendo la formazione della nuova catena di DNA virale. Il virus dell’HIV,
infatti, utilizza un enzima chiamato trascrittasi inversa per riprodursi: inibendo l’enzima,
il virus cessa di riprodursi.
14
Il secondo gruppo, disponibile a partire dal 1997, comprende gli Inibitori della
trascrittasi inversa non nucleosidici (NNRTI dal termine inglese “Non Nucleoside
Reverse Transcriptase Inhibitor) con la stessa azione dei precedenti, ma con
caratteristiche chimiche diverse. Lo svantaggio di questi farmaci è che una singola
mutazione del virus può causare resistenza incrociata a più farmaci. C’è la possibilità di
effetti collaterali di diversa gravità (dalle eruzioni cutanee alla sindrome di Stevens
Johnson).
Infine, il terzo tipo riguarda gli Inibitori della proteasi (IP), i farmaci in grado di
bloccare la replicazione del virus inibendone la proteasi, enzima essenziale per la
maturazione delle nuove particelle virali. Uno degli svantaggi di questi farmaci è
l'elevato numero di dosi da assumere durante il giorno (numerose pastiglie 2-3 volte al
giorno) e i pesanti effetti collaterali.
Nei paesi sviluppati sono presenti cliniche e strutture sanitarie adeguate per valutare i
pazienti caso per caso, determinare le terapie più adatte a seconda dello stadio della
malattia e del soggetto. A partire dal 1996 si è iniziata a utilizzare una tripla terapia, la
Haart (Higly active antiretroviral therapy) dal momento che si era scoperto che un solo
farmaco non poteva bastare.
Per quanto riguarda i pazienti che vivono in comunità povere di risorse e di strutture, il
WHO ha elaborato, un metodo di azione che consiste in un procedimento uguale per
tutti. Si semplifica la somministrazione, ma si richiede comunque personale
professionale.
Il programma, elaborato qualche anno fa, parte con una cura chiamata di prima linea,
per la quale si possono scegliere tra quattro cocktails alternativi, composti mixando
cinque farmaci. I farmaci in questione sono d4T (Stavudine), ZDV (Zidovudine o AZT)
e 3CT (Lamivudine) appartenenti alla classe dei nucleosidici; EFZ (Efavirez) e NVP
(Nevirapine) dei non nucleosidici. Si combinano due farmaci nucleosidici con uno non
nucleosidico
3
.
Il farmaco 3CT
4
è presente in tutti i cocktail perché presenta una buona efficacia,
sicurezza e bassa tossicità.
Due farmaci sono presenti alternativamente in due cocktail: d4T e ZDV. Il primo è
inizialmente meglio tollerato, ma in seguito presenta effetti collaterali più gravi rispetto
3
http://www.avert.org/aidstreatment.htm
4
per informazioni sui titolari dei brevetti e produttori si rimanda al capitolo 3 par. 3.1
15
a quelli che si presentano con il ZDV. La scelta tra i due farmaci dipende anche dallo
stato di salute e dalla predisposizione del paziente.
La scelta tra NVP e EFZ è notevolmente più complessa. Il primo può provocare seri
danni al fegato ed eruzioni cutanee, quindi non è indicato per coloro che già assumono
farmaci che ledono il fegato, per esempio per la cura della tubercolosi (TB); non
sussistono invece problemi per le donne in gravidanza o allattamento. Il secondo
provoca problemi a livello di sistema nervoso e di nuovo infiammazioni cutanee e non è
adatto alle donne gestanti.
Il WHO raccomanda a ogni singolo paese di scegliere tra le due possibilità in entrambi i
casi, ma si deve altresì impegnare a rendere tutti i farmaci disponibili.
L’efficacia della cura dipende da una adeguata aderenza alla terapia: ciò significa che il
paziente deve assumere tutti i medicinali prescritti e agli orari indicati. Presi
separatamente, questi farmaci implicano l’assunzione di numerose capsule al giorno,
che non possono essere assolutamente dimenticate. Quindi, per facilitarne l’assunzione,
hanno iniziato ad entrare in circolazione dosi fisse della combinazione di due dei
cocktail consigliati dal WHO. Esse sono per lo più fornite dai produttori generici,
mentre i produttori originali non riescono ad accordarsi sulla produzione di un unico
prodotto che contenga tre farmaci di due diversi produttori.
