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1.1 Il papato da Bonifacio VIII a Giovanni XXII
“Veggio in Alagna intrar lo fiordaliso, e nel vicario suo Cristo esser catto.
Veggiolo un’altra volta esser deriso; veggio rinovellar l’aceto e ‘l fede”
1
; così
Dante scriveva, commentando scandalizzato il presunto schiaffo ricevuto da
Bonifacio VIII
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, il 3 settembre 1303, per mano di Sciarra Colonna inviato a
Roma da Filippo il Bello, insieme a Guglielmo di Nogaret, per condurre il papa
prigioniero in Francia. Il papa morì, probabilmente anche in seguito a questo
episodio, a poco più di un mese di distanza, l’11 ottobre.
Con la fine di Bonifacio VIII, il primo papa che, da vivente, si era fatto ritrarre in
statue ed affreschi e che indisse il primo Giubileo
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, terminava ormai il sogno
della chiesa di una teocrazia sullo stile teorizzato da Innocenzo III, nel XIII
secolo.
Nonostante le gravi tensioni politiche, il conclave si concluse con il primo
scrutinio eleggendo il cardinale vescovo di Ostia, ex maestro generale dei
domenicani, Nicolò Bocassini
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, successore di Bonifacio al soglio pontificio. Il
pontificato del nuovo papa Benedetto XI fu tuttavia molto breve poiché morì
nell’estate successiva alla sua elezione, probabilmente avvelenato.
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Dante, Divina Commedia, Purgatorio, XX, 86-90
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Benedetto Castani (Agnani 1205). Diviene papa, col nome di Bonifacio VIII, nel 1294.
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Con la bolla Antiquorum habet fidem, del 22 febbraio 1300, concedeva l'indulgenza plenaria a chi
nell'anno in corso e in ogni futuro centesimo anno, avesse visitato le basiliche di San Pietro e di San Paolo
a Roma
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Nato a San Vito di Valdobbiadene nel 1240, fu papa dal 22 ottobre 1303 al 7 luglio 1304.
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Nell’agosto del 1304 si riunì un nuovo concistoro.
In una situazione di equilibrio delle forze in gioco, risultava difficile prevedere
con certezza l’esito. Dopo una travagliata attesa durata undici mesi, che si
concluse la vigilia di Pentecoste del 1305, venne eletto, con l’esatta maggioranza
dei due terzi, Bertrando de Got col nome di papa Clemente V. Lo si poteva
ritenere un sostenitore di Bonifacio VIII, e quindi benvoluto dal partito dei
bonifaciani, tuttavia anche Napoleone Orsini, capo del partito opposto, sapeva di
fornire, al re francese, un papa a lui docile.
Un aspetto fondamentale della personalità di Clemente V, che influirà quindi
sulle sue scelte di pontefice e politico, fu sicuramente quello di essere comunque,
in primo luogo, un vescovo della Francia meridionale. Infatti, nel 1309 trasferì ad
Avignone la sua sede e sostanzialmente passò tutto il resto della sua vita a
muoversi da un luogo all’altro cercando quello più adatto alla sua malferma
salute.
Questi due tratti spiegano il motivo per cui la capacità di influenza francese sulla
chiesa cattolica diventò così rilevante, culminando nel momento in cui Clemente
stabilì ufficialmente la residenza papale ad Avignone.
L’ipocondria del nuovo pontefice rivelava la sua debolezza. Questa si palesò, di
fronte alla Francia di Filippo il Bello, in modo particolare in occasione del
processo contro Bonifacio e nella procedura contro i templari.
4
Filippo il Bello tentò – inutilmente – si far condannare Bonifacio VIII come
usurpatore del trono pontificio così da poter apparire come colui che era riuscito
a liberare la chiesa da un indegno pastore.
L’azione contro i templari serviva invece al re di Francia per impadronirsi dei
loro notevoli averi; così fu e l’Ordine del Tempio venne sciolto. Buona parte
delle loro ricchezze andarono alla corona francese come indennizzo per le spese
sostenute durante il processo.
A livello politico Clemente V, come Bonifacio VIII, vedeva nell’impero tedesco
un appoggio contro il dilagante potere della Francia; in effetti il nuovo re di
Germania, Enrico VII di Lussemburgo, fratello dell’arcivescovo di Treviri,
andato a Roma nell’autunno del 1310 per l’incoronazione, venne dapprima
entusiasticamente accolto ma ben presto si trovò ad urtare gli interessi degli
Angiò e di conseguenza quelli dei francesi.
Quando il re arrivò a Roma, una parte della città – compresa San Pietro – era
occupata dalle truppe di Roberto da Napoli.
