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Televisioni e giornali del resto, sembrano trattare queste "gesta"
estreme come appuntamenti ineludibili, come segni non detti, poiché
indicibili, di componenti rimosse della nostra identità, che si pongono
come forti contrappunti di una società che si rivela sempre più
paradossale, diretta ciecamente verso un incredibile progresso, ma
inevitabilmente involuta.
Di fronte a tali scoppi di violenta irrazionalità, nasce allora la
paura dell'instabilità, della follia latente che all'improvviso si manifesta
rischiando di far crollare ogni volta la fragile sicurezza delle "mura"
sociali.
E' a questo punto che l'informazione, quella che viene dall'alto, si
sente incaricata di sostenere l'infinito bisogno di consolazione, di
rispondere alle domande che cercano sicurezza e salvare la coscienza di
tutti. E quando un ragazzo uccide senza motivo, scattano gli alibi, quelli
di un Dna patologico ad esempio, quelli della droga che seguono
sempre una grave perdita di quelli che vengono chiamati valori, o
magari ancora l'alibi di un raptus improvviso, di un'istantanea follia.
Tutte queste cause sottendono però in realtà una misera auto-
assoluzione di massa che assolve tutti cercando di trovare una sola e
unica risposta, il capro espiatorio, per quegli atti inumani: il condannato
è allora uno solo, Erika, Maso, le ragazze di Foggia, mentre il resto, la
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famiglia, la scuola e gli altri contesti "vitali" sono spesso
tranquillamente assolti.
La trattazione che segue, relativa nello specifico al recente
massacro di Novi Ligure, è costruita seguendo un taglio più sociologico
che psicologico, nonostante entrambi questi campi di analisi siano
fondamentali, insieme, per una comprensione più totale.
Di fronte all'"eccezione alla regola", all'eccesso dell'azione,
riemergono inevitabilmente a livello socio-collettivo delle tematiche
"storiche", le paure ancestrali che segnano indelebilmente, in modi e
gradi diversi, tutte le società umane e che oggi più che mai, nell'era del
progresso, della civilizzazione, insomma del fatidico Duemila, non
riescono a trovare una collocazione plausibile.. Emergono allora
domande che vogliono un chiarimento, che chiedono come sia mai
possibile che una comunità possa far crescere al suo interno, giorno
dopo giorno, persone così fredde, spietate, determinate, lucide e
anaffettive, senza che nessuno abbia la sensibilità di accorgersi cosa sta
accadendo nella loro anima.
Il primo capitolo del presente lavoro, è dedicato proprio al modo
in cui l'informazione ha affrontato e reso pubblico il delicato caso di
Novi Ligure. L'attenzione si ferma perciò sulle parole e le strategie
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comunicative dei giornali e l'importanza che la funzione di questo tipo
di discorsi ha sui fatti stessi: le proporzioni dell'evento vengono
ingrandite, si portano alla luce anche i "granelli" più minuscoli della
vicenda, qualora questi siano funzionali al messaggio informativo.
In altre parole, il quotidiano si apre alla narrazione, di modo che
sulle azioni di Erika De Nardo, viene costruita una storia appassionante
che può essere letta come un racconto ad episodi o anche come la trama
di un film.
Per operare una simile "trasformazione" però, come viene detto,
è necessario da un lato, introdurre nella narrazione elementi,
personaggi, nomi, testi, dialoghi che sottolineino l'importanza sociale
del fatto, dall'altro, occorre che tutti questi avvenimenti, malgrado la
loro frequenza e la loro monotonia, appaiano sempre il più possibile
singolari, curiosi e straordinari.
Nel secondo capitolo, che riguarda più da vicino il campo della
sociologia della cultura, vengono invece analizzati gli argomenti
salienti che emergono dalla trattazione di un evento così deviante e
destabilizzante.
Partendo perciò dalla scelta interpretativa fatta dai giornali per
far conoscere e rendere pubblico il corpo di Erika e la sua personalità,
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per farne gli elementi preliminari al suo gesto, si continua ricercando le
tematiche principali, quelle che più di altre sembrano aver richiamato
l'attenzione collettiva e di cui i giornali si sono serviti per riempire i
numerosi articoli redatti.
Si parla allora della paura dello straniero, che perdura tutt'oggi
nonostante i secolari studi che a proposito si sono fatti, evidenziando
come esso, in quanto figura esterna diventi vittima della scarica sociale
collettiva, mentre come presenza interna possa far vacillare la stabilità
delle identità.
