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Questo importante processo di liberalizzazione dei mercati e integrazione dei sistemi di
fornitura del gas a livello comunitario non sarebbe però potuto essere realizzato senza
un’attiva partecipazione dei Governi dei singoli Stati. A questi è stato chiesto, fra l’altro,
di dar vita ad Autorità indipendenti incaricate del compito di emanare le regole
necessarie per attuare in ambito nazionale le norme comunitarie in materia di energia
elettrica e gas naturale, di monitorare l’operatività delle compagnie all’interno dei
singoli mercati nazionali, di dirimere eventuali controversie, e di punire tutti quei
comportamenti ritenuti lesivi delle norme stesse.
La difficoltà maggiore è stata rappresentata dalla necessità di individuare forme di
regolazione che potessero essere recepite ed applicate da tutti gli Stati senza però
generare eccessivi danni o vantaggi ad alcuni di essi.
Il processo di liberalizzazione ha richiesto un lungo periodo di tempo per il suo
compimento ed è stato realizzato per gradi proprio nel tentativo di riuscire a
contemperare esigenze, condizioni delle singole industrie, ed interessi nazionali
fortemente eterogenei.
Precursori della liberalizzazione erano stati, già negli anni Ottanta, Stati Uniti ed
Inghilterra, accomunati da diverse similitudini. Si tratta, in entrambi i casi, di “Paesi
produttori” pressoché indipendenti dall’approvvigionamento estero.
In entrambi questi Stati l’industria del gas naturale era caratterizzata dalla presenza di
compagnie titolari delle infrastrutture di trasporto che, grazie all’attività di negoziazione
diretta con i produttori attraverso l’utilizzo esclusivo di contratti di fornitura di lungo
periodo, si erano garantite la pressoché totalità dei diritti di transito.
Ciò ha consentito loro, per molti anni, di godere di una situazione di monopolio di fatto
nelle attività di fornitura attraverso la predisposizione di “pacchetti completi” di gas e
servizi di trasporto correlati rivolti alle diverse tipologie di utenze.
Tuttavia, un comune sentimento di inadeguatezza circa la situazione in essere;
caratterizzata da livelli di costo del servizio inefficienti, dall’impossibilità per gli utenti
di poter scegliere la propria controparte fornitrice ed il proprio trasportatore e di poter
negoziare direttamente tutte le condizioni in merito alla fornitura, e conseguentemente
dall’impossibilità per i nuovi entranti di affacciarsi all’industria del gas naturale, ha
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indotto le Autorità ad intraprendere un radicale processo di liberalizzazione del settore.
Questo processo è stato realizzato per gradi nel corso di diversi anni. E’ importante
notare inoltre come questo processo non sia stato certo immune da fallimenti, basti
rammentare i periodi di eccesso di domanda o di offerta che si alternarono negli Stati
Uniti nel corso degli anni settanta ed ottanta, o la cronica scarsità di nuovi entranti
nell’industria del gas a seguito delle prime dismissioni coattive operate dall’operatore
dominante inglese.
L’esperienza di questi due Paesi ha dimostrato come nel caso in cui vi sia una sola
compagnia a controllare l’accesso alle strutture di fornitura e di trasporto del gas
naturale, lo sviluppo della competizione venga di fatto inibito. Non è inoltre sufficiente
eliminare semplicemente le barriere amministrative all’entrata e deregolare i prezzi del
gas per garantire l’esistenza ed il funzionamento di mercati competitivi.
Un efficace passo in avanti, verso l’abbandono di forme di monopolio a vantaggio dello
sviluppo di mercati realmente competitivi, richiede cambiamenti strutturali e nella
regolamentazione in grado di proteggere i nuovi entranti dal potere di mercato
dell’operatore dominante. L’avvio di una competizione ha favorito in questi Paesi lo
sviluppo di nuove forme di negoziazione di gas naturale, riflettendo in tal modo
l’esigenza manifestata dai partecipanti al mercato di poter usufruire di strumenti
contrattuali standardizzati e maggiormente flessibili per la realizzazione delle forniture
di gas.
