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di maturità, e quello del ruolo che la cultura svolge nel dare impulso oppure nel
frenare un cambiamento organizzativo. Il quarto capitolo esamina il processo che
porta alla genesi dei valori, i meccanismi attraverso cui essi si diffondono e la loro
capacità di costituire dei nuclei di continuità in una fase di transizione.
Nel quinto e nel sesto capitolo vengono analizzate le possibili applicazioni
rispettivamente della cultura e dei valori organizzativi. L’analisi culturale è utile per
comprendere certi aspetti dell’azienda, infatti essa riveste un ruolo importante nei
processi di cambiamento organizzativo, nelle integrazioni, nelle fusioni, perchè è in
grado di innestare o rinforzare i meccanismi di identità aziendale e di
identificazione tra individuo e organizzazione. La cultura risulta particolarmente
utile nel guidare e controllare i comportamenti, nella gestione delle risorse umane
dell’azienda ed infine nei periodi di transizione, cambiamento e incertezza per la
sua funzione “ansiolitica”.
Uno strumento molto utile per utilizzare i valori a supporto della gestione è la Carta
dei Valori. Essa esprime l’esigenza di applicare il concetto di etica agli affari e di
dar vita ad un codice deontologico. Può essere definita come un documento di
management philosophy, in cui si individuano dei valori-guida interiorizzati dai
dipendenti e assunti come principi basilari di riferimento. Essa costituisce una
variabile strategica molto efficace tanto nella gestione del personale, dal
momento che facilita l’identificazione dei dipendenti con l’azienda, quanto in
periodi di transizione, poiché esplicita in modo chiaro e diretto le strategie e gli
obiettivi intrapresi. La Carta, per essere efficace, deve essere supportata da
capillari interventi di comunicazione che ne spieghino le finalità: il tipo di
comunicazione più adatta a supportarla è quella formativa, perché diretta a
generare condivisione, consenso e coinvolgimento intorno ai valori. Si citano poi
alcuni esempi di Carte dei Valori, dedicando particolare attenzione al caso
aziendale della ASM di Brescia, la quale ha realizzato anche una Carta dei Servizi.
Nel settimo capitolo si analizza la possibilità di utilizzare variabili gestionali
tradizionalmente interne, quali la cultura, i valori e l’identificazione dei dipendenti,
come oggetti di comunicazione esterna. Si fa riferimento a concetti quali la
definizione dei confini organizzativi e del campo simbolico dell’azienda, la
gestione dell’immagine secondo un’ottica di trasparenza, visibilità e coerenza
interna ed esterna, e infine l’identificazione, che, se percepita all’esterno, infonde
concretezza e credibilità all’azienda.
Nella seconda parte della tesi viene esaminato il caso aziendale del Gruppo Pirelli,
relativamente alla cultura e ai valori aziendali, analizzando in particolare come
queste variabili vengono utilizzate quali oggetti di comunicazione esterna.
Dopo aver fornito un quadro sulla storia, dalle origini passando attraverso la
ristrutturazione del 1992 per giungere fino ai giorni nostri, e successivamente si è
passati all’analisi del suo assetto organizzativo e dei settori produttivi in cui opera, il
Settore Cavi e il Settore Pneumatici.
Nel nono capitolo si affronta l’argomento riguardante la cultura e i valori presenti
in Pirelli, descrivendo le caratteristiche che hanno contribuito al successo del
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Gruppo, i valori maggiormente sentiti all’interno dell’azienda - e cioè il dinamismo
e l’internazionalità - e la Mission aziendale. Si è inoltre analizzato il ruolo istituzionale
che la Pirelli ha sempre avuto dalla nascita ad oggi, facendo particolare
riferimento al progetto Bicocca, che prevede la costruzione di un polo
tecnologico in un’area periferica del capoluogo lombardo.
Nel decimo capitolo si esamina l’evoluzione delle politiche di comunicazione
interna ed esterna del Gruppo: si è passati dalla differenziazione all’integrazione
delle politiche, soprattutto dopo il punto di svolta seguito alla ristrutturazione.
