Servizi finanziari alla clientela di elevato standing: il private banking
14
fiducia del cliente. Da qui nasce l’importanza per la cura della relazione che, come
vedremo in seguito, è una delle caratteristiche distintive del servizio di private
banking.
Il segmento più rilevante della clientela che acquista servizi di private
banking comprende, come dicevamo, principalmente chi dispone di un’ampia
ricchezza investibile. Questi soggetti sono definiti con l’acronimo HNWI, vale a
dire High Net Worth Individual. Le soglie d’accesso al servizio non sono definite
in modo ferreo ed ogni operatore, in relazione alle scelte di mercato o alla
situazione nella quale opera, le può calibrare come meglio crede. Sostanzialmente
è comunque possibile identificare, sulla base di alcuni studi di settore, come
appartenenti a tale segmento coloro che dispongono di oltre un milione di dollari
in attività liquide, cioè attività immediatamente disponibili per l’investimento
3
oppure, come propongono altre ricerche
4
, la soglia minimale dovrebbe ammontare
a 500 mila dollari di asset under management.
Per quanto riguarda i competitors operanti sul mercato sono, nella maggior
parte dei casi, intermediari di tipo bancario appartenenti a gruppi di elevata
dimensione e sono proprio questi tipi di players a raccogliere la maggior parte dei
patrimoni in affidamento, ma l'attività non è preclusa ad altri tipi di operatori
bancari e non, grandi o piccoli che siano. Possiamo dire che «il private banking è
oggi fornito da: Domestic retail banks, Universal banks, Private partnership,
Investment banks, Non-banks tra queste Full-service brokerages companies,
Discount/retail brokerages companies, Mutual fund companies, Accounting firms,
Law firms».
5
In Italia i servizi di private banking sono offerti da tre principali tipi
di operatori: banche commerciali con divisioni di private, banche specializzate e
banche estere. Queste tipologie sono affiancate da altre di minor rilievo quali:
Società di gestione del risparmio (Sgr), Società di investimento mobiliare (Sim),
3
MERRILL LYNCH E CAP GEMINI ERNST & YOUNG, World Wealth Report 2003
4
PRICEWATERHOUSE COOPERS, Competing for Clients, Further Analysis - Global Private
Banking/Wealth Management Survey, Spring 2004
5
MAUDE D., MOLYNEUX P., Private banking: maximising performance in a competitive
market, Euromoney Publications, London 1998
1. Il private banking
15
Boutique finanziarie e reti di promotori finanziari che gestiscono asset
notevolmente inferiori.
6
«Il numero di clienti private è ovviamente di molto inferiore a quello dei
clienti retail: ciononostante sono molte le banche che affollano il ricco ma piccolo
segmento private. Pochi clienti private, tanti pretendenti: questa è la realtà».
7
Lo
scenario è destinato a diventare ancora più competitivo con un conseguente calo
della redditività e la necessità di ingenti investimenti per battere la concorrenza.
Le pure private banks stanno investendo grandi somme nell’asset management e
nel settore della consulenza sull’arte, sulla pianificazione fiscale, sugli aspetti
legali e societari, sulle transazioni immobiliari. Questo è possibile creando
professionalità interne, ma, in particolar modo, dando vita ad alleanze e
partnership con istituzioni specializzate nei singoli segmenti di attività. A livello
strategico si aprono nuovi scenari e la competizione per assicurarsi clientela top
diventa quindi trasversale lungo una molteplicità di settori che prima erano alleati
nel fornire servizi e prodotti integrati verticalmente e orizzontalmente proprio
verso la clientela top.
8
Quella del private banking è un’attività in crescita e con origini relativamente
recenti alla quale un gran numero di gruppi finanziari ha rivolto le proprie
attenzioni nella speranza che si riveli un filone dalle grandi possibilità in termini
di redditività, spesso però eccedendo nell’ottimismo e evidenziando carenze nella
valutazione di uno scenario così complesso.
