5
Maxis SimEarth for Windows del 1991 permette di “costruire” il proprio pianeta
partendo dall’era cambriana, dalla “Stone Age”, dall’era moderna, di trasformare
il pianeta Marte o Venere o, appunto, di esplorare il Daisyworld.
La prima parte della tesi illustra approfonditamente l’ipotesi Gaia,
soffermandosi, per tutto il primo capitolo, sulla visione sistemica, di cui sono
indicati anche alcuni importanti contributi, provenienti da altre discipline, che
possono ben integrare gli studi iniziati dallo scienziato inglese presso la NASA
verso la fine degli anni sessanta. Nel secondo capitolo ci si addentra invece in
maniera più dettagliata nei meccanismi di Gaia, mostrando, nei fatti, come il
flusso energetico generato dal sole sia in grado di rendere possibile la fotosintesi,
generare i venti e le onde, accelerare le reazioni chimiche, dare l’avvio al ciclo
dell’acqua e a tutti i flussi di materia nei quali sono in gioco tutti gli esseri viventi.
Nel frattempo un altro flusso viene dalle profondità della terra, meno potente
rispetto al sole, ma in grado di modellare le superfici delle terre emerse, creando
montagne, generando terremoti e spostando interi continenti. Infine, la vita stessa,
colonizzando le terre emerse, messe a disposizione da questi grandiosi
meccanismi, è in grado di modificare la concentrazione atmosferica dei gas, di
frenare l’azione erosiva, o accelerarla in altri casi, di autoregolare se stessa tramite
meccanismi di retroazione, sinergie o spirali di cambiamento. Studiando ogni
piccolo aspetto di Gaia notiamo la sua intelligenza sistemica. Possiamo
soffermarci sui grandi flussi o calarci nel micromondo tra i cicli biogeochimici e
scoprire come, di fronte ad alcune carenze a livello molecolare, Gaia abbia
inventato l’arte del riciclaggio, o, ancora, possiamo studiare le catene alimentari
notando come nulla vada sprecato e come la creazione di un equilibrio tra un
6
essere vivente e il suo ambiente e tra un essere vivente e gli altri sia una cosa
estremamente delicata.
La seconda parte della tesi vuole invece fungere da raccordo tra la
complessa teoria sistemica di Gaia e la prassi scolastica, proponendo riflessioni e
possibili proposte didattiche, tra le quali ho inserito anche quelle realizzate
durante la mia esperienza di tirocinio, presso la scuola “Boifava” di Caionvico,
nell’anno scolastico 2003/04. Nel primo capitolo si cerca di studiare un
impostazione pedagogica, da cui partire, per un corretto approccio
all’insegnamento nella scuola primaria, sottolineando l’importanza di un contatto
diretto densamente emotivo che faccia, prima di tutto, riscoprire la bellezza della
natura, troppo spesso vista come mero oggetto di consumo. Se si parte dalla
costruzione di una sensibilità ambientale allora anche un approccio normativo,
comunque indispensabile vista l’impossibilità di affidarsi al buon senso della
gente, assume, non il significato di un imposizione esterna, ma di un naturale
sbocco di un percorso di compartecipazione empatica alla bellezza di Gaia di cui
siamo parte.
Nel secondo capitolo si cerca di presentare un metodo di insegnamento che,
partendo dal classico metodo scientifico, non si limiti alla sua fedele riproduzione,
ma cerchi di integrarlo con un opportuna riflessione pedagogica. Si dovrebbe
giungere così alla formulazione di un metodo didattico che ci consenta di
osservare la realtà e le sue trasformazioni partendo dal giardino scolastico fino al
territorio circostante ed oltre.
7
L’ultimo capitolo contiene una serie di proposte per rendere possibile il
contatto diretto con Gaia, anche nella normale prassi scolastica, cercando di
puntare, non solo sulla trasmissione di contenuti scientifici, ma anche sulla
possibilità di far emergere le emozioni che, contrariamente al metodo di indagine
cartesiano-galileiano fautore di un approccio neutro all’indagine scientifica, sono,
a mio avviso, essenziali per un insegnamento realmente significativo.
