2
Le origini di questa tendenza sono assai risalenti nel tempo, anche se solo negli ultimi
tempi si è raggiunta una generale sensibilità al problema, favorita anche dal progresso
tecnologico e dall’inarrestabile sviluppo della società della comunicazione.
<<Un tempo attraverso i muri delle nostre case non si poteva vedere né da dentro né
da fuori. Oggi, attraverso i muri, si può vedere fuori, ma non ancora dentro. Presto
potremo fare entrambe le cose. Allora la privacy sarà davvero scomparsa; chi è
abbastanza individuo da esigerla anche soltanto per cambiarsi la camicia o per fare il
bagno, verrà bollato da un'unica, universale voce americana come sovversivo del sistema
di vita americano e della bandiera americana>>
2
. Con queste parole William Faulkner
nel 1955 si impose come un precursore nella lotta per il right to be alone, rispondendo a
un servizio giornalistico di gossip, dedicatogli dal giornalista Robert Coughlan non in
quanto scrittore ma in quanto personalità, servizio che uscì con ampia documentazione
fotografica su due numeri della rivista Life Magazine.
L’ira dello scrittore americano, premio Nobel per la letteratura nel 1949, non
derivava dal fatto che il servizio contenesse eventuali imprecisioni o scorrettezze, ma da
una questione di principio: ossia che una rivista avesse invaso la privacy di una persona
che fin da principio si era opposta a tale invasione. Al di là della tra l’altro poco
condivisibile lettura dell’intero saggio come un “manifesto contro il New Deal”
3
, quello
che qui interessa sottolineare è che Faulkner denunciava la fine di un sogno, il sogno
americano, un sogno fatto di libertà, individualismo ed isolamento dalla massa
4
. L’autore
temeva che chi si sarebbe opposto alla continua esposizione della propria sfera privata
sarebbe stato visto come sovversivo, anticipando clamorosamente quello che poi sta
realmente accadendo in USA all’indomani dell’ 11 settembre, con i vari Patriot Act e
tutti gli altri provvedimenti legislativi che, in nome della sicurezza nazionale, scavalcano
addirittura le garanzie costituzionali
5
, cancellando anni e anni di lotte per la libertà.
L’esigenza di proteggere la riservatezza della persona, comunque, non era una novità
assoluta negli USA; già molto prima di Faulkner, infatti, si erano registrati importanti
contributi su tale argomento. Il più importante fu il saggio pubblicato da due
giuristi americani, Samuel Warren e Louis Brandeis
6
, che offrirono, in un primo
2
W. FAULKNER, Privacy, traduzione di M. Materassi, Adelphi 2003, p. 32, il cui titolo originale è On
privacy. The American dream: what happened to It, pubblicato in Harper’s Magazine, 211, luglio, 1955.
Lo scritto fu successivamente incluso in Essays, Speeches and Public Letters, a cura di J. B. Meriwether,
Random House, New York, 1966. Per la sua rilevanza come una delle prime opere che ha affrontato il
problema della tutela della riservatezza, il pamphlet è stato precedentemente pubblicato in Italia nel
2001dal Garante della Privacy in un edizione fuori commercio all’interno della collana Contributi.
3
S. NIGER, Faulkner e la privacy, recensione del pamphlet in www.netjus.org
4
<< il punto è che oggi in America qualsiasi gruppo o organizzazione, per il semplice fatto di operare sotto
la copertura di una espressione come libertà di stampa o sicurezza nazionale o lega anti-sovversione, può
postulare a proprio favore la completa immunità riguardo alla violazione dell’individualità. La privacy
individuale senza la quale l’individuo non può più essere tale e senza la quale individualità egli non è più
nulla che valga la pena essere o continuare a essere…(FAULKNER, op. cit., pp. 26-27).
5
N.W. PALMIERI – La lanterna magica: come il governo USA spia i cittadini (da www.interlex.it); cfr.
anche P. BOITANI, Il Paradiso Perduto della privacy, in W. FAULKNER, op. cit., p. 75
6
S. WARREN e L. BRANDEIS, The Right to privacy, in Harward Law Review, 4, 1890, ora in Schoeman,
Ferdinand David, ed., Philosophical Dimensions of Privacy: An Anthology, Cambridge University Press,
Cambridge, 1984
3
tentativo
7
di edificare la privacy sul terreno giuridico, il fondamento teorico per una serie
di sentenze che tutelarono la riservatezza in una società dove, accanto ai giornali,
andavano prendendo piede i mezzi di comunicazione moderni come la radio e la
televisione. E’ infatti da questo scritto che il diritto alla riservatezza verrà considerato un
diritto “sacro”.
Un cittadino, in pratica, ha il diritto di “essere lasciato da solo” nella misura in cui lo
desidera, senza considerare gli eventuali diritti altrui che potrebbero comportare una
riduzione di questa sua sfera di libertà: questa è la concezione che ha dato luogo al
“privacy exceptionalism”, ossia il fatto che il diritto alla privacy è considerato un diritto
superiore agli altri. E’ una concezione che privilegia l’aspetto individuale della pretesa
del “right to be let alone”, quello che Whitman aveva definito “l’isolamento centripeto di
un essere umano in sé”.
Col tempo, come ben sappiamo, il concetto di privacy, in particolare sul terreno
giuridico, ha subito una lenta ed inesorabile evoluzione (si parla, infatti, di nuove
dimensioni della privacy), accompagnato da una sempre maggiore presa di coscienza dei
pericoli a questo bene ormai considerato inviolabile come la salute, o la libertà, e in
questo contesto si inserisce anche la attuale tutela della riservatezza apprestata da ultimo
dal citato Codice della Privacy (D. lgs. 196/03).
Tale tutela, che privilegia soprattutto il ruolo di prevenzione e sorveglianza svolto dal
Garante della Privacy, si avvale, per i casi più gravi, anche della sanzione penale e
amministrativa, e il presente lavoro si propone proprio di esaminare tale sistema di tutela,
individuandone i limiti e le possibili alternative alla luce anche dei principi di
sussidiarietà e di extrema ratio. Da questo punto di vista, c’è da sottolineare la presenza,
al fianco del normale potere giudiziario, di un sistema “di giustizia parallela” gestito
proprio dal Garante della privacy, alternativo alla normale tutela giurisdizionale, e che
possiede sue peculiari regole e procedure, che verranno esaminate in via generale nel
corso della tesi, e del quale saranno citate numerose decisioni.
