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“[…] Per gradi si svelò ai nostri occhi l’Abisso
infinito, rosseggiante come il fumo d’una città
incendiata; sotto di noi, a una distanza immensa,
c’era il sole, nero e tuttavia splendente; intorno ad
esso solchi di fuoco dove s’aggiravano enormi
ragni, rampando dietro le loro prede, che volavano,
o meglio nuotavano, nell’infinita profondità, sotto le
più terrificanti forme di animali scaturiti dalla
corruzione; l’aria ne era piena, sembrava anzi
composta di essi. Sono i Diavoli, e vengono chiamati
Potenze dell’aria. Chiesi allora al mio compagno
quale era la mia sorte eterna. Rispose: ‘tra i ragni
neri e i bianchi […]”
(Blake W., 1790, p. 125).
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CAPITOLO PRIMO
IL DIAVOLO
“[…] In ogni cultura la gente è indotta a credere
a cose prive di certezza (come l’esistenza di un
dio, ad esempio), ma a cui aderisce con
incrollabile fede”
(Leff J., 1988, p. 9)
A. M. Di Nola (1987) afferma che la parola Diavolo appare per la prima volta
nel Nuovo Testamento, ma a quest’epoca il suo significato possiede già tutte le
caratteristiche che ancora oggi gli vengono attribuite. È necessario, quindi,
datare la nascita della concezione del Diavolo in un’epoca antecedente a quella
neotestamentaria.
L’Autore sostiene che Satana è una figura polimorfa, frutto dell’influenza
reciproca di diverse culture e popoli.
In questa tesi utilizzerò il termine Diavolo, con l’iniziale maiuscola, intendendo
con esso, da una parte, come è insegnato dalla religione cattolica,
l’incarnazione e la personificazione del male, il nemico principale dell’uomo e
di Dio, il capo delle legioni infernali. Come affermano Ramelli E., Stella S. e
Destro E. (1988), questo Diavolo, che acquista particolare importanza nel
Medioevo, è un concetto unico, appartenente alla tradizione giudaico-cristiana,
radicalmente differente dai diavoli che lo hanno preceduto in altre culture: è il
male assoluto opposto al bene che è Dio, è l’unica possibile spiegazione del
male che affligge il mondo.
D’altra parte, scrive Devoti D. (1988), affrontare il demoniaco implica il
confronto con la propria infanzia, con i suoi fantasmi, i suoi traumi, le sue
fissazioni ed i suoi desideri inconsci. Infanzia personale dunque, ma anche
9
ancestrale e, come tale, popolata da rappresentazioni ed affetti che possono
organizzarsi in forma ed immagine di demoni, streghe ed incubi.
Diavolo, quindi, inteso come prodotto della psiche umana, maschera dietro la
quale si nasconde l’Altro, il non riconosciuto, ciò che è negato, e per questo
portatore di laceranti angosce e di conflitti irrisolti (Romano A., 1988).
Sarà soprattutto muovendo da questo vertice, cioè dalla prospettiva
psicologica, che affronterò il Diavolo, cercando di evitare, per quanto possibile,
di addentrarmi in una riflessione teologico-biblica.
Da questo punto di vista, è chiaramente impresa impossibile, oltre che
limitante, escludere a priori essenziali riferimenti al più ampio contesto
religioso entro il quale la figura del Diavolo ha preso forma ed è tuttora
inserita.
La scelta di utilizzare la parola Diavolo con la lettera maiuscola è sostenuta da
autori quali H. Institor, esorcista della Germania, e J. Sprenger, inquisitore
nelle diocesi di Magonza e Salisburgo sotto Sisto IV, che nel loro Malleus
Maleficarum (1486 – 1487), “Bibbia” dell’Inquisizione fino al XVIII secolo,
utilizzano sia la maiuscola che la minuscola. Non ci è dato sapere quale
significato abbia il diverso uso del termine, neppure sappiamo se questo sia
imputabile o meno ad un errore di stampa (Le medesime considerazioni
valgono anche per i successivi autori: vedi ad esempio Sigmund Freud).
Anche A. M. Di Nola in Il Diavolo (1987), così come E. Jones (1912), in
Psicoanalisi dell’incubo, e M. Eliade (1962), in Mefistofele e l’androgine,
usano sempre la lettera maiuscola.
