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rugby) Il famoso Pierre de Coubertin, ribattezzato “Il Barone” amava
ripetere “l’importante è partecipare non vincere”. Quella frase vale a
maggior ragione oggi, in un tempo che promuove, in apparenza, solo il
successo come valore da perseguire. Ma partecipare significa dare sempre il
meglio di sé, solvendo come primo avversario se stesso. “Chi vince, nello
sport, deve ringraziare anche l’ultimo classificato e gli intermedi. Senza di
loro la competizione non avrebbe senso”. Parola di Nelson Mandela,
premio Nobel per la Pace. Ricorrere a pratiche illecite, nello sport come
nella vita, significa imbrogliare.
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CAPITOLO PRIMO
1.1 GENERALITA’ SUL DOPING
1.1.1 DEFINIRE IL PROBLEMA: L’ETICA DEL DOPING
Il doping consiste nell’utilizzo di sostanze e metodi proibiti allo scopo di
migliorare le prestazioni sportive. Per il Comitato Olimpico Nazionale
Italiano (CONI) il doping è “contrario ai principi di lealtà e correttezza
nelle competizioni sportive, ai valori culturali dello sport, alla sua funzione
di valorizzazione delle genuine potenzialità fisiche e delle qualità morali
degli atleti”.Per il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), la ragione
essenziale per tentare di proibire il doping è nel desiderio di dare protezione
a competizioni leali e giuste, ma aggiunge anche che rischi potenziali alla
salute offrono un’ulteriore giustificazione alla proibizione delle sostanze
stupefacenti perché gli atleti sembrano ignorare, almeno in parte, le
conseguenze delle loro azioni sullo stato di salute nel medio e nel lungo
periodo. (J.Inciardi, 1987) In sintesi, il doping è prima di tutto pericoloso
per la salute dell’atleta, in secondo luogo è sleale e potrebbe inficiare la
credibilità e l’immagine dello sport e in ultima istanza, è un modello
sbagliato per i più giovani che aspirano a diventare atleti. (R.Voy, 1991)
1.1.2 La storia del doping
Il termine doping nasce negli ippodromi intorno al 1890, forse mutato da un
dialetto di una tribù dell’Africa Sud Orientale, quella dei Kafir, che con il
termine “DOP” indicano un forte liquore da loro usato come stimolante
durante le cerimonie religiose. Il fare ricorso a sostanze atte a migliorare la
resistenza alla fatica è noto sin dai tempi antichi. Già gli atleti greci e
romani in occasione dei Giochi di Olimpia utilizzavano diete carnee
drogate con sostanze stimolanti (a dimostrare che il fenomeno ha radici
antiche), gli Incas usavano caffeina e stricnina per i lunghi trasferimenti, i
Cinesi l’efedrina e i Vikinghi l’amanita muscaria. In questi casi l’uso era
naturalmente legato ad altre attività e diversamente connotato. Ancora oggi
per esempio, dopo circa duemila anni è invalsa tra le popolazioni andine la
tradizione del “Coqueo” (masticazione di foglie di coca impastate con calce
e cenere di conchiglie), allo scopo di sopportare meglio la fatica in
condizioni ambientali disagevoli. (Gambogi, 2002) Il fenomeno continuò
nei secoli, basti pensare che nel diciannovesimo secolo gli atleti
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assumevano anche piccole dosi di stricnina, alcaloide velenoso ricavato da
semi di un albero indiano, per enfatizzare la loro prestazione sportiva.
