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finanziamento delle imprese nei primi stadi di vita, mentre si fa
riferimento all'expansion financing per indicare gli interventi
effettuati in imprese già sviluppate e mature, che necessitano di
capitali per consolidare la crescita. In Europa, pur essendo in atto un
processo di adattamento terminologico e metodologico agli standard
Statunitensi, fino ad oggi si è distinto tra private equity, comprensivo
di tutte le operazioni realizzate su fasi del ciclo di vita delle aziende
successive a quella iniziale, e venture capital, ossia finanziamento
dell'avvio di impresa. Gli operatori attivi in tale mercato vengono
spesso definiti, genericamente, venture capitalist, indipendentemente
dalla tipologia di operazioni che pongono in essere e fatto salvo un
recente maggior utilizzo del termine private equity investors per i
soggetti focalizzati sulle fasi avanzate del ciclo di vita delle imprese.
Il ruolo che l'investimento in capitale di rischio ha in un moderno
sistema finanziario è rilevante sotto numerosi profili. Innanzitutto, sul
fronte dell'impresa, la possibilità di far ricorso ad operatori
specializzati nel sostegno finanziario finalizzato alla creazione di
valore, consente alle stesse di reperire capitale «paziente», che può
essere utilizzato per sostenere la fase di start up, piuttosto che piani di
sviluppo, nuove strategie, acquisizioni aziendali, passaggi
generazionali o altri processi critici del loro ciclo di vita. In
particolare, tale capitale può essere utilizzato dall'impresa per
sviluppare nuovi prodotti e nuove tecnologie, per espandere il
circolante, per finanziare acquisizioni, o per rafforzare la struttura
finanziaria di una società. Il private equity può anche essere
impiegato per risolvere problemi connessi con la proprietà di
un'impresa o con il fenomeno del passaggio generazionale. Inoltre, è
lo strumento privilegiato per la realizzazione di operazioni di buy
out/buy in, effettuate da manager esperti. Poiché, inoltre, il supporto
dell'investitore istituzionale non si esaurisce nella mera fornitura di
capitale di rischio, un ulteriore vantaggio deriva dalla disponibilità di
know how manageriale che l'investitore mette a disposizione
dell'impresa per il raggiungimento dei suoi obiettivi di sviluppo. Ciò
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si traduce anche nella possibilità di supporto alla crescita esterna,
attraverso contatti, investimenti, collaborazioni ed altro, con
imprenditori dello stesso o di altri settori. Spesso la crescita attraverso
fusioni e/o acquisizione offre sensibili vantaggi in virtù della
tempestività con la quale è possibile entrare in nuovi settori o
guadagnare nuove quote di mercato. Il socio istituzionale possiede
una profonda esperienza basata su una moltitudine di realtà
imprenditoriali diverse e, pertanto, gode di un invidiabile esperienza
cui la società può accedere. L'investitore istituzionale nel capitale di
rischio ha, per esempio, solitamente esperienza anche in tema di
accompagnamento alla quotazione, capacità preziosa in tale delicato
processo e che può essere d'aiuto nel definire il timing e le procedure
interne ottimali. È poi comprovato che alle imprese partecipate da
investitori istituzionali siano riconducibili performance economiche
superiori rispetto alle altre realtà imprenditoriali, apportando un
beneficio a livello di sistema. L'attività di investimento nel capitale
di rischio contribuisce, dunque, notevolmente allo sviluppo del
sistema industriale e dell'economia nel suo complesso selezionando
imprese a rapido tasso di crescita e fornendo loro il capitale
necessario per svilupparsi.