Al contrario Guaccio F. M., esorcista gesuita, nel suo Compendium
Maleficarum (1608), usa diavolo, così come S. Freud in Una nevrosi
demoniaca nel secolo decimosettimo (1922), anche se, in una nota del saggio
(Freud S., 1922, p. 541), utilizza la lettera maiuscola.
C. G. Jung (1932, 1940, 1948, 1951, 1952, 1953) scrive sempre diavolo, ma
utilizza anche Satana, Lucifero, e Maligno.
Il linguaggio dei teologi distingue tra Diavolo e demonio. Il primo è inteso
come invisibile potenza personale che dirige le forze del male in contrasto con
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i disegni di Dio e a danno dell’uomo. Con demonio, invece, si intende uno dei
tanti spiriti maligni che infestano il mondo.
Il Diavolo è dunque unico, mentre i demoni sono una moltitudine.
In pratica, però, i termini sono usati in maniera intercambiabile. Anche in
Psichiatria i termini diabolico e demoniaco sono intercambiabili (Declich M.,
1962).
Userò le parole Satana, Lucifero, Maligno, Belzebù, come sinonimi di Diavolo,
secondo quanto riportato dal Dizionario dei sinonimi e dei contrari (1988) di
M. Giocondi.
Sulla base della consultazione della Bibbia di Gerusalemme (1974) e della
Grande Enciclopedia (1972) dell’istituto geografico De Agostini è possibile
affermare che, la coincidenza di tali nomi, è confermata dai seguenti fatti: nel
Nuovo Testamento Satana è il Maligno, e si confonde con la figura del
Diavolo. Nella scena della tentazione di Gesù nel deserto il Vangelo di Luca
identifica il tentatore con il Diavolo, mentre Matteo e Marco lo indicano come
Satana.
L’appellativo di Lucifero fu applicato a Satana nella Bibbia dei Settanta,
traduzione in greco della Bibbia eseguita da settanta traduttori che avrebbero
fatto ognuno la propria versione all’insaputa degli altri e che alla fine
avrebbero prodotto un testo uguale in tutto, e nella Volgata, revisione di una
preesistente edizione latina della Bibbia eseguita da San Gerolamo che ebbe
carattere ufficiale per tutta la Chiesa nell’edizione sisto-clementina.
Belzebù è il nome con il quale nei Vangeli viene indicato il Diavolo.
Collin de Plancy J. A. S. (1863) propone la seguente definizione di Diavolo:
“C’est le nom général que nous donnons a toute espèce de démons. Il vient
d’un mot grec qui désigne Satan, précipité du ciel. Mais on dit le diable
lorsqu’on parle d’un esprit malin, sans le distinguer particuliérement. On dit le
diable pour nommer spécialement l’ennemi des hommes. […] Tête
surmmontée de deux cornes, et flenquée d’oreilles de bouc, corps velu, à
jambes de cheval, à pieds fourchus […] Nous nous représentons souvent le
diable comme un monstre noir: les nègres lui attribuent la couleur blanche. […]
Il n’est pas sans exemple que le diable se laisse tromper par les plus simples
artifìces […] Cet esprit de malice noire, que nous citons souvent pour avoir
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l’air de nous en jouer, est le plus perfide, le plus cruel et le plus implacable de
nos ennemis […]” (Collin de Plancy J. A. S., 1863, p. 210 – 214).
La mia traduzione del precedente brano è la seguente:
“È il nome generale che noi diamo a tutte le specie di demoni. Proviene da una
parola greca che indica Satana, precipitato dal cielo. Ma si dice il diavolo
quando si parla di uno spirito maligno, senza distinguere particolarmente.
Diciamo il diavolo per nominare specialmente il nemico dell’uomo. Testa
sormontata da due corna, fiancheggiate da orecchie di capro, corpo peloso,
gambe di cavallo, piedi biforcuti […] Noialtri rappresentiamo sovente il
diavolo come un mostro nero: i negri gli attribuiscono il colore bianco. […]
Non è senza esempi che il diavolo si lasci ingannare dai più semplici artifici
[…] Questo spirito di malignità nera, che noi citiamo sovente per avere l’aria di
scherzarci, è il più perfido, il più crudele e il più implacabile dei nostri nemici”.