(Puffer, 1986) Risale al 1866 la prima vittima accertata dell’era moderna, il
ciclista inglese Luiton, morto durante la Parigi-Bordeaux per abuso di
stimolanti, mentre nel 1904 alle olimpiadi di St. Louis, durante la maratona,
un atleta americano, Tom Hicks, fu colto da un collasso provocato da una
miscela di stricnina e brandy. (Houlihan, 2002) Nel 1908 anche un italiano,
certamente il più noto tramandato ai nostri giorni, Dorando Pietri, fu
squalificato all’arrivo della maratona delle Olimpiadi di Londra, perché
sorretto in preda a grave crisi, negli ultimi metri da un giudice. Aveva
abusato delle sue energie, ma certamente anche di una miscela di stricnina e
brandy macerata in foglie di coca, a quei tempi molto in voga, che
presumibilmente esaurì i suoi effetti prima del necessario. (Gambogi, 2002)
L’attenzione pubblica, nello scorso secolo, è stata colpita dalla notizia
dell’uso di steroidi anabolizzanti da parte della nazionale sovietica. Infatti,
il successo dei lanciatori di peso nel 1950 è stato attribuito all’uso di tali
sostanze. (Strauss, 1991) Il primo passo significativo nella lotta al doping
fu mosso nel 1960, quando un Concilio Europeo, comprendente oltre venti
Nazioni, emanò una risoluzione contraria all’uso delle sostanze dopanti
nello sport. Tre anni dopo il Governo francese promulgò una legge che
dichiarava illegale la pratica del doping su tutto il territorio nazionale,
preludio allo scandalo emerso nel corso del Tour de France denominato in
seguito: (“l’affair Festina”).Tuttavia, questi primi, timidi e contestati
tentativi di lotta al doping rappresentarono il punto di partenza per
iniziative più convinte ed efficaci che, purtroppo, furono intraprese solo
all’alba della tragica scomparsa del ciclista britannico Tommy Simpson,
stroncato dal caldo e dall’assunzione di un misterioso “cocktail” a base di
simpamina, durante l’ascesa al Mont Ventoux nel Tour del 1967. Durante
le Olimpiadi di Città del Messico del 1968, il CIO rese pubblica la prima
lista di sostanze proibite che, con alcune rettifiche ed aggiornamenti, è
tuttora in vigore. Le sostanze bandite, inizialmente, erano: le simpamine,
farmaci in grado di stimolare il sistema nervoso simpatico e che hanno
un’azione adrenergica; gli stimolanti, che promuovono l’attività del sistema
nervoso; infine CNS, una miscela di stimolanti e narcotici analgesici, usati
per indurre torpore, insensibilità e per attenuare il dolore. Alcune sostanze
come gli steroidi anabolizzanti, di cui già si conosceva l’uso per aumentare
la prestazione sportiva, non facevano parte della lista per la difficoltà di
mettere a punto metodiche sicure per verificare positività alla sostanza.
(Wade, 1972) Nel 1984 nella lista fu aggiunta anche la categoria dei metodi
proibiti, il doping ematico, e nell’anno successivo furono incluse altre
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sostanze proibite, i beta-bloccanti e i diuretici. (Catlin, 1991) Nei primi
anni’80, il prepotente sviluppo delle tecniche di laboratorio, principalmente
della gas-cromatografia, contribuì ad incrementare il numero e la frequenza
dei test anti-doping. Ciononostante, l’assunzione di sostanze dopanti
rimane tuttora pratica inquietante diffusa.
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1.2 Le principali categorie delle sostanze
proibite
Sono qui descritte le principali sostanze dopanti vietate dal CIO, il loro
meccanismo d’azione, gli usi terapeutici e i rischi della salute derivanti dal
loro impiego.
Tabella I (modificata da Ceci e Reggiardo, 1998)
Classi di sostanze
proibite
Principali esempi
STIMOLANTI
Anfetamine, caffeina, Efedrina, Salbutamolo,
Saleterolo, ecc.
NARCOTICI
Eroina, Metadone, Morfina, Pentazocina ecc.
ANABOLIZZANTI
Clostebol, Nalodrone, Testosterone, Stanozolo,
Clenbuterolo, Fenoterolo ecc.
DIURETICI
Acetazolamide,Bumetanide, Furusemide ecc.
ORMONI PEPTIDICI
Gonadropina ciorionica umana, ormone della
crescita ecc.