Ma un ruolo importate viene svolto anche su un piano di prevenzione, con
l’imposizione a tutti coloro che hanno a che fare con dati personali o sensibili, di
obblighi di informativa ed altri adempimenti i quali, anche se apparentemente potrebbero
essere percepiti come un inutile appesantimento dei già gravosi adempimenti
amministrativi imposti a professionisti, imprese e comuni cittadini, si propongono invece
di proteggere il dato personale all’origine del trattamento, cercando di evitare il danno e
la conseguente sanzione, che in molti casi si rivela inutile. E’ necessario pensare alla
sicurezza dei dati personali <<non come ad una serie ulteriore di balzelli burocratici da
osservare che si aggiungono magmaticamente a quelli preesistenti, ma come il necessario
adattamento delle professioni (…) alle nuove esigenze provenienti dalla moderna vita di
relazione>>
8
.
7
Già prima di Warren e Brandeis, però Koler, nel suo Das Autorrecht, scriveva di “Diritto individuale al
segreto della vita privata” teorizzando un vero e proprio “Diritto alla Privacy”: cfr. BESSONE, Danno
ingiusto e norme di création pretorienne: l’esperienza francese del diritto all’intimità della vita privata, in
I nuovi saggi di diritto civile, 1980, pag. 169
8
Così L. STILO, Professione legale e privacy: un problema che oscilla tra fiducia e sicurezza, in Il Nuovo
Diritto, 2004, n° 2/3, 1 parte V
4
In questo contesto uno dei soggetti maggiormente interessati è l’avvocato, che viene
considerato un soggetto “potenzialmente pericoloso” per quanto riguarda la tutela dei
dati sensibili, e al quale vengono conseguentemente imposti tutta una serie di obblighi
talvolta di non semplice comprensione. Nell’ultima parte del presente lavoro cercherò di
fare un po’ di ordine in questi adempimenti burocratici, anche con l’esame delle proposte
in tal senso formulate dal Consiglio Nazionale Forense e da numerosi Ordini forensi
italiani, che hanno affrontato il problema in vari articoli e convegni.
5
CAPITOLO PRIMO
IL DIRITTO ALLA PRIVACY
I.1 Il fondamento costituzionale
9
Il diritto alla riservatezza non è stato tenuto in considerazione dal Costituente del
1948, tant’è che nella nostra attuale Costituzione non ne troviamo traccia; nonostante la
mancata previsione espressa, l’opinione prevalente non discute comunque sul suo
fondamento costituzionale. La questione non è di poco conto, perché il riconoscimento
della privacy inevitabilmente determina la limitazione di diritti costituzionalmente
garantiti, anche e soprattutto per quanto riguarda la sua tutela penale che è oggetto del
presente lavoro.
Sui caratteri di tale riconoscimento costituzionale, che come abbiamo detto è ormai
indiscutibile, ci sono però varie opinioni in dottrina
10
. Una prima tesi, ad esempio,
sostiene che il legislatore costituzionale garantisce la riservatezza attraverso la
combinazione di una serie di disposizioni (art. 13 – 14 – 15 – 21 – 27 comma 2 – 29
comma 1 Cost.) che complessivamente ne riferiscono i tratti essenziali. I suoi sostenitori
riconoscono che tali norme tutelano direttamente diritti autonomi e distinti rispetto alla
riservatezza, ma tuttavia non escludono un riferimento a quest’ultimo interesse
11
.
A tal proposito, si osserva innanzitutto come gli artt. 13 e 14 Cost., “prima facie”
custodi dell’inviolabilità della persona e del domicilio, impongano richiami anche alla
riservatezza, visto che non tollerano illecite intrusioni da parte di estranei nella sfera
individuale della persona e nello svolgimento della sua vita domiciliare
12
.
9
cfr. L. CARTA, Profili normativi e applicativi in tema di privacy, Intervento tenuto in occasione del 4
o
Salone della comunicazione pubblica e dei servizi al cittadino. Bologna, 18 settembre 1997, da
www.privacy.it E. SCANDOLARA, La tutela costituzionale della privacy, 1999 da www.privacy.it
10
Per un panorama sulle varie correnti dottrinali: VITARELLI, Vita privata nel diritto penale, in Digesto
discipline penalistiche, 1999, pag. 305
11
<<Si può dire che la protezione dei dati personali costituisca una costellazione di diritti con una finalità :
la tutela della dignità della persona umana>> con queste parole dimostra di condividere tale impostazione
anche il professor Gaetano Rasi, componente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali,
nella presentazione al seminario Eurispes, del nuovo Codice della Privacy, riportata in GARANTE
PRIVACY, Newsletter n°232 del 1 – 7 novembre 2004, da www.garanteprivacy.it
12
MANTOVANI, Mezzi di diffusione e tutela dei diritti umani, in Arch. Giur., 1968, pag. 388, nota 43:
<<se è incontestabile che gli artt. 13 e14 – col sancire, l’uno, la inviolabilità della libertà personale ed il
divieto, tra l’altro, di ispezioni e perquisizioni personali, e l’altro, l’inviolabilità del domicilio ed il divieto
nell’ambito del medesimo di ispezioni e perquisizioni reali e di sequestro – si riferiscono in via primaria a
diritti distinti da quello della riservatezza, non si può parimenti negare la non estraneità ad essi di quest’
ultimo interesse. L’esclusività spaziale, in cui si sostanzia il diritto all’inviolabilità del domicilio, se è
innanzitutto esclusività di presenza umana, è anche mediatamente esclusività di conoscenza di ciò che ivi
avviene, poiché l’esclusione di estranei dall’ambito in cui la personalità si estrinseca nella sua dimensione
individuale trova la sua piena ragione giustificatrice anche in funzione della esclusione della possibilità dei
medesimi di conoscere e di divulgare. Il che risulta in modo ancor più evidente in rapporto alle ispezioni e
perquisizioni domiciliari; come d’altro canto vale in certa misura anche per le ispezioni e le perquisizioni
personali >>.
