6
un’utilità dalla prestazione lavorativa dell’apprendista, seppure imperfetta
viste le sue scarse conoscenze in materia, si obbliga a retribuire.
C’è, peraltro, da dire che il lavoro svolto dagli apprendisti era lo
stesso che svolgevano i lavoratori qualificati, ovvero alle stesse gravose
condizioni e non prevedeva una formazione teorica ma era
semplicemente costituita dall’affiancamento ad un lavoratore esperto
4
.
Successivamente si è provveduto a salvaguardare la posizione del
fanciullo che rappresentava una figura sociale debole e che quindi andava
protetta. Si pensò di subordinare l’accesso al lavoro all’adempimento
degli obblighi scolastici, ma questa esperienza non ebbe molto successo.
Mentre continuava a mancare per la disciplina dell’apprendistato una
concreta normativa. Solo nel ‘30 Con il r.d.l. 21 settembre 1938, n. 1906,
sulla disciplina dell’apprendistato, si usa per la prima volta tale termine
per indicare il rapporto che comporta l’obbligo per il datore di lavoro di
“fargli acquisire una professionalità e di retribuire le prestazioni
dell’apprendista”.
L’esistenza di questa organica disciplina spiega perché il codice
civile dedichi all’apprendistato solo pochi articoli di carattere generale:
artt. 2130-2134. L’entrata in vigore della Costituzione ha poi
indirettamente attribuito al tirocinio un rilievo ancora maggiore.
Con il secondo comma 2 dell’art. 35 Cost., che assegna alla
Repubblica il compito di curare “la formazione e l’elevazione
professionale dei lavoratori”, assurge al rango di norma costituzionale nel
nostro ordinamento il principio dell’intervento pubblico nel campo della
formazione professionale dei lavoratori
5
. In questo modo la Carta
Costituzionale si allinea alle previsioni di altre costituzioni moderne che
4
VARESI P.A., I contratti di lavoro con finalità formative, 2001, Milano, p. 25.
5
ICHINO, Il contratto di lavoro, in Trattato di diritto civile e commerciale, 2000, Giuffrè, Milano p.
99,
7
hanno ritenuto parimenti opportuno, dal punto di vista politico,
menzionare espressamente la formazione professionale. Tuttavia la
previsione normativa in esame è peculiare rispetto alle altre. Infatti oltre
a sancire l’impegno per la formazione, la norma obbliga la Repubblica a
predisporre le misure specifiche affinché tutti i lavoratori possano, di
fatto, conseguire i più alti livelli della vita professionale
6
. L’oggetto della
disposizione costituzionale è complesso. In particolare, leggendo la
norma in collegamento con i primi quattro articoli della Costituzione,
emerge chiaramente la sfida in essa contenuta. Il 2° comma dell’art. 35
specifica e attua le direttive contenute negli artt. 1 – 4 della Carta,
ponendo a carico della Repubblica un preciso “obbligo sociale”, che si
specifica nel senso di realizzare un riequilibrio dei punti di partenza
rispetto al lavoro, al fine di assicurare eguali condizioni per la piena
realizzazione della persona dei lavoratori. In questa prospettiva, la cura
della formazione, nonché dell’elevazione professionale dei lavoratori, si
pone tra gli strumenti diretti a promuovere le condizioni per l’attuazione
del diritto al lavoro.
Anche per dare attuazione ai principi costituzionali, il contratto di
apprendistato è stato nuovamente regolato in modo organico con l’art. 2
della l. 19 gennaio 1955, n. 25
7
, che lo definisce come uno speciale
rapporto di lavoro a causa mista, dove il datore di lavoro si obbliga ad
impartire o fare impartire, nella sua impresa, all’apprendista assunto alle
sue dipendenze, l’insegnamento necessario a conseguire la capacità
tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzando l’opera
dell’apprendista nella propria impresa.
6
NAPOLI M., Il secondo comma dell’art. 35 della Cost., in Commentario della Costituzione, Branca,
1979, p. 20.