E' sempre comunque intorno alla figura della figlia omicida che
si dipana la maggior parte delle argomentazioni considerate così come
quella fondamentale dello sviamento provocato dal fenomeno
dell'eccesso, di quei comportamenti non ben inquadrabili né tanto meno
prevedibili.
Il terzo capitolo infine, seguendo un percorso che potremmo
definire induttivo, dal particolare evento di Novi Ligure, affronta
invece un campo di indagine più allargato e generale: il confronto tra la
mitica figura della strega e quella appunto di Erika.
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La comparazione verte essenzialmente sulla similarità
identificativa che entrambe, ognuna naturalmente nel proprio contesto
di riferimento, hanno suscitato nella rappresentazione collettiva.
Tralasciando puntualizzazioni di carattere geografico, fisico o di
condizione sociale, questo scritto si interessa specificatamente
all'analisi della costruzione sociale che della strega e poi di Erika è stata
fatta, quali siano state cioè, le azioni, le attribuzioni e non meno le
passioni che hanno suscitato, e continuano a farlo, agli occhi della
collettività giudicante.
In base a ciò si è trovato un nesso tra la rappresentazione
collettiva che si ebbe della strega e quella relativa a Erika, sulla base
naturalmente, delle percezioni che le "autorità" esterne (l'inquisizione
da un lato e i giornali dall'altro) hanno evidenziato.
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CAPITOLO I
L'omicidio di Novi Ligure:
una lettura analitica del fatto di cronaca
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1.1 L'evento
Il fatto di cronaca che viene qui preso in considerazione, è avvenuto
esattamente il ventuno febbraio di questo anno, in un paesino della
provincia di Alessandria, Novi Ligure.
Al di fuori della logica giornalistica di narrazione e a qualche mese
di distanza, è possibile fare una ricostruzione dell'accaduto, in modo
sintetico e lineare, tenendo però presente, che molti aspetti erano e sono
tutt'ora oscuri, almeno alla conoscenza dei fruitori-lettori.
Questo il contesto spaziale: la famiglia De Nardo vive nel quartiere
Lodolino, un quartiere tranquillo, periferico e residenziale di Novi
Ligure, in una villetta costruita su due piani. I componenti del nucleo
familiare sono i genitori, una figlia di sedici anni e uno di dodici.
Il padre, Francesco De Nardo, laureato in ingegneria chimica, è
direttore dello stabilimento della Pernigotti mentre la moglie, Susy
Cassini è casalinga e molto dedita alle attività della sua parrocchia.
Questo è, a grandi linee, l'ambiente domestico in cui avviene
l'omicidio, o meglio il "massacro" come sarà definito più o meno
all'unanimità dalle testate giornalistiche.
Il ventuno febbraio è un mercoledì. La madre e il figlio più piccolo,
Gianluca, rientrano a casa poco prima dell'ora di cena; al piano
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superiore, nella sua camera, c'è la figlia Erika (non è chiaro se fosse
sola o in compagnia del suo fidanzato Mauro). Il padre è da poco uscito
per andare a giocare l'abituale partita di calcetto con gli amici.
Dopo pochi minuti, madre e figlio vengono uccisi con centodue
coltellate complessive, inferte, come sarà scoperto solo in un secondo
tempo, dalla figli-sorella Erika e dal fidanzato Mauro Favaro di
diciassette anni. Il ruolo effettivo di quest'ultimo e le sue vere
responsabilità, in realtà, non sono ancora state accertate.
E' la stessa Erika che alla fine, esce in strada in pigiama e a piedi
nudi, apparentemente sconvolta, per chiedere aiuto ai vicini o a qualche
passante, raccontando l'accaduto, naturalmente ben modificato, a loro e
in seguito alla polizia.
Nei giorni successivi, esattamente il ventidue e il ventitre del mese,
sulla base della testimonianza di Erika, l'unica superstite, i giornali,
tutti, danno la notizia che ad uccidere siano stati due albanesi: uno alto,
grosso, sulla cinquantina, barba e capelli bianchi, l'altro più giovane.
Il giorno successivo in base a numerose incongruenze del racconto
della ragazza rispetto al rilevamento degli indizi avvenuto nella
"villetta", Erika prima, e in seguito anche Mauro, vengono accusati
dell'omicidio.
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Da qui in poi, la frequenza della presenza della notizia sui giornali
sarà quotidiana fino alla fine del mese di Marzo, quando invece
comparirà solo più raramente a titolo di aggiornamento: in poche
parole, il caso non si è ancora completamente concluso.
