5
Dopo questa analisi descrittiva del fenomeno “sofferenza” (nel secondo
capitolo) si cercano di individuare gli strumenti e le procedure necessari
alla banca nella fase di gestione delle partite anomale (par. 2.1),
evidenziando come le procedure giudiziali (recupero) richiedono tempi e
costi notevoli, ancor più marcati nel Mezzogiorno (par. 2.1.1). A causa di
queste inefficienze, gli intermediari creditizi si orientano con maggiore
intensità verso procedure stragiudiziali (la cartolarizzazione, il bad
banking), ritenute maggiormente efficienti e capaci di migliorare la qualità
dell’attivo in bilancio (par. 2.1.3 e 2.1.4)
Un interessante aspetto (terzo capitolo), che trova sempre maggiore
attenzione da parte della dottrina economica, è il legame esistente tra la
congiuntura reale ed il sistema bancario, e più precisamente di come la
redditività bancaria sia fortemente pro-ciclica (par 3.2). Al fine di
aumentare la stabilità del reddito bancario sono state avanzate modifiche o
proposte di modifica dei principi contabili relativi alle procedure di
accantonamento per perdite su crediti (par 3.3); tra i vari approcci contabili
alternativi a quello corrente, quello che riscuote maggiore consensi è
l’approccio c.d. “Dynamic provisioning”, che secondo molto Autori è in
grado di ridurre la pro-ciclicità dei redditi bancari.
La parte finale del lavoro analizza il divario esistente tra le regioni
Meridionali e quelle del Centro-Nord. Il gap tra queste due aree territoriali,
anche se si sta (lentamente) riducendo, risulta essere ancora oggi assai
consistente. Infatti, permangono forti differenze sia dal lato della domanda
di credito (par. 4.2) e sia dal lato dell’offerta (4.3). Negli ultimi dieci anni,
comunque, il sistema bancario del Mezzogiorno (come anche quello
nazionale) è stato (ed è tuttora) interessato da forti vettori di cambiamento,
tra questi riveste un ruolo dominante quello dell’ingresso nell’area
meridionale dei grandi gruppi bancari del Centro-Nord, intervenuti nella
maggior parte dei casi a sanare situazioni di crisi, permettendo di ridurre il
6
divario esistente nelle condizioni tecniche ed operative delle banche nelle
varie aree del Paese (par. 4.4).
Possiamo affermare che il problema dei crediti in sofferenza, nel sistema
bancario italiano, é ben lontano dall’essere stato risolto in maniera
definitiva, si ritiene, infatti, che una parta minima di sofferenza sia da
ritenere “fisiologica” all’attività bancaria.
I dati della Banca d’Italia mostrano un netto miglioramento della qualità
dei crediti delle banche, rispetto a quanto accaduto nella prima metà degli
anni novanta, dove a causa di una sostenuta recessione del ciclo economico
l’incidenza delle sofferenze sugli impieghi bancari è aumentata in maniera
significativa. La crescita delle sofferenze è stata più significativa nell’area
meridionale, dovuta ad una congiuntura economica negativa che è risultata
significatamene più pronunciata in questa area, a causa della fragilità del
sistema bancario e produttivo del Mezzogiorno.
A prescindere dalla particolare condizione della situazione meridionale,
possiamo concludere che, le banche saranno chiamate dalla crescente
concorrenza nel mercato del credito, ad una maggiore valutazione e
controllo del rischio di credito della clientela affidata, al fine di proteggere,
ed eventualmente ampliare, i margini di profitto derivanti dalla principale
attività svolta dalle banche.
7
CAPITOLO 1 – LE SOFFERENZE BANCARIE
1.1 - Definizioni di sofferenza bancaria e differenze dalle altre partite
anomale.
In Italia e nei maggiori paesi industrializzati, è emerso con vigore il
fenomeno delle sofferenze bancarie, con conseguenze (negative) sulla
formazione del margine di intermediazione delle banche italiane, e che ha
inciso non poco sugli equilibri economici, patrimoniali e finanziari delle
stesse.
In particolare molti intermediari hanno accusato gravi perdite, soprattutto
nel Mezzogiorno, che hanno determinato situazioni di crisi, anche di
notevoli dimensioni.