Se la terapia di prima linea risulta inefficace, il virus dell’HIV continua a riprodursi
incessantemente, ed è necessario passare a una terapia di seconda linea. A volte il virus
diventa resistente a uno o più farmaci, quindi è necessario sostituire quel farmaco che
non produce più gli effetti necessari. I dT4 e ZDV possono essere sostituiti con TDF
(Tenofovir) o ABC (Abacavir). Il primo è disponibile in dosi limitate ed è costoso, il
secondo tuttavia provoca ipersensibilità. Il 3TC può essere sostituito con ddI
(Didanosine). Infine NVP o EFZ con due alternativi inibitori della proteasi, che sono
Saquinavir e Lopinavir.
La cura non può essere interrotta per periodi troppo lunghi,altrimenti il rischio è che il
virus muti e divenga resistente ai farmaci assunti.
Un problema di grave entità riguarda anche la trasmissione da madre a figlio del virus,
durante la gravidanza e l’allattamento. Si riesce tuttavia a superare sottoponendo madre
e neonato a trattamento con Nevirapine.
16
Anche la contrazione della tubercolosi, a causa della debolezza dell’organismo aggrava
la situazione del paziente.
Come si può intuire, la cura dell’AIDS è una sfida notevole, per l’approvvigionamento
dei farmaci e per la corretta diagnosi, somministrazione e controllo.
I prezzi di alcuni componenti dei cocktail sono notevolmente scesi negli ultimi anni, a
fronte della forte concorrenza dei generici per i farmaci liberi da brevetto, la quale ha
inoltre aumentato le quantità disponibili sul mercato e la produzione di quelli protetti da
brevetto da parte dell’industria farmaceutica indiana che non doveva attenersi
pienamente alle norme del TRIP.
Secondo il rapporto dell’UNAIDS, sono circa 40 milioni i sieropositivi, di questi
5.500.000 persone necessitano di cure immediate per poter sopravvivere, perché in stato
già avanzato della malattia. Solo l’8% di queste persone ricevono i farmaci, ma nei
PVS, soprattutto in Africa e in Asia la copertura scende sotto il 5%. In Africa
servirebbero 3.840.000 interventi, ma soltanto 150.000 pazienti sono in cura
5
.
Senza prevenzione e senza cure, gli effetti devastanti dell’AIDS saranno quelli di
modificare la struttura demografica della popolazione, con una riduzione del numero
delle persone in età compresa tra i 15 e i 49 anni; una crescita demografica negativa e
un numero sempre maggiore di bambini orfani. In alcuni paesi si è stimato che l’impatto
dell’HIV/AIDS porterà a una notevole riduzione dell’età media attesa alla nascita; in
Botswana, uno dei paesi con la maggiore incidenza, si stima che l’età media sarà nel
2010 di poco più di 26 anni, rispetto ai 74 in assenza dell’epidemia.
Negli ultimi anni le istituzioni internazionali, soprattutto l’ONU, si sono mobilitate per
favorire iniziative per contrastare questa epidemia che ha raggiunto dimensioni globali e
che può riguardare indistintamente tutti se non si prendono le adeguate precauzioni.
L’UNAIDS, una partnership tra varie organizzazioni dell’ONU e con la partecipazione
della Banca Mondiale, opera da anni ed ha ora lanciato un nuovo programma: “3 by 5”,
garantire il trattamento ad almeno 3 milioni di malati entro il 2005.
Nel 2002 è stato creato il Fondo Mondiale per la lotta all’AIDS, tubercolosi e malaria,
un’istituzione per la raccolta dei fondi da devolvere in seguito agli organismi
specializzati.
5
www.unaids.org
17
Ogni anno si tiene una conferenza mondiale sull’AIDS, per confrontare le politiche
attuate e per discuterne di nuove.
Nel frattempo la ricerca ha fatto dei passi avanti, e nel marzo del 2004 è stato approvato
un nuovo farmaco, che ha quindi inaugurato una nuova classe di antiretrovirali. Si tratta
dell’Enfuvirtide, una molecola in grado di evitare la fusione tra il virus e la cellula, che
evita l’infezione in anticipo. Offre la possibilità di risolvere anche i casi di sviluppo di
ceppi di virus resistenti ai farmaci oggi disponibili e riduce il numero di farmaci da
assumere e gli effetti collaterali. È da somministrare mediante iniezioni sottocutanee,
due volte al giorno.
