V
tradizionale documento cartaceo; si è, dunque, escogitato un nuovo e
diverso sistema per ricondurre lo scritto al suo autore: la firma elettronica.
Ciò che bisognerà verificare è in che misura la firma elettronica, nelle
varie tipologie individuate dal legislatore, sia effettivamente in grado di
rispondere a quelle esigenze di integrità, non modificabilità e
identificazione certa dell’autore rispetto al documento al quale viene
associata, favorendo l’auspicata “rivoluzione” del documento informatico,
vale a dire, il definitivo passaggio dalla carta al digitale.
L’Italia, con l’ormai noto art. 15, comma 2, della legge 59/1997, è stato uno
dei primi paesi al mondo a riconoscere la validità e la rilevanza a tutti gli
effetti di legge dei documenti informatici. Altri paesi, tra i quali la Spagna,
l’hanno seguita in quell’articolato percorso normativo che dal 1997 ad
oggi ha subito ripetuti aggiustamenti. Se da un lato la definizione di un
quadro comunitario per le firme elettroniche ha ridotto al minimo il
divario normativo tra i paesi appartenenti all’Unione Europea, dall’altro il
recepimento della direttiva 1999/93/CE ha reso la materia più complessa
creando non pochi dubbi interpretativi.
La comparazione tra l’ordinamento italiano e quello spagnolo rende più
interessante l’analisi dell’evoluzione normativa in tema di documento
informatico e firme elettroniche. Nonostante le differenze tra le soluzioni
adottate siano minime è possibile rilevare come Italia e Spagna abbiano
tracciato dei percorsi diametralmente opposti: dal particolare al generale il
primo, dal generale al particolare il secondo.
Il nostro Paese con il D.P.R. 513/1997 aveva individuato con pignoleria gli
elementi che dovevano sussistere perché il documento potesse
considerarsi validamente firmato a mezzo di strumenti informatici e
VI
aveva effettuato una chiara scelta tecnologica optando per la firma
digitale basata sulla crittografia asimmetrica. Questa soluzione sembrava
l’unica in grado di rispondere a quelle esigenze - sopra accennate - di
integrità, non modificabilità e identificazione certa dell’autore del
documento.
Anche se la successiva direttiva 1999/93/CE definiva, tra le altre, una
tipologia di firma elettronica capace di offrire le stesse garanzie di
sicurezza della firma digitale, l’Italia, conformandosi al dettato
comunitario, ha dovuto recepire e quindi dare rilevanza giuridica a firme
elettroniche diverse e meno sicure e aprire, quindi, il campo ai più svariati
strumenti di validazione.
Dal canto suo, la Spagna ha tracciato il percorso inverso: con il Real
Decreto – Ley n. 14/1999 e la successiva legge n. 59/2003, conformandosi
al principio della neutralità tecnologica, ha riconosciuto la validità
giuridica di firme elettroniche meno sicure e solo ora si avvia, con un
progetto di legge presentato nel 2004, a regolamentare l’utilizzo della
firma digitale basata sulla crittografia asimmetrica colmando,
presumibilmente, il vuoto normativo relativo a uno strumento già diffuso
e utilizzato, ma non esplicitamente disciplinato dall’ordinamento.
Ho articolato la tesi in quattro capitoli: il primo è un capitolo teorico –
introduttivo nel quale descrivo la dottrina tradizionale sul documento
(essendo convinta che, nonostante la novità degli strumenti utilizzati per
la redazione dei documenti informatici, le radici per un approccio
culturale al fenomeno debbano comunque essere cercate nelle categorie
tradizionali del diritto). Nel secondo capitolo traccio l’evoluzione
normativa italiana e spagnola sul documento informatico e le firme
VII
elettroniche, soffermandomi, in particolare, su alcune problematiche: la
presunta capacità di identificazione dei soggetti sottoscrittori mediante i
dispositivi di firma elettronica e l’impossibilità del disconoscimento della
sottoscrizione apposta con firma digitale o altra firma elettronica
qualificata (riconosciuta). Il terzo è un capitolo tecnico sulla crittografia
nel quale descrivo, con un approccio storico, la tecnologia su cui si basa la
firma digitale e il ruolo svolto dal prestatore di servizi di certificazione nel
garantire la corrispondenza tra un dispositivo di firma e il suo titolare.
