1.1 20 marzo 2003: l’attacco armato
E’ l’alba del 20 marzo 2003: sei navi americane lanciano
quaranta missili Tomahawk contro il territorio dello Stato
iracheno e una pattuglia di Stealth F-117 solca il cielo nella zona
in cui il Tigri e l’Eufrate si incontrano e vanno insieme fino al
mare. Dopo poche ore, le Forze anglo-americane attraversano il
confine tra Kuwait ed Iraq: è l’inizio dell’attacco, la prima fase
dell’operazione “Iraqi Freedom”. Ha inizio così un nuovo
capitolo della martoriata storia recente di un Paese, l’Iraq
appunto, considerato la vera e propria culla della civiltà, un
Paese tanto ricco di storia e cultura quanto pieno di
contraddizioni e divisioni interne. Non è certo una storia nuova
quella che gli iracheni si trovano a vivere: è il risultato di una
decennale situazione di contrasti, di ispezioni, ora autorizzate poi
vietate, e di mancato rispetto delle regole imposte dal regime
della comunità internazionale, di cui l’Iraq è parte integrante. Le
radici del contrasto sono piuttosto profonde: a momenti di calma
apparente sono seguiti, nel corso degli ultimi anni, giorni di
estrema tensione e di aperta sfida del regime baathista alla
comunità internazionale
1
.
Le giustificazioni di un’azione militare unilaterale contro
l’Iraq sono state comunque molteplici e mutevoli, ponendo
l’accento, di volta in volta, sul possesso di armi di distruzione di
massa, sulla connivenza del regime iracheno con il terrorismo
internazionale, sulla necessità di difendere la comunità
internazionale dalla minaccia irachena, sulla protezione dei diritti
1
Vedi “A decade of Deception and Defiance: Saddam Hussein’s Defiance of the United
Nations” è il documento di riferimento del discorso pronunciato dal Presidente degli Stati
Uniti d’America Gorge W. Bush all’Assemblea Generale dell’Onu il 12 settembre 2002.
Esso fornisce esempi specifici in merito alle violazioni continue e sistematiche di ben 16
risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e ad altri crimini commessi dal dittatore iracheno.
8
umani delle minoranze sunnite e curde, tralasciando ovviamente
argomenti di carattere propagandistico, come la malvagità di
Saddam Hussein o la sua inclinazione alla menzogna.
1.2 I prodromi dell’intervento
L’annosa questione ruota attorno al sospetto che il regime di
Saddam Hussein sia in possesso di Armi di Distruzione di
Massa
2
: gli sforzi per il disarmo dell’Iraq erano cominciati già
nel 1991 e sono andati avanti anche dopo la fine della crisi del
Golfo Persico; a seguito dell’operazione Desert Storm (1998)
condotta congiuntamente dall’aviazione anglo-americana, l’Iraq
aveva deciso di interrompere la sua collaborazione con gli
ispettori delle Nazioni Unite, incaricati di monitorare e
controllare tutti i siti militari in cui si sospettava fossero nascoste
armi chimiche, nucleari o biologiche. Il rifiuto dell’Iraq di
ottemperare agli obblighi imposti dalle precedenti risoluzioni ha
riportato la questione all’attenzione del Consiglio di Sicurezza
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, chiamato dunque a
decidere le contromisure da adottare in risposta alla radicale linea
di opposizione portata avanti da Baghdad.
La divisione dei membri permanenti del Consiglio di
Sicurezza si era già palesata in quell’occasione: tant è vero che
proprio dal 1998, gli Stati Uniti avevano cominciato a sostenere
attivamente il cambio di regime in Iraq, sia attraverso covert
missions sia mediante assistenza economica ai gruppi di
2
Nella definizione di “Weapons of Mass Destruction” (WMD) sono comprese armi
chimiche, nucleari, biologiche e radiologiche. A proposito, vedi Definizione
dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite(1948).
9
opposizione interna e insistendo sul mantenimento
incondizionato delle sanzioni economiche imposte all’Iraq con la
risoluzione n. 661 del 6 agosto 1990.
Dall’altra, Francia e Russia avevano espresso un
convincimento contrario riguardo alla necessità di un
cambiamento di regime a Baghdad, dichiarandosi, piuttosto,
favorevoli a un graduale allentamento della morsa sanzionatoria
e a una graduale normalizzazione delle relazioni con il regime
esistente. Il risultato di questa mancanza di unità tra i membri
con diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza e l’assenza di
ispettori sul territorio iracheno, hanno provocato un grave
rallentamento dell’attività dissuasiva del Consiglio stesso e fatto
aumentare il grado di incertezza sulla volontà del governo di
Baghdad di conformarsi agli obblighi di disarmo militare.
