5
proporzionandosi troppo rispetto alla cultura che lo ospita, al di là dei
necessari processi di adattamento.
Ci chiederemo anche se i sistemi locali riusciranno, con i loro apparati di
mediazione sociale e culturale, a includere la popolazione in arrivo senza
conflitti e con una controllata e tollerabile manifestazione di fenomeni
devianti. Ed ancora se nell’essenza della dimensione esperienziale si possa
trovare la chiave per la risoluzione di intolleranze e razzismi nei confronti
dell’altro da me.
Il proposito del percorso descritto e tracciato nella presente tesi analizza e
descrive il processo migratorio da diversi punti di vista, in particolare
focalizza la sua attenzione sull’esperienza migratoria in età adulta.
Basandoci sulle brevi, ma precise domande più sopra riportate tracciamo
un itinerario che unisce ogni capitolo l’uno all’atro, creando una cornice
all’interno della quale si muove un protagonista, aiutato dalla figura del
mediatore a ritrovare una dimensione di umana convivenza nella
differenza di chi lo ospita.
Nostra intenzione è stata anche quella di evidenziare in modo non
marginale, in particolare nel primo capitolo quello che a nostro avviso è
uno dei fattori più importanti e scatenanti di questo processo, fattore che
abbiamo tentato di visualizzare nelle sue diverse accezioni, positive e
negative. Per non sconfinare in discipline che rischiano di allontanarsi dal
fulcro pedagogico, ci siamo soffermati sul fenomeno della globalizzazione
considerandolo una delle cause promotrici della migrazione, abbiamo
6
evidenziato quindi una causa che motiva l’adulto alla partenza, ma che
effettuata consapevolmente o necessariamente lo porta inevitabilmente ad
affrontare una situazione di convivenza con gli abitanti del paese che lo
ospita. Ancora nel primo capitolo ci sentiamo obbligatoriamente chiamati
a spiegare quale situazione e in quale contesto lo straniero adulto deve
costruirsi un’altra possibile vita.
Un’altra tematica affrontata è quella del multiculturalismo legato
indissolubilmente all’identità di genti diverse che vivono in uno stesso
luogo e che ci permette di porci alcune domande sulle politiche e
prospettive educative possibili. Tutto ciò per capire che certe terminologie
oramai sono da considerarsi obsolete se viste in uno sfondo di
integrazione, interazione, intraculturale.
Notiamo una presenza di bagagli identitari che psicologicamente,
socialmente ed esteticamente, ci differenziano creando nuove possibilità
di vita, innescando meccanismi, intrecci, a partire dal quotidiano fino ad
arrivare ad importanti tematiche come quelle dell’universalità dei diritti
umani.
Creata nel primo capitolo la scenografia all’interno della quale il
protagonista da noi scelto si muove, nel vero senso della parola, nello
spazio, ci soffermiamo nella descrizione accurata, opportuna, della fase
adulta che nella formazione della persona si incontra. Sottolineiamo
inoltre l’intrinseca dimensione educativa contenuta nell’esperienza
dell’incontro, creatrice di cambiamento per chi accoglie e per chi viene
7
accolto: lo straniero e il cittadino che si trovano l’uno incontro all’altro,
nella similitudine e nella prossimità.
Queste premesse ci portano a riflettere su quali possibilità esistano per
facilitare questo confronto all’interno di un complesso contesto
economico, sociale e culturale. Quelle valutate hanno fondamenta
profonde all’interno di un aggiornato sistema educativo che è
rappresentato dall’educazione interculturale che ha radici nell’educazione
alla pace e alla tolleranza, nella conoscenza delle differenze e delle
comunanze, nell’apprendimento di modalità per la risoluzione di problemi
di prima necessità come la conoscenza della lingua, la ricerca di alloggio e
di lavoro, nel rispetto delle culture altre evitando di cadere in processi
quali quello dell’assimilazione o del relativismo culturale che non
promuovono certo il mantenimento del riconoscimento delle diverse
identità culturali.
Nel quarto capitolo sono stati invece descritti gli aspetti psicologici
negativi, da errate forme di comunicazione con conseguente esplosione di
conflitti all’interno delle comunità che ospitano culture differenti. A
partire da ciò si è poi rivolto uno sguardo alle pratiche della mediazione
descrivendone la nascita, e le caratteristiche che assume nell’ambito
culturale, per poi termine, con considerazioni quanto mai importanti sulla
connessione tra, educazione alla cittadinanza, educazione interculturale e
mediazione.
8
1
UN EXCURSUS SUL CONCETTO DI
GLOBALIZZAZIONE
1.1. Globalizzazione: confronto fra una prospettiva globale ed
una dimensione locale
Anthony Giddens ha definito la globalizzazione come “l’addensarsi di
quelle relazioni internazionali che producono un reciproco
condizionamento tra eventi locali ed eventi geograficamente lontani”
1
.