Infine, nel quarto capitolo ipotizzo l’applicazione pratica delle firme
elettroniche rispetto alla realtà di Internet, che ho provveduto ad
approfondire con riferimento al commercio elettronico, innovativa attività
economica svolta attraverso la Rete che potrebbe recepire un insieme di
benefici dall’adozione di un sistema “sicuro” come quello della firma
digitale.
1
CAPITOLO I
IL DOCUMENTO
1.1 Nozione
La scrittura apposta su supporto cartaceo è ciò che generalmente si
intende per documento. Gran parte delle operazioni e transazioni di ogni
tipo, è registrata su supporto cartaceo; in questo modo, in molte occasioni,
si confonde il documento con ciò che si trova su un foglio di carta, e la
scrittura con ciò che si realizza con una matita, una penna, una macchina
da scrivere o anche una stampante di un computer.
Nonostante un’ampia disciplina dei vari tipi di documento e dei vari
aspetti dell’attività di documentazione, il nostro ordinamento non fornisce
una definizione di carattere generale di documento.
Mentre nell’ordinamento spagnolo è rintracciabile un’esplicita definizione
di documento all’art. 26 del codice penale in base al quale per documento
si intende qualunque supporto materiale contenente dati, fatti o
narrazioni aventi efficacia probatoria o qualunque altro tipo di rilevanza
giuridica, in Italia è necessario affidarsi alla dottrina che lo intende in
vario modo. In primo luogo, il documento è inteso come una res signata,
cioè un oggetto corporale che presenta un insieme di segni tracciati
direttamente dall’uomo o da apparati da esso predisposti, volti a
2
conferirgli portata rappresentativa
1
. La res documentale, pertanto,
presuppone un’attività destinata ad attribuirgli tale portata; in secondo
luogo, come una res rappresentativa
2
: una cosa capace cioè di
rappresentare un fatto esterno alla res documentale, di richiamare alla
mente di chi legge, guarda o ascolta determinati oggetti, fatti o situazioni
che sono al di fuori dell’oggetto rappresentante. Il documento ha dunque
in sé la virtù del far conoscere, virtù che deriva dal suo contenuto
rappresentativo
3
.
Un documento dunque è una cosa che fa conoscere un fatto. L’effetto
conoscitivo viene realizzato attraverso la tecnica della rappresentazione
4
,
ossia il soggetto non ha diretta percezione di un determinato fatto, ma si
rappresenta (e conosce) quello stesso fatto attraverso le sensazioni che gli
1
Irti N., Sul concetto giuridico di documento, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1969, p. 492.
2
La definizione si deve a Carnelutti F., La prova civile, Padova, 1915, p.184. Tale
nozione è stata poi specificata in “cosa rappresentativa di un fatto giuridicamente
rilevante”, da Carraro L., Diritto sul documento, Padova, 1941.
3
Carnelutti F., Documento – Teoria moderna, in Nov. dig. it., VI, Torino, 1957, p. 86. Qui
Carnelutti arriva ad ipotizzare l’irrilevanza della materia che costituisce il documento:
“qualunque materia, atta a formare una cosa rappresentativa può entrare nel
documento: tela , cera, metallo, pietra e via dicendo”. Questa teorizzazione è anche
alla base della normativa sul documento informatico.
4
Sul punto è fondamentale segnalare che l’idea Carneluttiana secondo cui il
documento sarebbe la cosa rappresentativa di un fatto è espressione di sintesi che sul
piano logico risulta tuttavia ancora involuta; ed infatti si è notato Denti V., La
verificazione delle prove documentali, Torino, 1957, p. 27 ss. che il documento non
rappresenta, ma è l’effetto di un fatto della cui esistenza consente l’affermazione; ai
fini del giudizio intorno al tema della prova il documento cosiddetto autografo
consente di affermare l’esistenza di un fatto (lo scrivere), che è un elemento della
rappresentazione (o giudizio) in che si risolve la prova della dichiarazione. In altre
parole, ciò che lega un documento ad un fatto è un rapporto causale in senso
naturalistico (non un rapporto logico) ed è da quel fatto che il giudice risale, tramite
un giudizio, al fatto da provare: l’esistenza di uno scritto o di una fotografia sono
l’effetto dello scrivere e dello scatto della fotografia ed è da questi due fatti che il
giudice può dedurre (rappresentarsi) l’esistenza dei fatti da provare.
3
provengono dalla percezione del documento. In questo senso si è parlato
di “equivalente sensibile”
5
.