7
L. 19 dicembre 1955, n. 25, pubblicata in GAZZETTA UFFICIALE 14 febbraio 1955, n.
36.
8
La specialità del rapporto sta dunque, da un lato, nel fatto che il
datore di lavoro è obbligato non solo a retribuire il lavoratore, ma anche
a fornire un insegnamento professionale, dall’altro nel fatto che il
lavoratore presta la sua attività non solo per rendere un’utilità al datore di
lavoro, ma anche per apprendere il mestiere. Secondo quanto
disciplinato dall’art. 16 della legge n. 25/1955, la formazione
professionale dell’apprendista si attuava sia mediante l’addestramento
pratico, ovvero lo svolgimento del lavoro affiancato da un tutor, sia
attraverso un insegnamento complementare di tipo teorico utile a
conferire all’apprendista le nozioni necessarie all’acquisizione della piena
capacità professionale
8
.
La legge in esame sanciva anche l’obbligatorietà e la gratuità della
frequenza dei corsi complementari, imponendo la concessione, da parte
del datore di lavoro, di permessi per la frequenza dei suddetti corsi, senza
attuare trattenuta alcuna sulla retribuzione. Infatti le ore impiegate per
l’insegnamento complementare erano da considerarsi a tutti gli effetti ore
di lavoro e quindi retribuite
9
.
8
SALA CHIRI M., Il tirocinio, cit., p. 45.
9
MENGHINI L., Sezione I – art. 2 comma 1, lett. a), b), c), e), f), g), h), i). I contratti a contenuto
formativo, cit., p. 111
9
CAPITOLO I
IL RAPPORTO DI APPRENDISTATO IN BASE ALLE PIÙ
RECENTI NORME PREVIGENTI
1. Crisi del rapporto di apprendistato e riforma dell’art. 16,
legge 196/97 “pacchetto Treu”
Il contratto di apprendistato ha dovuto far fronte ad un lungo
periodo di crisi, durante il quale, il suo impiego veniva utilizzato da ben
pochi settori produttivi, uno dei quali l’artigianato, che ha sempre
mantenuto un vivo interesse nei confronti di questo tipo di contratto.
Questa crisi, vi è stata in conseguenza all’avvento della moderna industria
tecnologica, in cui necessitando pochi operai di mestiere (come nelle
lavorazioni in serie) la figura dell’apprendistato risulta di scarso rilievo
non essendoci più l’esigenza di acquisire, mediante tirocinio, la
conoscenza del mestiere, poichè le mansioni fin troppo elementari.
D’altronde, nelle industrie ad elevata tecnologia ormai non è più
possibile per gli operai qualificati apprendere il mestiere con il semplice
addestramento: occorre una formazione professionale. In sostanza, o
perché certe mansioni sono troppo elementari o perché, invece troppo
10
complesse, la funzione dell’apprendistato attraversa questa una profonda
crisi
10
.
Per poter rivalutare la funzione dell’apprendistato era necessario che
questo non dovesse soltanto favorire l’inserimento dei giovani nel
mondo del lavoro, ma anche offrire l’opportunità di intraprendere un
percorso di crescita professionale. La tradizionale disciplina dell’istituto
definita appunto dalla legge n. 25/1955 era finalizzata alla formazione di
figure destinate ad un lavoro esclusivamente manuale con una serie di
vincoli posti a tutela dell’utenza dei giovanissimi
11
. Infatti la legge n.
25/1955 consentiva di assumere come apprendisti giovani tra i 15 e i 20
anni. Con l’innalzamento del livello di istruzione, si è prolungata l’età di
inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Di conseguenza
l’apprendistato è stato sempre più sostituito da altri strumenti, tra cui i
CFL, in quanto più flessibili rispetto alle esigenze delle imprese.
Si è reso necessario pertanto ripensare l’istituto in funzione delle
esigenze sempre crescenti delle imprese, trasformandolo, da un lato, in
una “occasione per i giovani” di apprendimento e, dall’altro, in una
“opportunità” per le aziende di formare professionalità più adatte ai
propri processi produttivi e organizzativi.
