6
contraria alla Costituzione non sia una legge ed il giudice debba
disapplicarla; per via di interpretazione si attesta l’esistenza del
potere del giudice di controllare la costituzionalità ed il carattere
diffuso del judicial review of legislation.
Successivamente estesa alla sindacabilità delle leggi degli stati
federati nel 1819, l’enunciazione contenuta nella Marbury v.
Madison abilita ogni giudice federale e statale ad esercitare il
controllo di costituzionalità della legge. L’effetto di valutazione di
nullità della medesima si riversa immediatamente nel giudizio in
corso e può retroagire, influendo così su altri rapporti giuridici
controversi nei limiti dello stare decisis
5
. Il modello statunitense
è dunque diffuso, dichiarativo ed incidentale: qualunque giudice
è legittimato a compiere il controllo di costituzionalità delle
leggi, nonostante al vertice sia presente la Corte Suprema
Federale, che, nel dar atto del contrasto, decide con un’efficacia
limitata al giudizio in cui la pronuncia è resa.
Il mito di onnipotenza dell’assemblea elettiva in Francia non
consente possibili forme di controllo politico delle leggi
6
,
nonostante a livello teorico non manchino proposte di un jury
costitutionnaire
7
o nella prassi un Sénat conservateur
8
.
5
Il principio dello stare decisis –tipo degli ordinamenti di common law- esprime il valore vincolante
del precedente giudiziario ed ha un grado di vincolatezza direttamente proporzionale al livello cui
appartiene il giudice che ha adottato la decisione. Le decisioni adottate a riguardo dalla Corte Suprema
degli Stati Uniti hanno valore vincolante per tutti gli altri giudici e possono essere modificate solo
dalla Corte stessa, in sede di riesame della medesima questione.
6
L’ordinamento francese, che storicamente incarna i principi fondamentali della forma di Stato
liberale, vede affermarsi un vero e proprio sistema di giustizia costituzionale solo in tempi molto
recenti ed in virtù dell’opera del Consiglio costituzionale –previsto dalla Costituzione del 1958- che
progressivamente ha assunto, per via giurisprudenziale, un ruolo analogo a quelle delle altre Corti
costituzionali europee.
7
Emmanuel- Joseph Sieyès propone nel 1795 l’inserimento in Costituzione di un jury
constitutionnaire, che si occupi di vegliare al mantenimento del lascito costituzionale e di elaborare
proposte per emendamenti che perfezionino la Costituzione stessa.
8
Con la Costituzione del 1799 il Sénat conservateur riveste il compito di mantenere o annullare gli
atti denunciati come incostituzionali dal Tribunato o dal Governo. L’attività effettiva del Senato si
rivelerà del tutto modesta.
7
Il resto d’Europa alle soglie del XIX secolo presenta ancora
ordinamenti formatisi sulla tradizione liberale ottocentesca, in
cui è impensabile un modello di giustizia costituzionale: i regimi
dualisti ottocenteschi riducono il potere interpretativo del
giudice a mero bouche de loi, è assente un pluralismo tale da
porre l’esigenza di istituire una sede imparziale per la soluzione
giuridica di conflitti all’interno del sistema, ma soprattutto il
principio della “sovranità” della legge - intesa come atto sovrano
per eccellenza - non è suscettibile di controlli di sorta.
Il modello europeo di giustizia costituzionale deve un grande
contributo al giurista Hans Kelsen, il quale concepisce un
apposito organo per valutare la compatibilità delle scelte del
legislatore con le norme costituzionali e determina l’istituzione
di una Corte costituzionale (Verfssungsgrichsbarkeit) nella
costituzione austriaca del 1920 (Verfassungsgerichtshof). Il
modello austriaco è accentrato, costitutivo e principale: la Corte
o Tribunale costituzionale decide con efficacia erga omnes e
sono previsti soggetti particolari legittimati a ricorrere per
sollecitare un controllo astratto della compatibilità della legge
con la Costituzione. A differenza del modello statunitense, che
ha sostanzialmente conservato inalterati i propri elementi
essenziali, quello austriaco ha subito delle contaminazioni.