Nell’ultimo capitolo, l’undicesimo, si analizzano infine le modalità attraverso cui la
Pirelli ha utilizzato la cultura, i valori aziendali e l’identificazione dei propri
dipendenti come oggetti di comunicazione esterna. L’uso più evidente è quello
che se ne fa nelle campagne pubblicitarie, soprattutto nelle ultime che hanno per
protagonista l’atleta Carl Lewis, poiché si punta esplicitamente a creare una sorta
di affinità tra la sfera di valori degli interlocutori e quella dell’azienda.
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Capitolo 1°
COS’E’ LA CULTURA ORGANIZZATIVA: COME NASCE E COME SI TRASMETTE
1.1. UNA DEFINIZIONE DI CULTURA ORGANIZZATIVA
In questo capitolo iniziale si vuole offrire una definizione, la più esaustiva
possibile, di ciò che viene indicato come cultura organizzativa. Numerosi
autori si sono occupati di questo argomento e, tra questi, Edgar H.
Schein in particolare, da cui si è attinto sotto molti aspetti al fine di far
comprendere il fenomeno analizzato. La cultura organizzativa possiede
molte sfaccettature e si manifesta in diversi modi. Essa trae origine e si
rafforza come strumento per risolvere situazioni critiche derivanti
dall’ambiente esterno o interno all’organizzazione. In quanto patrimonio
comune a tutta l’organizzazione, essa viene appresa e trasmessa ai
nuovi membri mediante numerosi meccanismi.
L’espressione “cultura organizzativa” si rifà all’espediente linguistico della
giustapposizione, consistente nell’accostamento di due termini allo
scopo di creare un’idea che nessuno dei due sarebbe in grado di
esprimere senza l’ausilio dell’altro. I concetti di cultura e di
organizzazione sono infatti legati da un filo ben saldo, poiché la cultura
costituisce un’importante variabile nello studio delle organizzazioni (Van
Maanen e Barley, 1985).
Procedere in una definizione di cultura organizzativa non è impresa
semplice, poiché essa può essere considerata da numerosi punti di vista
, i quali forniscono altrettante interpretazioni.
Qui di seguito sono elencate alcune delle possibili definizioni di cultura
organizzativa (Schein, 1990, p. 33):
ξ “Comportamenti usati regolarmente quando le persone
interagiscono, come ad esempio il linguaggio utilizzato ed i rituali
comportamentali (Goffmann, 1959, 1967; Van Maanen 1979)
ξ Le norme che si sviluppano nei gruppi di lavoro (Schein, 1990)
ξ I valori dominanti di un’organizzazione, quali ‘product quality’ o ‘price
leadership’ (Deal e Kennedy, 1982)
ξ Le regole del gioco per rimanere all’interno di un’organizzazione, i
‘trucchi’ che un nuovo arrivato deve apprendere per essere
accettato quale nuovo membro (Shein, 1968, 1978; VanMaanen,
1976,1979; Ritti e Funkhauser, 1982)
ξ La filosofia che guida la politica aziendale nei confronti dei
dipendenti e/o clienti (Ouchi, 1981; Pascale e Athos, 1981)
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ξ La sensazione o atmosfera che l’organizzazione comunica attraverso
l’aspetto e le modalità d’interazione tra i membri dell’organizzazione e
i clienti o altri esterni (Tagiuri e Litwin, 1968)”.
Tutte queste definizioni, ed altre ancora, rispecchiano la cultura
dell’azienda, dell’organizzazione, ma nessuna corrisponde a ciò che
può essere definito come l’essenza della cultura. Essa va a toccare il
livello più profondo, quello degli assunti di base e delle convinzioni
condivise, che costituiscono per i membri del gruppo le risposte apprese
per sopravvivere nell’ambiente esterno e per superare i problemi di
integrazione interna.
Schein (1990, p. 35) ha elaborato una definizione di cultura
organizzativa:
“Per cultura si intende un insieme di assunti di base - inventati, scoperti o
sviluppati da un gruppo determinato quando impara ad affrontare i
propri problemi di adattamento con il mondo esterno e di integrazione
al suo interno - che si è rivelato così funzionale da essere considerato
valido e, quindi, da essere indicato a quanti entrano nell’organizzazione
come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei
problemi”.
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1.2. I LIVELLI DI CULTURA
Schein (1990) distingue tre fondamentali livelli di cultura: gli artefatti, i
valori e gli assunti di base. Gli assunti sono dati talmente per scontati da
non risultare più riconoscibili consapevolmente - sono considerati la vera
essenza della cultura - mentre gli altri sono ritenuti sue manifestazioni.
