2
questo dualismo, traducendolo in una lotta esasperata tra realtà e finzione,
un’eterna battaglia a cui Dick non seppe mai porre termine. Per questo motivo la
volontà di darsi delle risposte attraversò l’intera opera dell’autore, il quale, si
immergeva totalmente nell’arte dela sua creazione: tutto ciò che non era
pertinente a quello che stava concependo diventava secondario
3
. I suoi universi
prendevano forma in mondi paralleli dove la finzione accedeva a uno status di
straordinaria, intricata, quanto autentica realtà.
Naturalmente non fu l’unico a creare nuovi mondi e a porsi delle domande
sul mistero della natura umana. Anzi furono in molti coloro che nell’ultima metà
di secolo o poco più, divennero esponenti di un genere d’evasione, la Science
Fiction, tramite cui diedero libero sfogo all’inventiva e alla creatività. Potremmo
pensare a H.G. Wells, a George Orwell e ad Orson Welles
4
; ad Andrej Tarkovskij
5
piuttosto che a Stanley Kubrick
6
; o ancora prima a Byron Haskin
7
, Don Siegel o a
Fred Wilcox
8
e a tutto quel filone di fantascienza degli anni Cinquanta che
rappresentava le paure della Guerra Fredda con mostri verdi, formiche giganti e
Mondadori, Milano 1968; G. Pannofino, Tempo fuori luogo, Sellerio, Palermo 1966; Tempo fuor
di sesto, Fanucci, Roma 2003, in seguito abbreviato in TOOJ
3
Cfr. F. Rispoli, op. cit. p. 15
4
Cfr. G. De Marco, Cose dell’Altro Mondo!, Editrice Cinetecnica, Faenza 2002. p. 4-6
5
Cfr. IBIDEM, p. 46
6
Cfr. IBIDEM, p. 33
7
Cfr. IBIDEM, p.18
8
Cfr. IBIDEM, p. 20-21
3
ragni vendicatori
9
. Tanti furono appunto gli autori e i registi che si aprirono al
genere della fantascienza; tra questi Philip Dick seppe cogliere con grande
anticipo sensibilità ed argomenti che oggi, in maniera quasi profetica, sono
divenuti incredibilmente veri ed attuali.
Proprio lo straordinario successo che ha riscosso soprattutto in questo
ultimo trentennio, ha fatto sì che le sue opere subissero diverse riscritture o che
fossero comunque fonte di ispirazione (voluta o non) di numerose trascrizioni. La
più famosa di queste è senz’altro Blade Runner
10
di Ridley Scott del 1982, film
che contribuì a dare gran fama allo scrittore, che tra l’altro, ai tempi della vendita
dei diritti, era ancora in vita. Fu proprio dopo la sua morte, avvenuta sempre nel
1982 (anche l’anno di uscita nelle sale di BR) , che la sua fama si diffuse in tutto
il mondo e nelle nuove generazioni. Se gran parte del merito della ‘scoperta’ di
questo genio è attribuita a Ridley Scott, allo stesso tempo, è necessario scindere il
pensiero dell’autore da quello del famoso cineasta. Infatti, pur essendo stato BR
ormai consacrato un capolavoro, differisce in maniera significativa dal suo testo
fonte.
Paradossalmente invece, proprio di una pellicola la cui ispirazione non fu
mai dichiarata, Gregg Rickman scrive:
9
Cfr. V. Evangelisti, Introduzione a C. e G. Mongini, Storia del cinema di fantascienza. Vol. 10,
Dal 1998 al 1999, Fanucci Editore, Roma 2001, p. 7
10
R. Scott, Blade Runner, trad.it Blade Runner, colore, USA 1982, in seguito abbreviato in BR
4
But the similarity between The Truman Show and Time Out of Joint is even extreme for
Hollywood. I’d like to see Niccol deny he’s ever read it.
11
In effetti esiste una straordinaria somiglianza tra il romanzo e il film
hollywoodiano appena citato: parliamo di The Truman Show
12
, uscito nelle sale
nel 1998, scritto da Andrew Niccol e diretto da Peter Weir. Trattandosi di una
trascrizione letterario-cinematografica, o per lo meno di una opera liberamente
ispirata al romanzo, ritengo sia doveroso citare l’autore della sceneggiatura: i
maggiori spunti di riflessione trovano infatti le loro radici primarie nel testo fonte,
e rinascono di conseguenza nel corpo dello script di Niccol.
A questo proposito Marco Spagnoli, in un’intervista a Peter Weir e a Jim
Carrey raccontava che un tizio, appena uscito dalla proiezione dichiarava: “Ma
cos’è questo strano sentimento che provo...? Mio Dio, sto pensando!”
13
.
Probabilmente, l’origine di tale sensazione, è la stessa che ci porta così facilmente
a identificarci con il personaggio magistralmente interpretato da Jim Carrey: il suo
buonismo, la sua banalità, così come l’ambientazione in cui questo si muove, sono
11
G. Rickman, Zoom Lens, 1998, http://www.sfweekly.com/issues/1998-06-17/film/film2.html,
originariamente pubblicato il 17 giugno 1998, p. 2
12
P.Weir, The Truman Show,trad. it The Truman Show, Colore, USA 1998, in seguito abbreviato
in TTS
13
M. Spagnoli, The Truman Show,Intervista a Peter weir e Jim Carrey, 1998 Delos Science
Fiction n. 41, http://www. fantascienza.com/cinema/truman_show/2.html, p. 2
5
tutti elementi che concorrono a individuare in Truman una persona ordinaria e
comune . La sua vita infatti, nel meccanico ripetersi di ogni giorno, di ogni
singola movenza , di ogni singola azione, riproduce nei minimi dettagli la nostra.