La più classica e diffusa segmentazione del mercato del capitale di
rischio, le cui categorie, seppur con minimi adattamenti geografici,
sono internazionalmente adottate dagli operatori, dalle associazioni e
dai centri di ricerca, anche ai fini statistici, classifica le tipologie di
investimento, sostanzialmente, a seconda delle diverse fasi del ciclo di
vita dell'impresa target. In tale ottica, si parla di seed (finanziamento
dell'idea) e start up financing per individuare gli interventi cosiddetti
di early stage, volti cioè a finanziare le primissime fasi di avvio
dell'impresa. Successivamente, qualora l'investimento sia finalizzato a
supportare la crescita e l'implementazione di programmi di sviluppo di
aziende già esistenti, vengono utilizzati i termini expansion financing
o development capital, mentre si parla di replacement capital (capitale
di sostituzione) per riferirsi ad interventi che, senza andare ad
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incrementare il capitale sociale dell'impresa, si pongono l'obiettivo di
sostituire parte dell'azionariato non più coinvolto nell'attività
aziendale. Ancora, tutte le operazioni orientate al cambiamento totale
della proprietà dell'impresa, sia a favore di manager interni alla stessa
società (management buy out) che di manager esterni (management
buy in), con il frequente uso della leva finanziaria come strumento di
acquisizione (leveraged buy out), vengono generalmente raggruppate
nella categoria dei buy out; così come si parla di turnaround per
indicare gli investimenti di ristrutturazione di imprese in crisi e di
bridge financing con riferimento agli interventi finalizzati, sin dal
momento della loro realizzazione, nell'accompagnare l'impresa in
Borsa. All'interno delle dette categorie sono, a loro volta, individuabili
ulteriori tipologie di investimento, a seconda della specifica fase
aziendale e dello specifico tipo d'intervento.
La crescente complessità dei settori «merceologici» e delle peculiari
problematiche ad ognuno di essi riconducibile (si pensi all'ampio
comparto dell'Information Technology ed a quanto sta avvenendo nei
sistemi economici più avanzati, dove aziende «neonate» sono già
pronte alla quotazione in Borsa) fa sì che, in determinati casi, lo stadio
di sviluppo delle diverse imprese, e le esigenze finanziarie ad esso
collegate, poco si prestino ad una schematizzazione classica. In più,
gli operatori nel capitale di rischio sviluppano di continuo avanzati
strumenti di ingegneria finanziaria, sempre più complessi e sofisticati,
attraverso i quali si fa uso contemporaneo di diverse leve e che, per
questo motivo, sono difficilmente catalogabili. Alla luce di ciò, si
ritiene di dover esprimere, oggi, una più corretta classificazione,
basata sulla macro ripartizione tra le diverse esigenze strategiche
dell'impresa, le problematiche ad esse riconducibili e gli obiettivi di
soddisfacimento di queste che si pone l'investitore.
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In tale ottica, gli interventi degli investitori istituzionali nel capitale di
rischio possono essere raggruppati, classificati e caratterizzati sulla
base di tre principali tipologie:
1. finanziamento dell'avvio;
2. finanziamento dello sviluppo;
3. finanziamento del cambiamento/ripensamento.
Alla prima categoria viene ricondotta l'attività propriamente detta di
venture capital, mentre la seconda e la terza rientrano nel segmento
del private equity.
All'interno della prima categoria sono ricondotti tutti gli interventi il
cui obiettivo è quello di supportare la nascita di una nuova iniziativa
imprenditoriale, sia essa ancora nella fase embrionale, che nelle
primissime fasi di avvio. Dal punto di vista della domanda (impresa),
la richiesta di intervento è generalmente riconducibile a un
imprenditore intenzionato a sviluppare una nuova invenzione, o a
migliorare/implementare un prodotto/processo produttivo esistente.
Prima che la commercializzazione del nuovo prodotto sia avviata e
consegua i primi successi, servono spesso ricerche (di base, di
mercato, ecc... ) o altre attività, le quali richiedono investimenti a volte
onerosi. Inoltre, ciò di cui il portatore della nuova idea imprenditoriale
ha spesso grande bisogno è un apporto in termini di capacità
imprenditoriale, di competenze aziendali e manageriali. Nelle
operazioni di avvio, o di early stage, l'uomo necessita spesso, più che
di un mero contributo in termini di capitali, di un aiuto nella
definizione della formula imprenditoriale e nella riflessione sulla
propria posizione competitiva. Al tempo stesso, l'investitore deve
necessariamente avere fiducia non solo nelle potenzialità del
business, ma anche negli uomini che con lui lo condurranno. Una
distinzione deve poi essere effettuata tra il lancio di prodotti e servizi
ad alto contenuto tecnologico (high tech) e attività di tipo più
tradizionale. La necessità di conoscenze altamente specializzate e
ancora non particolarmente consolidate (specie nei paesi dell'Europa
continentale), unita alla rapidità di obsolescenza dei prodotti e dei
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processi tipica dei settori tecnologici, caratterizzano gli investimenti
effettuati in tale comparto, soprattutto in termini di necessità di
valutazione delle capacità imprenditoriali più che reddituali
dell'impresa e di diminuzione dei tempi di permanenza del socio
istituzionale nella compagine azionaria.