METODI PROIBITI
Trasfusione di sangue o doping ematico, sia che
esso avvenga con sangue di un donatore che con
il
proprio sangue (Autoemotrasfusione)
SOSTANZE SOTTOPOSTE
A RESTRIZIONE
Alcool, Marijuana, Hashish, Anestetici locali,
Corticosteroidi peruso locale, Betabloccanti
1.2.1 Gli stimolanti
I maggiori stimolanti di cui si abusa sono anfetamine, efedrina, caffeina e
cocaina.
Gli stimolanti agiscono direttamente sui centri nervosi dell’atleta per
velocizzare, o incrementare i tempi di durata e l’intensità di certi stimoli e
messaggi. Sono usati dagli atleti per migliorare i tempi di resistenza,
mascherare la fatica, e incrementare la competitività e l’aggressività.
Tuttavia pur essendoci dei gruppi di stimolanti, assimilabili per usi ed
effetti, essi differiscono in termini di meccanismo d’azione, effetti specifici,
ed epidemiologia. (Rudge&Schifano, 2001)
Tra i farmaci che vengono adoperati per il loro effetto “stimolante”sul
sistema nervoso le anfetamine possono essere considerate dei veri e propri
stupefacenti e pertanto il loro uso
al di fuori, delle prescrizioni mediche, è perseguibile penalmente. Scoperte
nel secolo scorso, il loro impiego nello sport si è diffuso a partire dagli
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anni’50. In molte discipline sportive si fa ricorso alle anfetamine allo scopo
di aumentare l’aggressività e la competizione. Quest’ultimo effetto è
raggiunto in quanto le anfetamine permettono di superare la soglia del
dolore e della fatica: per questo, hanno avuto un ruolo principale negli sport
di resistenza, (ciclismo,corsa, nuoto) e in quelli di potenza, (football, rugby)
e infine nelle discipline “esplosive” (sollevamento pesi, lancio del
martello). A livello psichico la diminuzione della capacità di riflessione e di
ragionamento conduce molto spesso l’atleta a portare la prestazione ben
oltre i propri limiti fisiologici, continuando a gareggiare in condizioni di
estrema fatica; è evidente, quanto sia pericoloso andare oltre i limiti del
proprio organismo: un fatto storico a testimonianza è la morte del ciclista
Tom Simpson durante una delle tappe del Tour de France del 1967, per una
“miscela”di anfetamine, caldo e fatica. Inoltre le anfetamine sono state
utilizzate nel trattamento della narcolessia e nelle obesità gravi dove, in
quest’ultimo caso, viene sfruttata la capacità di queste sostanze di inibire lo
stimolo della fame per riuscire a mantenere il peso entro alcuni parametri
prefissati. (Green et al., 2001) La forte stimolazione del sistema nervoso
determinata dalle amfetamine comporta molti effetti collaterali: tremori,
insonnia, convulsioni, delirio, allucinazioni e psicosi. L’interruzione
improvvisa dell’assunzione di amfetamine provoca una vera e propria crisi
d’astinenza, caratterizzata da depressione, stanchezza e fame smodata.