Nel 1929 una riforma costituzionale stabilisce la possibilità per
le supreme magistrature di impugnare le leggi per vizi di
incostituzionalità e successivamente viene concesso anche ai
giudici di merito di secondo grado di adire il
Verfassungsgerichtshof. Quest’ultimo non esaurisce più in se
stesso le funzioni di promotore e risolutore delle questioni di
legittimità costituzionale, ma può operare solo dopo che si sia
attivato un altro organo giurisdizionale. Questo controllo di
8
costituzionalità accentrato ed ad iniziativa diffusa è alla base di
numerosi altri sistemi costituzionali, ivi inclusa l’Italia.
Nel secondo dopoguerra, allorquando la giustizia costituzionale
e la rigidità della Costituzione divengono principi generalmente
accolti, l’Assemblea costituente discute sull’eventuale
introduzione di un organo nuovo per l’ordinamento italiano,
tenendo presente come modelli di riferimento quello austriaco e
quello statunitense.
Per poter comprendere a fondo il caso italiano ed affrontare il
tema del criterio di nomina dei giudici costituzionali appare
opportuno fare riferimento allo Statuto albertino
9
.
L’ordinamento sabaudo non prevedeva organi abilitati a
compiere controlli di costituzionalità per le leggi, né procedure
aggravate di revisione costituzionale. Lo Statuto albertino è
definito per questi motivi una costituzione flessibile, che non
pone limiti né oneri al legislatore che intenda modificarlo.
Tuttavia nella prassi, in una sorta di ipocrita ossequio alla
Carta, il legislatore ordinario non apporta emendamenti espliciti
allo Statuto, avvalendosi però di significative modifiche
implicite, prima tra tutte quella relativa alla forma di governo
10
.
Inoltre non si verifica alcun episodio che riveli un’attività della
magistratura diretta al controllo delle leggi, paragonabile a
quella della magistratura statunitense a partire dal XIX secolo.
L’avvento del regime fascista affossa qualsiasi auspicio di
controllo sull’attività normativa del Governo, mentre il
Parlamento si riduce a cassa si risonanza delle scelte del Capo
9
Statuto fondamentale della monarchia di Savoia, 4 marzo 1848.
10
Legge 31 gennaio 1926, n. 100 (in Gazzetta Ufficiale 1 febbraio 1926, n. 25), Sulla facoltà del
potere esecutivo di emanare norme giuridiche.
9
del Governo
11
. Tuttavia la legge del 1928, che riconosce al Gran
Consiglio del Fascismo numerose e importanti competenze
pubblicistiche di tipo consultivo e deliberativo, all’art. 12
prevede che debba essere sentito il parere di questo organo su
tutte le questioni di carattere costituzionale, determinando una
procedura aggravata che mette il Gran Consiglio nelle condizioni
di poter paralizzare il legislativo, negando l’avvio dell’iter di un
progetto di legge costituzionale o concedendo all’autorità
giurisdizionale di rilevare la violazione della legge 2693/1928,
non consentendo l’applicazione dell’atto legislativo illegittimo.
Parte della dottrina sostiene che questa previsione abbia
provocato un irrigidimento della costituzione, ponendo un
distinguo tra leggi costituzionali e leggi ordinarie e affidando ai
giudici il compito di accertare la natura dell’atto legislativo da
applicare e formulare nell’eventualità un giudizio di
incompatibilità con la suddetta l. n. 2693/1928. Ciononostante
essa rimase collocata su un piano astratto e non conseguì alcun
risultato concreto.
La dottrina ritiene comunque importante questa legge, in
quanto, non solo costituisce un precedente all’attuale sistema di
controllo incidentale, ma anche poiché assegna all’Italia un
primato europeo nella costruzione di un modello misto di
giustizia costituzionale.