Secondo la definizione della Banca d’Italia con il termine sofferenze
bancarie si deve intendere : ‹‹l’intera esposizione per cassa nei confronti di
soggetti in stato di insolvenza , anche se non accertato giudizialmente, o in
una situazione sostanzialmente equiparabile››.
Inoltre, bisogna precisare che la qualifica di un credito come sofferente
risulta essere del tutto indipendente dall’esistenza di eventuali garanzie,
reali o personali, fornite dal prenditore dei fondi, come presidio del credito
ricevuto.
Si prescinde, pertanto da eventuali previsioni di perdite sui crediti,
formulate dall’intermediario bancario.
La definizione di sofferenze bancarie precedentemente riportata, fa
riferimento alla nozione di sofferenze lorde.
8
La Banca d’Italia
1
ha, infatti, individuato una nozione di sofferenze
bancarie nette, (o al valore di realizzo ) definendole come: ‹‹le sofferenze
bancarie al netto dell’ammontare complessivo delle perdite di valore
calcolate secondo i criteri previsti dal D.lgs 27. 1. 1997, n.87, articolo
20››.
Possiamo affermare, che le sofferenze costituiscono un importante
campanello di allarme del deterioramento del merito creditizio del
portafogli prestiti di un intermediario bancario.
L’ingresso in sofferenze di un credito è un segnale di insolvenza più
precoce e generico rispetto a quelli definiti dall’ordinamento giuridico
(come ad esempio il fallimento). Ciò fa si che l’entità dei crediti in
sofferenza possa essere caratterizzata da un elevato grado di discrezionalità
da parte dell’intermediario, da cui può derivare una stima soggettiva della
reale esposizione al rischio di credito del portafogli prestiti della banca.
Al fine di ottenere una stima più precisa ed oggettiva, si può far ricorso al
concetto di sofferenze rettificate, che è un aggregato che tiene conto dei
giudizi espressi da più intermediari su ciascun affidato che presenti sintomi
di anomalia.
Più precisamente la Banca d’Italia afferma che per sofferenze rettificate si
deve intendere: ‹‹l’esposizione complessiva per cassa di un affidato verso il
sistema finanziario, quando questi viene segnalato alla Centrale dei rischi:
ξ in sofferenza dall’unico intermediario che ha erogato il credito;
ξ in sofferenza da un intermediario, e tra gli sconfinamenti dall’unico
altro intermediario esposto;
1
Cfr. Banca D’Italia (2003),Relazione annuale per l’anno 2002, Glossario.
9
ξ in sofferenza da un intermediario e l’importo della sofferenza è
almeno il 70 per cento dell’esposizione complessiva verso il sistema
finanziario, ovvero vi siano sconfinamenti pari o superiori al 10 per
cento;
ξ in sofferenza da almeno due intermediari per importi pari o superiori
al 10 per cento del credito utilizzato complessivo per cassa››.
Quindi, attraverso l’utilizzo di questo aggregato, il debitore che venga
qualificato come debitore in sofferenza rettificata, è tale rispetto all’intero
sistema creditizio. In questo modo si giunge ad una classificazione dei
prenditori di fondi oggettiva ed univoca, che ci permette di disporre di una
stima più precisa del grado di rischio associato all’attività di prestito svolta
dagli intermediari creditizi.
Dalla definizione di sofferenze rettificate possiamo dedurre che l’ingresso
di in questa classe di rischio permette di individuare uno stato di insolvenza
da parte del prenditore di fondi. Questo aggregato, infatti, mette in
evidenza, rispetto all’intero sistema creditizio, una situazione di difficoltà
finanziaria e reddituale da cui discende l’incapacità del prenditore a far
fronte agli impegni assunti.
In definitiva le sofferenze bancarie esprimono uno stato “patologico” di un
credito, che può tramutarsi in una perdita. Tali perdite, merita sottolinearlo,
non emergono solo dalle posizioni in sofferenze ma anche da altre partite
anomale: prestiti vivi, le partite incagliate, i dubbi esiti.