E’ necessario sottolineare che l’incoronazione di Enrico VII non avvenne per
mano diretta di Clemente V, ma ad opera di tre cardinali, poiché anche su questo
punto il papa aveva ceduto alle pressioni francesi.
Ricevuta la corona, l’imperatore si diresse contro Roberto da Napoli mettendolo
anche sotto processo.
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Fu in questo frangente che il papa, schierandosi dalla parte dei guelfi, dava
origine all’importante disputa, in cui si inserirà anche Marsilio da Padova,
intorno al potere dell’imperatore.
Dopo la morte precoce dell’imperatore, avvenuta a Buonconvento, presso Siena,
il 24 agosto 1313, il papa prese posizione nella sua famosa bolla Pastoralis Cura,
composta senza dubbio con l’aiuto di Roberto da Napoli; con questa dichiarava
invalida la sentenza imperiale contro quest’ultimo affermando il proprio diritto
d’eleggere i vicari imperiali, essendo l’impero ancora vacante.
In effetti, nel 1314, il papa nominò vicario imperiale in tutta Italia Roberto da
Napoli.
Lasciando una pessima eredità, costituita da una curia schiava del suo stesso
nepotismo e del regno di Francia, papa Clemente V moriva, il 20 aprile 1314,
mentre percorreva la strada del ritorno verso la sua amata Gascogna.
Due anni furono necessari, dal 1314, perché si riuscisse ad eleggere il nuovo
papa. Un tempo di vacanza del soglio pontificio così lungo è da spiegarsi anche
come conseguenza di una situazione di fortissima tensione, creatasi in seguito
alla debolezza e alla gestione del papa Clemente V che, in generale, aveva
permesso la creazione di un’ampia e forte sfera d’influenza esercitata dal gruppo
dei suoi parenti e compaesani; così il collegio risultò composto da una decina di
cardinali guasconi, sei francesi e sette italiani.
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Il conclave era appena cominciato quando i sostenitori di Clemente V
minacciarono i cardinali italiani. Soltanto due anni dopo si riuscì a riunire
nuovamente il conclave a Lione.
Il 7 agosto 1316 la scelta cadde sul settantaduenne vescovo di Ostia, Giacomo
Duèse da Cahors, che divenne papa Giovanni XXII.
Carico di molta esperienza politica
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iniziò a riorganizzare la confusa situazione
lasciata dal suo predecessore nella curia pontificia.
Fu proprio la marca evidentemente politica a caratterizzare il papato di Giovanni
XXII, aspetto questo che, conseguentemente, tendeva ad assumere la priorità
rispetto alle questioni puramente religiose.
Il carattere politico si rivelò di notevole importanza nella situazione sorta dopo il
1314, anno in cui, come detto, moriva Enrico VII, quando si arrivò ad una
duplice elezione: quella di Ludovico il Bavaro e quella di Federico il Bello.
Entrambi si rivolsero al papa il quale, riprendendo l’iniziativa del suo
predecessore, cercò di avocare a sé il diritto di vicariato imperiale per l’Italia,
proibendo qualsiasi attività ai vicari imperiali nominati da Enrico VII.
Il vecchio papa non si limitò a teoriche prese di posizione ma iniziò a procedere
contro tutti quelli che non erano d’accordo con la sua politica ricorrendo ai
processi canonici dell’inquisizione, arrivando a dichiarare, come nel caso di
Marsilio da Padova, l’eresia dei propri avversari ed interdicendo intere regioni.
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Nel 1300 era vescovo di Fréjus, dal 1308 al 1310 cancelliere di Carlo II di Napoli, nel 1310 vescovo di
Avignone.
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Parecchio decisivo per la politica in Italia fu l’intervento di Ludovico il Bavaro
col quale egli si assicurava una posizione di netta supremazia politico - militare.
Nonostante ciò il papa non cambiò la sua posizione di neutralità e continuò a
considerare Ludovico come un eletto.
Quando il re tedesco, vittorioso ormai in Germania, pretese di far valere i suoi
tradizionali diritti regali, che comprendevano anche il dominio sull’Italia, si
scatenò nuovamente e violentemente lo scontro tra papato ed impero; la notevole
differenza col passato consisteva tuttavia nel fatto che il papa non era più a Roma
bensì ad Avignone, alle immediate dipendenze del regno di Francia.
Chiamato in aiuto dalla città di Milano, assediata dall’esercito del legato
pontificio, Ludovico mandò una delegazione che contribuì efficacemente a
liberare la città. Questo provocò un incontrollato sdegno in Giovanni XXII
poiché le sue prospettive di un’imminente vittoria sui Visconti, andavano
frantumandosi.
Il re tedesco venne ammonito e successivamente sottoposto alla procedura del
processo canonico al fine di escluderlo dal regno e sostituirlo con un nuovo
candidato, ovviamente francese.