Potremmo quindi dire che la percezione sensibile di un documento, quale
fatto presente, procura al percettore la conoscenza diretta dello stesso e la
conoscenza indiretta del fatto passato o presente ivi rappresentato
6
.
La nozione di documento così raggiunta deve tuttavia essere
ulteriormente circoscritta, poiché non tutti gli oggetti in grado di suscitare
in qualcuno la conoscenza indiretta di un fatto possono definirsi
documenti. Diversamente potremmo trovarci dinanzi ad oggetti che, in
forza di una loro connessione logica con un determinato fatto rilevante
per il giudizio, possono consentire al giudice di conoscerlo per via
deduttiva, ma in questo caso ci troveremmo fuori dalla categoria
documentale.
5
Carnelutti F., Documento – Teoria moderna, cit., p. 86; o con analogo significato, di
“idoneità rappresentativa” del documento, Andrioli V., Diritto processuale civile, I,
Napoli, 1979, p. 676.
6
La rappresentazione può quindi essere configurata come una sorta di triangolazione i
cui vertici sono il fatto da provare, la cosa rappresentativa, e il soggetto. Se Carnelutti
(La prova civile, cit., p. 141, ove si legge che il documento “ha in sé la virtù del far
conoscere; questa virtù è dovuta al suo contenuto rappresentativo”) tende a
valorizzare massimamente, agli effetti della conoscenza del fatto, il vertice costituito
dall’oggetto rappresentativo, assegnandogli una vera e propria “virtù”
rappresentativa (o “virtù espressiva” Andrioli V., Diritto processuale civile, cit., p. 676);
altra parte della dottrina ha posto l’accento sul fatto che la rappresentazione non
proviene dal documento, ma è il risultato di un’operazione logica compiuta dal
soggetto che prende in considerazione la cosa al fine di verificare un proprio giudizio,
e pertanto la rappresentazione non è nel documento, ma nel giudizio di chi l’assume
come mezzo di prova, venendosi così a spostare il baricentro dell’operazione
conoscitiva sul soggetto percettore dell’oggetto rappresentativo; in linea con questa
posizione è Irti N., Sul concetto giuridico di documento, cit., p. 498, secondo cui il
documento fuori del giudizio storico “è una semplice porzione del reale, cosa tra le
cose”, e “la rappresentazione non è un dato obiettivo, racchiuso nel documento, ma è
questo interiore rivivere, che accoglie e consuma l’opaca impenetrabilità dei segni
fisici. E, perciò, essa è sempre individuale, e relativa al soggetto che la compie”.
4
In altri termini, possono qualificarsi come documenti solo gli oggetti nati
con la funzione primaria di assolvere al compito di rappresentazione di
un fatto
7
.
Ovviamente, i fatti rappresentabili (e perciò provabili) documentalmente
possono essere di qualsiasi specie e natura. Dai fatti umani a quelli non
umani, da quelli passati a quelli presenti senza possibilità, almeno sul
piano teorico, di individuare un limite valevole a priori.
Ognuno di essi può diventare rilevante per il diritto nella misura in cui
una norma gli ricolleghi un determinato effetto giuridico. E ognuno di essi
può parimenti dovere esser accertato in un processo, tramite il documento
che lo rappresenta, ogniqualvolta si pretenda l’accertamento di
quell’effetto giuridico. Tuttavia vi è una certa categoria di fatti che è
particolarmente importante per il diritto ed è costituita dalle dichiarazioni
rese da un determinato soggetto. Siano esse dichiarazioni di volontà o
dichiarazioni di scienza.
Anche questo genere di fatti può essere provato per via documentale.
Spesso anzi è proprio chi emette la dichiarazione a formare,
contestualmente, il documento della stessa. Ciò avviene quando il mezzo
utilizzato per l’emissione della dichiarazione ha anche come sua distinta
prerogativa quella di formare contemporaneamente un oggetto capace di
rappresentare la dichiarazione medesima. Ciò avviene quindi quando la
dichiarazione emessa è in forma scritta. Chi comunica un messaggio per
7
Quest’idea non è condivisa da Denti V., La verificazione delle prove documentali, cit., p.
28, che accede ad una nozione relativa di documento, intendendolo come qualunque
oggetto che consenta un’affermazione di verità intorno ad una delle affermazioni o
allegazioni fattuali fatte dalle parti nel processo e giungendo così ad affermare che
qualsiasi oggetto o “traccia di un evento naturale” può essere processualmente un
documento. La cosa “non è di per se stessa documento, ma diviene tale nel momento
in cui viene posta in relazione col thema probandum, attraverso un procedimento
induttivo che ha alla base la sua identificazione come fonte attendibile di conoscenza
del fatto”.