6
Conformemente a tale indirizzo interpretativo, appare utile evidenziare che, con
sentenza 12 aprile 1973
13
, la Corte Costituzionale, relativamente agli artt. 10 c.c.
e 96 e
97 della legge 22 aprile 1941, n. 633 sul diritto d'autore - con i quali viene tutelato in
generale l'utilizzo dell'immagine altrui - ha affermato che gli stessi "non contrastano con
le norme costituzionali ed, anzi, mirano a tutelare e a realizzare i fini dell'art. 2 affermati
anche negli artt. 3, secondo comma, e 13, primo comma, che riconoscono e garantiscono
i diritti inviolabili dell'uomo, fra i quali rientra quello del proprio decoro, del proprio
onore, della propria rispettabilità, riservatezza, intimità e reputazione, sanciti
espressamente negli artt. 8 e 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo"
14
.
Per quanto riguarda poi l’art. 15 della Costituzione, che garantisce la libertà e la
segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, è stato notato
come esso non possa certo non fare riferimento anche alle comunicazioni tipicamente
riservate
15
.
In merito all’art. 21 Cost. si afferma che la libertà di manifestazione del pensiero va
tutelata sotto un duplice aspetto, positivo e negativo: la libertà in questione si identifica
non solo col diritto di dire ciò che si pensa, ma anche nella facoltà di mantenere segreto il
proprio pensiero o di rivelarlo ad alcuni anziché ad altri
16
.
13
Corte Cost. 12 aprile 1973, in Foro it. 1972, I, p. 1708
14
vedi L. CARTA, op. cit.
15
MANTOVANI, ult op cit., pag. 388, nota 42: «Coll’affermare come inviolabile sia la “libertà” sia la
“segretezza” non solo della “corrispondenza”, ma genericamente di “ogni altra forma di comunicazione” e
senza alcuna specificazione di contenuti, l’art. 15 Cost. estende la propria garanzia anche e innanzitutto
alle comunicazioni relative a notizie tipicamente private ed intime. In secondo luogo: qualunque sia la loro
forma, non solo epistolare, telegrafica o telefonica, ma anche quella più solita e normale della
comunicazione diretta, orale. In terzo luogo: contro tutte le azioni impeditive della “libertà” e cioè della
possibilità di comunicare, e tali sono, in rapporto alle forme di comunicazione diretta, orale, e con
contenuto esclusivamente privato, gli atti di interferenza mediate, ad es. mezzi meccanici (microfoni,
registratore, magnetofono, teleobiettivi), come pure gli atti di divulgazione di ciò che si è appreso, poiché
non è certo libero di comunicare chi sa o teme di essere ascoltato da chi non desidera o di vedere divulgato
ciò che comunica. In quarto luogo: contro tutte le violazioni della “segretezza” delle comunicazioni,
intendendosi così proteggere il “contenuto” delle comunicazioni stesse (qualunque forma rivesta: anche
orale) contro la presa abusiva di conoscenza da parte di chiunque non legittimato a conoscere, qualunque
sia il mezzo da questi usato (violazione della corrispondenza, intercettazione telefonica o telegrafica,
ricorso ai mezzi meccanici sopra menzionati, ascolto diretto); nonché contro la divulgazione di tale
contenuto da parte dei soggetti non legittimati a rivelarlo. La segretezza, nella esclusività di conoscenza
che la connota, è violata sia abusivamente conoscendo sia abusivamente rivelando >>.
16
MANTOVANI, op cit., pag. 390, nota 44: <<Posto che la libertà di manifestazione del pensiero è anche,
nel suo aspetto negativo, libertà di non manifestazione del pensiero, libertà di manifestare il proprio
pensiero ad alcuni e non ad altri, che senso avrebbe sotto questo profilo il riconoscimento se si potessero
poi carpire le manifestazioni che il soggetto desidera non superino un certo ambito familiare, privato,
confidenziale? D’altronde, che senso avrebbe garantire la inviolabilità del domicilio se fosse poi consentito
prendere conoscenza di ciò che ivi avviene attraverso mezzi meccanici che operano a distanza?
Incongruente sarebbe pure garantire la inviolabilità delle comunicazioni dirette, quando si lasciasse poi
aperta la possibilità che il loro contenuto venga conosciuto attraverso la presa di conoscenza degli atti,
degli incartamenti, in cui tale contenuto sia stato materializzato>> Sul punto cfr. anche la presentazione
della Relazione al Garante per la protezione dei dati personali, maggio 2002: << Nessuna limitazione del
diritto di cronaca, nessuna censura. Il Garante non ha mai ceduto alla tentazione di farsi custode di una
particolare etica o del semplice buon gusto. Ma è nostro dovere ricordare che, al di là della stessa legge
sulla privacy, esistono norme di legge e regole deontologiche (…)Per tutti, anche per le figure pubbliche,
anche per i protagonisti della cronaca esiste comunque un irriducibile nucleo di intimità, che coincide con
il rispetto della dignità al quale ognuno di noi, per volontà costituzionale e per irrinunciabili ragioni di
civiltà, ha diritto >>. cfr. M. PAISSAN – Privacy e giornalismo, diritto di cronaca e diritti dei cittadini -
Collana Contributi Garante della Privacy – IPZS 2004.
7
Il richiamo all’art. 27 comma 2, si giustifica invece in quanto la presunzione di non
colpevolezza deve fare da garante alla riservatezza dell’imputato; a sua volta si pone
come un limite al monopolio statale dell’uso della forza, in quanto la riservatezza deve
proteggere il presunto innocente dalle indiscrezioni abusive della pubblica autorità
17
.
Il riferimento all’art. 29 comma 1 dimostra che anche l’interesse all’intimità è una
delle componenti essenziali della famiglia, che fa dell’ “esclusività” una delle sue
caratteristiche principali
18
.
L’art. 3 comma 2, infine, secondo l’opinione citata rappresenta un «pilastro» del
diritto alla riservatezza: la norma, che consacra l’ingresso nella Costituzione del
principio di eguaglianza sostanziale, impegna il legislatore a rimuovere quegli ostacoli di
natura economico sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona come
“cittadino” e prima ancora come “singolo”, ai sensi dell’art. 2 Cost. . Poiché dunque la
privacy è <<una esigenza connaturata alla persona umana nella sua proiezione
individuale>> e gli <<attacchi>> ad essa rappresentano un ostacolo economico sociale al
pieno sviluppo della <<persona umana>> nella sua dimensione individuale, lo Stato deve
rimuovere questi ostacoli ed offrire adeguate tutele alla riservatezza
19
.