8
Prima Parte – L’IPOTESI GAIA
9
UN OTTICA SISTEMICA
L’esplorazione della terra può essere proposta secondo diverse modalità.
Qui si è deciso di partire dall’ipotesi Gaia per proporre un modo nuovo di
osservare il pianeta avvalendosi di modelli, per tentare la rappresentazione di
alcune sue dinamiche, e di contributi provenienti anche da altre discipline.
1.1 Che cosa è Gaia?
Verso la fine degli anni sessanta James Lovelock, professore di cibernetica e
specialista di gascromatografia presso la NASA, ottenne l’incarico di accertare
l’esistenza o meno della vita su Marte. La grande intuizione dello scienziato
inglese fu di analizzare il pianeta Terra per studiare le modificazioni intervenute
in seguito alla presenza di forme di vita.
Partendo dal principio di equilibrio (stato di stabilità in cui non si può
estrarre energia e che corrisponde, dal punto di vista chimico, alla morte)
Lovelock verificò che là dove prevale l’anidride carbonica (come su Marte) ci
sono poche probabilità di vita organica essendo questo un gas poco reattivo.
L’atmosfera marziana, rimasta costante per centinaia di milioni di anni, è
costituita da: 95 % Anidride Carbonica, 2,7 % Azoto, 1,6% Argon e solo 0,13%
Ossigeno. La Terra, invece, è caratterizzata da questa miscellanea di gas : 78 %
Azoto, 21 % Ossigeno, 0,9 % Argo, tracce di Anidride carbonica ed altri gas.
Dal confronto delle relative composizioni ci si può chiedere cosa fosse
responsabile di tanta diversità e se l’atmosfera terrestre fosse sempre stata così.
10
Immaginando di fare un salto indietro nel tempo prima della comparsa della
vita sulla Terra troveremmo un atmosfera molto simile a quella di Marte,
sicuramente con una percentuale molto elevata di anidride carbonica.
Poi, probabilmente in alcune sorgenti idrotermali, come suggerisce il
geologo Euan Nisbet, l’evoluzione degli enzimi chiave ebbe inizio. Certamente
come questo avvenne rimane ancora nel campo delle ipotesi ma particolarmente
interessante risulta essere l’esperimento di Miller:
In una sorta di pallone - bollitore a circolazione forzata introdusse una
miscela di gas a composizione simile a quella dell'atmosfera primordiale.
11
Nella sfera più grande l'aria era attraversata da scariche elettriche che
mimavano le scariche dei fulmini dell'atmosfera primordiale. A valle di questa
zona, una condensazione forzata del vapore presente nell'aria, mimando l’azione
delle nuvole, riportava l'acqua e tutto ciò che in essa si fosse eventualmente
solubilizzato, nella sfera più piccola. Molti cicli simili di evaporazione, scariche
elettriche e condensazione furono fatti susseguire per circa una settimana, alla fine
della quale, esaminando la composizione del liquido, si scoprì che esso conteneva
molecole precedentemente in esso non presenti e, tra queste, molte che entrano
nella composizione di un organismo vivente : aminoacidi ( i “mattoni” necessari
per la costruzione delle proteine), acidi organici e inorganici, urea. Il liquido
dell'esperienza di Miller (equivalente al mare della Terra dei primordi),
arricchendosi di composti organici, si trasformava in una sorta di "brodo
primordiale" dal quale, in qualche modo, potevano originarsi le prime
macromolecole biologiche e le prime semplici forme di vita. Dunque, Miller
aveva dimostrato che una tappa indispensabile per l'origine della vita, l'evoluzione
chimica ( la quale, partendo da molecole inorganiche, portava a molecole
organiche molte delle quali presenti negli organismi viventi), era possibile nella
Terra dei primordi.
La comparsa delle prime cellule consentì poi l’assorbimento di azoto e
l’emissione di ossigeno grazie ai primi meccanismi fotosintetici in primordiali
batteri come i cianobatteri verdi che mutarono progressivamente la composizione
gassosa del pianeta.
Lo studio dell’evoluzione chimica atmosferica rappresentò, per Lovelock, il
punto di partenza per la formulazione dell’Ipotesi Gaia.