Per le prime applicazioni pratiche del controllo di
costituzionalità delle leggi occorre attendere il periodo
immediatamente antecedente all’elaborazione della Costituzione
repubblicana
12
. Con la seconda Costituzione provvisoria
13
si
11
Legge n. 226 del 24 dicembre 1925 - Sulle attribuzioni del capo del governo. Con questa legge il
presidente del Consiglio assumeva il nome di Capo del Governo e doveva dare conto delle sue azioni
non più al potere legislativo ma solo al Re.
12
Costituzione della repubblica italiana (in Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 1947, n. 298).
10
attribuiscono all’Assemblea costituente alcune materie, quali
leggi elettorali, leggi di approvazione dei trattati internazionali e
la “materia costituzionale”, fatto salvo per tutte le restanti la
delega al Governo. Per la prima volta si pone un problema
concernente la necessità che il contenuto delle leggi sia
conforme a certe regole e si afferma che il Governo legislatore è
obbligato a non incidere con i suoi provvedimenti in materia
costituzionale. Il decreto luogotenenziale del 1946, emanato allo
scopo di fissare i tratti fondamentali del regime provvisorio, non
presenta una vera e propria efficacia formale superiore, tuttavia
si dimostra idoneo ad esercitare forza vincolante in riferimento
di materia costituzionale, a cui attribuisce un carattere di
rigidità. Questa materia è individuata nei principi essenziali
dello stato moderno, come stato costituzionale e stato di diritto.
Non essendoci – inoltre - disposizioni esplicite che consentano ai
giudici di sindacare i decreti governativi ed eventualmente
disapplicarli, ne consegue una situazione favorevole allo
sviluppo di un sindacato diffuso, dichiarativo ed incidentale,
alla stregua della dottrina Marshall, ovvero rivolto alle norme da
applicare nei giudizi in corso e nei confronti delle quali i
magistrati si pongano problemi di conformità costituzionale. Le
questioni esaminate in concreto trovano riferimento nei principi
come la separazione dei poteri, il divieto di giurisdizioni speciali
e il divieto di retroattività della legge. In particolare si
rinvengono pronunce dei giudici ordinari che rivelano la
soluzione di dubbi di legittimità costituzionale. Nella sentenza n.
1212 del 28 luglio 1947 della Corte di Cassazione a Sezioni
Unite civili si perviene a una dichiarazione di incostituzionalità
del decreto legislativo presidenziale 22 giugno 1946, n. 44. Il
13
II Costituzione provvisoria, D.l.lgt. 16 marzo 1946, n. 98.
11
suddetto atto non era sindacato per la materia direttamente
regolata, ma per i principi costituzionali che tale decreto violava,
ovvero il principio di retroattività delle leggi, dell’autorità della
cosa giudicata - a sua volta in violazione del principio della
divisione dei poteri - e dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla
legge.
Questa prassi smentisce il luogo comune che in Italia si sarebbe
instaurato un controllo di legittimità di tipo diffuso solo a
partire dal 1948 ed evidenzia come i giudici del merito – oltre
che la Cassazione - si ritenessero abilitati a compiere tale
controllo. Soprattutto questa prassi risulta importante per
fornire una corretta interpretazione della VII disposizione
transitoria della Costituzione Repubblicana
14
. Senza l’esperienza
sopraccitata l’unico controllo esperibile sarebbe stato al più
quello consentito all’epoca dello Statuto albertino, con la
conseguenza che la Costituzione repubblicana sarebbe rimasta
flessibile sino all’entrata in funzione della Corte costituzionale.
Invece dal 1° gennaio 1948 si apre una fondamentale
prospettiva per i giudici comuni di esercitare il sindacato
incidentale, sulla base del ricco ed articolato quadro di norme
offerto dalla Carta fondamentale, finché la Corte costituzionale
non sia in grado di operare.
14
VII Disposizione Transitoria, II comma, Cost.: “Fino a quando non entri in vigore la Corte
costituzionale, la decisione delle controversie indicate all’art. 134 ha luogo nelle forme e nei limiti
delle norme preesistenti all’entrata in vigore della Costituzione.”