Oltre che con tali diritti, qualche sparuto Autore ha individuato anche un
collegamento con l’art. 35 Cost., secondo cui “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le
sue forme ed applicazioni”.
Più precisamente si è posto l’accento sulla legge che probabilmente è stata la più
compiuta applicazione di tale norma costituzionale, la L. 300/70, meglio conosciuta
come Statuto dei lavoratori , nelle parti in cui sancisce il diritto alla non discriminazione
17
MANTOVANI, op cit., pag. 388, nota 43: <<Per quanto riguarda l’art. 27 consacrante il principio della
presunzione di non colpevolezza, si discute soprattutto se esso tuteli primariamente lo status processuale
dell’imputato o invece l’interesse extraprocessuale della reputazione e della riservatezza del medesimo,
fermo restando che questi beni vengono pur sempre in considerazione da parte di detta disposizione. Pur
dovendosi muovere dalla prima opinione, l’interesse oltre che della reputazione anche della riservatezza
acquista rilievo (…)altresì per il fatto che la riservatezza viene in considerazione ancor prima in rapporto
alla presunzione di non colpevolezza come garanzia in ordine al processo, essendo verosimile che questa si
estende alla protezione dello stato di presunto innocente pure nei confronti di quegli atti della pubblica
utilità, offensivi del bene della riservatezza personale e concretatisi, ad es., nell’ascoltare attraverso mezzi
meccanici le conversazioni tra imputato e difensore>>.
18
MANTOVANI, op cit, pag. 388, nota 43: «Quanto poi all’art. 29, il fatto che esso non faccia alcuna
espressa menzione all’interesse della intimità, della riservatezza familiare, non può costituire un argomento
sufficiente per negare che attraverso l’esplicito riconoscimento dei diritti della famiglia come “società
naturale” la Costituzione faccia riferimento anche al suddetto interesse, costituendo la “esclusività” la
caratteristica preminente della famiglia come istituzione originale>>.
19
MANTOVANI ,op cit., pag. 389, nota 43: << poiché la riservatezza costituisce una esigenza connaturata
alla persona umana nella sua proiezione individuale; poiché l’attacco ad essa da parte, soprattutto, dei
grandi mezzi di diffusione costituisce, per la sproporzione di forze tra singolo e le organizzazioni
economico–sociali sottostanti ai medesimi, un ostacolo economico–sociale che impedisce il “pieno
sviluppo della persona umana” nel suo momento individuale, lo Stato pertanto deve rimuovere tali ostacoli,
proteggendo adeguatamente la riservatezza. L’eccepito carattere programmatico dell’art. 3 per quanto
riguarda l’impegno del legislatore attiene soltanto al momento della predisposizione degli adeguati mezzi
di protezione, ma non investe l’attualità del riconoscimento dell’interesse alla riservatezza. D’altro canto,
anche ammesso che ad opera dei grandi mezzi di divulgazione non si creino dei “limiti, di fatto, alla
eguaglianza”, trovandosi cittadini parimenti esposti al pericolo di offese alla loro sfera privata, si vengono
pur sempre a porre in essere dei “limiti, di fatto, alla libertà” individuale, che comincia ad estrinsecarsi
proprio nella esclusività della sfera privata.>>
8
e garantisce i diritti sindacali del lavoratore
20
.
Vi è poi un’altra autorevole opinione, che mette l’accento sul carattere unitario della
riservatezza esaltandone la natura costituzionale alla luce di quanto disposto dall’art. 2
della Costituzione, norma ritenuta in grado di accogliere ogni nuovo interesse che si
affaccia sulla scena giuridica e da cui emerge l’esigenza di tutela dell’inviolabilità della
persona. Gli autori che sostengono questa tesi sottolineano come questa ultima
disposizione vada interpretata secondo le disposizioni contenute nell’art. 12 della
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e nell’art. 8 della Convenzione Europea
sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e come, sulla base
delle norme citate (che garantiscono la vita privata e familiare da interferenze esterne), il
rispetto della vita privata debba dunque essere inteso quale diritto inviolabile
21
.
Il riferimento alle formazioni sociali da parte dell’art. 2 Cost., da cui emerge la
dimensione sociale della privacy, impone poi un collegamento con l’art. 3 Cost., a
dimostrazione del legame esistente tra il principio personalistico e quello solidaristico ed
in forza del quale la sfera privata va garantita sia in funzione esclusiva del singolo, sia in
funzione di un migliore inserimento sociale dell’individuo
22
.
Esiste infine una parte della dottrina secondo la quale la costituzionalizzazione del
bene riservatezza è opera della Convenzione europea dei diritti umani, che grazie all’art.
10 Cost. ha assunto valore costituzionale
23
. In base a questa ardita impostazione la
Convenzione europea, e i diritti di cui si sostanzia (tra cui il diritto alla riservatezza),
assumono rilevanza costituzionale perché garantiscono la tutela internazionalistica
dell’individuo, inclusiva della condizione giuridica dello straniero (art. 10 comma 2
Cost.) accanto alla tutela della condizione giuridica del cittadino
24
.
Accanto a questa varietà di interpretazioni, tutte tese a fornire una giustificazione
negli articoli della Costituzione a questo nuovo diritto, autorevole dottrina esclude la
dimensione costituzionale della riservatezza, e nega la tutela della privacy attraverso il
riconoscimento costituzionale dei suoi aspetti specifici, osservando che il legislatore
costituzionale fa esclusivo riferimento solo ad aspetti particolari della vita privata, che,
fra l’altro, non permettono la costruzione di un vero e proprio diritto.
Gli argomenti portati a favore di questa ricostruzione sono molteplici: secondo tali
Autori, innanzitutto, ogni riferimento alla riservatezza, sarebbe escluso, <<posto che la
20
In proposito il nuovo Codice della Privacy richiama specificamente lo Statuto dei lavoratori per punire
penalmente alcuni comportamenti de datore di lavoro lesivi di tali principi. Sul punto vedi infra, nel
capitolo secondo.
21
PATRONO, voce Privacy e vita privata, in Enciclopedia del diritto, vol. XXXV, Milano 1986;
VASSALLI, Libertà di stampa e tutela penale dell’onore, in Arch. Pen., 1967, pag. 24 ss. ritiene che le
disposizioni dell’art. 12 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dell’art. 8 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo, avendo sicuro contenuto interpretativo dei principi costituzionali,
specifichino la formula “diritti inviolabili” di cui all’art. 2 Cost. Tali norme sono, quindi, “la base per il
riconoscimento, già de iure condito, di un diritto all’intimità della vita privata e per la eventuale creazione
di speciali norme penali volte ad impedire arbitrarie ingerenze nella intimità stessa”.