Al momento dell’inizio dell’operazione Iraqi Freedom,
l’ONU già svolgeva in Iraq molteplici attività, tutte in qualche
modo riconducibili alle sanzioni decretate dal Consiglio di
Sicurezza a seguito dell’invasione del Kuwait del 2 agosto 1990
e alla risoluzione n. 687 del 3 aprile 1991. In particolare,
operavano in Iraq il Comitato per l’applicazione dell’embargo
economico – militare istituito con la risoluzione 661 del 6 agosto
1990, l’UNIKOM, missione istituita con la risoluzione n. 689 del
9 aprile 1991 e incaricata del controllo di una zona smilitarizzata
di 15 km alla frontiera tra Iraq e Kuwait, la gestione del
programma Oil for Food, la United Nations Compensation
Commission (UNCC) per il risarcimento dei danni prodotti
dall’occupazione irachena del territorio kuwaitiano, oltre alle
attività dell’UNMOVIC e dell’IAEA.
10
La storia recente dell’Iraq è proprio costellata da contrasti
con la UNSCOM (United Nations Special Commission) e con
l’IAEA (International Atomic Energy Agency): basti a questo
proposito ricordare l’uso intensivo di armi chimiche durante il
conflitto contro l’Iran (1980-88) e contro la popolazione curda di
stanza nel nord del Paese negli anni 1987-89.
Già nel 1997 il rifiuto presentato da Baghdad all’accesso
degli ispettori dell’UNSCOM, aveva portato all’adozione della
risoluzione n. 1137. Agendo ai sensi del Capo VII della Carta
delle Nazioni Unite, il Consiglio condannava l’Iraq per le
continue violazioni degli obblighi di disarmo stabiliti dalla
risoluzione n. 687 del 3 aprile 1991, contenente le condizioni per
una cessazione definitiva delle ostilità della Guerra del Golfo.
Inoltre, la risoluzione 1137 esprimeva “la ferma intenzione di
adottare ulteriori misure se necessarie per il completo
adempimento delle risoluzioni rilevanti”.
Il commento dell’amministrazione americana al
raggiungimento dell’accordo sul testo della risoluzione su
riportata si rivela, in un certo senso, premonitore delle vicende
irachene del periodo 2002-04: in caso di non ottemperanza agli
obblighi previsti dalle risoluzioni del CdS, il governo iracheno
avrebbe dovuto affrontarne le conseguenze, incluso il probabile
ricorso all’opzione militare.
La pretesa di Stati Uniti e Regno Unito di essere comunque
in possesso dell’autorità per l’uso della forza restava legalmente
connessa con quanto contenuto nella Risoluzione n. 678 del 29
novembre 1990, che autorizzava gli Stati Membri
dell’Organizzazione ad usare “all necessary means to uphold and
11
implement resolution 660 (1990) and all subsequent relevant
resolutions and to restore international peace and security in the
area”.
Secondo tale interpretazione, la previsione
sull’autorizzazione all’uso della forza contenuta nella risoluzione
n. 678 non aveva perso di efficacia, in seguito all’adozione della
risoluzione 687, che disponeva la cessazione definitiva delle
ostilità nel 1991 e non era dunque mai stata annullata.
Questa interpretazione è sostenuta da larga parte della
dottrina giuridica statunitense, che ne ha ripreso i fondamenti
logici e giuridici per giustificare la legittimità dell’intervento
delle forze anglo-americane in Iraq del 2003.
Naturalmente aspre sono state sulla questione le discussioni
all’interno del Consiglio di Sicurezza: Cina, Francia e Russia
avevano dichiarato di non condividere l’interpretazione del
persistere dell’efficacia della risoluzione n.678; il cambio di
circostanze intervenuto nel periodo tra l’adozione di tale
risoluzione e il 1997, anno di adozione della nuove risoluzione n.
1137 sull’Iraq, faceva cadere l’autorizzazione “to use all
necessary means”. Inoltre, nella risoluzione n. 1137, l’organo che
esprime la ferma intenzione di adottare nuove misure è il
Consiglio di Sicurezza e solo questo rimane investito della
questione: motivo per cui la 1137 non contiene già in sé una
nuova autorizzazione per l’uso della forza ma per il momento ne
prospetta l’uso solo come una futura eventualità nel caso in cui
l’Iraq non ottemperi ai suoi obblighi.