Vorrei far notare che la traduzione in italiano della parola francese bouc è sia
capro sia becco, entrambe spoglie sotto le quali si può presentare Satana.
Verrò ora all’esame dell’etimologia delle parole Diavolo, Satana e Belzebù.
Per raggiungere questo obiettivo mi sono basato sul Dizionario della lingua
italiana (1995) di Zingarelli N. e sulla Grande Enciclopedia (1972) edita dalla
De Agostini.
Diavolo deriva dal latino dĭăbŏlus, che significa spirito maligno, mentitore e
calunniatore; dal greco diábolus, che letteralmente significa il calunniatore,
mentre il verbo diăbállein significa gettare (bállein) attraverso (diă).
Satana deriva dal latino sătăn, dal greco satân, dall’ebraico śāţān che
letteralmente significa nemico, avversario, colui che contrasta. Nel Libro di
Giobbe, contenuto nel Vecchio Testamento, è ancora usata la forma con
l’articolo, ha-satan, che significa “il nemico”, “l’oppositore ”.
Originariamente, Satana è presente alla corte di Dio, è l’avversario degli
uomini, ma non di Dio.
Belzebù deriva dal latino Beelzebŭb, che indica il principe degli spiriti maligni,
e dal greco Beelzeboúb. La parola ebraica Ba’ al zevuv è di origine incerta, ma
viene per lo più tradotta come “dio delle mosche” o “dio mosca”; è anche
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considerato il dio della città di Zebub. La radice semitica zvl è collegata alle
parole “letame” e “immondo”.
1.1. I nomi del Diavolo
Secondo Institor H. e Sprenger J. (1486 – 1487) e Guaccio F. M. (1608) molti
sono i nomi del Diavolo. Oltre ai più conosciuti Satana, Belzebù, Lucifero e
Maligno, ve ne sono molti altri.
Il Compendium Maleficarum di Guaccio F. M. (1608), riporta un’ampia lista di
nomi del Diavolo:
“I demoni sono dagli ebrei chiamati Malachim e Raaim, ossia angeli cattivi;
Rashe o Galyoth, cioè principi della schiavitù; Satainim e Elilim, vale a dire vane
e vuote immagini; Sedim o demoni traviatori dell’anima, spiriti maligni che
incutono terrore. I Latini li chiamano Mani, Lari, Geni, Spettri, Lemuri. Oltre ad
essi, al diavolo vengono anche dati i nomi di Ecate, protettrice dei trivi e dei
quadrivi, tripla faccia, zampa destra di cavallo e sinistra di cane, mezza
femmina.[…] Il diavolo è pure detto Plutone, per aver portato la morte nel
mondo. E così pure Caronte, che vuol dire ‘iracondo’. È chiamato anche
Cerbero, cioè cane terrestre (secondo la definizione di Zaroastro), e poi Alastore
[…]. Altri ancora vengono chiamati Satiri, con a capo Fauno […]. Psello lo
denomina piè d’asino, altri talpa o pipistrello, in quanto odia la luce; i poeti, piè
di capra. Fra questi spiriti delle tenebre, nemici della luce, c’è il capo dei demoni
Succubi, noto agli ebrei col nome di Lilith: è un’apparizione notturna, dato che
essi nuocciono all’uomo solo di notte. […]. È identificato anche con la Sfinge
[…]. Con le Sirene, che Teodoreto giudica esseri demoniaci, incitanti alla
voluttà, e con le Erinni o Eumenedi, furie infernali per i poeti, dai Latini dette
Pene. Così pure con le Ninfe […] Tutte quante, è certo, sono immagini
diaboliche […]. Il diavolo è però anche identificato con le Lamie […]” (Guaccio
F. M., 1608, p. 24 – 27).
Alcune precisazioni riportate da Tamburini L. (1992), curatore dell’opera di
Guaccio F. M. (1608), possono essere utili ai fini del mio discorso.
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Tamburini L. (1992) afferma che i Romani credevano che le anime, mutate in
spiriti dopo la morte, continuassero a influenzare i viventi: talune come spiriti
buoni (Lares), altre come spiriti cattivi (Larvae, Lemures). Non potendo
determinare con esattezza a quale categoria appartenessero quelle dei propri
parenti scomparse, le chiamarono Manes. Il Genius è lo spirito buono che si
credeva venisse al mondo con ogni uomo e morisse con lui. Raffigurato come
bambino nudo e alato divenne l’angelo custode dei cristiani. Questo angelo, tra
le tante funzioni, ha anche quella di proteggere ogni uomo dal Diavolo.
