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Causa principale di questo isolamento è un evento traumatico che
rende impossibile qualsiasi tipo di comunicazione o contatto: nei
suoi scritti, compresi anche i pochi racconti pubblicati, questo
trauma si concretizza spesso nella follia. Per questo le sue opere
sono state interpretate soprattutto da un punto di vista
psicanalitico.
La malattia mentale non è altro che la rappresentazione estrema
della diversità e la giustificazione per la creazione di uno spazio
estraneo ai nostri normali criteri razionali.
Affrontando l’analisi dello spazio nella sua opera, ho cercato di
dimostrarne l’importanza strutturale, in quanto rappresentazione
concreta dei nuclei tematici della sua narrativa.
Inizialmente ho indicato la presenza di alcune figurazioni spaziali
già ricorrenti nei romanzi e in alcuni sogni scritti da Samonà
negli ultimi mesi di vita. La corrispondenza, non solo dei temi
ma anche della struttura narrativa e di alcune valenze simboliche
ed emotive, ne indica il valore emblematico per l’autore.
La ricorsività di queste figure anche nei saggi e negli articoli ne
dimostra ulteriormente il carattere di espressioni tipicamente
personali , cui probabilmente non è estraneo l’ascendente del
padre architetto, ma soprattutto evidenzia lo stretto legame della
sua opera letteraria con la sua attività critica.
Influenza che si realizza sia nello stile che nei contenuti: nelle
case descritte nei romanzi, lo spazio labirintico, la
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contrapposizione con l’esterno e la forte valenza femminile, che
rimanda all’idea dell’utero materno, ricordano molto la torre in
cui è rinchiuso Sigismondo ne La Vida es sueño, soggetto di uno
dei suoi saggi più famosi.
La tematica dello spazio e insieme quelle del corpo, della pazzia,
dell’autocoscienza letteraria e della ricerca dell’Altro, mi ha
permesso di introdurre l’autore nell’ambito della Letteratura
dell’Assenza e di definirne gli elementi di contatto e di
differenza con il movimento postmoderno; mentre l’analisi del
tema della pazzia mi ha aiutato ad inserirlo nel panorama italiano
degli anni ’70 e ’80, gli anni in cui pubblica Fratelli e Il custode.
Tra tutte queste metafore ho approfondito la descrizione delle più
importanti: la casa e la stanza, con le loro valenze e la
similitudine con altre figure, come la grotta, la selva e la città.
E’ in questi spazi che i personaggi si muovono e cercano di
conoscere e definire il mondo che li circonda.
Questi ambienti non sono reali, come già detto, ma confusi tra
sogno e veglia, distorti dalle percezioni labili dei protagonisti e
nello stesso tempo insidiosi e sfuggenti: a volte obbligano i
personaggi ad abbandonare i propri criteri logico-razionali, altre
si riducono a spazi docili, diretta espressione della volontà
dell'individuo, territori familiari in cui muoversi sicuri.
Alla finitezza di questi ambienti ordinari si contrappone
l'ampiezza infinita dei primi che rappresentano il caos, la follia e
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più in generale la vita in tutta la sua variabilità; essi oppongono
la propria geometria fondata sulla curva a quella euclidea fondata
sulla retta, tipica degli spazi controllati dalla ragione.
Lo spazio onirico è invece collegato alla capacità del linguaggio
del protagonista: i boschi, le strade, le case e tutti gli elementi che
vi compaiono sono nitidi e chiari solo fintanto che il personaggio
è padrone del proprio linguaggio, altrimenti si riducono ad
elementi amorfi, il che non vuol dire privi di significato ma
incomprensibili per gli esseri umani.
E' evidente il collegamento fra spazio e linguaggio: come
l’architettura divide e organizza gli ambienti, così il linguaggio
organizza e definisce la realtà.