22
PATRONO, op. cit., pag. 576: «la vita privata viene tutelata sia per riconoscere al singolo una sfera
privilegiata di solitudine di assenza di informazioni su se stesso da parte degli altri, sia per consentire al
singolo un più proficuo inserimento nella vita sociale».
23
cfr. VITARELLI, op. cit., pag. 305
24
CHIAVARIO, La convenzione europea dei diritti dell’uomo nel sistema delle normative in materia
penale, 1969, pag. 51 ss
9
normativa costituzionale richiamata attiene o a materie diverse ovvero a diritti che
costituiscono aspetti eventuali del diritto al rispetto della vita privata>>
25
.
Criticata è poi la tesi che rinviene un diritto della personalità negli art. 2 e 3 della
Costituzione, in quanto viene ritenuto troppo generico il richiamo agli articoli citati per
avallare l’esistenza della privacy quale diritto inviolabile dell’individuo, da tutelare
anche in vista di un migliore inserimento sociale del singolo
26
.
Infine, è condivisibilmente esclusa la rilevanza costituzionale della Convenzione
europea e della Dichiarazione universale (in caso contrario bisognerebbe dichiarare
incostituzionali le norme in contrasto con i diritti che danno corpo alla convenzione ed
alla dichiarazione, e poi bisognerebbe apportare alcune modifiche a tali diritti); anche a
voler riconoscerne la natura costituzionale, la riservatezza non sarebbe prevista
nell’alveo della tutela internazionalistica.
Nell’art. 8 della Convenzione e nell’art. 12 della Dichiarazione si parla di
“ingerenze”, di “interferenze arbitrarie” che nulla hanno a che vedere con la riservatezza,
la quale prescinde da qualsiasi ingerenza e presuppone l’acquisizione legittima di notizie
relative alla vita privata
27
. I fautori di questa tesi ritengono che ad esser
costituzionalizzato sia solo il diritto alla vita privata; per la riservatezza non è possibile
avanzare pretese di costituzionalità poiché tale interesse non trova riconoscimento né
nella Costituzione né in altre fonti
28
.
25
BRICOLA, Prospettive e limiti della tutela penale della riservatezza, in AA. VV., Il diritto alla
riservatezza e la sua tutela penale, 1970, pag. 81 ss.<<…non può l’interprete, se non in forza di un
procedimento analogico, inammissibile nel caso di specie trattandosi di enucleare un limite ad altri diritti
costituzionalmente sanciti (…), ricavare l’affermazione del generale diritto al rispetto della vita privata. A
fortiori il discorso vale per il diritto alla riservatezza, in senso stretto, che non trova nelle norme citate
nessun aggancio nemmeno parziale>>.
26
BRICOLA, op cit., pag. 85: <<non è provata la correlazione tra violazione della sfera privata e
impedimento al pieno sviluppo della persona umana soprattutto se si assume quest’ultimo concetto nella
proiezione sociale che connota l’art. 3 comma 2 Cost. Si potrebbe, al limite, anzi rivelare che una migliore
conoscenza della vita privata può giovare ad un migliore inserimento sociale dell’individuo>>.
27
BRICOLA, op. cit,,pag. 90, ritiene che i termini “ingerenze” ed “interferenze arbitrarie” si riferiscono
solo alle intromissioni esterne nella vita privata, per indagare in essa; il diritto comunitario, dunque,
richiede un’attività d’indagine, da parte di terzi, nell’altrui vita privata. Tale presupposto esclude ogni
riferimento al diritto alla riservatezza la cui lesione consiste nella divulgazione di notizie legittimamente
acquisite, con o senza attività d’ indagine.
28
BRICOLA, op cit., pag. 76 ss: l’autore distingue il diritto alla riservatezza dal diritto al rispetto della vita
privata, ritenendo il primo successivo al secondo. Il diritto alla riservatezza, inteso come <<interesse della
persona a mantenere nell’ambito della propria sfera privata quegli atti o quelle vicende che la persona
stessa desideri restino tali, impedendo l’attività di terzi che vogliono divulgarle rendendole di pubblico
dominio (…) difende la sfera privata dalla divulgazione di notizie legittimamente acquisite dal soggetto>>;
mentre il diritto al rispetto della vita privata, quale <<interesse ad impedire l’altrui attività rivolta a venire a
conoscere, scoprire, le vicende dell’altrui vita privata (…), difende il soggetto da interferenze esterne in
questa sfera»; contra MANTOVANI Diritto alla riservatezza e libertà di manifestazione del pensiero con
riguardo alla pubblicità di fatti criminosi, in Il diritto alla riservatezza e la sua tutela penale, cit., pag. 405
ss: l’autore sostiene che il diritto alla riservatezza vada inteso quale interesse alla conoscenza esclusiva
della sfera privata e che <<col circoscrivere il diritto alla riservatezza alla sola pretesa alla non
divulgazione, alla non pubblicazione delle cose private, tra l’altro apprese legittimamente (…) si spezza
l’unità di interesse alla esclusività della conoscenza, che caratterizza il diritto alla riservatezza, in funzione
di due semplici modalità di offesa del medesimo>>; PATRONO, op cit., pag. 567, ritiene che ad essere
tutelato in via principale dal legislatore sia il bene giuridico vita privata e che la riservatezza <<tutt’ al più,
può considerarsi, come particolare forma di vincolo alla conoscenza, una modalità di tutela del bene vita
privata>>.
10
Nel senso di una assoluta rilevanza costituzionale del diritto alla riservatezza si
pongono i vari interventi dei componenti del Garante della Privacy, in particolare il
professor Gaetano Rasi, che, in riferimento all’entrata in vigore del nuovo Codice
oggetto del presente lavoro, ha sostenuto che << si assiste al cambiamento del concetto
di protezione dei dati personali: dalla tutela della riservatezza, sancita nella normativa
precedente, ad una più incisiva tutela della persona umana nel rispetto dei diritti e delle
libertà fondamentali dell’interessato, nonché della sua dignità
29
>>.