L’Autore continua affermando che era credenza comune che Ecate arricchisse i
propri adoratori e li favorisse nelle imprese. Questo comportamento coincide
con ciò che il Diavolo, secondo Di Nola A. M. (1987), promette ai propri
adoratori.
Secondo Tamburini L. (1992), Alastore era considerato uno dei cavalli di
Plutone, anche se, nelle leggende elleniche, è il nome di un genio vendicatore.
Jung C. G. (1912) osserva che, nella mitologia persiana, il Diavolo è la
cavalcatura di Dio.
H. Institor e J. Sprenger (1486 – 1487) affermano che è uso comune chiamare
Diavolo qualsiasi essere immondo. Egli è chiamato anche Belial che
s’interpreta come senza giogo o senza padrone, perché lotta con tutte le forze
contro Dio, al quale dovrebbe essere sottomesso.
Gli Autori proseguono dicendo che il Diavolo è chiamato anche Behemot, cioè
bestia, perché rende gli uomini bestiali.
Tuttavia, lo stesso Diavolo, principe della fornicazione, è chiamato Asmodeo.
Allo stesso modo il Diavolo superbo è detto Leviathan, mentre quello legato
alla ricchezza è detto Mammona.
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1.2. Le origini della concezione del male nella religione Cattolica
Il Nuovo Testamento pone le basi delle credenze diaboliche che dal Medioevo
si sono trasmesse fino ai giorni nostri. In questo testo, secondo Di Nola A. M.
(1987), si delinea un’immagine del Diavolo influenzata non solo dalla
tradizione biblica precedente, ma anche dalla tradizione iranica, gnostica e
manichea.
Secondo Di Nola A. M. (1987), alla tradizione del mondo iranico antico
appartiene quella visione oppositoria–dualistica del cosmo e della storia,
propria della demonologia cristiana.
Secondo la filosofia iranica antica due sono le creazioni, opposte fra loro come
“creazione buona” e “creazione cattiva”: Ahura Mazdah e Ahriman.
Quest’ultimo è il signore del male, l’eterno nemico del signore del bene e di
tutti gli uomini pii che, però, uniti nella lotta, lo sconfiggeranno.
Ahriman, gemello di Ahura, è deforme, nero e fetido, figlio del dubbio di suo
padre, Zurvan, che aspettava la nascita di un solo figlio.
Ahriman dimora nel profondo delle tenebre assetato di sangue; le sue creazioni
sono opposte a quelle del dio buono: egli ha creato le tenebre terrestri, il fuoco
nero, gli animali velenosi, la libidine e la menzogna.
Al contrario Ahura dimora nella luce increata, ricoperto di onniscienza e bontà.
A. M. Di Nola (1987) continua affermando che, la concezione di Satana come
signore del mondo e degli uomini, è di probabile derivazione gnostica.
I sistemi gnostici esprimono una sostanziale insofferenza per il mondo attuale,
concepito come dominato dal male ed intrinsecamente malvagio.
L’emanazione del male è attribuita al Demiurgo, essere demoniaco nemico
della perfezione originaria, che agisce nell’ignoranza e che tenta di sostituirsi al
Dio buono per inficiarne l’opera.
L’Autore ritiene tipica del Mandeismo, attivo in Mesopotamia tra il II ed il IV
secolo d. C., l’idea della divisione e del conflitto fra due mondi o due terre: il
Mondo dell’Alto e il Mondo del Basso. Il Mondo della Luce, è dotato di
sostanzialità spirituale, paragonabile ad acqua bianca e brillante, inseparabile
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dalla Vita, identificabile con la Gloria e lo Splendore, ed è presente, in diverso
grado, negli esseri celesti e nell’anima. Esso caratterizza l’Inviato–Salvatore.
Opposte alla Luce sono le Tenebre, materia spessa e acqua nera, posta nel
Luogo Inferiore e sede delle forze demoniache.