Al primo e più elevato livello vi sono gli assunti di base. Essi sono dati
talmente per scontati da non essere in alcun modo opinabili, poiché,
qualora godano di grande considerazione in un gruppo, per i membri
del gruppo stesso sarebbe inconcepibile agire in base ad altri
presupposti. Gli assunti infatti, per definizione, non si prestano al
paragone, né alla discussione.
Al secondo livello vi sono i valori. Ogni messaggio culturale rispecchia i
valori individuali di qualcuno. Quando un gruppo affronta una nuova
incombenza, la prima soluzione proposta può solo avere lo status di
valore, poiché non si è ancora costituita una base comune per porsi di
fronte alla realtà effettiva. Se la soluzione ha successo, il valore comincia
gradualmente il processo di trasformazione cognitiva in una convinzione
ed in ultima istanza in un assunto. Quando i valori vengono dati per
scontati, diventano parte di quell’insieme di idee cui si fa riferimento
inconsciamente. Non tutti però subiscono questa trasformazione: solo
quei valori passibili di approvazione sociale ed efficaci nel risolvere
problemi si trasformeranno in assunti.
Al terzo livello vi sono gli artefatti. Questo livello, il più visibile, è costituito
dalle creazioni e dagli artefatti forniti dalla cultura: si possono citare le
storie, i rituali, le saghe, in quanto gli artefatti vanno a costruire gran
parte dell’universo simbolico dell’organizzazione. Gli artefatti non sono di
difficile individuazione, in quanto piuttosto evidenti, tuttavia può risultare
complicato decifrare il loro significato, il modo in cui si collegano tra loro,
quali modelli più profondi riflettono.
Secondo Martin e Siehl (1983) a questi tre livelli se ne può aggiungere un
quarto, identificato nelle pratiche manageriali. Esse comprendono
mansioni direttive tradizionali quali l’assunzione, la formazione, la
valutazione delle prestazioni, l’attribuzione di premi. E’ anche possibile
che le pratiche manageriali includano artefatti: “per esempio, un
programma di addestramento può essere considerato un’occasione per
raccontare storie organizzative e può concludersi con una cerimonia”
(Martin e Siehl, 1983, p. 180).
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1.3. L’ORIGINE DELLA CULTURA
La cultura può essere definita come il risultato dell’apprendimento del
gruppo. Quando un dato numero di individui affronta
contemporaneamente il medesimo problema e deve elaborare allo
stesso tempo una soluzione, ci troviamo nel contesto di base per la
formazione della cultura (Schein, 1990).
Questo procedimento di base esige una definizione condivisa del
problema ed un riconoscimento anch’esso condiviso che ciò che è
stato inventato ha successo e continua ad averlo. L’incapacità iniziale
di condividere non implica un apprendimento culturale ed una
comprensione a priori, ma la nuova esperienza condivisa dà l’avvio per
la creazione della nuova cultura, che diviene poi peculiarità di quel
determinato gruppo di persone (Schein, 1990).
Per comprendere realmente una cultura e interpretare i valori del
gruppo ed il suo comportamento manifesto è d’obbligo riferirsi agli
assunti impliciti, che sono tipicamente inconsci, ma che effettivamente
determinano il modo in cui i componenti del gruppo percepiscono,
pensano e sentono. Gli assunti dati per scontati sono così potenti perché
sono meno discutibili e confrontabili rispetto ai valori dichiaratamente
accettati.
Il bisogno umano di ordine e coerenza induce ad ordinare gli assunti
all’interno di quelli che possono essere definiti “paradigmi culturali”. Essi
legano insieme gli assunti di base riguardanti il genere umano, la natura
e le azioni. Un paradigma culturale è un insieme di assunti correlati che
formano un modello coerente. Se vogliamo definire un’unità culturale,
dobbiamo poter localizzare un gruppo che viene definito
indipendentemente come creatore, ospite o possessore di quella cultura
(Schein, 1984).