12
CAPITOLO I
LE ORIGINI DELLA CORTE COSTITUZIONALE
§ 1. Discussione in Assemblea costituente sulla nascita della
Corte costituzionale
Incaricata tra il gennaio e il febbraio del 1946 dal Ministero per
la Costituente, con il compito di studiare le possibili forme di
riorganizzazione dello Stato, la Commissione Forti fornisce
l’input ad un dibattito ufficiale italiano sul controllo di
costituzionalità delle leggi.
Al suo interno si manifestano due diversi orientamenti legati al
tema di giustizia costituzionale: uno volto a concepire il
sindacato sulle leggi, come una forma di sviluppo della tutela
dei diritti fondamentali dei cittadini garantiti dalla Costituzione,
l’altro teso ad organizzare un controllo per garantire che il
potere legislativo non invada il potere costituzionale. In questa
sede prevale la seconda impostazione, per evitare che gli organi
legislativi si trovino in una posizione che possa degenerare
nell’assunzione di un potere nuovamente assolutistico
15
. In seno
all’Assemblea costituente questa posizione vale inizialmente ad
orientare la sottocommissione competente ad incentrarsi
sull’elezione e sulla composizione dell’organo di giustizia
costituzionale.
Eletta il 2 giugno 1946, contestualmente al referendum
istituzionale, l’Assemblea costituente svolge i propri compiti
15
“…per evitare che gli organi legislativi si trovino in una posizione che può, se efficaci freni non si
appongono, degenerare nell’assunzione di un potere nuovamente assolutistico, di fronte al quale
nessuna difesa troverebbero i fondamentali interessi dei cittadini tutelati dalla Costituzione.” Tratto
dalla Relazione introduttiva dei lavori alla Commissione Forti, redatta dal liberale Vincenzo Gueli.
13
sulla base del decreto 98/1946
16
del Governo provvisorio.
Rispetto a tale decreto l’Assemblea riafferma la propria
sovranità e proroga il mandato oltre il termine previsto di otto
mesi, rimanendo in carica dal 26 giugno 1946 fino alla fine del
gennaio 1948. Allo scopo di superare le tensioni e le forti
divaricazioni politiche ed ideologiche creatisi all’interno
dell’Assemblea, viene nominata un’apposita Commissione per la
Costituzione
17
, suddivisa a sua volta in tre sottocommissioni
18
per elaborare in tempo breve un articolato progetto. All’interno
della seconda sottocommissione competente per l’organizzazione
costituzionale dello Stato, la seconda sezione redige tre progetti
relativi all’istituzione della Corte, grazie alla collaborazione di
Calamandrei, Leone e Patricolo. Il contributo del primo relatore
sarà determinante per la scelta della Costituente, che si orienta
verso la costruzione di un organo ibrido, mentre l’opzione
presentata da Leone di una Corte di Giustizia costituzionale -
eletta interamente tra giuristi dal Parlamento in seduta comune
integrata - e la proposta di Patricolo - di una Suprema Corte
costituzionale, che rischierebbe di affermarsi come dominus
assoluto della vita democratica del paese - verranno rigettate in
seno alla Commissione dei 75.
16
Decreto-legge luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98 (in Gazzetta Ufficiale 23 marzo 1946, n. 699)
Integrazioni e modifiche al decreto legge Luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151 relativo
all’Assemblea per la nuova costituzione dello Stato, al giuramento dei Membri del Governo ed alla
facoltà del Governo di emanare norme giuridiche. Il decreto luogotenenziale n. 98/1946 modifica il
precedente Decreto legislativo n. 151/1944, il quale stabiliva che, dopo la liberazione del territorio
nazionale, le forme istituzionali sarebbero state scelte dal popolo italiano, che avrebbe eletto, a tal
fine, un'Assemblea Costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato. Tuttavia, nel 1946 la
decisione sulla forma istituzionale dello Stato fu sottratta all’Assemblea Costituente ed attribuita al
popolo, il quale espresse la sua volontà mediante referendum il 2 giugno 1946.