La forza della reazione di Ludovico non fu inferiore a quella del papa, tanto che
nel dicembre del 1323 a Norimberga, e l’anno successivo (dopo che venne
scomunicato) a Sachsenhausen, presso Francoforte, si appellò contro le sentenze
papali. Chiedeva la convocazione di un concilio ecumenico e respingeva le
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accuse di esercitare illegittimamente i poteri regali e di difendere gli eretici.
Inoltre Ludovico puntava il dito, anche per contrastare la cattiva propaganda che
le accuse papali gli facevano, contro l’atteggiamento chiaramente eretico di
Giovanni XXII rispetto all’ideale di povertà dei francescani
6
. Quindi, come già in
passato Filippo il Bello, Ludovico il Bavaro ricorreva all’accusa di eresia per
colpire il papa: si capisce quindi, quanto a questo punto, diventò importante per
Ludovico avere al fianco degli intellettuali del calibro di Marsilio poiché
l’accusa, se fondata, gli poteva consentire la destituzione del papa.
La situazione andò ancor più inasprendosi fino a quando, nel 1327, Ludovico fu
abbastanza forte da invadere l’Italia e discendere fino Roma, dove si fece
incoronare dalle autorità della città.
Quando fece il suo ingresso a Roma, il Bavaro era accompagnato da una pleiade
di talenti rivoluzionari – Marsilio da Padova con Giovanni di Jandun a cui, nel
1328, si aggiunsero Guglielmo d’Ockam e il generale dei francescani, Michele da
Cesena – che, sulla scorta di forti argomenti, attaccarono il papa.
Giovanni XXII moriva alcuni anni più tardi, nel 1334. Il suo fu un pontificato
importante, forse quello più significativo del periodo avignonese, segnato
6
Si faccia riferimento alla bolla emessa da Giovanni XXII il 12 novembre 1323, nota come Quum inter
nonnullos. Con questa bolla, il papa indicava come eretica la posizione di chi affermava la povertà di
Cristo e dei discepoli.
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dall’uso di strumenti religiosi per scopi politici o comunque che poco avevano a
che fare con la fede
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, usati, tra l’altro, per colpire anche Marsilio da Padova
8
.
7
Dante cita anche questo papa nella sua Divina Commedia accusandolo di scrivere scomuniche per poi
cancellarle in cambio di soldi: “[…] tu che sol per cancellar scrivi” (Paradiso, XVIII, 130).
8
Si veda la bolla di scomunica Licet iuxta doctrinam del 23 ottobre 1327, riportata più avanti in questo
scritto.
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1.2 Il potere temporale
Filippo il Bello avrebbe voluto veder salire al trono di imperatore suo fratello,
Carlo di Valois; tuttavia nel novembre del 1308 venne eletto imperatore Enrico
VII.
Malgrado le mutate condizioni sociali e politiche, in Italia l’ideale imperiale non
era ancora estinto e quindi l’annuncio del nuovo imperatore dell’intenzione di
percorrere la penisola per farsi incoronare a Roma, fu accolto con soddisfazione.
Nel settembre del 1310, Enrico VII partì da Losanna alla volta di Roma.
Nel lungo tragitto che compì, il nuovo imperatore attuò una politica di
sottomissione dei comuni e delle città che incontrava sulla sua strada e di
pacificazioni tra le fazioni in lotta all’interno di esse.
Il 6 marzo Enrico giunse a Roma che però era per la metà in mano ai Colonna.
Venne, per questo motivo, incoronato in Laterano.
Le difficoltà per l’imperatore crescevano poiché da un lato il vantaggio militare
dei Colonna aumentava, dato che le fila dell’esercito di Enrico andavano
assottigliandosi, e dall’altro il papa Clemente V che fino ad allora era sembrato
decisamente dalla parte di Enrico VII – tanto da sostenerne probabilmente
l’elezione – gli si opponeva, per via delle forti pressioni francesi.
L’inversione di rotta del papa si concretizzò con la lettera indirizzata
all’imperatore con la quale gli intimava di uscire dai territori pontifici appena
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finita l’incoronazione e, soprattutto, di dichiarare pubblicamente che gli atti di
sovranità compiuti nella metropoli romana non costituivano alcun diritto su di
essa né, tantomeno, portavano alcun pregiudizio ai poteri del pontefice.
Nella risposta al papa, l’imperatore negava a Clemente V il diritto di
immischiarsi nelle cose civili ed affermava che l’imperatore, in quanto eletto dai
principi, era nel pieno della legittimità e quindi il pontefice non aveva alcun
diritto per ordinargli di partire da Roma, capitale dell’impero.