Questa necessità, unitamente al contesto di una economia prevalentemente “market-
oriented”, ha favorito l’introduzione, presso i principali mercati finanziari
informatizzati di questi due Paesi, delle negoziazioni sul gas naturale.
Inizialmente si trattava quasi esclusivamente di negoziazioni di mercato secondario,
aventi ad oggetto scambi o cessioni di contratti di fornitura o di diritti di transito tra
soggetti in surplus o in deficit di capacità. Tuttavia, nel corso del tempo sono state
sviluppate diverse forme contrattuali e strumenti finanziari informatizzati finalizzati non
esclusivamente all’acquisto o alla vendita di volumi fisici di gas, ma anche alla
realizzazione di vere e proprie strategie di hedging e di risk-management.
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Il gas naturale, dunque, è stato di fatto equiparato alle normali commodities già oggetto
di scambio all’interno dei mercati organizzati. Ciò ha di fatto favorito non solo lo
sviluppo di un mercato informatizzato del gas competitivo ed efficiente, in grado di
assicurare l’ingresso di nuovi operatori rappresentanti dei diversi livelli della filiera che,
fino a pochi anni fa, ne erano di fatto esclusi; ma soprattutto, ha favorito l’ingresso di
operatori completamente estranei al mondo del gas, quali ad esempio le istituzioni
finanziarie e le banche, fortemente attratte dalla possibilità di poter sfruttare le proficue
opportunità d’investimento offerte da questo nuovo mercato.
Si è poi scelto di analizzare anche l’esperienza olandese in forza della sua atipicità
storico-evolutiva rispetto ai modelli statunitense ed inglese. L’industria del gas olandese,
la sua nascita e il suo successivo sviluppo, sono indissolubilmente legate alla scoperta,
nel suo sottosuolo, del più grande giacimento di gas mai realizzata nel corso della storia
contemporanea.
Questa scoperta ha indotto un forte processo di sviluppo non solo nelle attività di
negoziazione, ma soprattutto nella costruzione delle infrastrutture necessarie al trasporto
di questo nuovo gas, consentendo all’Olanda di essere oggi in possesso di una delle reti
nazionali meglio sviluppate al mondo. Sviluppo che è stato reso possibile soprattutto
grazie alla nascita di forme di cooperazione tra l’operatore dominante nazionale,
partecipato inizialmente per la quasi totalità dallo Stato e verticalmente integrato, ed
alcune tra le principali imprese gas-petrolifere americane ed inglesi.
L’Inghilterra, in particolare, non era certamente interessata esclusivamente a finanziare
pro-bonis lo sviluppo del Paese, ma di potersi soprattutto assicurare forme di
approvvigionamento di gas naturale a prezzi maggiormente competitivi
avvantaggiandosi inoltre del posizionamento geograficamente strategico del Paese, che
lo rende un “ponte naturale” per lo sbarco del gas sulla piattaforme continentale.
Questo indubbio vantaggio geografico ha concorso a rendere l’Olanda particolarmente
integrata anche a livello di reti con gli altri Stati dell’Unione, deputandola al ruolo di
principale centro di negoziazione del gas nord-europeo.
Tutto ciò ha portato inoltre, quale naturale conseguenza, alla realizzazione di una joint-
venture tra il gas-exchange londinese e la borsa olandese, finalizzata alla creazione di
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un mercato telematico nazionale centralizzato delle fonti di energia. All’interno di
questo nuovo mercato vengono ad oggi negoziate le medesime tipologie di contratti e di
strumenti finanziari già oggetto di negoziazione in Inghilterra.
L’analisi di queste esperienze ha mostrato come l’industria del gas italiana, la sua storia
e la sua organizzazione, possiedano forti analogie con quella olandese.
Il posizionamento geograficamente privilegiato, la disponibilità di una rete di
distribuzione interna estremamente capillarizzata ed interconnessa con le principali reti
di trasmissione internazionali, la caratterizzazione storica di un’industria forte della
presenza di un operatore dominante verticalmente integrato e sotto il controllo diretto
del Governo, titolare della quasi totalità delle infrastrutture, dei contratti d’importazione
e dei diritti di transito sulle reti nazionali ed estere, consentono di poter affermare che,
in un futuro non troppo lontano, l’Italia possa ricalcare l’esperienza olandese ed
affermarsi come il principale hub del bacino mediterraneo.