L’efedrina è strutturalmente legata alle anfetamine. Si tratta di una droga
comune presente nei rimedi per l’influenza forniti sottobanco, e anche nelle
pillole per dimagrire in alcuni paesi, come gli USA e il Canada. Non è
presente invece in Gran Bretagna. Il suo abuso nello sport è diffuso in
giochi di squadra dove è presente il contatto fisico e l’aggressione, come il
football americano e il rugby. (Rudge&Schifano, 2001) Per questa classe di
sostanze sorgono dei problemi: l’uso comune di alcuni spray nasali e altri
prodotti farmaceutici, contenenti questi stimolanti, hanno molto spesso
condotto alcuni atleti ad essere considerati “dopati” senza la loro
consapevolezza. Consideriamo come esempio il caso di un atleta canadese,
che, avendo inavvertitamente utilizzato un prodotto per il raffreddore,
venne squalificato a vita, (Donohoe & Johnson, 1986) e il caso del
campione olimpico medaglia d’argento sui 100 metri, che ha scampato la
sospensione in settembre 2001 dopo aver dichiarato che i suoi risultati
positivi al test erano dovuti ad un farmaco antinfluenzale passatogli
sottobanco. (Rudge & Schifano, 2001) Ci sono vari effetti dati dall’efedrina
che la rendono una droga d’abuso. E’ ben nota per aumentare la soglia di
attenzione e ridurre la fatica. Causa anche tachicardia e ipertensione che,
oltre ad essere pericolosa, conferisce agli sportivi, specie quelli di sport
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come il rugby, la sensazione di essere “pompati”, o “su di giri”. L’efedrina
è spesso assunta con la caffeina, poiché è nota credenza che l’una accentui
gli effetti dell’altra (questa convinzione risale alla Seconda Guerra
Mondiale, quando una combinazione delle due droghe era somministrata ad
alcuni reparti speciale dell’esercito americano). Questa ipotesi è stata
testata su soggetti che dovevano affrontare un test di allenamento
dell’Esercito Canadese, riguardante una corsa di 3.2 Km con indosso 11 Kg
di bagaglio. I soggetti che avevano assunto una combinazione di caffeina
ed efedrina completarono il percorso in un tempo sensibilmente più breve
rispetto al normale, e un battito cardiaco aumentato in modo diffuso. (Bell
& Jacobs, 1999) Molti studi annoverano gli effetti di dipendenza da queste
droghe, sia in campo sportivo, che al di fuori; il rischio di un colpo di
calore o di un arresto cardiaco: perché assumere queste sostanze se il
beneficio ammonta solo all’1 o 2%? La semplice risposta a ciò fu proposta
da uno studio sul progresso dei record mondiali in vari eventi atletici negli
ultimi 100 anni. Fu scoperto che, nei 1500 metri per esempio, i record sono
migliorati con una media dell’1% ogni sette anni, e perciò si è concluso che
un atleta che può mantenere l’1% di miglioramento nella sua prestazione è
in vantaggio sui suoi avversari. Questo valore è stato definito “margine
d’anfetamina”. (Laties & Weiss, 1981)
Nella famiglia degli stimolanti troviamo anche la cocaina, una sostanza
stupefacente estratta dalle foglie di coca, una pianta del Sud America. Il
consumo della cocaina nello sport è emerso negli anni’60 e si è diffuso in
molte discipline, in modo rilevante soprattutto nel football: uno sport di
contatto dove la determinazione e l’aggressività hanno un ruolo
fondamentale. L’impiego della cocaina nella pratica sportiva è pericoloso e
sostanzialmente inutile. Non è mai stato provato un suo effetto ergogenico;
studi clinici, invece, hanno dimostrato una diminuzione delle prestazioni
atletiche a seguito di assunzione della droga.
La brusca interruzione del consumo di cocaina determina una crisi
d’astinenza (stanchezza, convulsioni, depressione); dosi troppo elevate
possono rivelarsi mortali: la letteratura riporta che una dose moderata di
cocaina aumenta il battito cardiaco fino a portare la frequenza cardiaca al di
sopra dei 100 battiti al minuto nella condizione di riposo. L’aumento della
pressione del sangue determinato dalla cocaina fa aumentare il rischio di
infarto e ictus. Con dosi più elevate possono presentarsi convulsioni e si
può arrivare alla morte, dovuta all’azione tossica sul cuore o sul cervello.