5
iscritto, inevitabilmente lascia una traccia documentale della sua
dichiarazione. Sebbene esistano diversi mezzi documentali sia verbali, sia
figurativi, la scrittura che ricorre per lo più al supporto cartaceo è quello
maggiormente diffuso. È un dato di fatto che si rispecchia tanto
nell’orientamento della dottrina, quanto in quello del legislatore tendendo
entrambe a identificare il documento in generale con il documento
scritto
8
. Non fa eccezione la dottrina spagnola che definisce il documento
come “el objeto o materia en que consta, por escrito, una declaración de
voluntad o de conocimiento o cualquier expresión del pensamiento, según
resulta de los preceptos de la legislación positiva”
9
.
Ma l’importante distinzione che comunque non bisogna tralasciare è la
seguente: una cosa è lo scrivere come mezzo attraverso il quale viene
esteriorizzata una certa dichiarazione, che ben potrebbe essere emessa
anche in altra forma, ad esempio orale; altra cosa è lo scritto, che è
l’oggetto rappresentativo di una dichiarazione proveniente da chi ha
creato quello scritto. Da un lato si trova quindi l’attività umana dello
scrivere
10
, che giuridicamente è la forma in cui può essere compiuto un
certo atto dichiarativo; dall’altro si trova lo scritto che non è l’atto, ma la
prova documentale dello stesso. L’atto scritto e la prova documentale
8
Basti pensare che per quanto riguarda l’efficacia probatoria, il codice civile stabilisce
espressamente (artt. 2721-2726) una preferenza del documento scritto rispetto alla
prova orale, assegnando una particolare importanza a due tipologie di documenti
scritti: gli atti pubblici (artt. 2699-2701 c.c.) e le scritture private (artt. 2702-2708 c.c.).
9
Prieto Castro L., Derecho procesal civil, 3° ediciòn, 2° reimpresiòn, Tecnos. Madrid,
1980, p. 155.
10
Carnelutti F., Sistema di diritto processuale civile, I, Padova, 1936, p. 691, scriveva che
“autore del documento è non già chi materialmente lo forma, ma colui per conto del
quale è formato; questi può essere tanto l’esecutore materiale (colui che forma il
documento col proprio lavoro) quanto una persona diversa da questo e precisamente
chi fa formare (per sé) il documento col lavoro altrui”, quando ci si riferisce allo
scrivere non ci si riferisce solo all’attività di chi materialmente scrive, ma anche all’atto
di chi scrive per conto di qualcun altro, il quale poi si assumerà la paternità di quanto
è stato scritto apponendo la propria sottoscrizione.
6
vengono ad esistenza contemporaneamente, ma sono entità diverse
(un’attività umana il primo e un oggetto la seconda) che non devono
essere confuse.
Fatta questa precisazione, siamo in grado di focalizzare nell’ambito
nell’ampia ed eterogenea categoria documentale il concetto di documento
dichiarativo
11
come quello rappresentativo di quel particolare fatto che è
una dichiarazione proveniente da chi ha formato il documento stesso
emettendola. Questo genere di documento proprio per l’estrema rilevanza
dei fatti cui si riferisce e per il peculiare meccanismo di formazione,
merita di essere considerato una specie autonoma all’interno del vasto
genere documento.
Abbiamo visto che caratteristica primaria del documento è quella di
essere un oggetto capace di rappresentare in chi ne ha la percezione
(visiva o auditiva) un diverso fatto presente o passato. Gran parte dei
documenti di cui usualmente si serve il giudice nel processo, esplica
questa funzione rappresentativa per il solo fatto che qualcuno ne abbia
percezione sensoriale: l’effetto rappresentativo di uno scritto cartaceo o di
una fotografia si realizza nel momento stesso in cui vengono osservati.
Non sempre è così. Vi sono dei casi in cui un oggetto, per svolgere la
funzione rappresentativa che gli è propria, necessita di essere combinato
con un altro oggetto che ne renda possibile “la lettura”. Un CD su cui
sono impresse delle voci o delle melodie non è ascoltabile di per sé, un
11
Carnelutti F., Sistema di diritto processuale civile, cit., p. 694; La prova civile, cit., p. 158,
il quale aggiungeva numerose ulteriori distinzioni non sempre collimanti nel
succedersi delle varie trattazioni; così ad esempio divideva i documenti dispositivi da
quelli narrativi a seconda che fosse rappresentata una dichiarazione di volontà o di
scienza, ma in Documento, cit., i documenti narrativi sono contrapposti agli stessi
documenti dichiarativi.