Un altro contributo è offerto da Cartoccio e Varchetta (1985, p. 46), i
quali hanno analizzato il processo che porta alla genesi delle culture
organizzative strutturandolo nel modo seguente:
ξ “alla base di ogni sviluppo organizzativo c’è un avvio di attività con
esperienze che portano a confrontare tentativi e risultati
(prova/errore)
ξ a fronte di esperienze positive si consolida una credenza relativa ad
un rapporto determinato tra una causa ed un effetto
ξ la reiterazione con risultati positivi del fenomeno sopra descritto
consolida la credenza fino a pervenire alla creazione di un valore,
cioè di una relazione causa/effetto che esce dalla dimensione
realistica per assumere una dimensione simbolica, cioè di ‘causa’
incorporata in una norma positiva (cioè il ‘bene’ per noi e per
l’organizzazione) per cui ci si batte e ci si affanna”.
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1.4. IL CONTRIBUTO DEI FONDATORI
Le organizzazioni non nascono casualmente né spontaneamente. Esse
vengono create perché uno o più individui percepiscono che un’azione
coordinata e concentrata di un certo numero di individui può far
pervenire a qualcosa a cui l’azione di un singolo non può portare
(Schein, 1990).
Il processo di creazione della cultura é in prima istanza un processo che
implica la formazione di un piccolo gruppo. Secondo lo studio di Schein
(1990), nelle aziende questo processo richiede, in sintesi, una di queste
fasi:
1. Una persona (fondatore) ha un’idea per una nuova impresa
2. Il fondatore coinvolge una o più persone e crea un gruppo che
condivide le sue stesse concezioni
3. Il nucleo fondatore inizia a dare forma all’azienda
4. Si coinvolgono altre persone nell’organizzazione e si comincia così a
creare una storia comune.
I fondatori generalmente esercitano una notevole influenza nella
formazione del gruppo: sia nel modo di porsi e definirsi che in quello di
affrontare e risolvere i problemi di adattamento esterno e di integrazione
interna. Poiché l’idea originale é stata loro, avranno certamente una
propria concezione, basata sulla propria storia culturale e sulla propria
personalità.
“I fondatori hanno solitamente degli assunti forti sulla natura del mondo,
sul ruolo che le organizzazioni svolgono al suo interno, sulla natura e sui
rapporti umani, sul modo in cui si perviene alla realtà e sul modo di
gestire il tempo e lo spazio” (Schein, 1978, in Schein 1990, p. 208).
Quindi si può affermare che le culture delle aziende nascono attraverso
le azioni dei fondatori. La cultura viene insegnata e appresa tramite una
serie di modalità sia implicite che esplicite.
Le soluzioni applicate costantemente e con successo ai problemi del
gruppo, e che riducono l’ansia, sopravvivono ed entrano a far parte
della cultura. Ma solo le soluzioni proposte possono essere candidate a
diventare elementi culturali. Le culture non iniziano dal nulla: i fondatori
ed i membri dell’organizzazione hanno sempre delle esperienze
precedenti.
Il processo di creazione della cultura ed i meccanismi attraverso cui essa
viene impressa nelle menti delle persone, vanno intesi come un
procedimento unitario di apprendimento e di insegnamento. Bisogna
capire in ogni stadio il ruolo giocato dal leader e dal gruppo per
comprendere in che modo la cultura si evolve.
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1.5. LA FORZA DELLA CULTURA
La “forza” o “entità” della cultura (Schein, 1984a) può essere definita in
termini di:
ξ omogeneità e stabilità dell’insieme dei membri di un gruppo
ξ durata ed intensità delle esperienze condivise dal gruppo.
Se un gruppo stabile ha avuto una lunga ed intensa storia, esso avrà una
cultura forte e assai differenziata. Ugualmente se un gruppo ha subito,
nell’arco del proprio percorso, continue variazioni dei suoi membri o se
questi sono stati insieme solo un breve periodo senza aver affrontato
nessun problema particolarmente difficile, esso avrà una cultura debole.
Sebbene i componenti all’interno di quel gruppo possano anche avere
assunti individuali molto forti, il gruppo nel suo insieme non avrà sufficienti
esperienze condivise per possedere una cultura definitiva.
Bisogna riconoscere che la forza della cultura può essere o meno
collegata all’efficacia dell’organizzazione. Non la forza bensì il
contenuto reale della cultura ed il livello in cui le soluzioni si adattano ai
problemi posti dall’ambiente sono a questo proposito le variabili critiche.