Nonostante il grande impegno della comunità internazionale
per una soluzione pacifica della crisi irachena, la situazione
rimane in una fase di stallo fino al 2002: il governo iracheno pare
12
ancora piuttosto restio ad accettare il controllo internazionale; ma
dopo un’ attenta valutazione di un’eventuale evoluzione negativa
della situazione e sotto la spinta degli altri governi arabi e della
comunità internazionale in genere, il 16 settembre 2002 l’Iraq
dichiara di accettare il ritorno incondizionato della spedizione di
ispettori dell’Onu.
13
1.3 La risoluzione n. 1441 dell’8 novembre 2002: la
concessione di “a final opportunity” al regime iracheno
Stati Uniti e Gran Bretagna iniziano a lavorare su una bozza
di risoluzione allo scopo di stabilizzare il processo di ispezioni
temporaneamente interrotto: preparano un preciso timetable che
l’Iraq avrebbe dovuto seguire e indicano le conseguenze in caso
di mancata acquiescenza del governo di Baghdad.
Nei primi giorni di ottobre del 2002, si incontrano a Vienna
per negoziati ufficiali il Presidente della neonata UNMOVIC
(United Nations Monitoring, Verification and Inspection
Commission) Hans Blix, il Direttore Generale dell’IAEA
(International Atomic Energy Agency) Mohamed El Baradei e il
Generale Amir Al-Saadi, political advisor del Presidente Saddam
Hussein: i negoziati di quei giorni portano alla conclusione di un
accordo per il ritorno degli ispettori internazionali in Iraq.
In pratica, l’Accordo permette di ispezionare tutti i siti
previsti tranne quelli precedentemente designati come siti
presidenziali, per i quali delle speciali procedure di
autorizzazione all’accesso erano state approntate in un
Memorandum of Understanding del 1998.
I risultati dei negoziati di Vienna vengono quindi trasmessi
dal Presidente Hans Blix e dal Direttore Mohamed El Baradei al
Consiglio di Sicurezza, unico organo in grado di prevedere e
mettere in atto nuove misure nei confronti del governo iracheno
in caso di ulteriori violazioni dei suoi obblighi.
Il dibattito in Consiglio fa riemergere ben presto posizioni
non unisone sulla questione irachena: alcuni membri permanenti,
Cina, Russia e Francia, oltre ad altri membri non permanenti
14
esprimono delle riserve sul contenuto della bozza di risoluzione
concordata da USA e Gran Bretagna; le riserve concernono il
cuore stesso dell’intero testo presentato all’esame del Consiglio
di Sicurezza.
In particolar modo, la Francia è apertamente contraria al
riferimento sull’autorizzazione dell’uso della forza e si fa, dal
canto suo, promotrice di una seconda bozza di risoluzione: essa
auspica la realizzazione di un “two-step process”, per cui, la
decisione per autorizzare l’uso della forza, sarebbe dovuta
dipendere dall’esito delle ispezioni e da una successiva
discussione in seno al Consiglio sul Rapporto stilato dalla
Commissione di Controllo presieduta da Hans Blix, in caso di
mancata collaborazione da parte del governo di Baghdad.
Dopo otto settimane di intenso lavoro diplomatico, il 7
novembre 2002, i membri del Consiglio di Sicurezza riescono a
raggiungere un sufficiente grado di accordo sul testo della
risoluzione: nella mattinata del giorno successivo, il Consiglio
vota all’unanimità l’adozione della risoluzione n. 1441.
Il Consiglio di Sicurezza deplora il fallimento dell’Iraq
nell’ottemperare agli obblighi previsti dalla risoluzione n. 687: il
governo di Baghdad ha fallito “to provide an accurate, full, final
and complete disclosure of its WMD and prohibited missile
programmes”; deplora inoltre i ripetuti fallimenti iracheni nel
garantire piena e incondizionata cooperazione con la
commissione internazionale d’ispezione. Infine, il Consiglio
deplora il governo iracheno per la mancata rinuncia all’utilizzo
dello strumento terroristico, sia come mezzo di offesa nei
confronti della comunità internazionale ,che come mezzo di
repressione nei confronti della sua popolazione civile.
