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E non potrebbe essere altrimenti essendo la capacità di generare
riflessività, ed autoriflessività, una delle caratteristiche chiave di
questo fenomeno organizzativo.
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Il Progetto di lavoro
Questa tesi è articolata in quattro capitoli:
il primo affronta il concetto di apprendimento organizzativo a
partire dai cenni storici che lo contestualizzano, fino all'analisi dei
suoi limiti; il secondo descrive alcuni approcci metodologici
trasferiti nella pratica dalle riflessioni e dalle esperienze degli
autori; il terzo introduce la ricerca sul campo realizzata per rilevare
lo stato dell’arte dell’apprendimento organizzativo nelle strutture
formative dell’Emilia-Romagna e la trasferibilità dei modelli
formativi ad esso ispirato, mentre il quarto ne presenta i risultati.
Nel capitolo 1, dai punti 1.1. fino a 1.5., prenderò in esame il
concetto ed il filone di studi organizzativi che vanno sotto
l'etichetta di Apprendimento Organizzativo; analizzerò poi la
letteratura al punto 1.6. mentre al punto 1.7. parlerò dei limiti
dell'apprendimento.
Nel capitolo 2 presenterò alcuni tra gli approcci metodologici
maggiormente in uso, ispirati alla logica dell'Apprendimento
Organizzativo.
Sostiene Pearn che un'impresa si può dedicare con impegno
all'addestramento e allo sviluppo, ma allo stesso tempo essere
esposta a gravi problemi per non aver acquisito la capacità di
identificare i rapidi cambiamenti del mondo esterno e tenersi al
passo con essi.
Mentre alcune organizzazioni riescono ad identificare la direzione
del cambiamento imminente, ma non sono abbastanza veloci per
adattarvisi, altre non lo vedono nemmeno arrivare e vengono
sopraffatte dalla concorrenza e dai radicali mutamenti nei loro
mercati (Pearn, 1996).
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La capacità di identificare i rapidi cambiamenti è dunque l'abilità
preminente che consente alle organizzazioni di sopravvivere; essa
richiama processi di riflessione ed autoriflessività, creazione e
scambio di informazioni, la conoscenza dell'ambiente esterno ed
interno alle organizzazioni, in una parola: la capacità di apprendere.
La vera sfida, continua Pearn, non è definire l'organizzazione che
apprende, ma realizzarla! L'organizzazione che apprende non è
infatti un obiettivo da raggiungere, ma solo un modo di pensare a
come deve essere un'organizzazione, capace di assicurarsi
sopravvivenza e successo.
Su questa sfida si concretizzerà la ricerca sul campo
sull’apprendimento organizzativo nelle strutture formative
dell’Emilia-Romagna che sarà presentata nel capitolo 3; trattandosi
di uno studio descrittivo essa non muoverà da una ipotesi specifica
da verificare; i dati raccolti saranno lo spunto per una riflessione
che mi auguro possa convergere in quella più ampia in corso
avviata da tempo da strutture formative interne ed esterne alle
organizzazioni produttive.
Campione della ricerca saranno dunque alcune strutture formative
che operano sul territorio della Regione Emilia-Romagna; ai
responsabili, o a chi da loro sarà delegato, sarà somministrato un
questionario i cui obiettivi principali sono: conoscere come viene
“pensata” l'organizzazione che apprende; come si acquisiscono,
interpretano, trasmettono e immagazzinano le informazioni e le
conoscenze; che valore viene attribuito all'apprendimento
dall'esperienza e da ultimo attraverso quali metodologie formative
queste stesse modalità di apprendimento possano essere trasferite
alle organizzazioni clienti.
9
Nel capitolo 4 , con la presentazione dei risultati della ricerca , si
potrà infine delineare lo stato dell’arte dell’apprendimento
organizzativo nelle strutture formative dell’Emilia-Romagna.
Le considerazioni conclusive chiuderanno questo lavoro, traendo la
sintesi dell’esperienza compiuta.
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1. L’apprendimento organizzativo
"L'apprendimento organizzativo è l'insieme dei processi attraverso
i quali le organizzazioni producono conoscenza
e imparano dall'esperienza"
(Gherardi, Nicolini, Odella, 1997).