Citiamo Ellwood invece per definire meglio le diverse entità di questi
eventi, le dinamiche oramai imprendibili perché sfuggenti in mille
particelle spesso fuori da ogni controllo che interessano il nostro globo
terrestre, lui sostiene che il termine, “Globalizzazione è una parola nuova
che descrive un processo antico: l’integrazione dell’economia globale che
iniziò davvero cinque secoli fa, con l’avvento dell’era coloniale europea.
Il processo ha subito un’accelerazione nel corso dell’ultimo quarto di
secolo con il boom della tecnologia dell’informazione, lo smantellamento
delle barriere commerciali e l’espansione del potere politico ed economico
1
A. Giddens, Le conseguenze della modernità, Bologna, Il Mulino, 1994, p. 64.
9
delle multinazionali”
2
.
Il termine globalizzazione si riferisce quindi ad un fenomeno complesso
che comprende sia l’unificazione dei mercati che la circolazione delle
informazioni e delle idee in tutto il mondo. Tra i fattori che hanno
contribuito a provocare tale processo, di grande importanza è l’espansione
dell’economia di mercato, lo sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni
con la connessa presa di coscienza di problemi politici planetari. L’esito
della globalizzazione ha cominciato a mostrarsi tra gli anni settanta e
ottanta del novecento è consiste in una nuova forma di vita associata che è
stata chiamata “sistema mondo”
3
.
Riscontriamo da quanto scritto sopra come questo processo economico,
informatico, culturale, ha cambiato l’essenza del contatto e dei rapporti
che intercorrono tra gli uomini sulla terra. Le distanze si assottigliano,
l’informazione si diffonde ad una velocità inimmaginabile con la
2
W. Ellwood, La globalizzazione, Roma, Carocci editore, 2003, p. 15.
3
Secondo Braduel “è necessario utilizzare due termini: economia mondiale ed
economia-mondo, di cui il secondo è più importante del primo. Per economia mondiale
intendo l’economia del mondo globalmente inteso, il mercato di tutto l’universo, come
diceva già Sismondi. Per economia-mondo, termine che ho costituito a partire
dall’espressione tedesca Weltwirtschaft, intendo l’economia di una parte del nostro
pianeta, a condizione che essa formi una totalità,un insieme”. F. Braudel, La dinamica
del capitalismo, Bologna, il Mulino, 1981.
Secondo Wallerstein, in riferimento al termine world-economy: “in inglese esso è una
traduzione del termine francese économie-monde, che a sua volta Braudel stesso ha
inventato quale traduzione dal tedesco Weltwirtschaft. Orbene, Weltwirtschaft può
significare l’economia del mondo intero: in francese sarebbe èconomie mondiale, in
inglese world economy e in italiano economia mondiale. Ma Weltwirtschaft può anche
significare un’economia che è essa stessa un mondo, anche se le sue frontiere non
racchiudono il mondo intero. Per rendere questo concetto in francese, Braudel ha
riunito le due parole èconomie e monde con un trattino ottenendo economiè-monde.” I.
Wallerstein, Il sistema mondiale dell’economia moderna, [vol_1] / L'Agricoltura
capitalistica e le origini dell'Economia-mondo europea nel XVI secolo, Bologna, Il
Mulino, p. 15.
10
conseguente espansione dei mass-media, arrivando a determinare effetti
anche nelle zone meno occidentalizzate, che hanno mantenuto strutture
culturali ed economiche più arcaiche.
Amartya Sen a tal proposito scrive che “Nel mondo globalizzato di oggi,
la minaccia alle culture indigene è in gran parte senza scampo. L’unica
soluzione non praticabile è quella di arrestare la globalizzazione del
commercio e dell’economia, perché le forze dello scambio economico e
della divisione del lavoro sono pressoché irresistibili in un mondo
governato dalla concorrenza e alimentato da un’evoluzione che
avvantaggia la tecnologia moderna sul piano concorrenziale”
4
.
Verifichiamo come la situazione che si crea a causa di questo processo,
tende in forme più o meno distruttive a compromettere le strutture
dell’occupazione e dei modi di vivere tradizionali di piccole comunità che
soddisfano ancora il loro fabbisogno alimentare attraverso lo sfruttamento
del suolo e allevamento del bestiame. Immaginiamo quindi due tipi di
reazioni a questo processo, la prima consiste in una difesa estrema e
violenta del territorio e della propria identità culturale, a costo di
affrontare anche sanguinosi conflitti, cadendo in quello che è definito da
Geertz relativismo culturale che in altre parole è “la tendenza alla
chiusura in sé stessi da parte di gruppi sociali che si sentono aggrediti
dall’occidentalizzazione e che enfatizzano i propri valori e la propria
cultura in un’ottica a volte di resistenza a volte di vera e propria
4
A. Sen, Sviluppo e Libertà, Perché non c’è crescita senza democrazia, Milano, Oscar
Saggi Mondadori, 2001, p. 241.