La seconda categoria di interventi effettuati da investitori
istituzionali nel capitale di rischio è riconducibile a tutte quelle
situazioni nelle quali, a diverso titolo e secondo diverse modalità,
l'impresa si trovi di fronte a problematiche connesse al suo sviluppo.
Lo sviluppo di un'attività imprenditoriale che ha già raggiunto un
determinato livello di maturità, può essere generalmente perseguito
attraverso l'aumento o la diversificazione diretta della capacità
produttiva (sviluppo per vie interne), l'acquisizione di altre aziende o
rami di azienda (sviluppo per vie esterne), oppure l'integrazione con
altre realtà imprenditoriali, fermo restando un elevato grado di
autonomia operativa delle singole unità (sviluppo «a rete»). Nel
primo caso, il contributo dell'investitore nel capitale di rischio sarà
prevalentemente di natura finanziaria, anche se, essendo
generalmente presenti ancora molte aree di sviluppo inesplorate,
soprattutto in termini di diversificazione produttiva e geografica,
l'elemento consulenziale potrà rilevarsi estremamente prezioso. Nel
caso si intendessero perseguire gli obiettivi di sviluppo attraverso una
crescita per vie esterne, particolare importanza è assunta dal network
internazionale che l'investitore è in grado di attivare per
l'individuazione del partner ideale. In virtù di ciò, questo genere di
interventi risulta particolarmente congeniale agli operatori che
dispongono di una consolidata esperienza di carattere internazionale
e una notevole rete di conoscenze in seno a realtà economiche e
industriali di paesi diversi. Nel terzo caso, infine, si fa riferimento ad
una tipologia di intervento finalizzata al raggruppamento (cluster) di
più società operative indipendenti, integrabili verticalmente od
orizzontalmente e caratterizzate da considerevoli similitudini in
termini di prodotti, mercati e tecnologie, possedute da una holding
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svolgente un ruolo di coordinamento strategico e dove la
maggioranza è detenuta da una o più società di investimento.
La terza categoria di interventi in capitale di rischio è finalizzata al
finanziamento di processi di cambiamento interni all'azienda, che,
seppur fondati su motivi differenti, spesso portano ad una modifica,
più o meno profonda, dell'assetto proprietario della stessa. Si tratta
della categoria maggiormente indipendente, rispetto alle altre, dallo
stadio di sviluppo raggiunto dall'impresa, che invece colloca la
necessità di ricorso ad un investitore istituzionale nell'esigenza di un
suo «ripensamento». Le motivazioni che si pongono alla base del
cambiamento possono risiedere tanto nel cosciente raggiungimento,
da parte dell'impresa, di una fase anagrafica, strategica o patrimoniale
di «stallo», per il cui superamento è necessario una modifica del suo
assetto, quanto nel verificarsi involontario di eventi negativi.
Il primo capitolo del lavoro si occuperà quindi del mercato del
private equity in Italia o dell’attività di merchant banking. Esamina
dapprima le diverse tipologie di investimenti azionari, in base alle
caratteristiche settoriali delle imprese, all’origine e alle finalità delle
operazioni allo stadio di sviluppo aziendale in cui si colloca
l’operazione.
Il secondo capitolo è di carattere più specifico e affronta il tema del
capitale di rischio nelle imprese caratterizzate da innovazione
tecnologica con un’analisi che si sviluppa in uno schema che assume
il ciclo di vita dell’impresa dalla nascita allo sviluppo e al
consolidamento.
Il terzo capitolo presenta un’analisi delle tappe fondamentali del
percorso di quotazione.
Il quarto capitolo fa un’analisi dell’imprese innovative.