Con riferimento al gas, l’hub rappresenta il punto di trasferimento fisico del gas, in cui
più metanodotti sono connessi ad un impianto che permette di reindirizzare i volumi di
gas da un metanodotto all’altro. Nell’hub, oltre alla presenza dell’impianto di
interscambio, l’operatore offre una più vasta gamma di servizi, quali l’acquisto, la
vendita, il trasporto, lo stoccaggio, il trasferimento di titolo di proprietà, il trading
anonimo, il parcheggio, il bilanciamento, assieme a servizi informatici ed elettronici.
La creazione di un hub è tuttavia subordinata alla realizzazione di una perfetta
liberalizzazione del mercato interno, elemento che a tutt’oggi ancora manca all’Italia.
L’analisi svolta si è dunque prefissa quale obiettivo principale l’individuazione degli
elementi necessari per la realizzazione di una concorrenza all’interno del mercato
nazionale in un’ottica di futuro sviluppo di un hub italiano del gas naturale.
Le esperienze maturate in Inghilterra, Olanda e Stati Uniti hanno dimostrato come
attraverso la liberalizzazione del mercato, il processo di formazione dei prezzi del gas
basato su contratti di lungo periodo, indicizzati a panieri di fonti energetiche alternative,
debba essere necessariamente sostituito da forme di determinazione basate
sull’interazione tra le forze di domanda e di offerta attraverso lo sviluppo di prezzi spot
e di mercati forward e future.
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Tra le più importanti condizioni vi sono la numerosità degli operatori, produttori e
traders, e la loro capacità di pervenire ad un effettivo accesso al mercato. Tuttavia
questa prima condizione sembra di fatto inibita in Italia, dal momento che i gasdotti
internazionali sono di proprietà o comunque sotto il controllo dell’operatore dominante
Eni, che non ne concede l’uso proprio in quanto saturati dal proprio impegno a lungo
termine con i paesi produttori.
Ecco dunque come, oltre al superamento delle forme contrattuali di negoziazione di
lungo periodo e delle relative clausole di destinazione, anche la realizzazione di
infrastrutture di trasporto alternative appaia come condizione necessaria all’ingresso sul
mercato nazionale di gas proveniente da nuovi competitors.
Appare evidente che la realizzazione di una pluralità di infrastrutture di importazione
alternative, anche via tubo, a quelle esistenti controllate dall’operatore dominante,
tenderà a rendere progressivamente meno opaca la gestione dei gasdotti da parte dello
stesso, assicurando condizioni di accesso trasparenti e non discriminatorie. A tale fine, è
tuttavia necessario che venga avviata e promossa una stretta collaborazione tra le
Autorità di regolazione, o se necessario tra Governi ed istituzioni europee, finalizzata
sia al raggiungimento di accordi con Paesi extra-UE sia alla definizione di un quadro
regolatorio, il più possibile chiaro ed armonizzato, tale da incentivare la realizzazione
delle infrastrutture, anche al di fuori del territorio comunitario.
Stante la comprovata difficoltà nella definizione degli accordi tra le Autorità dei Paesi
membri della Comunità, e tra loro ed i Paesi produttori non UE; nonché i tempi lunghi
connessi alla realizzazione degli eventuali progetti di potenziamento delle infrastrutture
esistenti od all’eventuale costruzione di quelle nuove, l’Autorità nazionale per l’energia
elettrica ed il gas ha anteposto alla realizzazione di questi progetti la necessità di
pervenire quanto prima alla creazione di un gestore di rete indipendente che detenga e
gestisca le infrastrutture di trasporto e di stoccaggio.
Un gestore indipendente non avrebbe infatti alcun motivo di porre in atto manovre
opportunistiche finalizzate a ridurre i volumi di gas concorrenti trasportati sulla rete.