In conclusione, Samonà ha narrativizzato, in storie di relazioni
dialogiche, le strutture profonde necessarie e sufficienti a rendere
possibile il dialogo. Esemplificando, tramite le storie di
situazioni patologiche, la coesistenza di differenti sistemi
percettivi, l'autore ha potuto mettere in risalto la fragilità stessa
delle strutture del linguaggio.
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3
PIER GIORGIO CONTI, Appunti per una lettura di "fratelli"di C.Samonà,
nella prospettiva tematica del dialogo, in "Cenobio2", rivista trimestrale
svizzero-italiana, Gennaio-Marzo 2000, XLIX (2000), 3, pp. 99-108
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I
Lo spazio nell’opera di Samonà
La descrizione della funzione dello spazio nell'opera di Samonà
non può non partire dall'analisi, per quanto breve, che Francesco
Orlando fa delle sue opere, nel saggio introduttivo all'edizione,
da lui curata, di Fratelli e tutta l'opera narrativa.
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Il critico individua tre strutture fondamentali dell'intreccio, da lui
chiamati "momenti", che si susseguono in ordine fisso e costante
tra loro e che sono presenti in tutti i racconti di Samonà, sia nei
testi brevi che in quelli lunghi.
Tutte le sue storie iniziano a partire da un "trauma" che cancella
il ricordo del passato e confonde la percezione della realtà
presente: in genere si tratta di una malattia mentale oppure di un
sequestro o della premonizione della morte; a questo segue il
"momento della responsabilità", cioè il momento in cui
l'individuo deve assumersi il carico di affrontare la propria
condizione; l'ultimo momento è il "momento dei sintomi", cioè
la descrizione della conseguente frantumazione del linguaggio e
della logica razionale del pensiero, provocata appunto dal trauma
iniziale. Il primo momento in particolare è quello che interessa la
4
CARMELO SAMONA’, Fratelli e tutta l’opera narrativa, a cura di
Francesco Orlando, Mondatori, Milano, 2002. Tutte le citazioni sono riprese
da questa edizione.
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mia ricerca. Esso ha come sfondo dei luoghi ben precisi nei quali
si materializza il trauma e in cui il chiuso si contrappone
all'aperto, il dentro al fuori: sono case o ville svuotate e
decadenti, vicoli tortuosi, territori inselvatichiti, boscaglie o
pianure enormi e amorfe, che emergono nei paesaggi onirici.
Questi elementi si propongono come metafora della follia ma
anche, più in generale, di una condizione esistenziale e si
ritrovano con caratteristiche uguali anche negli scritti più
personali dell'autore, come fossero un’intima simbologia.
Tutta la sua opera conduce una ricerca unitaria in cui, ogni
romanzo o racconto è la tessera di un mosaico più vasto.
Le sue tematiche principali, espresse attraverso uno stile classico,
unico ai nostri giorni per chiarezza e raffinatezza, tornano
ripetutamente anche nelle sue interviste e nella sua produzione
critica, attraverso riferimenti ,anche minimi, che emergono
dall'uso di alcune parole chiave.
Forse non è ad esse estraneo il suo interesse critico per il teatro
barocco spagnolo né le esperienze della sua vita personale, anche
se: Fra la vita di un uomo e la sua opera esiste una relazione
complessa, legami che sentiamo intimi e irrevocabili e che
tuttavia non hanno nulla di ovvio.
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5
C.SAMONA’, "Biografie di Cervantes ", in Scritture di Spagna e
d'America, a cura di Stefano Arata, Bagatto Libri, 2003, p. 145. Il libro è
una raccolta di tutti gli articoli di Samonà, pubblicati su "La Repubblica",
che trattano di letteratura spagnola.
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Lo spazio del sogno
Già ad una prima lettura si nota come nei testi di Samonà lo
"spazio" si presenti con una serie di ambientazioni, reali o no,
che si ripetono costantemente, con valori simbolici sempre uguali
e con un corollario di parole e aggettivi che hanno un valore
chiave.