Il farmaco è però molto costoso: si stima che negli USA avrà un costo di $20.000
all’anno a paziente, ma si potrebbe arrivare a 30.000 se è necessaria la combinazione
con qualche altro farmaco delle classi precedenti. Anche la disponibilità di materia
prima giocherà un ruolo importante: occorrono ben 45 kg di materiale grezzo per
produrne 1 kg, e più di 100 passaggi, 116 per la precisione, per la sua produzione,
contro gli 8-12 di un tipico farmaco antiretrovirale. Le aziende produttrici, così,
gestiranno con cautela il farmaco a loro disposizione in modo da garantire continuità a
chi inizia la terapia. Le scorte iniziali disponibili dovrebbero essere sufficienti a trattare
un numero tra 12.000 e 15.000 pazienti, di cui 8.000-10.000 solo negli USA.
1.2 MALARIA: DA NON SOTTOVALUTARE
La malaria è una malattia tipica delle zone tropicali e temperate, che si contrae per
mezzo di una particolare famiglia di insetti, “anofele”. Questa famiglia di insetti, come
molti altri, sopravvivono e si riproducono in ambienti caldi e in corrispondenza di acqua
stagnante. Negli ultimi anni si è però rilevato che sono in grado di adattarsi ad altitudini
più elevate e che hanno sviluppato resistenza ai farmaci. Questi insetti trasmettono un
parassita, il Plasmodium, che sopravvive soltanto se ospitato, dall’insetto o da un
umano. La zanzara acquisisce il batterio pungendo un portatore del parassita e lo
trasmette ad altri che in precedenza erano sani. La forma peggiore della malaria è
causata dal Plasmodium falciparum, la quale risulta letale nel 25% delle infezioni e
presenta la più alta resistenza alle cure. Ad ogni modo, qualunque forma può essere
18
letale se non curata in tempo; quando non causa decesso, lascia comunque segni
indelebili, fino alla perdita delle capacità cerebrali.
La malaria è diffusa in molte regioni africane, in America Latina, Asia ed Europa.
Tuttavia il 90% dei casi di malaria si presentano nell’Africa sub sahariana, tra i paesi
più poveri in assoluto, e riguardano in maggioranza i bambini al di sotto dei 5 anni. Si
stima che ogni anno si verificano dai 300 ai 500 milioni di casi clinici attribuibili alla
malaria, e almeno un milione di decessi, la gran parte di essi bambini
6
. Il numero è
impreciso in quanto la maggior parte delle morti avviene in casa ed è spesso difficile
individuare i sintomi. In ogni caso, più del 40% della popolazione mondiale è a rischio
malaria. Di frequente, flussi di emigranti o rifugiati si spostano da una zona all’altra,
con probabilità di contrarre una malattia alla quale non sono preparati.
Negli anni ’90, l’incidenza della malaria era andata diminuendo, ma in seguito, forse a
causa di negligenza, in parte per la sviluppata resistenza degli insetti a nuovi ambienti e
ai medicinali, è ritornata tra le più pericolose cause di morte, soprattutto tra i bambini.
Esistono possibili soluzioni, dalla prevenzione alla cura. Innanzitutto opere di bonifica
per eliminare quelle zone estese che permettono alle zanzare di riprodursi. Tuttavia gli
insetti possono riuscire a proliferare comunque, quindi sono necessari anche altri
interventi.
Fornire alle famiglie, soprattutto per i bambini, zanzariere imbevute di insetticida; al
momento però, solo il 2% dei bambini può dormire protetto. Promuovere test per la
verifica della presenza della malattia, dato che molte persone possono essere portatrici
del parassita, senza mostrarne i sintomi. Questi individui, possono essere la fonte per gli
insetti che fungono da vettori verso altri. In genere sono le donne e i bambini che
affrontano gli effetti della malattia, gli uomini, normalmente più forti, riescono ad
evitarla.
Per la cura della malaria si erano inizialmente usati farmaci a base di chloroquine, ma in
seguito il parassita è diventato resistente a questo farmaco, richiamando la necessità di
trovare nuove soluzioni. Si è così scoperto un altro farmaco, prodotto grazie all’uso
dell’artemisia, una pianta tipica delle zone boreali, che è risultato ben tollerato ed
efficace. Il farmaco prende il nome di ACT.
6
http://www.rbm.who.int/cmc_upload/0/000/015/370/RBMInfosheet_3.htm
19