17
La Commissione per la Costituzione, presieduta da Meuccio Ruini, è denominata “Commissione dei
75”, per il numero dei componenti, scelti in proporzione alla consistenza dei gruppi politici
rappresentati nell’Assemblea.
18
La Commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato era suddivisa in quattro
sottocommissioni competenti: per i problemi costituzionali, per l’organizzazione dello Stato, per le
autonomie locali, per gli enti pubblici non territoriali.
14
In seduta plenaria la Commissione prende in esame una quarta
proposta, che sebbene respinta si differenzia notevolmente dai
tre progetti della sottocommissione competente. Einaudi
prospetta un sistema di controllo delle leggi avente il proprio
baricentro nella magistratura, riconoscendo ai giudici ordinari
la competenza a sindacare la costituzionalità delle leggi e
attribuendo alla Corte di cassazione a sezioni unite il compito di
giudicare i conflitti di attribuzione tra i poteri dello stato e tra
stato e regioni, officio che secondo Calamandrei, Leoni e
Patricolo spetta alla Corte costituzionale.
A partire dal marzo 1947 ha inizio - sulla base della relazione
del Presidente della Commissione Ruini
19
- il dibattito generale di
fronte all’Assemblea plenaria, il quale si rivela estremamente
confuso: trascura l’importanza di una scelta relativa alla
modalità di proposizione delle questioni di costituzionalità,
mentre si concentra sulla composizione della Corte. Le maggiori
diffidenze nei confronti di questo istituto prevengono da parte
della componente liberale e da quella marxista dell’Assemblea.
Da un lato si paventa l’introduzione nell’ordinamento italiano di
un istituto incompatibile con lo stato di diritto, affacciandosi
una scusa legittima di disobbedienza alla legge, dall’altro si
teme di svuotare con il suddetto organo l’idea della supremazia
parlamentare e il corrispondente principio di legittimazione
popolare del potere. In tal senso risulta comprensibile
l’orientamento di sinistra - in sede di Costituente - volto a
sottolineare il necessario collegamento della Corte con il
Parlamento, ritenendo a tal fine opportuno l’assegnazione
19
La Commissione dei 75 presentò il progetto il 31 Gennaio 1947 all’Assemblea costituente, assieme
ad una relazione del suo Presidente, Meuccio Ruini.
15
prevalente, se non esclusiva, della scelta dei giudici
costituzionali all’organo rappresentativo della volontà popolare.
A difendere l’idea di introdurre una corte costituzionale con
funzioni di natura giurisdizionale, priva di qualsiasi legame con
l’ambito politico nella propria composizione, ispirata
unicamente a criteri di tipo tecnico - in grado di garantirne al
massimo la neutralità - sono i Costituenti di centro
20
. Questi
sostengono che la Carta fondamentale non debba ridursi a uno
sterile auspicio, senza giudice né sanzione, ma occorra per
garantire il principio di rigidità costituzionale una “volta” per
l’edificio completo delle istituzioni.
Un orientamento minoritario sostiene che il soggetto più idoneo
ad effettuare la scelta dei giudici costituzionali, in modo da
assicurare il possesso delle necessarie doti tecniche, unitamente
a una certa sensibilità politica, sia il Capo dello Stato.
L’attuale composizione della Corte deriva dalla fusione delle tre
esigenze scaturite in sede costituente, senza che nessuna abbia
prevalso sulle altre. La ratio complessiva della composizione
dell’organo è da individuare nella volontà di fondere in una
superiore unità organica e su un piano di indipendenza
funzionale i principi di cui sono positivamente portatrici le tre
istanze
21
: la rappresentanza nazionale
22
, la rappresentanza
dell’unità nazionale
23
e la soggezione soltanto alla legge
24
.
Nonostante i giudici della Consulta non rappresentino i
rispettivi corpi elettorali, la loro diversa provenienza esprime la
20
G. D’ORAZIO, La genesi della Corte costituzionale, Milano, Comunità, 1981.
21
G. D’ORAZIO, Aspetti dello status di giudice della Corte Costituzionale, Milano, Giuffré, 1966, pag.
150.