1.1. Cenni storici
Rispetto ai classici processi organizzativi quali il controllo, la
decisione, la formulazione di strategie o lo sviluppo organizzativo,
il tema dell'apprendimento, emerso in tempi relativamente recenti
nel campo del management e nella letteratura sulle organizzazioni,
ha antecedenti fondativi nell'idea che le organizzazioni possano
apprendere, già contenuta concettualmente nell'ipotesi di
razionalità limitata di Simon (1947, 1956) e nella teoria
comportamentale di Cyert e March (1963).
E' solo recentemente, nell'ultimo quarto del secolo appena
concluso, che ricerche e teorie sempre più raffinate hanno studiato
e concettualizzato l'apprendimento organizzativo in modo
sistematico e con molteplici prospettive.
L'attenzione per questo fenomeno è cresciuta vertiginosamente
negli ultimi anni negli Stati Uniti e in Europa sospinta dall'esigenza
di rispondere alle necessità del cambiamento non solo con
interventi esogeni rispetto alle dinamiche organizzative come
ristrutturazioni, downsizing e reingenerizzazioni, ma anche dando
voce ai protagonisti delle dinamiche stesse; tuttavia, nonostante la
sua sempre maggiore diffusione, esso rimane tuttora, come si è
detto, oggetto di controversie nel campo degli studi organizzativi.
11
1.2. Organizzazione & Apprendimento
Nell'ambito degli studi organizzativi, l'approccio classico analizza
la dinamica organizzativa nella sua evoluzione dalla fine dell'800
all'età contemporanea, attraverso tre distinte prospettive in parte
sovrapposte, in parte in conflitto ed in parte complementari l'una
all'altra.
Alla prima di esse corrisponde la nascita dell'economia di scala
imperniata nella produzione di grandi quantità di beni e con scarsa
attenzione alle risorse umane, allora chiamate forza-lavoro.
La seconda incorpora gli studi sul nascente interesse per
l'interazione dell'uomo con la macchina in funzione di una sua
ottimizzazione, anche alla luce dei processi di alienazione prodotti
sulle persone dai rigidi schemi dello scientific management di
Taylor.
La terza osserva sia l'attuale passaggio da una produzione di tipo
industriale a post-industriale, ossia da una produzione sempre
minore di beni ad una sempre maggiore di servizi, sia l'impatto
della velocità dei cambiamenti sulle organizzazioni.
Queste tre prospettive sono conosciute come: prospettiva
dell'organizzazione come sistema razionale, naturale e aperto; esse
hanno generato, a loro volta, una serie di modelli che consentono di
spiegare, analizzandolo e descrivendolo, il complesso fenomeno
organizzativo.
Di questa classica distinzione mi servirò dunque per rilevare i
bisogni di apprendimento delle organizzazioni e la valenza
strategica che ad esso viene di volta in volta conferita.
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Prospettiva dell'organizzazione come sistema razionale
e bisogni di apprendimento organizzativo
In un primo periodo, fine '800 - primi decenni del '900, lo studio
dell'apprendimento nelle organizzazioni era limitato ai soli aspetti
meccanici del processo individuale di apprendimento. Del resto,
come sottolinea Scott (R. Scott, 1985), nella prospettiva
dell'organizzazione come sistema razionale "gli assetti strutturali
interni all'organizzazione sono considerati come strumenti
deliberatamente disegnati per l'efficiente realizzazione dei fini".
I teorici del sistema razionale hanno dunque virtualmente ignorato
la struttura comportamentale delle organizzazioni concentrando
l'attenzione sulla struttura normativa.
E' questa la ragione per la quale il fenomeno dell'apprendimento
era rilevante solo in funzione alla ottimizzazione della funzione
produttiva; si ignoravano i vantaggi dell'apprendimento strategico e
organizzativo; i problemi aziendali erano trattati a livello operativo
e tendevano ala razionalizzazione delle singole attività. Il processo
di apprendimento veniva considerato solo a livello individuale,
come logica conseguenza dell'esperienza ripetuta dal lavoratore che
generava maggiore rapidità ed efficienza.