Se inseriamo le sofferenze bancarie in un’ipotetica scala che esprime il
livello qualitativo del credito, esse si collocano tra le partite incagliate (che
le possiamo considerare alla stregua di partite in ‹‹pre-sofferenza››) e i
dubbi esiti.
I prestiti vivi, sono quei prestiti che non presentano nel momento in cui ne
viene fatta la valutazione, nessuna anomalia. Si ritiene che le imprese
10
affidate si trovino in una situazione finanziaria ed economica tale da
consentire loro il pieno rispetto degli impegni assunti.
Le partite incagliate sono l’ esposizione per cassa nei confronti di soggetti
che versano in una situazione di temporanea difficoltà, ma si ritiene sia
superabile in un arco di tempo ritenuto accettabile e senza il dispendio di
risorse eccesive. Questo stato dell’affidato richiede una approfondita
conoscenza dello stesso da parte della banca.
Nel momento in cui questa situazione diviene da temporanea a permanente
si ha il passaggio del credito da una posizione incagliata ad una posizione
in sofferenza.
Alla fine di questa scala qualitativa del credito, troviamo i dubbi esiti che
rappresentano la fase terminale del degrado qualitativo del credito. Questi
sono costituiti dalle esposizione per cassa nei confronti di soggetti che non
sono più in grado di rimborsare il proprio credito, e si ritiene che il
recupero degli stessi sia assai difficoltoso. In sintesi si tratta di crediti che si
stimano persi, in tutto o in parte.
L’insieme di queste posizioni patologiche di credito va a formare, quindi,
l’aggregato delle partite anomale, verso il quale le banche e le autorità di
vigilanza mostrano una crescente attenzione al fine di individuare le
soluzioni più efficienti, con le quali migliorare il livello qualitativo del
credito e di conseguenza cercare di ridurre l’esposizione al rischio di
credito del proprio portafogli prestiti.
11
1.1.2 – Lo stato di insolvenza.
Dalla definizione di sofferenze bancarie precedentemente riportata, emerge
che l’elemento qualificante di una posizione a “sofferenza” va individuato
nella presenza di uno stato di insolvenza del cliente affidato.
In termini assai generici, possiamo affermare che lo stato di insolvenza
segnala una particolare situazione di disequilibrio finanziario e
patrimoniale dell’affidato: situazione che non permette al debitore il
corretto rispetto e prosecuzione del rapporto creditizio instaurato con la
banca finanziatrice.
La giurisprudenza individua l’insolvenza come l’incapacità da parte
dell’affidato di adempiere alle proprie obbligazioni in maniera regolare,
sotto l’aspetto sia della scadenza che dei normali mezzi di pagamento.
I primi sintomi di uno stato di insolvenza possono essere individuati nel
mancato adempimento di una o più obbligazioni. In particolare nelle fasi
iniziali si tratta di ritardi nei pagamenti, nell’utilizzo anomalo del credito
concesso; ciò pone l’impresa in una temporanea situazione di difficoltà che
si presume possa essere risolta, senza eccessivi oneri, in un lasso di tempo
non troppo lungo.
Ma qualora i mancati pagamenti delle obbligazioni siano ripetuti e si
prolunghino oltre il periodo di tempo ritenuto accettabile nell’ambito della
normale attività, si viene a determinare una situazione di insolvenza
2
.
L’insolvenza, quindi, differisce dall’inadempimento. Infatti, quest’ultimo
si riferisce ad una determinata obbligazione ed ha una portata relativa al
singolo creditore che resta insoddisfatto. L’insolvenza, invece, ha una
portata generale, relativa a tutti i creditori.
2
Cfr. F. Zen (2000), Le partite anomale nella gestione della banca: nozione e qualificazione, in Banche e
Banchieri n. 3.
12
Nel parlare di insolvenza si tiene conto soltanto della situazione debitoria
che ad un certo punto l’impresa affidata deve fronteggiare; mentre non c’è
insolvenza qualora l’impresa riesca ad ottenere dilazioni di pagamento dai
suoi creditori o altre forme di agevolazioni.