Tale soggetto potrebbe inoltre essere titolato a realizzare, nell’interesse del Paese,
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importanti opere infrastrutturali per il trasporto del gas, anche al di fuori dei confini
nazionali.
Ecco dunque come in una prospettiva di lungo periodo, la creazione di un gestore
indipendente potrebbe incentivare l’avvio di un mercato dello stoccaggio e del trasporto
del gas in grado di fare dell’Italia un hub mediterraneo continentale competitivo, in
concorrenza con quelli nord europei, così da rendere liquida e realmente indipendente
l’offerta di gas a livello nazionale e permettere lo sviluppo di flussi internazionali di
scambio in grado di rafforzare l’inserimento del mercato italiano del gas nel mercato
integrato europeo, spingendo l’operatore dominante a misurarsi in un contesto
competitivo più ampio.
Sebbene i maggiori benefici in termini concorrenziali siano da ascrivere all’ingresso di
nuovi operatori indipendenti in grado di attivare nuove fonti competitive di gas, una
ulteriore misura, necessaria nell’immediato, ed idonea a sostenere la nascita di nuovi
soggetti industriali nella vendita finale, è rappresentata dalla cessione sul mercato spot,
da parte dell’operatore dominante, di un certo quantitativo di gas, per un congruo
numero di anni, ed a condizioni prossime a quelle di costo di approvvigionamento, il
cosiddetto gas release.
Se il gas release determina la cessione di volumi di gas da parte dell’operatore
dominante a costi assai prossimi ai suoi costi di approvvigionamento, e senza che questi
predetermini a chi e quanto cedere, è ragionevole ipotizzare che a valle delle cessioni si
possano ingenerare fenomeni di concorrenza sui clienti serviti attualmente dallo stesso.
Ma una volta liberato il gas stoccato, o scambiato quello proveniente dai programmi di
gas release, il problema sarà come mantenere liquido il mercato una volta che i
quantitativi siano stati scambiati ed i programmi di gas release terminati.
Questo problema potrebbe essere risolto scambiando tutta la liquidità creata su un unico
mercato spot presso un hub del gas, in modo tale da abituare gli operatori ad utilizzare
lo strumento della compravendita spot di gas in luogo dei contratti di lungo periodo.
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La creazione di un mercato spot appare dunque necessaria al fine di garantire la
sostenibilità dei buoni risultati in termini di liquidità e flessibilità che possono essere
raggiunti grazie ai diversi provvedimenti esposti.
Tuttavia, il successo del mercato centralizzato del gas appare strettamente legato al
successo delle misure finalizzate alla creazione di una pluralità di approvvigionamenti
indipendenti. Inoltre, perché un hub possa diventare un centro di mercato e non rimanga
solamente un centro di dispacciamento, è cruciale che ad esso abbiano accesso una
molteplicità di operatori, attivi sul lato dell’offerta e della domanda, e di imprese di
commercializzazione all’ingrosso in grado di integrare l’attività di acquisto/vendita del
prodotto fisico attraverso coperture finanziarie sui mercati futures.
L’affermazione di un hub come centro di mercato dipende, infine, dal grado di liquidità
e spessore del mercato fisico, dall’efficienza informativa delle quotazioni necessarie per
le transazioni e dall’offerta di un’ampia gamma di servizi di stoccaggio, trasporto e
modulazione.
E’ la disponibilità di tali servizi che consente infatti di sfruttare le opportunità derivanti,
per esempio, dalle caratteristiche dei contratti di approvvigionamento, dalla stagionalità
diversa tra mercati finali, da variazioni imprevedibili nei fabbisogni che richiedono il
parcheggio del gas, dall’arbitraggio tra possibili utilizzi del gas in relazione alla
generazione elettrica ed ai contratti interrompibili, dai differenziali tra mercati fisici e
finanziari e così via.
In conclusione, dunque, solamente con la preventiva introduzione di questo modello di
mercato, e decorso un adeguato periodo di assestamento e di sviluppo, si riuscirà
probabilmente a portare definitivamente a compimento la trasformazione del mercato
italiano del gas naturale.