12
La Terra appare improvvisamente come un sistema vivo, che respira e si
evolve, come unità vivente e cosciente, dotata di una propria intelligenza e
capacità di autoequilibrio, in grado di controllare i parametri che la caratterizzano
( temperatura, pH del suolo, ecc.) e di intervenire al fine di mantenerli nelle loro
condizioni ottimali.
“D'improvviso la rivelazione: ho visto la terra come un pianeta vivo. Da
allora, la ricerca per conoscere e comprendere il nostro pianeta è stato il Graal dal
quale mi sono sentito costantemente attratto.”
1
I cianobatteri che assorbono energia solare e rilasciano ossigeno; i processi
orogenetici che provocano un aumento dei sedimenti e l’aumento di carbonio
sepolto in mare; la diminuzione dei fenomeni vulcanici; lo sviluppo di materiali
strutturali come la lignina capaci di sostenere in altezza una pianta, sono solo
alcuni esempi per comprendere come ogni singolo componente del pianeta agisca
individualmente per ottenere il miglior adattamento possibile al di fuori di ogni
logica altruistica verso le altre specie, ma, incredibilmente, i 10 milioni di esseri
viventi, gli oceani, le rocce, il suolo e l’aria interagiscono fra di loro come se si
trovassero in una grande rete, con reciproci impulsi.
L'idea è di considerare il pianeta un unico organismo vivente, in cui tutti gli
organismi coesistono e interagiscono come cellule, all’interno di catene, reti,
flussi e meccanismi di ricircolo, dando il loro contributo per mantenere un
costante equilibrio, assicurando la vita.
1
James Lovelock, 2003. Intervistato a 84 anni da Aldo Forbice su “IL GAZZETTINO JAMES
LOVELOCK”
13
Questo corpo gigantesco, paragonato da Tyler Volk a un sistema
fisiologico
2
, fu chiamato Gaia da Lovelock, su suggerimento di William Golding,
premio nobel per la letteratura. Gaia (o Gea) , dea greca della Terra, significa
“pianeta vivente” e rappresenta bene l’idea di questo sistema vivo ed
“intelligente” che respira e si evolve. Essa, in ogni caso, può essere percepita
partendo dall’osservazione odierna della Terra
3
, analizzando i cicli biogeochimici
degli elementi, i cicli della materia, il ruolo delle specie chiave (I castori creano
dighe, rallentano il drenaggio, aumentano la disponibilità di acqua per altri
viventi), oltre che facendo attenzione alle scale temporali per studiare le diverse
risposte evolutive.
L’Ipotesi Gaia permise dunque a Lovelock di superare, o meglio, integrare
la teoria classica evoluzionista. Darwin sosteneva che l’ambiente modellasse la
vita, Lovelock osserva come anche la vita modella l’ambiente. Queste due
prospettive vanno lette in interazione fra loro e sono in grado di generare una
spirale di cambiamento
4
.
2
(Tyler Volk, 2001, Il corpo di Gaia. Fisiologia di un pianeta vivente, Utet Libreria, Torino)
Volk puntualizza di non travisare l’immagine dell’organismo: Gaia è fatta di parti che
garantiscono l’unità come in un grande sistema fisiologico, ma sebbene sia cambiata nel tempo,
non è evoluta in senso darwiniano. Gli organismi sono sistemi aperti, Gaia è un sistema chiuso che
esiste entro un suo proprio livello di regole operative ed è unica!
3
(Tyler Volk, 2001, Il corpo di Gaia. Fisiologia di un pianeta vivente, Utet Libreria, Torino).
Volk preferisce infatti trattare la storia delle ere geologiche di Gaia solo alla fine, preferendo non
basare una teoria sulle sabbie mobili del passato vista la enorme quantità di informazioni
desumibili dal presente.
4
(Paul Krafel, 2004, Sillabario della natura. Imparare a leggere i messaggi della terra, Blu
Edizioni, Chivasso (To) : 78) Ha lavorato per anni come ranger e naturalista al National Park.
Insieme alla moglie ha fondato Chrysalis, scuola in cui si privilegiano studi naturalistici.