Prospettiva dell'organizzazione come sistema naturale
e bisogni di apprendimento organizzativo
In una seconda fase, a partire dagli anni '30 fino alla metà del
secolo, si sviluppa nella prospettiva dell'organizzazione come
sistema naturale, una diffusa attenzione ai problemi strategici tra i
quali l'apprendimento, che viene ora considerato un aspetto
fondamentale della dimensione organizzativa. Ciò avviene in
seguito all'arricchimento degli studi organizzativi dei contributi
della scuola delle relazioni umane e di tutta una serie di indagini
13
sociologiche e socio-psicologiche. Si prende atto cioè del fatto che
l'organizzazione, oltre ad essere un fenomeno tecnico, è anche un
fenomeno umano; ci si preoccupa dei processi socio-psicologici
che avvengono in esse anche se tuttora con approccio di tipo
pragmatico
Prospettiva dell'organizzazione come sistema aperto
e bisogni di apprendimento organizzativo
Come ultima evoluzione della qualificazione a elemento strategico
conferito all'apprendimento nelle organizzazioni, abbiamo la terza
ed ultima prospettiva, quella dell'organizzazione come sistema
aperto; secondo questa concezione è lo stesso orientamento
strategico dell'impresa ad essere considerato il risultato di un
processo di apprendimento diffuso a tutti livelli.
Il confronto con situazioni sempre più complesse e la competizione
sempre più spinta, porta a spostare l'attenzione dalla gestione di
attività ripetitive, secondo la logica dell'esperienza,
all'apprendimento in corso d'azione, secondo la logica della
sperimentazione, alla ricerca cioè di modalità di gestione
alternative a quelle predefinite nel passato.
L'attività cognitiva non riguarda più solo i vertici dell'impresa che
definiscono piani e procedure ed affidano alla macchina
organizzativa il compito di realizzarli nel modo più efficiente
possibile, anche ai livelli organizzativi inferiori si richiede un
impegno cognitivo, oltre che operativo.
E' così che a partire dall’apprendimento individuale e in piccoli
gruppi, si propaga a tutti i livelli dell'organizzazione il processo di
apprendimento collettivo.
14
1.3. Apprendimento Organizzativo & Metafora
Secondo Gherardi l'apprendimento organizzativo costituisce una
metafora che avvicinando due termini estranei, organizzazione ed
apprendimento, consente di esplorare creativamente il rapporto fra
l'organizzazione e il conoscere (Gherardi, 1994).
Molti autori hanno utilizzato la metafora per spiegare le
organizzazioni; Morgan ha cercato di classificarle in categorie più
ampie e suggestive di quelle appena descritte. Nella sua opera
"Image, le metafore dell'organizzazione", ritenuta un caposaldo
della letteratura organizzativa, Morgan affronta l'analisi delle
organizzazioni dal punto di vista di tutte le scienze umane
evidenziando la rilevanza del fenomeno organizzativo sia dal punto
di vista teorico sia da quello metodologico. Egli fornisce un
discreto numero di modelli di organizzazione traendoli da
altrettante discipline e presentandoli ciascuno con una propria
metafora; abbiamo così organizzazioni viste di volta in volta come
macchine, organismi, cervelli, sistemi culturali, politici, come
prigioni psichiche, come flusso e come divenire ed infine come
strumenti di potere (Morgan, 1986).
Argyris e Schön (Argyris & Schön, 1978)
1
, dichiarando i
1
Donald A. Schön
scomparso nel 1997, era Ford Professor Emeritus e Senior Lecturer presso il
Department of Urban Studies and Planning del Massachusetts Institute of Technology
(MIT). Dopo aver ricevuto una formazione filosofica, è stato pedagogo, consulente di
organizzazione, dirigente pubblico e presidente di un'organizzazione di consulenza
nel campo della ricerca sociale non profit. Si è occupato, come ricercatore e
professionista, dei problemi connessi all'innovazione tecnologica, all'apprendimento
organizzativo, all'efficacia e alla formazione professionale. Con il libro "The
Reflective Practitioner" (1983) Schön ha descritto la conoscenza-in-azione tacita che
gli attori portano con sé nella vita ordinaria, la capacità di "riflettere-in-azione", la
capacità di riflettere sul conoscere-in-azione e il rilfettere-in-azione, in virtù della
quale gli attori possono formulare e criticare le loro strategie d'azione e i loro modi di
concepire problemi e ruoli.