Si può ipotizzare che i gruppi giovani utilizzino la forza della cultura come
mezzo per crearsi un’identità, mentre che gruppi più anziani possano
agire con maggior efficacia avendo una debole cultura totale e diverse
sottoculture che permettano loro di far fronte a repentini mutamenti
dell’ambiente (Schein, 1984a).
Si deve anche considerare la possibilità che una grande azienda, che
ingloba sottogruppi stabili, abbia più culture al suo interno. Queste
possono benissimo convivere od essere in conflitto tra loro, sia che esista
o meno una cultura dominante. Decifrare la cultura di una certa
azienda diviene essenzialmente un problema empirico che consiste
nell’individuare le unità sociali stabili, le culture che tali unità hanno
sviluppato e la modalità attraverso cui queste culture separate si
fondono insieme (Schein, 1984a).
La cultura nel complesso potrebbe quindi apparire molto omogenea o
molto eterogenea in base al grado in cui le culture dei sottogruppi sono
simili o diverse.
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1.6. MECCANISMI DI APPRENDIMENTO DELLA CULTURA
Gli elementi culturali sono definiti come le soluzioni a problemi apprese
attraverso l’esperienza (Schein, 1984a).
Esistono fondamentalmente, sempre secondo l’ipotesi di Schein (1984, p.
25), due meccanismi di apprendimento che interagiscono
reciprocamente:
1. “la ricompensa positiva ed il rafforzamento: il modello del successo
2. la riduzione dell’ansia e dell’inquietudine: il modello del trauma
sociale”.
Nel primo caso il gruppo tenta svariate risposte finché qualcosa non
funziona, e tenderà ad usare ancora la medesima risposta finché questa
non cesserà di avere successo. Nel secondo caso invece è probabile
che, una volta appresa una risposta atta alla riduzione dell’ansia, questa
venga ripetuta illimitatamente, senza verificare se il pericolo esista
ancora o meno (Schein, 1984, 1984a).
In questo modo nascono i rituali: all’origine sono motivati dal bisogno di
evitare una situazione dolorosa od ansiogena, ma poi finiscono per
essere mantenuti anche quando le cause, per far fronte alle quali sono
nati, vengono meno. Evitare l’ansia è infatti, di per se stesso,
positivamente rinforzante (Schein, 1990).
Se si intende cambiare un elemento culturale, diviene indispensabile
determinare a quale tipologia esso appartenga, dal momento che una
cultura organizzativa è composta tanto dagli elementi destinati a
risolvere i problemi, quanto da quelli finalizzati ad evitare una situazione
stressante. Infatti questi ultimi sono più stabili rispetto agli altri per la
natura stessa del meccanismo di riduzione dell’ansia e per il fatto che i
sistemi umani hanno bisogno di un certo livello di stabilità per evitare
l’ansia sociale e cognitiva (Schein, 1984a).
Per quanto riguarda le soluzioni culturali, esse traggono origine, in nuovi
gruppi e organizzazioni, dai fondatori e dai primi leader. Infatti
generalmente il processo di soluzione nasce con la perorazione di
determinati modi di eseguire le cose, che vengono poi sperimentati, e
adottati o abbandonati nella misura in cui hanno funzionato. All’inizio
sono i fondatori ad esercitare l’influenza maggiore, ma via via che il
gruppo invecchia ed acquista esperienza, saranno i membri stessi a
trovare delle soluzioni (Pettigrew, 1979).
In effetti, una delle funzioni cruciali del leader è proprio quella di guidare
il gruppo quando il modo tradizionale di operare non funziona più o
quando drammatici mutamenti dell’ambiente esigono nuove risposte. In
queste occasioni il leader non deve solo avere una scorta di soluzioni
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nuove o migliori, ma anche offrire al gruppo la sicurezza che lo aiuterà a
tollerare l’ansia derivante dall’abbandonare vecchie e stabili risposte
mentre le nuove vengono apprese e sperimentate (Pettigrew, 1979).
1.7. MECCANISMI DI TRASMISSIONE DELLA CULTURA
Secondo la tesi di Schein (1990) esistono due tipi di meccanismi di
comunicazione e persuasione per trasmettere e rafforzare la cultura: uno
viene definito primario mentre l’altro secondario.