14
Nasce quindi la geofisiologia, una nuova scienza olistica che si occupa delle
modalità di funzionamento della terra concepita come un organismo vivente , da
un punto di vista epistemologico la geofisiologia ignora la tradizionale distinzione
tra scienze della terra (chimica-mineralogia, ecc) e scienze della vita (biologia-
medicina, ecc) che considera l’evoluzione delle rocce e l’evoluzione della vita
come discipline separate. La geofisiologia considera invece i due processi come
un’unica scienza evolutiva.
Per il geofisiologo la vita è la proprietà di un sistema circoscritto aperto ad
un flusso di energia e di materia , in grado di mantenere costanti le proprie
condizioni interne, malgrado il mutare delle condizioni esterne, attraverso
processi di autoregolazione (omeostasi).
Questa autoregolazione permette al sistema di mantenersi lontano da quello
stato di equilibrio chimico
5
che corrisponderebbe alla sua morte.
Queste dinamiche complesse di autoregolazione che sono alla base
dell’Ipotesi Gaia furono esemplificate con un semplice modellino che illustra la
capacità di reazione di un sistema al cambiamento: Il Daisyworld.
5
La misura di quanto un sistema è lontano dall’equilibrio si definisce Entropia.
15
1.2 Daisyworld e omeostasi
Lovelock per convincere la comunità scientifica della sua nuova Teoria di
Gaia, accolta molto freddamente al momento della sua pubblicazione, elaborò,
assieme a Watson nel 1983, un modellino che simulasse la capacità di
autoregolazione di un pianeta, in tutto simile alla terra, sul quale fosse presente la
vita. Tale pianeta è completamente ricoperto da semi di margherite dai petali
bianchi e neri. La temperatura del pianeta cresce progressivamente per l’aumento
dell’insolazione
6
fino a rendere possibile la germinazione dei fiori che
sopravvivono in un range dai cinque ai quaranta gradi. Inizialmente crescono sia
le margherite bianche che nere (fig. 1). In seguito aumentando l’insolazione
prevalgono le margherite nere (fig. 2) grazie al loro colore che garantisce
l’assorbimento della luce e quindi una migliore fotosintesi rispetto alle altre. Man
mano che le margherite nere si diffondono aumenta la temperatura del pianeta, in
seguito all’assorbimento, finché queste non sono più in grado di sopravvivere per
l’eccessivo calore accumulato.
6
Sulla Terra l’emissione solare è aumentata del 25-30% negli ultimi quattro miliardi di anni, ma
la temperatura non è aumentata per la riduzione dell’attività vulcanica e la comparsa della
comunità biotica.
16
Ecco che subentrano le margherite bianche che hanno, grazie al loro colore,
la capacità di riflettere la luce solare, detta albedo
7
e subentrano a quelle nere
adattandosi meglio all’aumento di temperatura (fig. 3). Ma la riflessione
dell’energia solare da parte di tutte le margherite bianche fa abbassare di nuovo la
temperatura finché non prevalgono di nuovo le nere. L’idea che ne derivò fu che il
sistema funzionasse come un gigantesco termostato.
Le margherite bianche e nere, grazie al diverso albedo, erano in grado di
rendere stabile la temperatura di un intero pianeta semplicemente crescendo. Il
fenomeno non è misterioso ma sinergico, è il risultato inatteso di un sistema
complesso.
Questo semplice modello può essere complicato ulteriormente inserendo più
fiori (Ci sono modellini che considerano gli effetti dell’azione combinata di
margherite con 30 colori diversi), fiori che si evolvono cambiando colore, conigli
che nascono, si diffondono e mangiano margherite, e così via. E il dato
fondamentale è che più il modello di simulazione è complesso più la temperatura
del pianeta tende a essere mantenuta costante!
Questo significa che la vita tende a mantenere costanti il più possibile le
condizioni adatte a se stessa, in modo spontaneo, emergente e auto-organizzato in
una sorta di equilibrio dinamico. Prendiamo, ad esempio, l'atmosfera terrestre: è
costituita da ossigeno, anidride carbonica e azoto in grandi quantità: gas che
hanno una fortissima probabilità di creare molte reazioni chimiche e di combinarsi
tra di loro.