Certo, qui ci troviamo di fronte a qualcosa che rappresenta un eccesso di quella
che è la realtà, ma il messaggio ci arriva comunque in maniera perentoria: il limite
tra realtà e finzione è fuggevole e instabile.
Proprio questo fragile confine tra verità e apparenza, che sta alla base
dell’eccezionale quantità di elementi comuni esistente tra il romanzo e il film,
hanno fatto sì che la scelta dell’argomento del presente lavoro fosse proprio il
confronto tra queste due opere.
Infatti, dopo aver conosciuto Dick e in particolare il romanzo TOOJ durante
il corso di Letteratura Inglese Moderna e Contemporanea tenuto dal Prof. Pagetti,
avanzando con la lettura mi rendevo gradualmente conto che l’immagine che si
stava formando del protagonista e del mondo in cui si muoveva andavano sempre
più somigliando a quelle di TTS, che pochi anni prima mi avevano appassionato e
stupito per la loro originalità. La scelta dello sfondo da inserire su questo
confronto è poi venuta naturale: il seminario tenuto dalla Prof.ssa Vallorani sui
media mi ha offerto nuovi punti di vista che hanno funzionato da anelli di
congiunzione tra la fantascienza e i mezzi di comunicazione che mai avrei pensato
possibili.
6
In tal senso, ho ritenuto fosse utile approfondire la questione Realtà-
Finzione, nata con il confronto tra TOOJ e TTS, ma da altri punti di vista che
privilegiassero maggiormente l’aspetto dei media. Dunque, proprio per
esemplificarne le modalità, le somiglianze e le differenze, ho pensato di prendere
in considerazione diverse pellicole che proponesssero diversi modi di affrontare
tale rapporto. Ad esempio due film come Zelig
14
e The Blair Witch Project
15
,in
apparenza tanto diversi, si propongono entrambi sotto forma di documentario,
quando invece non sono altro che film di finzione. Chi però, ipotizzando che non
si conosca Woody Allen, potrebbe non pensare che Leonard Zelig sia realmente
esistito e che non si tratti di un vero film d’attualità?
16
. Oppure pensiamo a
Simone
17
, diretto da Andrew Niccol: nulla in quanto telespettatori potrebbe
indurci a pensare che la protagonista, attrice e cantante virtuale, non sia vera.
Questo è l’effetto che sortiscono spesso i media, in particolare la televisione; si
giunge a un punto per cui ciò che è reale è talmente distante dall’universo
propostoci dal mezzo televisivo che non sappiamo più attestare la veridicità o
meno di tutto ciò che ci viene propinato come tale. È lo stesso motivo attorno al
quale gira Simone, cioè l’ingannevolezza del piccolo e grande schermo.
14
W. Allen, Zelig, trad. it. Zelig, B/N e Colore, USA 1983
15
D. Myrik e E. Sanchez, The Blair WitchProject, trad. it The Blair Witch Project – Il Mistero
della Strega di Blair, Colore, USA 1999
16
Cfr. F. Jost, Realtà/Finzione. L’impero del falso, Editrice Il Castoro, Milano 2003, p. 80
17
A. Niccol, Simone, Colore, USA 2001
7
A questo punto, allora, dovremmo dubitare di tutto ciò che non vediamo con
i nostri occhi. È evidente che siamo davanti a un fenomeno di grossa portata.
Dunque notizie, servizi, articoli, telegiornali potrebbero essere tutti una
messinscena. Questo è proprio quello che accade in Wag the Dog
18
diretto da
Barry Levinson, l’altro lungometraggio che ho pensato di prendere in esame per
affrontare da un ulteriore punto di vista la questione realtà-finzione. Infatti,
rendendomi conto dell’importanza crescente che andavano sempre più
acquistando i media nell’ambito della mia ricerca, ho ritenuto giusto includerci
anche il tema della manipolazione. Proprio questo film infatti, è un esempio
brillante di cosa potrebbe accadere, e in parte già accade, se solo da parte di chi fa
la televisione ci fosse una precisa volontà di mistificazione. A tal proposito,
dichiara Peter Weir:
Guardi cosa è successo nel vostro paese [...] Pensi a questi “imperi quasi dinastici delle
telecomunicazioni” dove un tale potrebbe svegliarsi una mattina e mandare al mondo –
attraverso i suoi satelliti – quello che vuole.
19
Non è sicuramente questo quello che accadrà domani mattina, e sicuramente non
accadrà nemmeno tra una settimana, un mese o un anno. Quello che è sicuro
18
B. Levinson, Wag the Dog, Colore, trad. it Sesso e Potere, USA 1997
19
Cfr. M. Spagnoli, op. cit. p. 1
8
invece è che noi, in quanto oggetto della comunicazione, non avremmo mai modo
di comprendere in che misura un affermazione, un’immagine piuttosto che una
narrazione, possa o meno corrispondere a quello che realmente esiste dietro alla
mediazione dei mezzi di informazione.
Questi dunque sono i gli argomenti di cui mi occuperò in questa ricerca;
Ragle Gumm diverrà Truman Burbank; questo a sua volta, compreso l’inganno di
un’esistenza, fuggirà per sempre dal suo mondo. Solo allora l’occhio della
telecamera smetterà di scrutarlo e ci condurrà oltre, verso luoghi alternativi di
invenzione fino a quando anch’esso, confuso nell’universo mediatico, si troverà in
un punto in cui non capirà più se ciò che sta guardando sia vero o soltanto,
‘semplicemente’, fittizio.