Com'è ovvio, l' "azione cruciale" che si è svolta in un arco di tempo
relativamente breve, si immerge in un contesto ben più ampio che
occupa un prima e un dopo spazio-temporali, che permetterebbero (se
si conoscessero totalmente) di inquadrare l'evento in una certa logica
d'azione (intendendo per logica una sequenzialità più che una
razionalità).
Per quanto riguarda il dopo, come vedremo, è stato
abbondantemente analizzato e descritto dai giornali; i fatti che
precedono l'omicidio, invece, sono molto più vaghi perché si basano
quasi totalmente sulla testimonianza (o sulla non-testimonianza) dei
due giovani.
Erika e Mauro, detto Omar, passano tutto il pomeriggio del
mercoledì insieme. Verso le sette di sera, Omar accompagna la ragazza
a casa con il motorino: da questo punto in poi la dinamica dei fatti
prende in realtà due strade opposte, come opposte del resto, sono le
dichiarazioni che i due ragazzi faranno alla polizia.
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La violenza dell'omicidio e il forte legame di parentela che unisce
vittime e assassini, rappresentano sicuramente gli elementi più
estranianti di questo fatto, quelli che ne incrementano la drammaticità e
si potrebbe dire anche, la notiziabilità: inoltre, la "pregnanza"
giornalistica di un tale evento, oltre che per la sua enormità, dipende
anche dal fatto che le certezze sono nel complesso molto poche. La
situazione di incertezza che si viene così a creare, a causa della
compresenza di razionale e irrazionale, di intelligibile e insondabile è,
secondo Barthes
1
, proprio ciò su cui si basa la narrazione giornalistica
in quanto "arte di massa".
In altre parole, un evento sociale assume valore di notiziabilità nel
momento in cui esso trasforma un contesto "normale", assumendo i
caratteri dell'inaspettato e dell'imprevedibile. Da un lato quindi, si pone
un'abitudine, una legge del mondo (contesto), dall'altro si mostra come
questa abitudine, questa legge, venga trasgredita dall'evento in
questione.
1
Cfr. R. Barthes, Saggi critici, Torino, Einaudi, 1966
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1.2 Il racconto giornalistico
Questa brevissima panoramica dei fatti può essere utile come
sfondo causale per la comprensione dell'analisi dei testi giornalistici
che seguirà, di come sia stato composto di volta in volta il testo (corpo)
scritto e come esso abbia affrontato la "visualizzazione" del corpo
(testo) sociale della protagonista del racconto.
L'eco dell'enormità dell'evento si è estesa, come era ben
prevedibile, lungo l'arco temporale di circa un mese. Nonostante il caso
fosse stato risolto appena alla fine do febbraio, cioè il periodo in cui i
sospetti principali cadono pesantemente su Erika e Omar divenendo
subito dopo certezze, l'interesse ad una comprensione più completa
dell'evento è continuato.
Elementi importanti e irrisolti come, il movente dell'omicidio, la
dinamica, l'implicazione effettiva di Omar e, in particolar modo,
l'atteggiamento incredibile di Erika, hanno garantito ai giornali la
possibilità di avere elementi più che validi per continuare ad
incrementare l'interesse informativo. E' vero infatti che la centralità di
certi argomenti e il pathos che determinati temi suscitano, sono, come
vedremo, le colonne portanti per la costruzione di una notizia.
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Di fatto, la notizia di un omicidio non è nuova al discorso mass-
mediatico e, tanto meno questa, poteva sfuggire al dominio più
specificatamente giornalistico fondato sull' "aurea regola" delle quattro
"S": sangue, soldi, sesso e stranieri.
2
Inizialmente in effetti, il caso di
Novi Ligure presenta tutti questi elementi (anche se dei soldi si è
parlato in realtà in modo superficiale, come ipotesi per il movente) con
lo stesso grado di importanza, interrelati tra loro sia dalla dinamica
stessa dell'evento, sia dal comune coinvolgimento emotivo di cui sono
carichi o "caricati".
Il "corpus" di riferimento è costituito dagli articoli che riportano la
tragicità del duplice omicidio di Novi Ligure appunto, su otto
quotidiani italiani: Repubblica, Il Messaggero, L'avvenire, La Stampa,
Il Giornale, Il Resto del Carlino, Il Manifesto, Il Corriere della Sera, e
su numerosi articoli usciti su internet. Il lasso di tempo considerato, va
invece dai primi articoli usciti, perciò dal giorno ventidue febbraio, fino
agli ultimi giorni di marzo, periodo in cui l'informazione sul caso viene
data in modo molto più sporadico e sempre più a titolo di
aggiornamento.
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http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2001/un08/art510.htlm