22
Cfr. Art. 67 Cost. “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni
senza vincolo di mandato.”
23
Cfr. Art. 87, I comma: “Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità
nazionale.”
24
Cfr. Art. 101, II comma: “I giudici sono soggetti soltanto alla legge.”
16
ratio stessa della composizione mista ed il significato dei tre
diversi poteri di nomina ed elezione
25
. L’elezione da parte del
Parlamento rappresenta la visione politica, quella da parte delle
supreme magistrature la visione giuridico-giudiziaria, la nomina
presidenziale la visione istituzionale
26
.
Le ragioni che conducono alla scelta di un modello di giustizia
costituzionale accentrato sono in parte legate a motivazioni di
natura tecnico-giuridica, in parte connesse a ragioni di tipo
politico. Dei modelli storicamente sperimentati, il Costituente
accoglie il principio di affidare ad un apposito organo
costituzionale, con tutte le garanzie necessarie di autonomia e
indipendenza, il compito di garante del rispetto della rigidità
della Costituzione, proprio dell’esperienza austriaca, mentre dal
modello diffuso statunitense prende spunto per il c.d.
procedimento in via incidentale. In analogia all’esperienza
austriaca la struttura regionale dello stato e l’inesistenza del
principio dello stare decisis giocano un ruolo importante
nell’orientare la scelta dell’Assemblea: l’alternativa avrebbe –
invece - comportato il rischio di inevitabili difformità di giudizio
con conseguenze sul piano della certezza del diritto. Inoltre, i
membri della Costituente nutrivano un atteggiamento di
profonda diffidenza nei confronti del corpo della magistratura,
formatosi sotto il regime fascista, e che - a loro avviso - non
offrivano sufficienti garanzie per una piena e sollecita
applicazione dei principi costituzionali, innovativi rispetto a
quelli precedenti. L’Assemblea designa un’alta magistratura, che
riflette nella sua composizione la natura peculiare dell’attività
che essa è chiamata ad esercitare, giurisdizionale e politica
25
G. ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, Bologna, Il Mulino, 1989, pagg. 94-95.
26
Ibidem
17
insieme, a cui possono rivolgersi organi dello Stato o delle
Regioni, singoli cittadini attraverso l’intermediazione del giudice
e con il potere esclusivo di pronunciarsi su questo tipo di
controversie con decisioni inappellabili.
La Corte si propone e si afferma come garante dell’unità
dell’ordinamento costituzionale, che poggia sul rispetto della
legalità della Costituzione, fonte di legittimazione ultima dei
poteri. Istituzione di garanzia del pluralismo politico e sociale, la
Corte opera come istanza di mediazione e risoluzione dei
conflitti politici a livello costituzionale, per preservare la
democraticità del sistema, e garantire la tutela dei diritti
fondamentali.
Il risultato delle riflessioni e del dibattito è rappresentato da un
articolato – gli articoli 134-137 Cost. - che definisce le
competenze, la natura dell’organo e l’efficacia generale delle
decisioni della Corte, mentre risulta lacunoso per quanto
concerne le vie di accesso al sindacato di legittimità
costituzionale. A tale proposito l’emendamento Arata
27
,
approvato il 2 dicembre 1947, rinvia ad un momento successivo
la scelta relativa ai modi e ai termini per i giudizi di
incostituzionalità delle leggi.
La costruzione di un organo di derivazione in parte politica –
considerando la titolarità del potere di elezione e di nomina,
rispettivamente del Parlamento in seduta comune e del
Presidente della Repubblica - ed in parte giurisdizionale – per la
quota di giudici costituzionali scelti dalle supreme magistrature
- pone le premesse di quella ibridazione tra i due grandi modelli
teorici, il modello nordamericano di judicial review e il modello
austriaco di Verfassungerichtsbarkeit, la quale verrà delineata
27
L’Assemblea costituente vota il 2 dicembre 1947 l’emendamento presentato dall’On. Arata.