(Benzi, 1998)
Anche la caffeina è uno stimolante del sistema nervoso centrale contenuto
in alcuni alimenti di origine vegetale (caffè, tè, cacao): è la droga
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psicoattiva più comunemente ingerita al mondo, ed il suo uso come aiuto è
molto diffuso fra gli atleti dappertutto e a tutti i livelli, e soprattutto in tutte
le fasce d’età. La Commissione Olimpica Internazionale, nel 1984, ha
sancito un limite per il consumo di caffeina di 15 microgrammi per
millimetro, soglia che è stata spostata nel 1986 a 12, che equivalgono
all’incirca a otto tazze di caffè in 2/3 ore. Viene somministrata per via
orale, sia per mezzo di una bevanda, sia in tavoletta, e può comparire nel
flusso sanguigno per appena cinque minuti, con un assorbimento
complessivo quasi del 100%. Inger Miller, il campione mondiale dei 200
metri, è risultato positivo alla caffeina nei Campionati mondiali Indoor di
atletica del 1999, ed è stato quindi squalificato dai campionati. (Rudge &
Schifano, 2001)
Analogamente, ai giochi olimpici di Seul del 1988 due atleti vennero
squalificati dalla competizione perché risultati positivi al test per la caffeina
(Nehlig & Debry, 1994)
La vasta gamma e la varia natura degli effetti,(incremento dell’attenzione,
migliore risposta di reazione, aumento di concentrazione), risultano
dall’abuso di caffeina negli sport estensivi come la corsa, la maratona, il
rugby, lo sci di fondo per citarne alcuni. Per quanto riguarda gli effetti
ergogenici della caffeina, sono stati dimostrati in livelli significativamente
alti dalla ricerca di Spriet (1995), sollevando polemiche di ordine etico
sull’uso della caffeina per migliorare le performance sportive.
1.2.2 I narcotici
Sono sostanze con potere analgesico molto elevato. La morfina, un derivato
dell’oppio, è il narcotico più diffuso; eroina, codeina, fenantile sono altri
oppioidi molto noti. I narcotici sono impiegati in medicina per trattare gravi
forme di dolore acuto e cronico; il loro uso al di fuori della pratica medica è
perseguito penalmente. Il rischio principale derivante dall’uso di queste
sostanze è la tossicodipendenza, ovvero la necessità di assumere quantità
sempre più grandi del farmaco per non incorrere in crisi d’astinenza con
sintomi tipici: agitazione, insonnia, tachicardia, e compulsione, ossia
desiderio non controllabile di assumere il farmaco; dosi elevate sono
pericolose e possono causare coma e morte. (Benzi, 1998) I narcotici non
hanno alcun effetto positivo sulle prestazioni sportive; potrebbero essere
impiegati nel trattamento del dolore causato da traumi e crampi, ma il loro
impiego è vietato. E’ permesso, invece, l’uso di farmaci derivati dagli
oppioidi ma privi di proprietà antidolorifiche.
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1.2.3 Gli ormoni peptidici
La classificazione degli ormoni peptidici comprende: la gonadotropina
corionica umana (HCG): una sostanza prodotta dalla placenta che si estrae
dalle urine di donne in gravidanza. E’utilizzata dagli sportivi per
nascondere gli effetti collaterali determinati dall’uso cronico di steroidi
anabolizzanti e per aumentare la secrezione di testosterone e di
epitestosterone riuscendo indirettamente ad influenzare la prestazione
fisica. (Kieman et al., 1991)
La classificazione comprende anche due ormoni prodotti dalla ghiandola
pituitaria anteriore : l’adenocorticotropo (ATCH) necessario al
mantenimento dell’equilibrio idrico e metabolico ; l’ormone della crescita
(GH) che stimola e regola la crescita nell’uomo e nella donna.
Molti sportivi utilizzano dosi elevate di questa sostanza, con la convinzione
che essa aumenti la massa muscolare e la forza, sottovalutando invece i
molteplici effetti collaterali irreversibili: l’acromegalia (aumento delle
dimensioni degli organi interni), indebolimento dei muscoli, cambiamento
della fisionomia del cranio, diabete, impotenza, cardiopatie e
accorciamento della durata della vita. Un problema associato all’uso di
ormoni è lo scambio degli aghi usati per le iniezioni. Tale comportamento
può indurre allo sviluppo di malattie infettive, come epatite e AIDS.