Di tale diritto si sottolinea da parte del professor Rasi anche la vocazione
internazionalistica, alla luce della Carta dei diritti fondamentali di Nizza del 2000 e del
recentissimo Trattato Costituzionale Europeo
30
.
Un ulteriore argomento, infine, a sostegno della importanza fondamentale della
riservatezza nel sistema costituzionale, è costituito dal riconoscimento del diritto alla
privacy da parte delle Costituzioni europee di ultima generazione,. Tali Carte
fondamentali, che rappresentano <<un osservatorio privilegiato per la ricognizione dei
“nuovi” diritti dell’età tecnologica>>
31
, hanno infatti introdotto precise garanzie in
ordine alla tutela degli individui rispetto alla protezione dei propri dati personali.
Possiamo menzionare, a titolo esemplificativo
32
, l’art. 13 comma II della
Costituzione svizzera del 1999, che dispone che <<ognuno ha diritto di essere protetto da
un impiego abusivo dei suoi dati personali>>. Ancora, l’art. 10 comma I della coeva
Costituzione finlandese, che prevede come <<La vita privata, l’onore e la santità del
domicilio di ciascuno sono inviolabili. Maggiori previsioni dettagliate sulla protezione
dei dati personali sono stabilite dalla Legge>>.
Anche la Costituzione spagnola, che pure è più risalente nel tempo, essendo entrata
in vigore nel 1978, afferma che <<la legge limita l’utilizzazione dell’informatica al fine
di garantire l’onore, l’intimità personale e familiare dei cittadini ed il pieno esercizio dei
loro diritti (art. 18 comma IV). La Costituzione portoghese del 1976, all’articolo 26
comma II, prevede che <<la legge stabilirà garanzie effettive contro l’utilizzazione
abusiva, o contraria alla dignità umana, di informazioni relative alle persone e alle
famiglie>>, e regola nel dettaglio, all’art. 35 la fattispecie del trattamento automatizzato
dei dati personali.
Il processo di “costituzionalizzazione” del diritto alla protezione dei dati personali
non è però rimasto confinato alle singole esperienze nazionali, ma, come abbiamo visto,
ha riscontri significativi anche a livello del diritto sovranazionale e comunitario.
Nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, innanzitutto, è espressamente
previsto il <<diritto al rispetto della vita privata e familiare>> (art. 8), mentre è assente
una specifica disciplina del trattamento dei dati personali; quest’ultima si rinviene,
invece nella Convenzione del Consiglio d’Europa del 28 gennaio 1981, avente appunto
29
G. RASI, componente dell’Autorità Garante della Privacy, nella Newsletter citata alla nota n° 3
30
<< La privacy confluisce e di consolida nel diritto della persona, in linea con la nuova Costituzione
Europea che segna il passaggio dall’Europa del mercato all’Europa dei diritti>> G. RASI, op. cit.
31
Così G. RESTA, Il diritto alla protezione dei dati personali, in CARDARELLI, SICA, ZENO –
ZENCOVICH, Il codice dei dati personali. Temi e problemi, Giuffrè, Milano, 2004, 32
32
Le citazioni sono tratte da G. RESTA, op. ult. cit. , 32 s., al quale si rimanda per la bibliografia relativa
(per la maggior parte in lingua straniera).
11
ad oggetto la protezione delle persone in relazione all’elaborazione automatica dei dati a
carattere personale
33
.
E’ stato notato come <<la giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha fatto propria
una lettura estensiva della formula “vita privata” di cui all’art. 8, affermando in diverse
pronunzie l’applicabilità delle relative garanzie anche rispetto all’ipotesi
(concettualmente diversa) della raccolta e conservazione dei dati personali>>
34
. Il diritto
alla autodeterminazione informativa si è pertanto radicato, grazie ad una rimarchevole
operazione di interpretazione “dinamica”, anche all’interno della CEDU
35
.
Un percorso in parte analogo è stato compiuto dalla Corte di giustizia, che fin dal
1969
36
ha tracciato una precisa correlazione tra diritto al controllo sulla circolazione delle
informazioni e i diritti fondamentali della persona, rilevanti alla stregua dei principi
generali del diritto comunitario. In particolare, in una decisione del 1985 relativa alla
interpretazione dell’art. 287 (ex art. 214) del Trattato CE, la Corte di Lussemburgo ha
affermato l’obbligo delle istituzioni comunitarie di tutelare la riservatezza delle
informazioni fornite anche su base volontaria dalle persone fisiche, ma accompagnate
dalla richiesta di riserbo diretta a tutelare l’anonimato dell’informatore
37
.
All’interno del sistema dei diritti fondamentali garantiti dal diritto comunitario, è
però soprattutto grazie all’opera del formante legale che il diritto alla protezione dei dati
personali, nella sua accezione strettamente tecnica, ha progressivamente acquisito una
posizione di spicco
38
. Si pensi soprattutto al nuovo art. 286 (ex art. 213 B) del Trattato,
che prevede al comma I l’applicabilità della disciplina sul trattamento dei dati personali
alle istituzioni comunitarie, e dispone al comma II l’istituzione di un organo di controllo
indipendente << incaricato di sorvegliare l’applicazione di detti atti alle istituzioni e agli
33
Sulla Convenzione di Strasburgo e la sua storia legislativa cfr. G. BUQUICCHIO, Aspetti internazionali
della protezione dei dati: il ruolo del Consiglio d’Europa, in N. MATTEUCCI, a cura di, Privacy e banche
di dati, Bologna, 1981, 67 s.
34
Così G. RESTA, Il diritto alla protezione dei dati personali, op. cit, in CARDARELLI, SICA, ZENO –
ZENCOVICH, Il codice dei dati personali. Temi e problemi, Giuffrè, Milano, 2004, 35, che cita alla nota
64, numerose pronunce, tra le quali Corte europea dei diritti dell’uomo, sent. 17 luglio 2003, Perry vs The
United Kingdom (registrazione e conservazione di un filmato ripreso con videocamere all’interno di una
stazione di polizia); Corte europea dei diritti dell’uomo, sent. 24 dicembre 2002, M. G. vs The United
Kingdom (accesso ai dati in possesso di una amministrazione statale); Corte europea dei diritti dell’uomo,
sent. 4 maggio 2000, Rotaru vs Romania (file di un cittadino presente negli archivi dei servizi segreti,
contenente dati inesatti); Corte europea dei diritti dell’uomo, sent. 16 febbraio 2000, Amann vs
Switzerland, (schedatura di un soggetto sulla base di un’intercettazione telefonica relativa alla sua attività
lavorativa). Tali pronunce, insieme ad altri riferimenti giurisprudenziali, sono tratte da M. DE SALVIA,
Compendium della CEDU, Le linee guida della giurisprudenza relativa alla Convenzione dei diritti
dell’uomo, Napoli, 2000, 203 ss.