11
contrapposizione”
5
. La seconda reazione avrà luogo con un riassestamento
dell’economia, i vecchi metodi per esempio agricoli saranno soppiantati,
gli strumenti di lavoro robotizzati, la forza lavoro specializzata e le
competenze delle genti che vivono in queste comunità dovranno, per
essere integrate nel nuovo sistema economico, arricchirsi di conoscenze
informatiche e tecnologiche permettendo in questo modo l’utilizzo di
internet e di sevizi multimediali.
In seguito a questa considerazione si potrebbe provare a capire perché
alcune comunità, forse per troppa fame e troppi disagi, forse per la visione
di veloci e facili arricchimenti da parte del potere politico, spesso
accolgono dinamiche, abitudini costumi, a loro non propri. Queste
comunità sono abbagliate ed attirate dal benessere dei paesi ricchi
occidentalizzati, che investono nel loro paese capitale e risorse, e che a
conti fatti portano il tanto sufficiente per creare un miraggio in chi non ha
bisogno d’altro che di credere in qualcosa.
Si guarda a questo processo molto dinamico spesso da un punto di vista
meramente economico, anche perché nasce spinto da interessi politico-
economici, quindi non possiamo esimerci dal citarli. Come rileva Dal
Fiume: “La globalizzazione può anche venire interpretata come un
generale seppur differenziato processo di deteritorializzazione. Essa in
altre parole incide fortemente sul legame popoli-persone-territorio, che ha
progressivamente costituito, in epoca moderna, l’elemento fondamentale
5
F. Braudel, La dinamica del capitalismo, cit., 1981.
12
del costituirsi degli stati-nazione e del senso di appartenenza comunitario
che tradizionalmente informa di sé ogni identità sociale e il confronto con
le altre culture"
6
.
Il presupposto pedagogico-antropologico dal quale parte Dal Fiume sfocia
a nostro avviso in un’opinione quanto mai relativista: ci sembra che egli
sottolinei in una prospettiva globale l’aspetto che maggiormente mette in
risalto le differenze tra le culture.
La sua preoccupazione è orientata versa il fenomeno della
deteritorializzazione, smembramento spaziale-sociale-culturale, senza
individuare quelli che possono essere gli aspetti positivi e non solo le
paure di un contatto fecondo tra diverse culture. Vogliamo allora provare
ad immaginare che “Ogni realtà sociale è, per prima cosa, spazio. Ma gli
spazi si incastrano gli uni dentro gli altri, si saldano fra loro, sono legati
da rapporti di dipendenza. Se si vuole trovare uno spazio autonomo,
coerente nella sua sola estensione, si è condotti necessariamente o verso
l'infinitamente piccolo, a condizione che ci sia una strada pressoché
autonoma, o verso lo spazio più vasto, in ragione dei suoi scambi e delle
sue concordanze, ma separato da altri spazi della stessa vastità, che
costituisce un universo a sé nel quale le economie, le società e gli spazi
sono connessi gli uni con gli altri e si differenziano dal resto del mondo"
7
.
6
G. Dal Fiume, La dimensione interculturale nell’educazione degli adulti, collana
mondialità, Bologna, EMI, 2000, p. 66.
7
I. Wallerstein, Il sistema mondiale dell’economia moderna, cit, p. 9.
13
Si tratta, dunque, di una definizione che apre nettamente le porte a quella
di globalizzazione (o mondializzazione nel significato francofono), “intesa
come una evidente perdita di confini dell'agire quotidiano nelle diverse
dimensioni dell'economia, dell'informazione, dell'ecologia, della tecnica,
dei conflitti transculturali e della società civile, vale a dire, a qualcosa di
familiare e nello stesso tempo inconcepibile, difficile da afferrare, ma che
trasforma radicalmente la vita quotidiana, con una forza ben percepibile,
costringendo tutti a adeguarsi, a trovare risposte"
8
. Quest’ ultima
indicazione fa riferimento ad un fenomeno di carattere generale: la libera
circolazione delle idee, delle merci e delle persone in uno spazio sempre
più universale, che tende a coincidere con l'intero pianeta. In questa
accezione, la globalizzazione coinvolge l'esperienza umana nel suo
complesso e va ben oltre una classificazione di mero stampo
economicistico, riguardando le attività e le relazioni dell'umanità in tutti i
loro aspetti: la cosiddetta società globale. Gli stessi rischi connessi con il
processo di globalizzazione possono, se visti come opportunità, dare
impulso ad una seconda modernità, fondata sui valori di uguaglianza,
libertà, conoscenza e capacità di informazione.
8
U. Beck, Che cos’è la globalizzazione, rischi e prospettive della società planetaria,
Roma, Carocci Editore, 1999, p. 39.