9
Per quanto riguarda invece la segmentazione del mercato, possiamo dire che i
criteri utilizzati dagli operatori sono molteplici e vari, spesse volte in maniera
incrociata, per individuare la clientela target dei loro servizi. È possibile
distinguere, in un primo momento, tra i criteri di segmentazione di tipo
quantitativo (patrimoniale e reddituale) e di tipo qualitativo (geografico, storico,
6
Studio Magstag, indagine campionaria sul mercato del private banking effettuata a fine 2003
7
DELIA-RUSSEL T., DI MASCIO A., Wealth management. Oltre il private banking: le nuove
strategie integrate della gestione patrimoniale, Il Sole 24 Ore, 2002, p. 277
8
DELIA-RUSSEL T., DI MASCIO A., opera cit., p. 278
9
DELIA-RUSSEL T., DI MASCIO A., opera cit., p. 2
Servizi finanziari alla clientela di elevato standing: il private banking
16
comportamentale, etc.). Tali criteri saranno analizzati diffusamente nel secondo
capitolo.
Il grande interesse per il private banking è da ricercarsi nella reale e
potenziale redditività ottenibile da questo particolare tipo di clientela, che può
portare un rilevante contributo al conto economico di molti operatori. Le banche
europee hanno individuato nella gestione del risparmio per conto della clientela
una delle aree di attività in grado di consentire il recupero, almeno parziale, della
riduzione dei margini sull’intermediazione tradizionale. Esse sono riuscite così ad
assumere un ruolo di spinta alla crescita fatta registrare negli anni passati dal
risparmio gestito, dandosi sostegno con il proprio potere distributivo e con le
economie di diversificazione conseguibili attraverso l’offerta integrata di
un’ampia gamma di prodotti e servizi di natura creditizia, mobiliare e
assicurativa.
10
I ricavi per l’intermediario finanziario che si occupa di questi servizi
provengono dalle commissioni pagate da coloro che acquistano i servizi e
cercheremo di approfondirne la disciplina nel capitolo dedicato allo studio dei
prodotti.
Il segmento target costituito dai clienti private è andato ad aggiungersi ai
tradizionali retail e corporate. Il motivo è da ricercarsi nell’accresciuto interesse
da parte degli operatori per questo mercato a causa dei suoi elevati tassi di crescita
a livello internazionale e nel significativo aumento della sua ricchezza.
Il nostro paese presenta a livello strutturale caratteristiche tali da renderlo
unico in Europa: una capacità di risparmio molto sopra la media europea, un
margine rilevante di sviluppo potenziale connesso agli ancora poco conosciuti
Fondi Pensione e la presenza estesa di un segmento di piccola e media impresa
che supporta la creazione di ricchezza in modo diffuso, anche se si tratta pur
10
DI BATTISTA M.L., VENTURELLI V., Le strategie di diversificazione dei grandi gruppi
bancari europei nell’Asset Management e nel Private Banking, Quaderni di Ricerche, n. 50, Ente
per gli Studi Monetari, Bancari e Finanziari Luigi Einaudi, consultabile all'indirizzo
www.enteluigieinaudi.it, 2003
1. Il private banking
17
sempre di una ricchezza molto concentrata.
11
In Italia abbiamo infatti un elevato
numero di imprenditori con aziende di dimensioni medio – piccole, che possono
arrivare a livelli di ricchezza sopra la media grazie ai ricavi derivanti dalla loro
attività. Per questo troviamo un rilevante numero di imprese di dimensioni medio
– piccole i cui proprietari sono potenziali clienti di servizi di private banking
offerti magari in modo integrato con soluzioni di tipo corporate così da poter
sfruttare la sinergia creata dalle diverse divisioni della stessa banca.