35
G. RESTA, op. ult. cit., 35
36
Corte di giustizia delle comunità europee, sent. 12 novembre 1969, nella causa C-29/69, Stauder c. City
of Ulm – Sozialamt. in T. TRIDIMAS, The General Principles of EC Law, Oxford, 1999, 209
37
Corte di giustizia delle comunità europee, sent. 7 novembre 1985, nella causa C – 145/83, Adams c.
Commissione; v. anche Corte di giustizia delle comunità europee, ord. 16 luglio 1998, nella causa N c.
Commissione; in T. TRIDIMAS, The General Principles, op. cit. Sebbene la lettura estensiva dell’art. 287
assuma già un rilievo concettualmente non trascurabile, in tal caso si rimane comunque ancora all’interno
del diritto al segreto, secondo G. RESTA, Il diritto alla protezione dei dati personali op. cit., 36
38
E’ questa l’opinione di G. RESTA, op. ult. cit., 37 s, che cita le diverse direttive che si sono succedute, a
partire dalla direttiva di principio n° 95/46, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al
trattamento dei dati personali, fino alla direttiva n° 2002/58, relativa al trattamento dei dati personali e alla
tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche.
12
organismi comunitari>>. La previsione ha ora ottenuto piena attuazione con il
regolamento CE n° 45/01 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 18 dicembre
2001, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati
personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera
circolazione di tali dati.
L’evoluzione dell’acquis communautaire
39
ha poi trovato, almeno simbolicamente, lo
sbocco più significativo nella Carta dei diritti fondamentali UE del 7 dicembre 2000, il
cui art. 8 garantisce a ciascun individuo il <<diritto alla protezione dei dati di carattere
personale che lo riguardano>>. Al comma secondo vengono poi fissate modalità e limiti
del trattamento, rafforzate dalla previsione, al comma terzo, di una apposita Authority
indipendente preposta al controllo.
Successivamente, il diritto alla protezione dei dati è stato inserito all’interno del
Progetto di Costituzione Europea, trasmesso al Consiglio Europeo di Salonicco del 20
giugno 2003; come è noto, il progetto ha portato alla approvazione della Carta
costituzionale europea, che però entrerà in vigore solo all’esito dei referendum a cui
alcuni Stati hanno deciso di subordinarne la ratifica.
La Carta citata prevede, all’articolo II – 8, un’apposita norma dedicata alla
<<Protezione dei dati di carattere personale>>, che rappresenta un po’ la sintesi di tutte
le conquiste legislative in materia di riservatezza raggiunte a livello europeo. L’articolo
in questione così recita: <<1. Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di
carattere personale che lo riguardano. 2. Tali dati devono essere trattati secondo il
principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata
o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni individuo ha il diritto di
accedere ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenerne la rettifica. 3. Il rispetto di tali
regole è soggetto al controllo di un'autorità indipendente>>.
39
Il termine è usato da G. RESTA, op. cit., 38
13
I.2 L’elaborazione della dottrina civilistica in materia di privacy
Al di là del dibattito sui suoi fondamenti costituzionali, il diritto alla riservatezza, che
come abbiamo visto ha radici nel sistema anglosassone risalenti al XIX secolo, è una
situazione giuridica a cui non è affatto facile dare una definizione compiuta, tenendo
conto anche della mutevolezza degli aspetti che lo caratterizzano, cambiamenti resi tali
anche dalla differente tutela approntata dai diversi ordinamenti. Ciò, soprattutto, come
detto sopra, a causa dell'evoluzione tecnologica che, nella trasmissione e rielaborazione
dei dati, ha compiuto e continua a compiere continui e rapidi progressi.
E' fuori discussione che, se per un verso lo sviluppo tecnologico consente
all'individuo di limitare al massimo o addirittura di sottrarsi alla continua esposizione
delle proprie azioni alla collettività, dall'altro quegli stessi mezzi che hanno la funzione
di proteggerlo dal controllo altrui sono capaci di catalogare e registrare le sue azioni, di
conservare la memoria su quanto ha fatto e pertanto di creare nuove e sempre più
invadenti forme di intrusione nella vita privata.
L’aspetto più grave, purtroppo, è che questo avviene senza che l'individuo se ne
renda conto e senza che la legislazione degli Stati possa tenere il passo con tale
incessante evoluzione.
La dottrina civilistica si è sforzata di ricercare nel nostro sistema giuridico una norma
che individuasse un generico ed esplicito diritto alla riservatezza. Alcuni autori,
percorrendo la strada dell’analogia legis, ritengono di aver rinvenuto un diritto alla
privacy nelle norme che garantiscono il diritto di immagine, presumendo una affinità tra
la tutela della riservatezza e quella del segreto inteso come “ulteriore aspetto della
riservatezza”.
Secondo questa corrente di pensiero il diritto all’immagine è una manifestazione del
diritto alla riservatezza quale diritto “alla non conoscenza altrui dell’immagine del
soggetto”, con esclusione delle parti che non rivelano i tratti essenziali dell’individuo e la
cui riproduzione non consente un collegamento con quest’ultimo
40
.
