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conoscenza. In altre parole il business model tradizionale rappresenta una
concatenazione d’attività e processi che incorpora cose fisiche e contenuti di
conoscenza, sicché la generazione di valore deriva da elementi materiali e
immateriali.
Nella situazione dell’economia digitale si viene a verificare una possibile
trasformazione della catena del valore tradizionale. Si può verificare la
dissociazione dei processi fisici dalla conoscenza. Alla catena del valore esistente,
si affianca un’altra catena caratterizzata dalla natura digitale, virtuale e
conoscitiva. Ciò che distingue le due catene è il ruolo della conoscenza e
dell’informazione. Mentre nella catena fisica la conoscenza e l’informazione
costituiscono un supporto a fasi e a processi fisici; in quella virtuale queste
divengono fonte autonoma di generazione di valore. La catena virtuale ha una
propria infrastruttura (piattaforma tecnologica) e uno specifico contesto (modalità
d’organizzazione del business).
Nel terzo capitolo, si affronta l’accesa critica che Normann e Ramirez portano al
modello di Porter.
Secondo questi autori, il microprocessore e le tecnologie collegate, insieme ai
cambiamenti sociali da loro favoriti, hanno dato origine a nuove scelte per
produrre valore che non si può rappresentare attraverso la catena del valore a
causa dei tipici limiti di linearità (unidimensionale), unidirezionalità e sequenzialità
che essa presenta. Termini quali: sincrono, parallelo, convergente, distribuito, co-
processato, co-prodotto, dimostrano le nuove possibilità in grado di infrangere i
vincoli di tempo, spazio, d’interfaccia e di ruolo, insiti nei tradizionali modelli
strategici.
Modificando i concetti di catena del valore nel pensiero strategico, si ottiene un
cambiamento non solo del modello, ma anche nel modo di concepire la strategia,
l’azienda, la creazione del valore e l’organizzazione.
Nel quarto capitolo si affrontano le possibili configurazioni del valore, come la
catena del valore della conoscenza, i value shops e i value network.
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La prima è una catena emergente in un contesto in cui la ricchezza materiale sta
lasciando sempre più posto alla quella generata dall’economia immateriale, basata
soprattutto sulla conoscenza, l’informazione e la comunicazione.
Nel caso della catena fisica, la conoscenza è un supporto a fasi e processi fisici.
Nel caso della catena virtuale la conoscenza è fonte autonoma di generazione del
valore.
I value shops e i value network sono due modelli di recente acquisizione.
La catena del valore è un modello per fare prodotti, quindi il value shop è un
modello per risolvere problemi e il value network un modello per mediare gli
scambi tra i clienti. Ogni modello utilizza differenti attività e crea il valore in forme
diverse l’uno dall’altra.
Il quinto capitolo affronta la tematica della catena del valore virtuale. Virtuale sta
ad indicare una nuova modalità d’incontro tra la domanda e l’offerta che si
realizza, a prescindere dalla dimensione fisica. La virtualizzazione, in altre parole
l’eliminazione della relazione fisica, viene a crearsi con l’uso delle tecnologie
digitali, ossia con l’applicazione di sistemi digitali, che può riguardare una parte
più o meno estesa dei processi e delle funzioni aziendali, nonché delle relazioni
intra e interaziendali.
La spinta fornita dalla digitalizzazione intensiva di tutte le attività aziendali, ha
creato oggi nuove forme di creazione del valore. Ogni forma di business oggi
compete in due mondi: una dimensione fisica di risorse che si possono vedere e
toccare (marketplace), e una dimensione virtuale composta prevalentemente da
informazioni (marketspace).
L’ultimo capitolo tratta l’ultima evoluzione della catena del valore: l’ e-business.
L’e-business non riguarda semplicemente le transazioni di commercio elettronico,
ma implica la ridefinizione dei vecchi modelli aziendali con l’aiuto della tecnologia,
per aumentare al massimo il valore dei clienti.
Se un elemento della catena del valore inizia a svolgere la propria attività in modo
elettronico, le altre aziende posizionate sopra e sotto tale catena di valori, devono
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adattarsi, per evitare il rischio di essere sostituite; quindi, ripensare e riprogettare
il modello aziendale non è una delle molte scelte disponibili, ma è il primo passo
fondamentale per guadagnare, o quantomeno sopravvivere, nell’era
dell’informazione. Il mantenimento dello status-quo non è un’scelta praticabile. I
modelli aziendali sono armi strategiche nell’economia digitale. In un ambiente in
cui più variabili (tecnologie, bisogni dei clienti, catene di fornitura) stanno
cambiando contemporaneamente, le vecchie armi della differenziazione (bassi
costi, qualità e miglioramento incrementale dei processi) non rappresentano più
garanzie di crescita. La definizione del modello aziendale non è più un’scelta nella
strategia aziendale, ma ne rappresenta il punto principale.