(Dawson, 2001)
1.2.4 I metodi proibiti
Il doping ematico consiste nell’uso di trasfusioni del sangue di altre persone
o dell’atleta stesso per aumentare il numero dei globuli rossi e quindi
incrementare la quantità di ossigeno disponibile al muscolo. Questo tipo di
pratica è molto difficile da scoprire soprattutto quando è effettuata una
autotrasfusione. Proprio per la difficile rilevazione ha avuto una diffusione
veloce tra gli sport di resistenza, tra cui il ciclismo e la corsa. Inoltre come
tecnica è molto pericolosa sia per lo sviluppo di malattie infettive, sia per
un rigetto del sangue non compatibile. Un altro danno possibile è un
incremento del volume del sangue, che può provocare un aumento della
pressione sanguigna. (Jones, Tunstall, Pedoe, 1989)
La manipolazione chimica, farmacologia e fisica è anch’esso un metodo
proibito e comprende varie tecniche: la sostituzione dei campioni delle
urine o la cauterizzazione, con cui gli atleti reintroducono una quantità di
urine pulite prima di sottoporsi al test antidoping, o infine l’uso sia di
probenecid e sostanze analoghe per inibire la secrezione renale di altre
droghe e quindi la loro comparsa nelle urine. (MacAuley, 1996)
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1.2.5 Gli agenti anabolizzanti
Gli steroidi anabolizzanti sono un gruppo di composti sintetici che agiscono
in maniera simile al testosterone, il più importante ormone maschile, che
determina e regola il normale sviluppo fisico e sessuale. Il loro effetto
anabolizzante si riferisce alla capacità di stimolare la sintesi delle proteine.
In ambito sportivo sono usati perché in grado di sviluppare la massa
muscolare e aumentare resistenza e forza. Il DSM IV, nel capitolo “disturbi
correlati a sostanze”, inserisce gli steroidi anabolizzanti tra le “sostanze
diverse o sconosciute” che hanno effetti psicoattivi. Sono definiti come
sostanze che producono un senso iniziale di aumentato benessere (o anche
d’euforia), cui si sostituisce, dopo l’uso ripetuto, mancanza d’energia,
irritabilità e altre forme di disforia. L’uso continuo di queste sostanze tende
ad influenzare anche i comportamenti e lo stato mentale. In particolare è
stato segnalato che il testosterone, oltre ad innalzare sensibilmente il livello
energetico dell’organismo, induce un aumento della sicurezza di sé, ma
anche del livello di aggressività. (Strauss&Yesalis, 1991) e Il primo uso di
questi composti allo scopo di favorire un miglioramento delle prestazioni
atletiche è avvenuto negli anni ’50. Esso è comunemente attribuito al team
sovietico che in quegli anni vinse l’oro olimpico nel sollevamento pesi.
Negli anni ’60 l’uso degli steroidi si è poi esteso anche in altri Paesi,
dapprima negli sport ove occorre una forza intensiva, dall’atletica leggera
al football, e successivamente anche tra gli sport di resistenza come il nuoto
e il fondo. In conclusione, possiamo affermare che l’uso degli steroidi è
diventato una realtà sempre più definita e diffusa. Tale affermazione è
sostenuta da una ricerca rivolta alla popolazione degli Stati Uniti, che
comprendeva un raggio di età dai 12 fino ai 35 anni. Questo studio ha
dimostrato che 1 milione di soggetti utilizzavano tali sostanze. (Yesalis et
al., 1993)
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1.2.6 Classi di sostanze soggette a restrizione
I beta-bloccanti sono farmaci in grado di diminuire la forza e la frequenza
delle contrazioni cardiache; sono utilizzati per il trattamento
dell’ipertensione ma si rivelano utili anche nell’angina pectoris, nell’infarto
e negli stati ansiosi. Sono utilizzati in quegli sport nei quali una frequenza
cardiaca elevata, causata da tensione nervosa o da sforzo fisico, può
diminuire la precisione del gesto atletico (tiro a segno, arco e bersaglio) e in
quelle discipline in cui è determinante il controllo dell’ansia e la fermezza
degli arti. (MacAuley, 1996)
Altri componenti di questa classe sono sia l’alcool che la marijuana
sostanze molto utilizzate nella nostra società. L’assunzione prolungata di
alcool a dosi eccessive, induce dipendenza e porta alla cirrosi epatica, con
rischio di coma, morte e sviluppo di tumore al fegato. L’alcool peggiora le
prestazioni sportive; tuttavia in passato era somministrato agli atleti nel
pentatlon, per diminuire il tremore durante le prove di tiro al bersaglio. La
marijuana è utlizzata per produrre calma e euforia. E’stato provato
scientificamente che la sua assunzione diminuisce la forza muscolare, altera
la coordinazione e l’equilibrio.