Nell'edizione di Orlando per esempio, oltre ai tre romanzi
pubblicati, sono raccolti anche alcuni testi brevi parzialmente
inediti e tra questi i racconti Cinque sogni, composti dall'autore
nell'ultimo mese di vita: sono la trascrizione di alcuni sogni,
trascrizione che Samonà aveva compiuto su consiglio di
Alessandra Ginzburg.
In essi possiamo cogliere l'intreccio tra la vita dell’autore e la
letteratura e comprendere come nell'opera samoniana lo spazio
non sia solo uno sfondo, ma un linguaggio completo e versatile
difficilmente riducibile ad una formula schematica.
Attraverso l’analisi di questi Cinque Sogni possiamo definirne i
punti essenziali, seguendo la proposta che Roberta Mori avanza
in un suo articolo pubblicato sulla rivista "Italianistica" nel 2003.
I sogni più interessanti sono il primo e il quinto, in cui ritroviamo
gli schemi topologici basilari con cui poter rileggere anche i
romanzi.
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6
Roberta Mori, Gli appartamenti, le stanze, le strade: la rappresentazione
dello spazio nell'opera di Samonà, in «Italianistica», anno XXXII /3, 2003,
p. 455
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Nel primo, l'autore esce dalla sua casa romana, chiamato da
amici e parenti che l'aspettano dalla parte opposta della strada e
che lo sollecitano in modo sempre più pressante a raggiungerli,
ma lui non riesce ad attraversare la strada che lo divide da loro e
si volta indietro, dove, al posto dei palazzi e degli alberi, è
emersa una pianura brulla e grigia, senza fondo e senza orizzonte,
infinita e amorfa.
E vedo, ma dovrei dire piuttosto avverto, con una sensazione di
orrore mista a una strana rassegnazione (come se l'avessi saputo
da tempo), una pianura brulla e grigia (che, penso, è pur diversa
dal nulla, è una cosa della terra), di dimensioni enormi, senza
fondo, con una linea incerta che si perde su una parete pure
grigia, opaca, assolutamente amorfa, estranea
a ogni idea di orizzonte, di tramonto, di fondale o marchingegno
teatrale, di finitezza, di limite o confine percepibile dalla mente.
... So che non ho alcuna tentazione di voltarmi ancora verso gli
amici, verso i miei cari. E questo è già simile a un incubo. Forse
per aggirarlo, a questo punto mi sveglio.
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La pianura è facilmente interpretabile come la morte tradotta in
termini spaziali.
7
Cinque sogni, p. 335.
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Questo stesso “non-luogo” o spazio amorfo, è presente ne Il
custode, dove il protagonista vive, in uno stato di dormiveglia,
un'esperienza allucinatoria, simile alla percezione di
un'esperienza extracorporea, e affronta un viaggio attraverso uno
spazio che si delinea lentamente ai suoi occhi e si trasforma,
prima in un bosco secolare, poi in una radura arida e infine, in
una dimensione ignota.
Qui ritroviamo gli stessi aggettivi e le medesime sensazioni del
quinto sogno:
... solo adesso, nell'estremo attraversamento del bosco, sono in
grado di definire "radura" quel tratto di piano arido, color
paglia, che pure intravedevo a distanza, fin dall'inizio, come un
fondale sbiadito. Ne varco i confini di slancio, senza aver cura,
né quasi memoria, di ciò che mi lascio alle spalle... il nuovo
scenario è inospitale quanto l'altro era fertile e generoso di
segni.... sono investito da un sentore di rifugio imminente, come
da una risonanza lontana di cavità del terreno, o di grotta... la
luce parzialmente occultata, si direbbe riflessa da un altro
spazio. Il suolo, arido e liscio, ostenta un’assoluta mancanza di
forme e di fenomeni naturali.
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Nel momento in cui il protagonista si prepara ad immergersi e a
conoscere la nuova sede particolare in cui è giunto, che è anche
8
Il custode, pp. 133-134
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una condizione del corpo e più precisamente una modalità di
esistenza, come scrive egli stesso nel romanzo, il sogno
s'interrompe: So che a questa fine prematura non è estranea la
mia volontà.