I meccanismi di primaria importanza sono quelli grazie ai quali i leader
riescono ad imprimere i loro assunti nella vita quotidiana della loro
organizzazione. Concentrando la propria attenzione su alcuni oggetti,
attribuendo premi, modellando i ruoli, affrontando in un certo modo i
momenti critici, scegliendo i criteri per selezionare il personale,
promuovere e licenziare i dipendenti, essi comunicano sia a livello
esplicito che implicito i propri assunti di base. Se non mantengono una
posizione chiara, anche i conflitti e le incongruenze vengono comunicati
e divengono così parte della cultura.
I meccanismi secondari invece esplicano la loro funzione solo quando
sono coerenti con i meccanismi primari e si possono individuare nella
struttura dell’azienda, nei suoi sistemi e procedure, nel modo di
strutturare gli spazi interni ed esterni, nei racconti simbolici e nelle
dichiarazioni formali della filosofia aziendale. In questo caso cominciano
a costruire le ideologie dell’azienda e quindi a formalizzare quanto viene
appreso in maniera informale fin dal principio. In caso contrario verranno
ignorati o costituiranno una fonte di conflitto interno.
Gli assunti operativi vengono sempre e comunque trasmessi, almeno
all’inizio, da ciò che i leader manifestano e non dalle strutture o dalle
procedure dell’azienda. Questi meccanismi, anche se definiti secondari
perché più ambigui e soggetti ad un minor controllo, possono
contribuire a rafforzare notevolmente i messaggi primari, se i leader sono
in grado di gestirli in modo appropriato.
In sintesi, é importante ammettere che tutti questi meccanismi
comunicano, in ogni caso, un modello culturale ai nuovi assunti. I leader
non possono scegliere se comunicare o meno. Possono solo scegliere
come gestire ciò che comunicano. Una discriminante per le
organizzazioni é rappresentata dalla chiarezza e coerenza dei messaggi
e la misura di tali caratteristiche riferite alla cultura altro non é che il
riflesso della chiarezza e coerenza degli assunti dei leader.
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1.7.1. I MECCANISMI PRIMARI
I meccanismi primari, più potenti, sono (Schein,1990):
1. gli elementi ai quali i leader prestano attenzione, cioè quelli che
valutano e controllano
2. le reazioni dei leader a incidenti di grande rilevanza ed alle crisi
aziendali
3. il modo in cui vengono deliberatamente disegnati, insegnati e guidati
i ruoli ad opera del leader
4. i criteri per attribuire premi e status
5. i criteri di selezione, assunzione, promozione, pensionamento e
licenziamento.
1.Gli elementi cui i leader prestano attenzione, che valutano e
controllano
Questo è uno dei meccanismi più importanti, poiché è possibile fare
attenzione sistematicamente a determinate cose, inviando messaggi
efficaci, soprattutto comportandosi in modo perfettamente coerente.
D’altra parte però, se i leader non si rendono conto del potere derivante
da questo processo o non agiscono coerentemente, si rischia che i
dipendenti sprechino tempo ed energia inutili per cercare di decifrare il
comportamento del leader, arrivando a formulare delle spiegazioni,
anche quando queste sono del tutto inesistenti.
2. Le reazioni dei leader a incidenti critici ed alle crisi aziendali
Quando un’azienda deve affrontare una crisi, le reazioni dei leader e
degli altri portano alla creazione di nuove norme, di valori e di
procedure di lavoro e fanno emergere assunti di fondo importanti. Infatti
le crisi sono cruciali nella creazione e nella trasmissione della cultura,
poiché il maggior coinvolgimento emotivo, che si sviluppa in quei
periodi, aumenta l’intensità dell’apprendimento.
Il modo in cui l’azienda gestisce una crisi svela alcuni dei suoi assunti
sull’importanza degli individui e sulla concezione della natura umana.
“Ouchi (1981, in Schein, 1990, p. 225)) cita numerosi esempi di aziende
statunitensi che, di fronte al bisogno di licenziare delle persone, hanno
deciso invece di ridurre il numero dei giorni lavorativi o di effettuare
autoriduzioni dello stipendio dei dipendenti e dei manager per riuscire a
contenere i costi senza ricorrere ai licenziamenti”.