Ma è il Manicheismo, secondo l’Autore, ad influenzare maggiormente in senso
dualistico la religione cattolica.
Il Manicheismo, fondato dal profeta iranico Mani, divide nettamente il mondo
in senso dualista. Questa visione del mondo ammette la presenza di due
Principi, coesistenti ed opposti: Dio (benefico) e Materia (malefica).
In questo senso, vorrei far notare che alcuni Autori da me esaminati (Institor
H., Sprenger J., 1486 – 1487; Guaccio F. M., 1608; Jones E., 1912; Freud S.,
1922; Di Nola A. M., 1987) dipingono l’immagine di un Diavolo intimamente
legato alla materia, alla fisicità, al corpo ed ai bisogni che da esso scaturiscono.
Di Nola A. M. (1987) spiega che nel Manicheismo i Principi, eterni ed increati,
possono essere anche chiamati Luce e Tenebre, Bene e Male, Verità e
Menzogna.
Il Bene è essenzialmente composto dalla Luce, non ha limiti a nord, a est e a
ovest. A sud si incontra con l’Oscurità, propria del Regno delle Tenebre e della
Materia.
L’equilibrio tra i due Regni è posto in crisi nel momento in cui gli abitanti delle
Tenebre ai confini con la Luce desiderano partecipare alla sua beatitudine. Da
questo momento nasce la lotta tra Bene e Male.
L’Autore afferma che il concetto gnostico del demiurgo creatore del mondo è
sviluppato dai Manichei fino a divenire un vero e proprio sistema. In questo
senso, tutto ciò che appartiene al mondo come la natura, gli animali e i
desideri, è creazione del Diavolo.
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1.3. La nascita del Diavolo
Secondo Di Nola A. M. (1980, 1987), la tradizione cattolica essenzialmente
considera il Diavolo un essere creato da Dio perfetto e saggio, caduto dal cielo
a causa della gelosia e dell’invidia provata nei confronti del Padre, e per questo
diventato malvagio. La caduta di Satana non è stata immediatamente
successiva alla sua creazione, perché in questo caso Dio sarebbe stato
malvagio.
A. M. Di Nola (1980) definisce il Diavolo:
“ […] Immagine proiettata in raffigurazioni visibili e corpose della
conflittualità fra uomo e realtà storica.” (Di Nola A. M., 1980, p. 8).
Secondo l’Autore (1980), in determinate circostanze storiche e/o soggettive,
l’uomo può avvertire di essere circondato da una negatività pregnante, la quale
gli impedisce il completo sviluppo della sua esistenza. In questo disagio
l’uomo può piegare gli eventi conflittuali alla ragione, oppure estraniarli,
figurarli in rapporto alla negatività, personificarli in immagini proiettate
(Diavolo) che possano fornire una ragione del male del mondo.
Quindi, due sono le soluzioni adottate dall’uomo dinanzi al male ed alla
sofferenza: contenerli, attraverso un processo di razionalizzazione, oppure
proiettarli all’esterno.
L’interpretazione psicoanalitica di scuola freudiana (Jones E., 1912; Rank O.,
1914; Freud S., 1922) fondamentalmente considera il Diavolo un
rappresentante del padre. I sentimenti negativi di collera e di odio che il
bambino prova nei confronti del padre, sono proiettati su di una figura esterna,
Satana, così come gli aspetti buoni e compassionevoli del padre vanno a
formare l’immagine di Dio. Il Diavolo è il contenitore delle pulsioni rimosse e
non accettate dalla coscienza. La sua genesi, al pari di quella di Dio, è
rintracciabile nel complesso di Edipo.
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Secondo la Psicologia analitica di C. G. Jung il Diavolo risiede nell’inconscio
(1912), è il rappresentante delle parti cattive dell’uomo, psicologicamente
corrisponde all’Ombra (1948, 1953). Satana è l’altro lato dell’archetipo del Sé,
l’altro volto di Dio, il principium individuatonis (1951). Non è possibile
eludere l’incontro con il Diavolo, così facendo l’esperienza risulterebbe
mutilata perché unilaterale. È necessario accettare e affrontare il Diavolo, così
come in analisi è necessario accettare e affrontare l’Ombra, se si vuole
proseguire lungo il difficile cammino verso l’individuazione.