12
Un impulso alla crescita del mercato a livello nazionale si è avuto in
conseguenza dei cosiddetti scudi fiscali, ossia le norme che prevedevano
l’emersione delle attività finanziarie occultate all’estero. Considerando a
posteriori questi provvedimenti, se ne deve ridimensionare di molto la portata
rispetto alle valutazioni fatte in passato. Complessivamente i due scudi fiscali
hanno fatto rimpatriare circa 80 miliardi di euro e cioè una cifra pari a meno del
10% dell’intero patrimonio del settore private. Si tratta dunque di cifre non in
grado di far volare il mercato. Alcuni ritengono che i meriti degli scudi fiscali
siano stati altri: il rimpatrio di capitale dall’estero sembra aver favorito l’ingresso
di nuovi clienti che, abituati a una qualità di servizio più elevata, hanno
inevitabilmente richiesto in Italia lo stesso livello di prestazione e dall’altro hanno
determinato una forte crescita del numero di operatori attivi nel settore.
13
In ultimo, l’orientamento degli intermediari italiani verso il segmento private
è motivato dal loro tentativo di evitare che la fascia più alta della clientela si
rivolga all’offerta di intermediari provenienti da sistemi finanziari più evoluti di
11
Secondo gli studi di Eurisko Finanza del 2002, i soggetti nazionali rientranti nella categoria
HNWI sarebbero stati nel 2002 in aumento. I soggetti nazionali che detenevano un patrimonio
finanziario almeno pari ad 1 milione di dollari ammontavano a circa 200.000, rappresentando l’1%
della popolazione del nostro Paese e detenendo il 14% delle disponibilità finanziarie degli italiani.
12
PIETRABISSA E., FEDERICI P., Competere nel business del private banking: trend evolutivi e
implicazioni organizzative, in Sviluppo & organizzazione, anno 2002, fascicolo 194, p. 66
13
NERI G., intervista ad un partner di Pricewaterhouse Coopers, in D’Arco F. (a cura di), Private
Banking alla prova del 9, in Hedge - Investimenti alternativi & private banking, n. 11 del
novembre 2004
Servizi finanziari alla clientela di elevato standing: il private banking
18
quello italiano, in particolar modo quello svizzero o britannico,
14
perdendo in
questo modo il possibile apporto al conto economico di una clientela con una
redditività sopra la media.
1.2 Cosa distingue il private dal retail banking
Prendendo in considerazione la distinzione adottata dagli operatori di matrice
bancaria in ambito di segmentazione strategica, notiamo, che è diventato comune
classificare le attività di intermediazione finanziaria in rapporto al segmento di
clientela cui il servizio viene fornito. Distinguiamo quindi, secondo la
terminologia anglosassone, in private, retail e corporate banking.
Alla nozione di private banking si collega un “modo di essere e di fare banca”
del tutto particolare caratterizzato da personalizzazione del prodotto – servizio
offerto, livello di servizio elevato e orientamento all’eccellenza nella produzione
delle migliori soluzioni alle problematiche finanziarie dei clienti in un’ottica di
gestione finanziaria globale. Questo richiede una particolare modalità di relazione
tra l’intermediario e il cliente comunemente indicata con l’espressione di
relationship banking, cioè di esercizio dell’attività bancaria sul fondamento di una
relazione forte, duratura e multifunzionale con il cliente.
Spostando il riferimento alla clientela “imprese di dimensioni non piccole
dotate di forma societaria”, e parlando dunque del corporate banking scopriamo
che la logica sottostante è ispirata agli stessi concetti e alle medesime modalità
relazionali. Quella dei servizi bancari alle imprese è un’area d’affari molto
complessa ed estesa con un modello di offerta che, unendo e combinando prodotti
basilari, ricerca un’efficace ed efficiente gestione della finanza ordinaria e
straordinaria dell’impresa. Anche in questo caso si applica il concetto di
relationship banking: un “modo di essere e di fare banca” che riflette un modello
di comportamento relazionale, collaborativo e consulenziale.
14
ORIANI M., Il family office. Il nuovo wealth management dei grandi patrimoni familiari,
Franco Angeli, 2004, p. 12
1. Il private banking
19
È evidente che private e corporate banking presuppongono da parte
dell’intermediario una capacità di offerta diversificata combinata con una forte
focalizzazione ai segmenti di clientela.