15
La risoluzione n. 1441, come quella n. 687, è adottata ai
sensi del Capitolo VII della Carta: ciò, dunque, concede al
Consiglio l’autorità di determinare l’esistenza di una minaccia
alla pace, di una violazione della pace o di un atto di aggressione,
e agire poi di conseguenza.
Nel paragrafo 1 della risoluzione n. 1441, il Consiglio
decide che “Iraq has been and remains in material breach of its
obligations”; non sfugge da subito il riferimento diretto alla
risoluzione n. 687
“in particular through Iraq’s failure to cooperate with United
Nations inspectors and the IAEA and its failure to disarm in
several respects, including destroying all chemical and biological
weapons and placing all of its nuclear-weapons-usable
materials”
3
.
Il Consiglio decide quindi, di dare all’Iraq “a final
opportunity to comply with its disarmament obligations under
relevant resolutions” (enfasi aggiunta) e prevede inoltre che
“false statements or omissions in the declarations submitted by
Iraq pursuant to this resolution and failure by Iraq at any time to
comply with, and cooperate fully in the implementation of, this
resolution shall constitute a further material breach of Iraq’s
obligations”.
3
Vedi risoluzione 687del 3 aprile 1991, Parte C, contenente la misure di disarmo chimico,
biologico e nucleare dell’Iraq.
16
1.4 Il nuovo sistema di ispezioni previsto dalla 1441
A) Le regole di accesso
Per raggiungere gli obiettivi che la risoluzione fissa, il Consiglio
mette a punto un sistema di ispezione più accurato e ordina
all’Iraq “to provide UNMOVIC and IAEA immediate,
unimpeded, unconditional and unrestricted access to any and all,
including underground, areas, facilities, buildings, equipment,
records and means of transports which they wish to inspect, as
well as, immediate and private access to all officials and other
persons whom UNMOVIC and IAEA wish to interview”. Oltre a
ciò, il Consiglio ordina al governo di Baghdad “to submit a
currently accurate, full and complete declaration of all aspects of
its programmes to develop chemical, biological and nuclear
weapons, ballistic missiles and other delivery systems”.
Come detto sopra, le ispezioni sono affidate alla United
Nations Monitoring, Verification and Inspection Commission,
creata appositamente con la risoluzione n. 1284 (1999) per
continuare l’opera di disarmo del regime baathista, opera
precedentemente affidata all’UNSCOM (United Nations Special
Commission)
4
. Il personale dell’UNMOVIC è legalmente
considerato personale delle Nazioni Unite, perciò soggetto a
quanto disposto dall’articolo 100 della Carta: nell’adempimento
dei suoi doveri, il personale non solleciterà né riceverà istruzioni
da alcun Governo o da alcun’altra Autorità estranea
4
L’UNSCOM era stata istituita con la risoluzione 687 del 3 aprile 1991, con lo scopo di
“condurre immediatamente una ispezione sul posto rispetto al potenziale dell’Iraq in armi
biologiche, chimiche e nucleari, basandosi sulle dichiarazioni dell’Iraq medesimo e sulla
designazione di ogni ulteriore ubicazione da parte della Commissione Speciale” (paragrafo
9).
17
all’Organizzazione. Ai membri della Commissione è richiesto
esplicitamente di rispettare la stretta regola della riservatezza,
allo scopo di dare “a clear United Nations identity”.
La risoluzione n. 1441 richiede a tutti gli Stati Membri
dell’ONU
“to give full support to UNMOVIC and the IAEA in the
discharge of their mandates, including by providing any
information related to prohibited programmes or other aspects of
their mandates, including on Iraqi attempts since 1998 to acquire
prohibited items, and by recommending sites to be inspected,
persons to be interwied and data to be collected, the results of
which shall be reported to the Council”.
Lo stesso documento raccomanda che la Commissione
riservi particolare attenzione nella scelta del personale impegnato
nelle ispezioni:
“UNMOVIC e IAEA shall determine the composition of their
inspection teams and ensure that these teams are composed of the
most qualified and experienced experts available”.
In una serie di occasioni tra il 1991 e il 1998, le autorità
irachene avevano momentaneamente interrotto l’attività ispettiva
o bloccato i lavori della Commissione, apportando talvolta
giustificazioni scarsamente credibili. Per prevenire il ripetersi di
simili spiacevoli circostanze, il Consiglio di Sicurezza riconosce
all’UNMOVIC e all’IAEA il diritto di “impose a freeze on round
and aerial movement around an inspection site”.