Varie modifiche sono state così apportate alla tradizionale disciplina
dell’apprendistato, introdotte per la maggior parte dalla legge n. 196/97
“Norme in materia di promozione dell’occupazione” che ha dato
concreta attuazione all’impegno del Governo, sottoscritto nell’Accordo
per il lavoro del settembre 1996, di promuovere l’istituto
dell’apprendistato valorizzandone la componente formativa.
La legge n. 196/97 ha esteso la possibilità di utilizzare
l’apprendistato in tutti i settori, ha ampliato l’età dei giovani che possono
10
GHERA, Diritto del lavoro, Cacucci, Bari., 2003, p. 512.
11
GHERA, Diritto del lavoro, Cacucci, Bari., 1996, p. 328.
11
divenire apprendisti indipendentemente dal loro titolo di studio e ha
introdotto l’obbligo di formazione esterna
12
fissandone anche il termine
minimo di 120 ore medie annue.
In questo senso il nuovo apprendistato vede interagire tre soggetti:
l’apprendista, l’impresa e le Agenzie formative, valorizzando il momento
formativo, favorendo l’alternanza tra formazione interna all’azienda (on
the job) e formazione esterna (off the job).
La legge n. 196/97 e la sua successiva legislazione introduce quindi
la più grande innovazione ovvero l’introduzione di formazione esterna,
da porre l’apprendistato sullo steso piano dell’istruzione superiore e della
formazione professionale regionale, con possibilità di passaggio dall’una
all’altra di queste tre forme di istruzione mediante un sistema di
riconoscimento di crediti formativi
13
.
Questa valorizzazione dell’aspetto formativo del contratto rispetto a
quello lavorativo si è voluta per contrastare il sempre più frequente
utilizzo del contratto di apprendistato per il semplice fine di impiegare il
lavoro di giovani, con qualifica di apprendisti, in modo da ottenere uno
sconto sul costo del lavoro, grazie alla minore retribuzione dovuta e agli
sgravi fiscali previsti per questo particolare tipo di contratto
14
. A tal fine
la legge ha definito un sistema organico di controlli sulla effettività
dell’addestramento e sul reale rapporto tra attività lavorativa e attività
formativa, con la previsione di specifiche sanzioni amministrative per
l’ipotesi in cui le condizioni previste dalla legge non siano state
assicurate.
12
SARACINI P., Apprendistato, contrattazione collettive riforma del mercato del lavoro, in Mercato del
lavoro: riforma e vincoli di sistema. Dalla Legge 14 febbraio 2003, n. 30 al D.Lgs. 10 settembre 2003, n.
276 di DE LUCA TAMAJO R.; RUSCIANO M. E ZOPPOLI L., 2004, Napoli, p. 533.
13
VARESI P.A., I contratti di lavoro con finalità formative, cit., p. 276.
14
BIANCHI F., TRENTINI M., La forma dell’apprendistato in Italia: alcune valutazioni preliminari, in
Diritto delle relazioni industriali, 2004, fasc. 1, p. 31.
12
Inoltre, sempre per evitare lo sfruttamento del lavoro del giovane
apprendista è stata abbassata la durata massima del contratto, che è
diventata di quattro anni, ad eccezione del settore artigiano, mentre in
passato era di cinque anni per qualsiasi tipo di attività.
2. Norme successive alla riforma della legge Treu
Successivamente sono stati emanati due decreti ministeriali attuativi
dell’art. 16 della legge 196/97, quali dovevano indicare quali fossero i
contenuti della formazione esterna.
Il Decreto 8 aprile 1998 prevede due tipologie di contenuti: una
generale e trasversale che riguarda materie linguistiche, matematiche e
gestionali e che devono impegnare almeno il 35% delle ore previste
(120); l’altra di tipo tecnico-scientifico ed operativo ha un più stretto
collegamento con l’attività che si svolge sul luogo di lavoro.