15
La nozione di retail banking, diversamente, identifica un modello di attività
bancaria o di intermediazione finanziaria, che fa riferimento perlopiù alla
distribuzione al dettaglio del prodotto – servizio finanziario, ai segmenti di
clientela minori per dimensione individuale. Il retail banking è quindi un sistema
di offerta centrato sull’efficienza delle transazioni e non sulla relazione con la
clientela. Non è possibile, dunque, per l’intermediario personalizzare l’offerta
focalizzandosi sul singolo cliente, ma viene sviluppata una strategia competitiva
che, attuando una segmentazione di clientela centrata prevalentemente
sull’uniformità dei bisogni, offre un prodotto – servizio, nella maggior parte dei
casi, standardizzato.
Nel retail banking quindi l’orientamento al cliente individuale viene sostituito
dalla focalizzazione alla transazione e, per questo motivo, ci si riferisce ad un
“modo di essere e di fare banca” definito comunemente con l’espressione
transaction banking, in contrapposizione al relationship banking.
Può essere utile ed interessante, costruire uno schema grafico (Figura 1)
riportante le differenti attività di intermediazione finanziaria: retail, corporate e
private banking; incrociando elementi come il livello di personalizzazione del
servizio e la dimensione relativa della domanda individuale combinata alla soglia
di accesso al servizio. Questo ci permette di osservare in che rapporto si pongano i
tre segmenti di mercato rispetto al “modo di essere e di fare banca”.
Le aree ombreggiate identificano le combinazioni delle due variabili per le
quali difficilmente l’intermediario costruisce una propria offerta, mentre negli altri
punti si colloca il confine indeterminato, soggettivo e mobile fra i modi descritti di
“essere e di fare banca”.
16
15
FORESTIERI G., MOTTURA P., Il sistema finanziario. Istituzioni, mercati e modelli di
intermediazione, EGEA, 2000, p. 245
16
FORESTIERI G., MOTTURA P., opera cit., p. 245
Servizi finanziari alla clientela di elevato standing: il private banking
20
Figura 1 - Segmentazione della domanda e personalizzazione del servizio
17
Dimensione relativa della domanda
individuale e soglia di accesso al
servizio
Bassa
Media
Alta
Basso
Retail
Banking
Medio
Alto
Private e
Corporate
Banking
Livello di
personalizzazione
del servizio
1.3 Orientamento al cliente e relationship manager
Dal confronto risulta molto evidente che l’attività proposta alla clientela di
elevato standing è diversa dall’offerta per il pubblico retail fin dalle sue
fondamenta. Gli operatori di private banking sono lontani dalla logica della mass
customization sulla quale invece si basa l’odierna attività bancaria al dettaglio
18
,
orientandosi verso servizi tailor made costruiti su misura. Il cliente tipo, infatti,
come abbiamo più volte ripetuto, ha esigenze più sofisticate rispetto al passato,
che richiedono, quindi, sempre maggiori competenze ed esperienza nel costruire
soluzioni ad hoc. Il modello organizzativo del private banking è quindi orientato
al cliente e al soddisfacimento dei suoi bisogni. Per un operatore di private
banking diventa dunque fondamentale avere un’opportuna delimitazione della
17
FORESTIERI G., MOTTURA P., opera cit., p. 247
18
DE ANGELI S., Il private banking in Italia. Aspetti tecnici e profili organizzativi, Vita e
Pensiero, 2000, p. 4
1. Il private banking
21
propria base clienti e una conoscenza chiara dei loro bisogni per affinare e
diversificare l’offerta per i distinti segmenti di mercato.
19
Un importante aspetto da cui dipende il successo dell’attività di private
banking è rappresentato dalle capacità professionali dei dipendenti responsabili di
curare le relazioni con la clientela.
20
«Il ruolo primario che il private banker
ricopre nella relazione con il cliente lo rende un asset importante per tutti gli
operatori presenti sul mercato.»
21
Egli è quindi fondamentalmente un
professionista che deve poter essere indipendente da pressioni commerciali, per
poter individuare le soluzioni più adatte alle esigenze del cliente. Il private banker
deve rappresentare per la clientela un reale problem solver e non apparire come
gestore o venditore di prodotti finanziari; deve essere una figura professionale
completa in possesso di elevate ed ampie competenze sul piano relazionale,
tecnico e consulenziale.