15
riferimenti teorici alla base della loro teoria dell'azione
2
,
suggeriscono a loro volta alcune metafore delle organizzazioni
attraverso le quali individuarne i correlati bisogni di
apprendimento.
Dalle loro riflessioni ho tratto la scheda che segue così organizzata:
per ogni metafora ho specificato l'approccio teorico dal quale è
tratta, ho altresì evidenziato il focus della riflessione, presentato
alcuni degli autori che maggiormente si sono distinti e indicato il
tipo di apprendimento organizzativo che da essa viene generato.
Chris Argyris è James Bryant Conant Professor of Education and Organizational
Behavior presso l'Univeristà di Harvard. Ha ricevuto il Bachelor of Arts in psicologia
presso la Clark University (1947), il Master of Arts in economia e psicologia presso
l'Università del Kansas (1949) e il PhD in comportamento organizzativo presso la
Cornell University (1951). Le prime ricerche di Argyris si concentrano sulle
conseguenze non intenzionali prodotte sugli individui dalle strutture organizzative, la
leadership dirigenziale, i sistemi di controllo e i sistemi informativi gestionali e sulle
modalità con cui gli individui si adattano per modificare tali conseguenze (Personality
and Organization,1957). Egli ha poi rivolto la sua attenzione ai modi con cui si
possono mutare le organizzazioni, in particolare al comportamento dei dirigenti dei
livelli organizzativi superiori.
Negli ultimi decenni ha sviluppato, assieme a Donald Schön, una teoria
dell'apprendimento individuale e organizzativo in cui il ragionamento umano, non
soltanto il comportamento, diviene la base della diagnosi e dell'azione (Theory in
Practice, 1974; Organizational Learning, 1978).
2
Negli studi sull'apprendimento organizzativo condotti da Argyris e congiuntamente
da Argyris e Schön, i due autori partono dall'ipotesi che ogni azione e
comportamento, sia individuale sia organizzativo, abbia una base cognitiva
incorporata in una teoria-dell'azione la cui forma generale è la seguente: "nella
situazione S, se vuoi produrre la conseguenza C, sulla base dei presupposti a...n, fai
A" (Argyris, Schön, 1978).
Una teoria dell'azione è dunque una teoria del comportamento umano deliberato che,
mentre per l'agente è una teoria del controllo, quando dall'osservatore viene
attribuita all'agente stesso, serve anche a spiegare o a predire il suo comportamento.
Una teoria dell'azione ha due componenti fondamentali: la teoria dichiarata (TD) e la
teoria-in-uso (TU). La teoria dichiarata è quella che l'agente enuncia per descrivere il
suo comportamento, la teoria in uso invece è quella che governa le azioni e i
comportamenti effettivi dell'agente. Essa è insomma una sorta di programma o
schema per l'azione con cui l'agente è attrezzato per raggiungere obiettivi e
influenzare le variabili ambientali.
La teoria in uso può essere compatibile o no con la teoria dichiarata. L'agente inoltre
può essere consapevole o inconsapevole dell'incompatibilità delle due teorie
(Lanzara, 1998).
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Sei metafore dell'organizzazione
ORGANIZZAZIONE COME GRUPPO
approccio: psicologico-sociale
focus: il singolo o gli individui in relazione tra loro
autori: Kurt Lewin
L' organizzazione come gruppo è vista come un insieme di persone
che interagiscono su base regolare e condividono il senso
dell'azione comune. L'individuo è l'elemento saliente del contesto e
risente del clima del gruppo che può essere più o meno facilitante
in termini di apertura e fiducia tra i membri.
L'apprendimento organizzativo è un termine che da questo punto di
vista riguarda sia gli individui nel gruppo sia il gruppo stesso in
quanto gli individui interagiscono per finalità condivise.