7
DVD non è visibile da solo. Tali oggetti divengono fruibili nel momento in
cui vengono inseriti in un apposito lettore.
Riprendendo quanto detto sopra, potremmo dire che la percezione
sensibile di alcuni documenti, pur procurando al percettore la conoscenza
diretta degli stessi, non è sufficiente, da sola, a procurare la conoscenza
anche del fatto rappresentato, essendo indispensabile, affinché si realizzi
questo secondo effetto, ricorrere ad un altro oggetto, che potremmo
definire supporto rappresentativo.
Se queste premesse sono corrette, risulta agevole fondare, nell’ambito
dell’ampia categoria documentale, la distinzione tra quelli che
chiameremo documenti direttamente rappresentativi e quelli che
potremmo definire documenti indirettamente rappresentativi. I primi
sono oggetti idonei a suscitare in chi li percepisce la rappresentazione di
un diverso fatto presente o passato, i secondi sono oggetti in grado di
mettere un altro oggetto (il supporto rappresentativo) in condizione di
avere sul percettore l’effetto rappresentativo di un differente fatto
presente o passato.
L’incessante progredire della tecnologia e della scienza informatica
sviluppa sempre nuovi oggetti che combinati con un elaboratore
elettronico collegato ad un video sono in grado di offrire la
rappresentazione di un fatto presente o passato. La nota comune a tutti
questi oggetti (floppy-disk, compact-disk, hard-disk estraibili ecc.) è la
loro qualità indirettamente rappresentativa.
Non v’è dubbio che questi oggetti, secondo quanto detto, abbiano le
qualità per essere giuridicamente (e processualmente) considerati dei
documenti, più precisamente dei documenti indirettamente
rappresentativi.
8
1.2 La Documentazione
I documenti giuridici sono spesso il risultato dell’attività volta alla loro
produzione e quindi alla loro successiva utilizzabilità. Questa attività
prende il nome di documentazione
12
e si riferisce all’operazione attraverso
cui l’atto, cioè il negozio rappresentato nel documento, viene reso
manifesto
13
.
Come ogni attività, anche la documentazione si caratterizza per il suo
soggetto, per l’oggetto e per lo scopo.
Del soggetto basterà qui ricordare che non si tratta sempre del
protagonista del fatto rappresentato, e quindi della parte del rapporto.
Autore del documento può infatti essere un terzo, ed in particolare un
terzo che in ciò intervenga nell’esercizio di uno specifico ufficio, e quindi
con particolari poteri di certazione
14
.
12
Il termine va inteso in un senso più ristretto rispetto alla sua comune accezione
secondo cui si riferisce alla raccolta e all’esame dei documenti e di altro materiale
informativo su cui appoggiare una narrazione storica, un atto giuridico e simile.
13
Cfr. Guidi P., Teoria giuridica del documento, Milano, 1950, p. 46.
14
Nel documento informatico con firma elettronica che di fatto sia confezionato da un
terzo su istanza e conformemente alla volontà del dichiarante, si manifesta una nuova
figura, di “dichiarante materiale” distinto da chi dichiara giuridicamente. Una figura
da non confondere con quelle del rappresentante o del nuncius, perché nel caso qui
considerato non necessariamente si fa apparire l’alterità soggettiva del dichiarante in
senso materiale rispetto al dichiarante in senso giuridico. Ma che potrà riproporre
problemi analoghi nelle ipotesi patologiche. Così Gentili A., Le tipologie di documento
informatico dopo il D.P.R. n. 137/2003: effetti sostanziali ed effetti probatori, in Dir. inf., 2003,
p. 674.
9
Con l’oggetto ci si riferisce, contemporaneamente, alla cosa sulla quale
viene impressa la capacità significante ed al significato
15
.
Infine, l’attività di documentazione può dirigersi a due distinti scopi
giuridici rispetto ai quali valgono regole diverse.
Il primo scopo è quello della costituzione dei rapporti giuridici; o anche –
con un’espressione invalsa nell’uso – della produzione di effetti giuridici.
Il documento è infatti anzitutto un mezzo di manifestazione della volontà,
un modo efficace di rendere evidente e percettibile il testo delle regole di
cui si vuole o si propone l’adozione. Si tratta dunque, nella prospettiva del
documento, degli effetti costitutivi dell’attività di documentazione e l’area
fenomenologia interessata è quella della forma.