Come nel primo sogno, si accenna ad un senso di rassegnazione e
d'indifferenza verso quanto ci si lascia indietro e all'attrazione
profonda che questo spazio esercita, anche se con un significato
ben diverso.
Questo carattere amorfo, indefinibile, privo di elementi
caratterizzanti o di "indizi", parola che ricorre spesso in Samonà,
emerge anche negli spazi reali.
Sempre ne Il custode la prigione in cui il protagonista è segregato
viene descritta così:
... una stanza anonima, immersa quasi sempre in una leggera
penombra ... c'è una sola finestra al centro di una delle pareti e
si affaccia su un’ intercapedine cieca: l'orizzonte su cui proietta
l'ombra delle sue pesanti inferriate è un muro ricoperto di calce,
così poco distante da me e così esteso in altezza e in profondità
che ogni mio tentativo di scavalcarlo cogli occhi si spegne sulla
sua superficie piatta, e il suo strano candore che è tutto ciò che
vedo...
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9
Il Custode, p. 98
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Un altro elemento evidenziato da questi racconti è la frattura tra
spazio diurno e notturno, o meglio tra la percezione della realtà
diurna e di quella onirica, in cui le inquietudini, che di giorno
rimangono oltre la soglia della coscienza, riemergono.
Samonà aveva fatto questi sogni mentre era sottoposto a una
terapia molto aggressiva, che l'aveva profondamente debilitato
nel corpo, e questa sofferenza fisica lo aveva completamente
assorbito. Come egli stesso scrive: il resto del mondo, la mia
storia, i miei cari ... adesso erano come abolite, impedite di
varcare la soglia della coscienza e della memoria da quella
terribile egemonia che non mi lasciava tregua.
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Questa contrapposizione tra sogno e realtà, o più precisamente tra
conscio e subconscio, si sviluppa nei suoi romanzi confondendo
la distinzione iniziale tra veglia e sonno, tra reale e allucinazione.
La stessa realtà e, soprattutto gli oggetti, le cose,che dovrebbero
essere l’elemento certo e immutabile su cui si fonda la
conoscenza del mondo, vacillano, perdono la loro consistenza, il
loro senso di strumenti con un significato preciso e condiviso da
tutti, ed assorbono le impressioni dei protagonisti, che nei
romanzi di Samonà coincidono sempre con la voce narrante.
Le loro menti sono sempre sottoposte a forti stress e per questo
sono portati a guardare al mondo esterno con paura, proiettando
su di esso i propri desideri e le proprie angosce. In questo modo
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Cinque sogni, p. 333
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diventa per loro impossibile appigliarsi alle cose per cercare di
interpretare e capire la realtà, per orientarsi.
In Casa Landau, ad esempio, la casa disabitata diventa un
insieme di stanze, meandri e " oziosi spazi", simbolo della follia
e del suo sintomo principale: il nomadismo.
Come in Fratelli dove nel vecchio appartamento nel cuore della
città, aleggia un'aria da trasloco imminente e dove le misure dei
luoghi e le necessità della vita non combaciano più.
... Le stanze sono troppo ampie per i nostri bisogni, le
suppellettili rare. Arnesi dall'uso incerto interrompono, di tanto
in tanto, la sequenza dei vuoti: penombre di velluti , strani pezzi
d'argento, miniature in legno d'avorio, bracieri, armature di
latta, porcellane.... residui di un'intimità familiare... oggi non
servono ad altro che a scandire le superfici... passando, li
tocchiamo e segniamo col dito nei corridoi, fra spazi ormai
inutilmente profondi, lungo pareti che ostentano, a intervalli,
macchie ancora umide di quadri tirati via, tracce...di decorose
mobilie scomparse...Come tutte le affezioni della sua specie
questa ha alcune proprietà irriducibili...Da un lato è senza
dubbio la causa dei nostri spostamenti continui...
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Fratelli, p. 6, 8