ORGANIZZAZIONE COME AGENTE
approccio: razionale-scientifico
focus: i processi di decisione come fatti salienti
autori: Taylor, Simon
L'organizzazione in questo caso non è riconducibile né agli
individui che la compongono né alle loro interazioni: è essa stessa
un soggetto inteso come senziente, attivo, dotato di scopi che tende
a raggiungere con ogni sforzo.
L'apprendimento organizzativo in questa prospettiva strumentale e
razionale è il miglioramento basato sull'esperienza nella
realizzazione dei compiti organizzativi messo in atto dai singoli
decisori e progressivamente codificato in mappe, memorie e
programmi dell'organizzazione. Lo sviluppo dell'apprendimento
organizzativo coincide con l'incremento di efficacia nella soluzione
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dei problemi da parte di coloro che hanno il potere di decidere.
ORGANIZZAZIONE COME STRUTTURA
approccio: burocratico
focus: le gerarchie
autori: Max Weber
L'organizzazione come struttura ha un antecedente nella burocrazia
razionale di Max Weber in cui il lavoro è suddiviso in compiti
uniformi, le unità sono compartimentate, le gerarchie
rigorosamente stabilite. La visione forse ancor oggi più diffusa
sostiene invece la falsa equazione: organizzazione =
organigramma.
L'apprendimento organizzativo si identifica in questa prospettiva
nello stesso cambiamento di struttura; un'organizzazione può essere
considerata capace di apprendere quando è in grado di ristrutturarsi
in risposta a cambiamenti dell'ambiente interno o esterno
ORGANIZZAZIONE COME SISTEMA
approccio: cibernetico (senza trascurare gli approcci
focalizzati sui problemi della distribuzione delle
informazioni e quelli che hanno studiato le
interazioni uomo-macchina in termini di sistema
socio-tecnico)
focus: l'interazione ambientale
autori: Wiener, Ashby, Von Bertanlaffy, Bateson
Il sistema-organizzazione è un'entità autoregolante, un complesso
che mantiene caratteristiche costanti attraverso cicli di azione,
individuazione dell'errore e correzione dell'errore.
L'apprendimento organizzativo si identifica generalmente con i
processi che consentono l'individuazione e correzione d'errore.
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ORGANIZZAZIONE COME CULTURA
approccio: psico-socio-antropologico
focus: culture come schemi
autori: Lèvi-Strauss; gli antropologi cognitivi Douglas,
Van Maanen; gli psicologi cognitivi Piaget e
Bruner; March e Olsen, Mead, Berger e
Luckman
Le organizzazioni sono piccole società i cui componenti creano
significati condivisi, simboli, rituali e schemi cognitivi che
consentono di stabilire e mantenere interazioni significative tra loro
e con il mondo circostante. Le culture organizzative sono viste
come schemi per categorizzare la realtà, associati con processi
decisionali e processi di interpretazione delle anomalie.
L'apprendimento organizzativo si identifica da questo punto di
vista nei processi di socializzazione individuale della cultura
dell'organizzazione; gli attori sociali non solo prendono conoscenza
della realtà sociale che essi stessi hanno costruito, ma sono anche
capaci di riflettere sul proprio senso della realtà e di operare
deliberatamente per trasformarlo.
ORGANIZZAZIONE COME POLITICA
approccio: sociologico
focus: i conflitti interni ed esterni
autori: Simmel, Crozier, Frieberg, Dewey
Organizzazione è politica sia nel senso alto della polis greca, che
chiama tutti i propri membri a partecipare della sua gestione, sia
nel senso più corrente di arena del confronto tra gruppi di interesse
che si contendono il territorio e il controllo delle risorse.
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L'apprendimento organizzativo può avere, in questo approccio, due
significati differenti: il primo coincide con le strategie che gli
autori mettono in atto per riuscire a vincere le loro contese, il
secondo, molto diverso, riguarda invece i processi di
consapevolezza collettiva delle ragioni del contendere e le
possibilità di trasformare la contesa in cooperazione e la politica in
inquiry (Dewey).