22
Per questi motivi si è andato affermando e diffondendo
un modello organizzativo che prevede il private banker come gestore virtualmente
esclusivo della relazione, nella veste di relationship manager, affiancato da uno
staff di specialisti che egli stesso coordina nel servizio al cliente. Egli non è uno
specialista tecnico, ma deve necessariamente essere dotato di una preparazione
tecnica di base che gli permetta di muoversi agevolmente nel lavoro di
coordinamento del team, conoscendo i prodotti e i servizi nelle loro caratteristiche
e potendo così svolgere il suo ruolo di interfaccia tra il cliente e i gestori tecnici.
23
Nel tempo il relationship manager dovrebbe sviluppare con il cliente un rapporto
di fiducia particolarmente stretto e per questo deve essere cura
dell’organizzazione definire chiaramente quali devono essere le soglie
quantitative in termini di numero di clienti seguiti da ogni gestore di relazione.
19
COVA M., GIBELLINI D., Private banking e ricchezza in Europa, in Bancaria, anno 2003,
fascicolo 10, p. 73
20
SCHENA C., Private banking e wealth management: una nuova sfida per le banche italiane?,
in Sviluppo & organizzazione, anno 2002, fascicolo 194, p. 58
21
PIETRABISSA E., FEDERICI P., Competere nel business del private banking: trend evolutivi e
implicazioni organizzative, in Sviluppo & organizzazione, anno 2002, fascicolo 194, p. 67 e ss.
22
SCHENA C., opera cit., p. 58 e ss.
23
ORIANI M., I profili organizzativi del private banking, in De Angeli S., Il private banking in
Italia. Aspetti tecnici e profili organizzativi, Vita e Pensiero, 2000, p. 94
Servizi finanziari alla clientela di elevato standing: il private banking
22
Gli specialisti del team di supporto al relationship manager fungono da
providers di contenuti tecnico – specialistici e possono essere sia interni che
esterni alla struttura. Il ricorso a specialisti esterni permette alla private bank di
poter operare in aree di business altrimenti precluse, essendo in molti casi
difficile, se non proibitivo, sviluppare delle specifiche competenze in-house non
solo per operatori minori o di nicchia, ma anche per gli operatori più importanti.
24
1.4 Aspetti cruciali del private banking
Gli aspetti cruciali sui quali poggia l’attività di private banking dovrebbero
essere sempre presenti ai membri dell’organizzazione e ben visibili al cliente in
ogni momento della relazione.
Primo tra tutti è il livello di personalizzazione: il private banking infatti pone
al centro del servizio il cliente, tipicamente un soggetto con esigenze molto
specifiche, particolari e diversificate che richiedono la costruzione e la fornitura di
un servizio praticamente su misura.
Altro elemento fondamentale del rapporto tra il cliente di elevato standing e il
suo partner finanziario è la fiducia che il primo ripone nel secondo, ossia,
l’affidamento totale del cliente al suo interlocutore. Questo tipo di fiducia va
costruita a poco a poco all’interno della stretta relazione tra i due; il relationship
manager deve meritare la fiducia del cliente nel tempo.
La riservatezza dovrebbe sempre connotare il private banking, assumendo una
rilevanza irrinunciabile nella costruzione di una relazione duratura e con
fondamenta resistenti. Questo aspetto è connesso alla sicurezza stessa del cliente e
alla protezione delle informazioni relative ai suoi dati personali e al tipo di affari
che svolge. Storicamente, le piccole banche private svizzere e i banchieri che vi
lavoravano, sono stati gli ultimi depositari del servizio tradizionale di private
banking custodendo gelosamente informazioni e segreti, legandoli alle famiglie
loro clienti e in alcuni casi, addirittura per centinaia di anni. Oggi le misure
24
SCHENA C., Private banking e wealth management: una nuova sfida per le banche italiane?,
in Sviluppo & organizzazione, anno 2002, fascicolo 194, pp. 53-61