Il decreto 20 maggio 1999 specifica nel dettaglio i contenuti della
formazione esterna e individua per quanto riguarda la formazione di
base, generale e trasversale, quattro aree di contenuto: competenze
relazionali; organizzazione ed economia; disciplina del rapporto di lavoro
e sicurezza sul lavoro (con particolare attenzione alle misure di
prevenzione collettiva); per la formazione a carattere professionalizzante
di tipo tecnico-scientifico, i contenuti, differenziati a seconda delle
singole figure professionali, verranno definiti a partire da macro-obiettivi:
conoscere i prodotti e servizi di settore e il contesto aziendale; conoscere
e saper applicare le basi tecniche e scientifiche della professionalità;
conoscere e saper utilizzare le tecniche e i metodi di lavoro; conoscere e
13
saper utilizzare gli strumenti e le tecnologie di lavoro (attrezzature,
macchinari e strumenti di lavoro); conoscere ed utilizzare misure di
sicurezza individuale e tutela ambientale; conoscere le innovazioni di
prodotto, di processo e di contesto.
Il DM 28 febbraio 2000 definisce nel dettaglio, la figura del tutore
aziendale, i suoi compiti ed istituzionalizza azioni di formazione al fine di
garantire l’acquisizione di competenze per l’esercizio al ruolo di tutor
aziendale.
Una ulteriore importante novità è stata introdotta dalla legge
144/99 (collegato lavoro alla finanziaria ‘99). L’art. 68 del collegato sul
lavoro prevede che l’apprendistato sia una delle tre strade per adempiere
l’obbligo formativo, accanto al sistema scolastico e alla formazione
professionale regionale. Attraverso un sistema modulare, le competenze
certificate alla fine di un segmento qualsiasi della formazione
professionale, scolastica e dell’apprendistato costituiranno dei crediti per
il passaggio da un sistema all’altro. La durata della formazione esterna per
i giovani non ancora maggiorenni passa da 120 a 240 ore annue.
La circolare 1/00 del 5 gennaio 2000 indica che i contratti di
apprendistato sono per le imprese l’unico modo per assumere giovani al
di sotto di 18 anni. Per le altre attività lavorative necessita che sia stato
assolto l’obbligo formativo fissato a 18 anni dalla legge 144/99
15
. Il
decreto legislativo 345/99, che recepisce la direttiva 94/33 Ce prevede
infatti la possibilità di assumere minorenni come apprendisti proprio in
virtù del carattere formativo di questo rapporto di lavoro.
Di significativa importanza è il punto 2) che disciplina l’età
lavorativa, l’obbligo scolastico e l’obbligo formativo. Sul punto, il decreto
legislativo del 4 agosto 1999 n. 345, introduce il princìpi o che l’età
15
BIANCHI F., TRENTINI M., La forma dell’apprendistato in Italia: alcune valutazioni preliminari, cit.,
p. 356.
14
minima di ammissione al lavoro non può essere mai inferiore ai quindici
anni compiuti ed è inoltre subordinata al compimento del periodo di
istruzione obbligatoria.
Per determinare quindi il limite di età per l’instaurazione di un
rapporto di lavoro con minori occorre verificare la sussistenza di due
requisiti: il compimento del quindicesimo anno di età e l’avvenuto
assolvimento dell’obbligo scolastico.
Il Decreto del Presidente della Repubblica del 12 luglio 2000,
n. 257 regolamenta l’attuazione dell’art. 68 della legge 144/99
concernente appunto l’obbligo di frequenza di attività formative fino al
diciottesimo anno di età. In particolare l’art. 4 individua i soggetti a cui
spetta il compito di organizzare iniziative formative e di orientamento
per l’assolvimento dell’obbligo di frequenza di attività formative. L’art. 6,
invece, disciplina il passaggio tra i tre sistemi individuati come canali per
l’assolvimento dell’obbligo di formazione.
La Circolare 9 novembre 2000, n. 77/2000 indica che, in via
transitoria ed in attesa dell’approvazione del decreto di cui all’art. 5,
comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 257 del 12 luglio
2000, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano possono
definire i contenuti dei moduli formativi aggiuntivi per i giovani che
assolvano l’obbligo formativo attraverso l’istituto apprendistato.