Era l’antica lotta fra papato e impero che rinasceva.
Successivamente, come già accennato, Enrico VII si mosse contro Roberto di
Napoli, vassallo della Chiesa, considerato dall’imperatore come il maggior
sostenitore delle città guelfe.
L’imperatore lasciò Pisa l’8 agosto 1313, alla testa di un imponente esercito, alla
volta di Napoli. Tuttavia, pochi giorni più tardi, il 24 dello stesso mese, Enrico
VII, forse avvelenato, moriva e con lui le speranze dei ghibellini.
Nel 1314 moriva anche il papa Clemente V.
Mentre era vacante la carica pontificia, risultava difficile anche scegliere il
successore di Enrico VII, al punto che ne nacque uno scisma tale da provocare
una lunga guerra civile.
Gli elettori tedeschi si divisero tra quelli a favore del duca Federico d’Austria e
quelli che volevano vittorioso Ludovico il Bavaro.
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Quando venne eletto, il nuovo successore di Pietro, Giovanni XXII non
riconobbe nessuno dei due candidati e dichiarò vacante il trono dell’impero.
Tuttavia, terminata la guerra per la corona tedesca, Ludovico, accompagnato
anche da Jandun e Marsilio da Padova
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, iniziò la sua discesa in Italia e nel 1327,
a Milano, venne incoronato re d’Italia
10
.
Entro il gennaio del 1328 Ludovico riuscì ad essere a Roma dove, per
acclamazione popolare, venne incoronato il giorno 17.
La reazione del papa Giovanni XXII fu dura e si concretizzò in una scomunica
all’imperatore. La controreazione imperiale tuttavia, non fu certo più morbida: la
sentenza imperiale del 18 aprile, che conteneva idee e definizioni marsiliane,
fatta preparare da Ludovico il Bavaro, era di deposizione di Giovanni XXII.
L’imperatore Ludovico si era quindi posto nella possibilità di eleggere di sua
mano un nuovo papa che individuò in Pietro Rainalucci da Corbara, che, dopo
aver ricevuto la tiara, divenne Niccolò V.
Il 4 agosto 1328 Ludovico decise di partire e dirigersi contro Napoli.
Tuttavia la situazione andò deteriorandosi poiché le truppe dell’imperatore si
rivelavano sempre meno numerose e sempre più insofferenti
11
. Così, dopo circa
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Marsilio da Padova, insieme con Giovanni di Jandun, avevano lasciato Parigi e la Sorbona per recarsi
presso la corte imperiale di Ludovico il Bavaro, probabilmente nella seconda metà del 1324; infatti è il 24
giugno 1324 il giorno in cui Marsilio termina il Defensor Pacis che gli darà la fama necessaria per
diventare utile all’imperatore.
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Il 17 novembre Marsilio è sicuramente ancora a Milano, poiché consegna una tavola astronomica
compilata forse da Giovanni di Jandun, a Simone de moronis.
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Inoltre a Todi, il 17 agosto, morì anche Giovanni di Jandun
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un mese di inconcludenti azioni contro gli Angioini, Ludovico fece ritorno a
Roma.
Una grave conseguenza delle preoccupanti condizioni economiche dell’esercito
del bavaro fu l’abbandono di una parte dei soldati che costrinsero l’imperatore a
lasciare anche Roma e risalire verso il nord, per quella che sembrò essere una
fuga
12
.
Il 6 dicembre 1329 fu sicuramente a Parma
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; nel dicembre dello stesso anno
Ludovico era a Trento e nei primi mesi dell’anno successivo, nella Baviera.
Marsilio accompagnò sicuramente l’imperatore in tutti i suoi spostamenti poiché,
per certo, sappiamo che anch’egli, nel 1330, era a Monaco di Baviera.
Come quella di Enrico VII così la spedizione di Ludovico il Bavaro terminava
con un grosso insuccesso che, a livello politico, lasciava sul terreno una fazione
ghibellina molto indebolita.
Accadde quindi che una campagna militare che, certamente, aveva tra i suoi
scopi quello di fiaccare e sottomettere il papato, in realtà aveva avuto ottenuto il
risultato contrario, poiché la posizione del vescovo di Roma risultava, dopo il
1330, più salda e più prestigiosa.
L’anno in cui Ludovico era a Trento, vi si trovava anche Giovanni di Boemia;
questi era là per il matrimonio del figlio, ancora bambino, Giovanni Enrico con la
figlia, bambina ella pure, di Enrico III
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, Margherita
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.
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Durante questa fuga l’antipapa Niccolò V venne catturato a Pisa e consegnato a Giovanni XXII che lo
fece rinchiudere.
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Insieme all’imperatore venne visto cavalcare per la città Marsilio da Padova.