Il secondo scopo è quello della dimostrazione dei rapporti giuridici. Il
documento rende infatti certo e durevole il testo regolamentare adottato e
consente perciò di dimostrarne l’adozione e il senso. Si tratta dunque,
sempre nella prospettiva del documento, degli effetti di certezza legale
connessi all’attività di documentazione e l’area fenomenologia interessata
è quella della prova.
La necessità del documento copre però soltanto una parte sia dell’attività
costitutiva che dell’attività probatoria. In molti casi i rapporti giuridici
possono essere costituiti, regolati o estinti anche con atti compiuti re o
verbis, mentre il documento viene in considerazione soltanto per le attività
compiute litteris. Allo stesso modo, la testimonianza, la confessione,
l’ispezione, il comportamento processuale sono validi mezzi di prova non
15
Per quanto riguarda il documento informatico la “cosa” ha la caratteristica di essere
effimera, perché priva di separata fruibilità e di durevolezza al di fuori del sistema
della rete. Il che può rappresentare un motivo di deminutio della sua capacità
documentale. Per converso, però, essa ha anche la caratteristica di esulare dal
fenomeno dell’ autografia, che per le sue caratteristiche materiali non può riguardarla,
e anche questo influisce – non necessariamente in senso negativo - sulla sua capacità
documentale.
10
documentali, contrapposti alle varie forme (riproduzioni meccaniche,
telegrammi, carte e registri, scritture private, atti pubblici) di prove
documentali. Si definiscono così, principalmente, le nozioni di scrittura
privata e atto pubblico. Sostrato comune è la scrittura che assomma
oggettività materiale e semantica ed è perciò capace di soddisfare tutte le
esigenze irrinunciabili della documentazione: significare fatti o regole
secondo un codice socialmente riconoscibile, attraverso strumenti
durevoli.
1.3 Documenti Pubblici e Documenti Privati
Quando la res è il risultato di un’operazione di confezionamento, quando
cioè viene creata con la specifica intenzione di fornire la rappresentazione
di determinati fatti, l’attività di documentazione viene svolta dai notai o
da altri pubblici ufficiali (documenti pubblici), oppure dai privati
(documenti privati).
Il documento pubblico è un tipo di documento che proviene da un
pubblico ufficiale o da un pubblico impiegato.
Secondo la dottrina prevalente, questa nozione coincide con quella di atto
pubblico in senso ampio comprendendo non soltanto gli atti emessi dalla
Pubblica Amministrazione, ma tutti gli atti emessi in genere dai pubblici
uffici.
L’atto pubblico in senso stretto è invece quel “documento redatto, con le
richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato
11
ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato”, ex art. 2699
del codice civile.
Questa definizione coincide con quella fornita dal codice civile spagnolo:
“Son documentos públicos los autorizados por un Notario o empleado
público competente, con las solemnidades requerida por la ley” (art. 1216
c. c.).
Tre requisiti sono dunque necessari affinchè un documento possa essere
considerato pubblico:
- la provenienza del documento da un soggetto qualificato, vale a dire
un notaio o un altro pubblico ufficiale
16
;
- la competenza di colui che forma l’atto, intesa come l’autorizzazione
della legge ad attribuire la particolare forza connessa con la natura
pubblica dell’atto anche in relazione al luogo ove esso viene firmato
(si pensi all’atto pubblico notarile, la cui validità è condizionata alla
permanenza del notaio rogante nella circoscrizione in cui il
medesimo ha sede);
- l’adozione delle speciali formalità previste per il tipo di documento
concretamente posto in essere.
Il requisito più importante è quello relativo all’autore - che deve essere un
funzionario pubblico - anche se a questo requisito si riconducono gli altri
due: solo il funzionario pubblico opera come tale ed è, in un atto concreto,
funzionario pubblico, quando agisce entro i limiti delle proprie
competenze e in accordo con le norme che regolano la sua funzione
17
.
16
Tant’è che si parla di atto eterografo (così Carnelutti F., La prova civile, cit., p. 145) per
indicare che l’artefice di esso è un soggetto diverso da quello che ha interesse alla sua
formazione.
17
Cfr. Núñez-Lagos R., Concepto y clases de documentos, in Revista de Derecho Notarial,
XVI, aprile-giugno 1957, pp. 17-21.