18
Inoltre per assicurare piena libertà di movimento alle
squadre di ispezione, il Consiglio ha previsto che “UNMOVIC
and the IAEA shall have the free and unrestricted use and
landing of fixed- and rotare-winged aircraft, including manned
and unmanned reconnaissance vehicles”. Per lo stesso motivo,
l’Iraq avrebbe dovuto astenersi dal compiere atti ostili nei
confronti di tutti i rappresentanti delle Nazioni Unite presenti sul
suo territorio.
B) La questione dei siti presidenziali
Durante il dibattito sulla nuova bozza di risoluzione sull’Iraq
tra il settembre e il novembre 2002, i rappresentanti di USA e
Gran Bretagna all’interno del Consiglio esprimono la volontà di
revocare il precedente Memorandum of Understanding, concluso
nel 1998 dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan
e dal primo Ministro iracheno Tariq Aziz, sostenendo la tesi che
esso mina il principio di “unrestricted access” garantito a tutti gli
ispettori della Commissione, dicendosi convinti che molti dei c.d.
palazzi presidenziali sono sfruttati per nascondere materiale
militare vietato dai regimi internazionali.
La richiesta anglo-americana è accolta nella risoluzione
n.1441; il paragrafo 7 stabilisce che “UNMOVIC and the IAEA
shall have the right of entry into and out of Iraq, the right to free,
unrestricted and immediate movement to and from inspection
sites, and the right to inspect any sites and buildings, including
immediate, unimpeded, unconditional and unrestricted access to
Presidential Sites equal to that at other sites, notwithstanding the
provisions of resolution 1154 of 2 March 1998.
19
1.5 L’ “Inspection Timetable”
La risoluzione n. 1441 stabilisce un percorso temporale da
seguire per favorire il disarmo iracheno. Perciò essa concede a
Baghdad sette giorni di tempo, a partire dalla data di adozione
della risoluzione in parola, per accettarne il contenuto.
Come richiesto, una lettera di accettazione del Ministro degli
Affari Esteri iracheno, Naji Sabri, perviene al Segretariato
Generale delle Nazioni Unite in data 13 novembre 2002. Ne
riporto qui i momenti più significativi:
“I recall the enormous uproar created by the President of the
United States of America in the greatest and most wicked slander
against Iraq, in which he was followed in his malicious intent
and preceded in word and infliction of harm by his lackey Tony
Blair, when they spread the rumour that Iraq have produced or
might have been on the way to producing nuclear weapons
during the period since 1998 in which the international inspectors
were absent.
…We fear that United Nations will lose the trust and the interest
of peoples, if that has not already taken place, once it has been
exhausted by powerful interests..thus the United Nations and its
agencies will collapse just as the League of Nations did before it.
…we know that those who pressed the case in the Security
Council for the adoption of Security Council Resolution 1441
(2002) have objectives other than to ascertain that Iraq has
developed no weapons of mass destruction in the absence of the
inspectors from Iraq since 1998. Although we are aware that,
following the widely known understanding between the
20
representatives of Iraq and the Secretary- General and the press
statement issued by Hans Blix, Mohamed El Baradei and the
representatives of Iraq, there are no facts or principles of justice
and fairness to necessitate the adoption of that resolution in the
name of the Security Council, we hereby inform you that we will
deal with resolution 1441, despite its iniquitous contents, even
though it is to be implemented against the background of the
intentions harboured by those of bad faith”.
Non è certamente una lettera accomodante dal momento che
il Ministro si scaglia contro tutti i protagonisti della vicenda. I
toni non sono rassicuranti ma il processo programmato dalla
risoluzione 1441 va avanti.
Entro trenta giorni dall’adozione della risoluzione, l’Iraq
deve provvedere a recapitare presso il Segretariato Generale “a
currently accurate, full and complete declaration” di tutti i suoi
programmi per la realizzazione di armi biologiche, chimiche e
nucleari. Le ispezioni ricominceranno invece dopo
quarantacinque giorni dall’adozione della stessa.
Le ultime direttive contenute nella risoluzione prevedono
che “the Executive Chairman of UNMOVIC and the Director –
General of the IAEA report immediately to the Council any
interference by Iraq with inspection activities, as well as any
failure by Iraq to comply with its disarmament obligations”. In
tal caso, il paragrafo 12 prevede che il Consiglio “convenes
immediately…to consider the situation and the need for full
compliance with all of the relevant Council resolutions in order
to secure international peace and security”.