La ricerca è stata di tipo bibliografico ed esplorativo mediante motori di ricerca
in cui ho potuto trovare interessanti testi d’autori stranieri: Rayport e Sviokla per
quanto riguarda la catena del valore virtuale; Stabell e Fjeldstad per i value
shops e i value network.
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1. LA CATENA DEL VALORE DI PORTER
Il concetto di catena del valore è stato introdotto da Michael Porter nel 1985, nel
libro “Competitive Advantage”.
La catena del valore è un metodo d’analisi per esaminare tutte le attività che
svolgono un’azienda, come esse interagiscono, al fine di scoprire le fonti del
vantaggio competitivo.
Un’impresa acquisisce vantaggio competitivo quando svolge queste attività
strategicamente importanti in modo economico o più efficiente dei suoi
concorrenti.
Possiamo definire il valore come la somma che i consumatori sono disposti a
pagare per quello che un’azienda fornisce loro. Creare valore per i compratori che
superi i costi sostenuti è, in generale, l’obiettivo di qualsiasi strategia.
Si utilizza il valore e non il costo, per analizzare la posizione competitiva, poiché le
imprese spesso aumentano deliberatamente i loro costi per poter spuntare un
prezzo più elevato attraverso la differenziazione.
La catena del valore disaggrega un’azienda nelle sue attività strategicamente
rilevanti allo scopo di comprendere l’andamento dei costi e le fonti esistenti e
potenziali di differenziazioni.
La catena del valore di un’azienda è coinvolta in flusso più ampio d’attività, il
sistema del valore. I fornitori hanno le loro catene che consegnano valore a valle,
passando per la catena dell’impresa, dei canali, mentre si dirigono verso il
compratore.
Le catene del valore delle aziende sono l’una diversa dall’altra, riflettono le loro
storie, le loro strategie, dall’ambito competitivo, dall’estensione geografica dei
mercati serviti.
La catena del valore di un’azienda è un riflesso della sua storia, della sua strategia
e del suo modo di operare.
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Il livello significativo a cui costruire una catena del valore è quello dell’attività di
un’azienda di un particolare settore industriale (l’unità di business). Rappresentare
tutto un settore industriale in un’unica catena rischia di mettere in ombra le fonti
di vantaggio competitivo.
Fig.1 Il sistema del valore
Fonte: Porter, 1985, pag. 44
La catena del valore visualizza il valore totale e comprende due elementi: le
attività generatrici di valore e il margine. Le prime sono attività fisicamente e
tecnologicamente distinte che un’azienda svolge per creare un prodotto valido per
i suoi compratori.
Il margine è la differenza tra valore totale e il costo complessivo sostenuto per
eseguire le attività generatrici di valore.
Le attività generatrici di valore si dividono in due tipologie: attività primarie e di
supporto.
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Le attività primarie sono quelle impegnate nella creazione fisica del prodotto, nella
sua vendita e trasferimento al compratore; quelle di supporto sostengono quelle
primarie fornendo input acquistati, tecnologie, risorse umane e varie funzioni per
tutta l’azienda. Tali attività si possono associare a specifiche attività primarie e al
tempo stesso sono un sostegno per l’intera catena. Le attività infrastrutturali non
sono associate ad alcun’attività primaria particolare, ma sostengono l’intera
catena (Porter, 1985, pag. 24)
Per identificare le attività generatrici di valore bisogna isolare le attività che si
presentano come tecnologicamente e strategicamente distinte.
Attività primarie
Si possono individuare 5 categorie generiche, ciascuna divisibile in un certo
numero d’attività distinte, in funzione dello specifico settore industriale e della
strategia d’impresa.
Logistica in entrata: attività associate al ricevimento, magazzinaggio, distribuzione
degli input al prodotto.
Attività operative: attività associate alla trasformazione degli input nella forma del
prodotto finale.
Logistica in uscita: attività associate alla distribuzione fisica del prodotto al
consumatore.
Marketing e vendite: attività orientate a procurare i mezzi mediante i quali i
compratori possono acquistare il prodotto, comprese le attività di promozione.
Servizi: attività correlate alla fornitura di servizi atti a migliorare o a mantenere il
valore del prodotto.
Ognuna di queste categorie è presente in qualsiasi azienda e può essere più o
meno strategicamente determinante, in funzione del settore in cui si trova.