7
L’albedo massimo teoricamente è 1, il minimo è 0,1. Per avere un idea, pensando al Daisyworld,
la margherita nera ha un albedo di 0.25, quella bianca di 0.75. Pensando all’ambiente naturale il
deserto ha un albedo di 0.20-0.35, la pioggia e la neve di 0.60-0.90.
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Come mai l'atmosfera, però, è costante? Perché queste reazioni chimiche
non si esauriscono (come invece è avvenuto probabilmente ormai da miliardi di
anni nell'atmosfera marziana, che è perfettamente equilibrata e stabile)?
Perché la vita sulla Terra crea questi gas, per esempio l’anidride carbonica,
attraverso i processi fotosintetici, quindi, una serie di batteri, che risiedono in
moltissimi terreni, la assorbono nel suolo, da qui viene disciolta nel mare, si
trasforma in calcare sul fondo degli oceani e poi, lentamente, nel corso dei
millenni, torna ad essere immessa in circolo nell'atmosfera attraverso l’attività
vulcanica. Il significato di tutto ciò è molto semplice:
Piante, animali, gas nell'atmosfera, terreno, batteri che fungono da
catalizzatori, calcare nel fondo dei mari, movimenti delle piattaforme oceaniche e
attività sismica, vulcanica e meteorica fanno tutti parte di un immenso sistema che
funziona con la perfezione di un orologio, proprio come accade in un organismo
vivente. Come un orologio o un organismo devono controllare le loro parti per
garantire uno stato ottimale all’intero, così deve fare Gaia per tenersi lontana
dall’equilibrio chimico e, per spiegar questo, Lovelock mutua dalla fisiologia il
concetto di omeostasi.
Nonostante le variazioni dell’ambiente esterno gli organismi viventi e, più
in generale, Gaia, mantengono costante il loro ambiente interno grazie a
meccanismi di retroazione messi a punto dal sistema nervoso, ormonale o dal
complesso sistema di flussi e cicli del pianeta.
Sulla Terra prevalgono meccanismi di retroazione negativa, ossia strategie
messe a punto per contrastare o ridurre lo spostamento in una determinata
direzione.
18
I meccanismi a retroazione positiva, tipici dei sistemi instabili, ma presenti
comunque anche su Gaia, invece, determinano un ulteriore incremento del
processo già in atto.
Un esempio di retroazione negativa preso dalla vita quotidiana è, senz’altro,
il funzionamento del ferro da stiro, che, grazie ad una lametta bimetallica che
funge da sensore, a seconda del caldo o del freddo, chiude o apre il circuito
mantenendo la temperatura intorno ad un valore prefissato.
Un esempio relativo all’ipotesi Gaia riguarda il comportamento di un gas
tipico della nostra atmosfera, l’anidride carbonica. Il suo aumento nell’atmosfera
provoca un aumento di temperatura in conseguenza dell’effetto serra ma un
aumento di temperatura provoca una diminuzione di anidride carbonica.
Viceversa quando la temperatura diminuisce, questo gas torna ad aumentare (in
conseguenza del fatto che con una temperatura minore diminuisce l’attività
fotosintetica e prevale quella respiratoria
8
).
Ovviamente questo equilibrio, come altri, è complesso e delicato per cui non
possiamo pensare di immettere nell’atmosfera anidride carbonica, tramite
l’utilizzo di combustibili fossili, a piacimento senza alterare gli equilibri di Gaia.
Un esempio relativo alla retroazione positiva si può trovare nella fine delle
ere glaciali dove un temporaneo ma consistente aumento di temperatura determina
lo scioglimento di una parte della superficie ricoperta dai ghiacci, questo porta ad
8
Per ulteriori approfondimenti vd. grafico di Mauna Loa (Tyler Volk, 2001, Il corpo di Gaia.
Fisiologia di un pianeta vivente, Utet Libreria, Torino) che descrive le oscillazioni stagionali di
anidride carbonica in ppm mostrando una tendenza verso l’alto in primavera-estate, verso il basso
in inverno.