1.4. Gli attributi del Diavolo
Diversi sono i tratti distintivi del Diavolo individuati da Autori quali Guaccio
F. M. (1608), Institor H. e Sprenger J. (1486 – 1487), Di Nola A. M. (1980;
1987), ma tutti hanno connotazione negativa: il Diavolo è deforme, malvagio,
astuto, bugiardo, libidinoso, orgoglioso, invidioso, geloso, superbo, mostruoso.
Torre E. e Ancona M. (1988), a proposito del Diavolo, scrivono:
“Attiene al diabolico la multiformità, l’oscurità, l’insinuante sinuosità,
contrapposta alla rassicurante chiarezza della lineare razionalità. Ad opera del
diavolo il mondo si trasforma: non più vie maestre, ma labirintici dedali.
Il mondo diabolico è il mondo dell’illusione, dell’impossibile, del non
concreto, dell’immateriale. Aspetto questo ancor più paradossale se pensiamo
che proprio dalle profondità della materia il diavolo trae la sua inesauribile
energia. Così ecco il diavolo come l’incarnazione del male, il tentatore, il
grande nemico da cui difendersi. Colui che seducendo l’uomo lo trascina nel
peccato, lo allontana dalla vita. Il diavolo alla continua ricerca di anime da
possedere.
Ma anche il diavolo grande trasformatore, grazie alla cui opera è consentito
all’uomo fare una più profonda esperienza di sé, e del divino”.
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La Grande Enciclopedia (1972) della De Agostini afferma che, nella lingua
italiana, la parola “diavolo” è usata in paragoni e similitudini come secondo
termine iperbolico, per sottolineare quelle particolari caratteristiche delle
persone che sono anche attributi del Diavolo: così si dice essere brutto, astuto,
malvagio, come il Diavolo.
L’espressione saperne una più del Diavolo, invece, indica una persona di
grande e perfida astuzia. Diavolo si usa anche per indicare persone molto
agitate: avere un Diavolo per capello, fare il Diavolo a quattro. Buon Diavolo
e povero Diavolo sono espressioni che indicano una persona sprovveduta,
ingenua, che spesso suscita nell’osservatore sentimenti di pietà e compassione.
Il termine è utilizzato anche con connotazioni negative ed offensive: mandare
al Diavolo, che il Diavolo ti porti.
Espressioni come il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi e la farina del
Diavolo va tutta in crusca sottolineano il carattere temporaneo e fallace delle
malefatte del Diavolo, che vengono sempre scoperte o che non danno frutti.
Il Diavolo è anche colui che si intromette nelle faccende degli uomini: così si
dice il Diavolo ci ha messo lo zampino, la coda, le corna, per indicare
l’avvento di qualche contrarietà o imprevisto.
Dall’esame delle opere di alcuni Autori, tra cui Guaccio F. M. (1608), Di Nola
A. M. (1987), emerge che il Diavolo compie sempre azioni negative e
malvagie, tendenti a nuocere ed ingannare Dio ed i suoi fedeli servitori. È il
padre della menzogna, il bugiardo, l’ingannatore per antonomasia: nulla di ciò
che dice può essere considerato veritiero.
A questo proposito Guaccio F. M. (1608) scrive:
“I patti col diavolo sono privi per lo più d’effetto, in quanto egli non
mantiene mai ciò che promette, né si ritiene vincolato da alcun impegno. Non
si peritò infatti di mentire a Cristo stesso, quando gli disse ‘Ti darò tutto, se
prostrato mi adorerai’. Al mago Cipriano promise che Giustina sarebbe stata
sua, ma non tenne fede alla parola data: è infatti somma follia attendersi la
verità dal padre della menzogna; si legga Origene” (Guaccio F. M., 1608, p.
62).
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Le diverse interpretazioni della ribellione e della caduta dal Regno dei Cieli di
Satana (La Bibbia di Gerusalemme, 1974; Pagels E., 1995), mettono in luce
alcune caratteristiche peculiari di questo personaggio: il Diavolo è un essere
orgoglioso e superbo, ha osato paragonarsi a Dio e vorrebbe occuparne il
posto; è invidioso e geloso del Padre.