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3. Come vengono deliberatamente disegnati ed insegnati i ruoli
I fondatori ed i nuovi leader delle aziende solitamente si rendono conto
che il loro comportamento visibile è uno strumento assai importante per
comunicare assunti e valori agli altri membri e soprattutto ai nuovi
arrivati.
4. I criteri per assegnare gratifiche e status
I membri di tutte le organizzazioni imparano con l’esperienza che tanto il
comportamento premiato quanto quello penalizzato, unitamente al tipo
di premio e penalizzazione, contengono un messaggio. Assegnando
sistematicamente gratifiche e “penalty” in relazione ai comportamenti, i
leader di un’azienda possono comunicare facilmente gli assunti culturali.
Occorre però che il sistema di gratifiche e status sia coerente con il
sistema culturale che i leader vogliono trasmettere. Mentre all’inizio il
messaggio viene comunicato dal comportamento quotidiano dei
leader, a lungo termine esso potrà venire giudicato solo verificando se le
gratificazioni importanti sono state assegnate coerentemente. In caso
contrario, la cultura organizzativa risulterà estremamente conflittuale, se
non addirittura inesistente.
5. I criteri per il reclutamento, la selezione, la promozione, il
pensionamento ed il licenziamento
La selezione iniziale dei nuovi membri imprime e perpetua
profondamente e fortemente la cultura. La cultura in fase di sviluppo
risulta difficile da cambiare, poiché essa si trasmette con l’assunzione di
individui che vi si inseriscono al meglio. Infatti bisognerebbe chiedere a
molte persone di adottare degli assunti che esulano dal loro back-
ground e che quindi possono risultare del tutto, o in parte, inaccettabili.
D’altro canto, si può accelerare il mutamento culturale selezionando e
assumendo nuovi membri secondo criteri che ben si confanno ai nuovi
assunti culturali. Questa strategia comporterà un periodo di disordine
iniziale, ma i nuovi membri non si sentiranno a disagio con la cultura più
recente, se sono stati assunti perchè in linea con essa.
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1.7.2. I MECCANISMI SECONDARI
I meccanismi secondari sono (Schein, 1990):
1. la struttura dell’azienda
2. i suoi sistemi e le sue procedure
3. il modo in cui vengono strutturati i suoi spazi interni, le facciate e gli
edifici stessi
4. le storie, le leggende, i miti e le parabole sui fatti e le persone di rilievo
5. le dichiarazioni formali della filosofia aziendale, dei credo e degli atti
costitutivi.
1. La struttura dell’organizzazione
La struttura dell’azienda e le periodiche ristrutturazioni offrono ai
fondatori/leader numerose possibilità di imprimere i loro assunti più
profondi sul compito, i mezzi per portarlo a termine, la natura degli
individui ed il tipo di relazione da incoraggiare.
Alcuni leader strutturano la propria azienda consapevolmente,
scegliendo un’impronta ben precisa, mentre altri tendono a
razionalizzare senza sapere esattamente quali sono gli assunti che li
hanno guidati.
2. I sistemi e le procedure
La routine e i compiti da eseguire secondo precise scadenze
costituiscono la parte più visibile della vita di ogni
organizzazione/azienda. Spesso però persino i manager non sono in
grado di risalire all’origine di tali routine. Tuttavia è proprio la loro
esistenza che dà concretezza, strutturazione e programmabilità ad un
ambito aziendale che altrimenti rischierebbe di essere troppo vago ed
ambiguo.
I sistemi e le procedure svolgono quindi per, certi aspetti, una funzione
analoga a quella formale: aiutano ad operare previsioni, riducendo
l’ambiguità e l’ansia. I fondatori ed i leader in questo modo possono
rafforzare i propri assunti costruendo, intorno ad essi, sistemi e routine.
3. La struttura degli spazi fisici, delle facciate e degli edifici
Attraverso l’impatto visivo che i clienti, i venditori, i nuovi assunti ed i
visitatori hanno con l’ambiente fisico dell’azienda, è possibile
comunicare e rafforzare i messaggi del leader, ma solo se gli spazi sono
gestiti a questo fine (Steele, 1973, in Schein, 1990). In caso contrario
possono riflettere gli assunti degli architetti o delle persone che si sono
occupate della pianificazione oppure altri assunti.