I fautori di questa teoria asseriscono che il diritto alla riservatezza trovi nel nostro
ordinamento un ulteriore referente normativo oltre al diritto all’immagine, alludendo al
40
A. DE CUPIS, Diritti della personalità, I, Milano, 1973, pp. 258 ss. ; contra PUGLIESE Il preteso
diritto alla riservatezza e le indiscrezioni cinematografiche, in Foro it., 1954, I, pag. 118 : l’Autore esclude
il collegamento tra diritto all’immagine e diritto alla riservatezza, secondo lui dovuta ad una insufficiente
analisi del bene tutelato: Pugliese ritiene che la lesione dell’immagine, oltre che sulla riservatezza, incida
immediatamente sulla personalità dell’individuo; <<chi utilizza a qualsiasi fine l’immagine che della
personalità è misteriosa e quasi divina impronta, utilizza in fondo la persona, moltiplicandone senza il suo
volere la presenza morale (…) il diritto all’immagine (…) occupa, nella scala dei valori umani, un posto
più alto, ed è più strettamente connessa alla personalità che non il bene della riservatezza >> . Ma DE
CUPIS Il diritto alla riservatezza esiste, in Foro it., 1954, IV, pag. 90 s, replica che la riservatezza è una
qualità, un modo di essere della persona, un bene ad essa inerente <<… insieme agli altri beni inerenti alla
persona, costituisce ciò che la persona è(…) La personalità individuale è impressa nell’immagine: può ben
comprendersi l’interesse della persona alla conservazione del riserbo intorno a questa. Il diritto
all’immagine (…) costituisce proprio una manifestazione del diritto alla riservatezza. Questo bene, e non
altro, è offeso quando l’immagine della persona è data in pasto alla curiosità popolare >>. Alla tesi di De
Cupis aderisce anche PUGLIATTI, La trascrizione, Vol. I, I, 1957, pag. 12, quando riconosce quale
«specificazione o manifestazione tipica» della tutela della riservatezza <<quel diritto per mezzo del quale
la persona può reagire contro l’arbitraria diffusione della sua immagine>>.
14
diritto al segreto quale tutela rafforzata della riservatezza di cui si ritiene esistano diverse
gradazioni e per effetto delle quali si passa da <<uno stato negativo della persona rispetto
alla conoscenza altrui (riserbo), ad un modo di essere assolutamente negativo della
persona, chiusa nel proprio segreto che vuole congruamente difendere>>
41
.
Altra parte della dottrina è ricorsa al criterio dell’analogia iuris e dunque ai principi
generali dell’ordinamento giuridico, per arrivare ad affermare che, nonostante le norme
sul diritto all’immagine o al segreto tutelino solo aspetti particolari della riservatezza,
esse conservano tutte una ratio comune: garantire la vita privata dell’individuo dalle
indiscrezioni altrui.
Tale ratio si atteggerebbe a principio generale dell’ordinamento vigente, del quale le
norme sono applicazioni particolari.
Il principio generale, a giudizio dei suoi sostenitori, può e deve trovare applicazione
anche nei casi non esplicitamente previsti dalla legge e deve riconoscersi nell’attuale
ordinamento <<un diritto generale alla riservatezza dello svolgimento della vita
privata>>, quale ulteriore aspetto della libertà individuale, <<concettualmente intesa
come negazione dell’imposizione di vincoli o limitazioni all’estrinsecazione della
personalità e negazione dell’invasione altrui, privata o pubblica, nei modi di
manifestazione della personalità, garantito dall’ordinamento costituzionale e limitato al
solo scopo di consentirne la pacifica coesistenza con le altre manifestazioni della libertà
individuale e la soddisfazione di preminenti interessi pubblici>>.
42
Esiste infine una illustre dottrina, tra l’altro avallata dalla Corte di Cassazione con la
sentenza del 20 aprile 1963 n. 990
43
, la quale sostiene, sulla base dell’art. 2 della
Costituzione, l’esistenza di un unico diritto della personalità comprensivo della
riservatezza.
La teoria in questione muove innanzi tutto una critica nei riguardi dell’impostazione
dottrinaria che vede il proliferare dei diritti della personalità ed ammette l’esistenza di
distinti ed autonomi diritti soggettivi per ogni esigenza della persona (ad es.: il diritto al
nome, il diritto all’onore, il diritto al segreto, il diritto all’immagine e così via.).
L’obiezione mossa a tale orientamento è dovuta alla sua astratta permissività in merito
all’esistenza di figure piuttosto bizzarre di diritti della personalità come il diritto al
numero di telefono o al numero di matricola.
In realtà la persona umana ha un valore unitario e i suoi interessi collettivi, sebbene
concettualmente isolabili, conservano un riferimento oggettivo e sono sostanzialmente
solidali tra loro. Non esistono perciò tanti diritti della personalità, ma un unico diritto che
garantisce l’essere della persona, ossia tutti quei beni personali che servono allo sviluppo
della personalità e di cui la coscienza sociale, che trova espressione nell’opera del
41
DE CUPIS, I diritti della personalità, cit., pag. 258 ss. Anche PUGLIATTI, La trascrizione, cit., pag. 8,
rileva l’esistenza di «una gamma piuttosto ricca di gradazioni, nella quale, dal segreto in senso stretto e
rigoroso, si perviene, attraverso passaggi insensibili, al semplice riserbo»
42
SCHERMI ,Diritto alla riservatezza e opera biografica, in Giust., civ., 1957, I, pag. 215 e ss; contra
Cass.. Sez. I, 22 dicembre 1956 n. 4487, in Giust. civ., 1957, pag. 214 ss. : la Suprema Corte nega
l’esistenza di un generico diritto alla riservatezza nel nostro ordinamento giuridico garantendo protezione
solo ad alcuni aspetti determinati della vita privata dalle indiscrezioni altrui.
43
Sulla cfr. il paragrafo successivo
15
legislatore e del giudice, ritiene necessaria la tutela. La coscienza sociale si pone come
limite interno alla categoria dei diritti della personalità, nel senso che l’interesse
dell’individuo al rispetto di sé e della persona deve fare i conti e bilanciarsi con
l’interesse generale al libero svolgimento della vita di relazione. Questo limite interno,
anche se non è stabilito dal legislatore, si desume dal costume e determina che la
categoria dei diritti della personalità non è illimitata, mentre indefinito e vario, sia pure
nei limiti anzidetti, è il suo contenuto
44
.
44
GIANPICCOLO, La tutela giuridica della persona umana e il c.d. diritto alla riservatezza, in Riv. trim.
dir. proc. civ., 1958, 458 ss; Contra SGROI, Il diritto alla riservatezza di nuovo in Cassazione, in Giust.
civ., 1963, I, 2, pag 1282 ss., che critica l’idea di Gianpiccolo per cui l’unico diritto della personalità
garantisce ogni interesse umano che il costume sociale ritiene meritevole di protezione, essendo necessario
che la valutazione da parte della coscienza sociale sia recepita dall’ordinamento; occorre pertanto trovare
un fondamento normativo al diritto alla riservatezza e ciò è possibile, secondo l’autore, mediante il ricorso
all’analogia che autorizza il riconoscimento soggettivo della riservatezza e la determinazione dei relativi
limiti.