Secondo Pagels E. (1995), storica esperta delle origini del cristianesimo, una
delle interpretazioni più comuni, e basata sulle parole del profeta Isaia,
considera la caduta di Satana dal cielo conseguenza dell’orgoglio e della
presunzione che lo portarono a desiderare l’ascesa in cielo fino alle “stelle di
Dio”, per sostituirsi al Padre.
Il Profeta Isaia (14,20) né La morte del re di Babilonia scrive:
“[…] Come mai sei caduto dal cielo, \ Lucifero, figlio dell’aurora? \ Come
mai sei stato steso a terra, \ signore dei popoli? \ Eppure tu pensavi: \ Salirò
in cielo, \ sulle stelle di Dio \ innalzerò il trono, \ dimorerò sul monte
dell’assemblea, \ nelle parti più remote del settentrione. \ Salirò sulle regioni
superiori delle nubi, \ mi farò uguale all’Altissimo. \ E invece sei stato
precipitato negli inferi, \ nelle profondità dell’abisso! […]” (Isaia, 14, 20).
Nel Libro di Ezechiele troviamo un Lucifero creato perfetto, pieno di sapienza
e di bellezza, cacciato dai cieli perché corrotto nella saggezza, ed inorgoglito
nella bellezza.
“Tu eri un modello di perfezione \ pieno di sapienza, \ perfetto in bellezza;
[…] \ Perfetto tu eri nella tua condotta, \ da quando sei stato creato, \ finché
fu trovata in te l’iniquità. \ Crescendo i tuoi commerci \ ti sei riempito di
violenza e di peccati; \ io ti ho scacciato dal monte di Dio \ e ti ho fatto perire,
cherubino protettore, \ in mezzo alle pietre di fuoco. \ Il tuo cuore si era
inorgoglito per la tua bellezza, \ la tua saggezza si era corrotta \ a causa del
tuo splendore: \ ti ho gettato a terra \ e ti ho posto davanti ai re che ti vedano
[…]” (Ezechiele, 28, 14).
Pagels E. (1995) riporta altre interpretazioni basate su storie apocrife e
pseudoepigrafiche, che individuano nella concupiscenza la causa della caduta
degli angeli.
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L’Autrice cita un brano tratto dalla Genesi, nel quale si narra che quando gli
uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra, i figli di Dio videro che le
figlie degli uomini erano belle, così alcuni angeli, violando i limiti che Dio
aveva posto tra cielo e terra, si unirono alle donne umane e generarono figli
metà uomini e metà angeli: i giganti.
Secondo Pagels E. (1995), una versione apocrifa della vita di Adamo ed Eva
racconta che Dio, dopo aver creato Adamo, chiamò i suoi figli ad ammirare la
sua opera. Dio ordinò agli angeli di prostrarsi dinanzi al loro fratello umano:
l’Arcangelo Michele obbedì, mentre Satana si rifiutò di adorare un essere che
riteneva inferiore. Ancora una volta sono la superbia e la presunzione a far
cadere Satana.
Ci sono molte altre interpretazioni della caduta degli angeli dal Regno dei
Cieli, per la maggioranza orientante a sottolineare il carattere libidinoso,
superbo o orgoglioso di quest’ultima.
Tra le altre, desidero ricordarne ancora una, riportata da Pagels E. (1995).
Nel Libro di Enoch, contenuto nel Libro dei Vigilanti, si racconta che gli angeli
vigilanti, posti da Dio a sorvegliare l’universo, e guidati da Semeyaza (nome
con il quale gli esseni, setta alla quale si pensa appartenesse Gesù, chiamavano
le forze del male), siano caduti dal cielo dopo essersi uniti alle donne umane.
Da tale unione nacque la razza dei giganti.
1.4.1. Aspetti buffoneschi del Diavolo
Secondo Zanone Poma E. (1988), il Diavolo non ha soltanto aspetti negativi,
ma anche un aspetto buffonesco: da un lato è oggetto di scherno e di inganni e
viene spesso ridicolizzato. Quest’ultimo aspetto è probabilmente un modo per
esorcizzare la paura ed il sentimento perturbante che il Diavolo suscita.
Dall’altro lato:
“[…] Egli stesso tende inganni ed è quindi soggetto attivo di scherzi e tranelli
tesi ai santi, a uomini e donne pie, e persino a Gesù Cristo. Ma c’è un terzo