Con il Decreto Interministeriale n. 152/V/2001, si da attuazione
all’art. 5 del D.P.R. n. 257 del 12 luglio 2000 prevedendo finalità,
obiettivi e standard minimi di riferimento. Tra le finalità dei moduli
formativi aggiuntivi, indicate all’art. 1, vi è quella di elevare il livello
culturale e professionale dei giovani apprendisti al fine di favorire il loro
pieno e proficuo inserimento sociale e favorire gli eventuali passaggi nel
sistema di istruzione e formazione. Le attività formative di cui all’articolo
15
1 del decreto perseguono gli obiettivi articolati in tre aree di competenza:
competenze linguistiche, matematiche e informatiche. Le competenze
acquisite nella formazione esterna e nel luogo di lavoro, saranno misurati
sulla base degli indicatori relativi a ciascuna delle aree di competenza
individuate. La progettazione dei moduli formativi aggiuntivi (art. 3)
viene effettuata in raccordo con il percorso di cui all’articolo 16, comma
2, della Legge 24 giugno 1997, n. 196.
La legge 53/2000, all’art. 2, comma1, lettera g, stabilisce che
l’apprendistato è inserito nel secondo ciclo del sistema educativo di
istruzione e di formazione, nell’ambito del sistema di istruzione e
formazione professionale di competenza regionale, come istituto
mediante il quale possono essere acquisiti diplomi e qualifiche.
3. Elementi caratterizzanti il contratto di apprendistato
In base alle normative previgenti, di cui sopra, possiamo illustrare
come risultava essere disciplinato fino ad oggi il contratto di
apprendistato senza l’intervento della nuova riforma che ci apprestiamo a
studiare nei capitoli seguenti:
1) l’età dell’apprendista va dai 16 ai 24 anni, 26 anni al sud. Nel settore
dell’artigianato il comma n. l. possono elevare i limiti di età fino al
29° anno di vita;
2) l’aspirante apprendista deve iscriversi in appositi elenchi presso
l’ufficio di collocamento, a cui poi si rifaranno le imprese.
L’assunzione deve essere preceduta da apposita visita sanitaria (art.
4 l. n. 25)
16
3) il rapporto di lavoro è possibile solo dopo autorizzazione della
Direzione Provinciale del lavoro e dei Servizi Ispettivi;
4) gli apprendisti da assumere sono solo quelli reperiti attraverso
l’Ufficio di collocamento mediante assunzione nominativa e solo
dopo un accertamento sanitario della idoneità fisica al particolare
lavoro da svolgere;
5) il numero di apprendisti occupabili in un’azienda non deve superare
il numero dei lavoratori dipendenti effettivi, e se il numero di
lavoratori dipendenti sia qualificati che specializzati è inferiore alle
tre unità, non si possono assumere apprendisti in misura superiore a
tre unità;
6) la durata massima non può superare i 4 anni, mentre la minima è di
18 mesi;
7) l’attività formativa dell’apprendista viene svolta all’interno ed
all’esterno dell’azienda. A tal proposito il datore di lavoro è tenuto
ad accordare all’apprendista, senza operare trattenuta alcuna sulla
retribuzione, i permessi per la frequenza obbligatoria dei corsi di
insegnamento complementare e per i relativi esami.
8) l’apprendista non può svolgere lavori troppo gravosi, ne’ può essere
adibito a mansioni non consone alla specialità professionale per cui
è assunto;
9) è vietata la retribuzione a cottimo (art. 36 Cost.);
10) Il rapporto di apprendistato si esaurisce alla scadenza del termine di
durata previsto, ma può cessare prima della scadenza del termine,
per il conseguimento anticipato della qualifica professionale; per
giusta causa o giustificato motivo. Qualora al termine del periodo di
apprendistato non venga data disdetta, l’apprendista rimane in
servizio con qualifica acquisita e il contratto viene trasformato a