I Corticosteroidi sono utilizzati per le loro proprietà antinfiammatorie, nei
casi in cui ci siano risposte esagerate nel sistema immunitario. Nello sport
si utlizzano per il loro effetto ergogenico e per combattere dolore e
infiammazioni conseguenti ai traumi articolari. Gli atleti ne abusano
proprio in virtù di questi motivi, per diminuire il dolore e per continuare a
gareggiare, ma senza considerare che se utilizzati a lungo provocano
indebolimento del muscolo e osteoporosi (Houlihan, 2000). Per quanto
riguarda gli anestetici locali sono vietate le iniezioni intramuscolari e
endovenose, mentre vengono permessi alcuni trattamenti locali. Come per i
narcotici, essi hanno la funzione di bloccare la conduzione degli impulsi
nervosi così da ottenere una riduzione della sensibilità al dolore e al
contatto. Hanno, però il vantaggio rispetto ai narcotici, di non influenzare
lo stato di coscienza e altri organi vitali.
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1.2.7 Le altre sostanze
Tra le sostanze non classificate dal CIO e di conseguenza non sanzionabili
possiamo identificare l’uso di molti tipi di integratori e sostanze in quantità
esagerata, che sono ricercate dall’atleta, con lo scopo di migliorare la
propria prestazione e di raggiungere un vantaggio sull’avversario. Tra
queste sostanze la creatina è sicuramente uno dei più rinomati integratori
usata ampiamente nello sport, per i suoi possibili effetti ergogenici. Il ruolo
della creatina durante l’esercizio fisico è espresso dalla seguente relazione:
PCr + ADP + Hydrogen < Creatine Kinase > Creatine + ATP, la quale si
scatena aumentando la quantità di energia libera disponibile dalla
contrazione muscolare. (Kreider et al., 1998) Svariati studi hanno rilevato
che la somministrazione di creatina migliora la forza disponibile negli
adulti. (Birch et al., 1996) In realtà i miglioramenti delle prestazioni
atletiche determinati dall’assunzione di questa sostanza sono stati
evidenziati solo in soggetti non allenati; studi effettuati su atleti durante
vere competizioni non hanno fornito risultati positivi.
Il consumo di questa sostanza varia tra il 75% al 90%, rispettivamente nei
giocatori di football e nei body builders americani. Altre statistiche hanno
rilevato che in Inghilterra su 369 atleti, il 44% si è dichiarato consumatore
quotidiano. (Poortmans, Francaux, 2000) La creatina viene assunta anche
dai giovani non necessariamente sportivi. E’ stato dimostrato dalla ricerca
di La Torre e colleghi che il 13,9% degli studenti di un campione delle
scuole medie di Napoli assume creatina. L’uso esteso di questa sostanza
trova spiegazione nel fatto che la creatina non essendo presente nella lista
del CIO, può essere acquistata liberamente. Tra le altre sostanze da
considerare, troviamo gli amminoacidi, le vitamine e i sali minerali che
possono provocare numerosi danni, se assunti in modo sbagliato o a dosi
eccessive, con lo scopo di migliorare la propria performance o di
reintegrare un fisico debilitato e stanco.