Bisogna inoltre precisare che l’insolvenza sussiste non solo rispetto a
crediti di natura pecuniaria, ma anche rispetto a crediti che hanno per
oggetto una prestazione diversa dal denaro. Ciò trova conferma nella
normativa fallimentare che al secondo comma dell’articolo 5 afferma che il
debitore è insolvente quanto non è in grado si soddisfare regolarmente le
proprie obbligazioni.
‹‹Non c’è però insolvenza quando la consistenza del attivo supera quella
del passivo in bilancio, in modo tale da consentire all’impresa il pagamento
dei propri debiti. La determinazione del valore dell’attivo e del passivo di
bilancio deve avvenire in base ai valori correnti di realizzo, ossia alle
condizioni che sono praticate sul mercato in quel dato istante.
Non è però vero il contrario, ossia vi è insolvenza quando il valore del
attivo è inferiore al valore del passivo; in tal caso entra in gioco la variabile
“credito”. La possibilità, per l’impresa affidata, di ottenere credito nel
proprio settore di attività si contrappone allo stato di insolvenza››
3
.
Questa sua capacità dipende da vari fattori quali la fiducia goduta
dall’imprenditore, la sua correttezza nell’operazioni commerciali poste in
essere in passato, la conoscenza delle cause che hanno determinato lo stato
di crisi dell’impresa, la sua capacità di produrre reddito, ecc; ciò può
permettere all’impresa in difficoltà di ottenere un volume di liquidità che le
consenta di poter ottemperare regolarmente alle proprie obbligazioni.
Possiamo, quindi, affermare che la capacità dell’impresa di ottenere credito
è un indicatore della capacità di sopravvivenza dell’impresa.
3
Cfr. G. Garafalo (1991), Il manuale del contenzioso bancario, V edizione, istituto studi bancari e
aziendali.
13
In definitiva, per giudicare se un soggetto è insolvente, si deve tener conto
del fatto se egli gode di credito, e se questa possibilità è scarsa si deve
valutare la consistenza dei suoi beni.
In conclusione possiamo ritenere che il giudizio su uno stato di insolvenza
debba far riferimento necessiaramente sia a fattori quantitativi dell’impresa,
relativi a consistenze patrimoniali e finanziarie, sia a fattori qualitativi,
relativi a valutazioni sull’efficienza operativa dell’impresa affidata.
Inoltre, lo stato di insolvenza può essere ricondotto più che ad un dato fatto,
ad una determinata attitudine dell’affidato, ossia la sua capacità di
soddisfare regolarmente le sue obbligazioni, e di essere in grado di
mantenere questo comportamento per periodi di tempo prolungati.
1.1.3 - Indici interni ed esterni al rapporto creditizio che evidenziano lo
stato di insolvenza degli affidati.
Per gli intermediari creditizi risulta importante l’utilizzo di indicatori di
natura interna ed esterna al rapporto creditizio, al fine di riuscire ad
identificare preventivamente situazioni di anomalia, che possono condurre
ad uno stato di insolvenza irrimediabile e di conseguenza al sostenimento
di perdite sui crediti.
La crisi dell’impresa, infatti, si sviluppa in maniera progressiva : nasce da
forme di disequilibrio e di inefficienza operativa nei settori di produzione,
passando successivamente alla erosione delle risorse umane e naturali
interne all’impresa, con riflessi inevitabili sulla liquidità e sulla capacità
della impresa di produrre reddito. Questa situazione provocherà delle
perdite, che se consistenti e ripetitive, porteranno l’impresa in uno stato di
insolvenza.
Lo stato iniziale di crisi dell’impresa, pertanto, è rilevabile mediante un
attento controllo e sorveglianza del rapporto di credito instaurato con il
14
cliente, e con l’integrazione di informazioni provenienti da fonti esterne al
rapporto.
La banca può trarre importanti elementi di giudizio dello stato di salute
dell’impresa affidata dall’andamento del rapporto che ha instaurato con la
stessa.
‹‹Tra le fonti interne hanno un ruolo importante le informazioni relative:
ξ all’andamento del conto corrente dell’impresa, su cui transita la
maggior parte dei pagamenti e degli incassi. Questo conto può essere
considerato come il terminale dei flussi finanziari dell’impresa,
riflettendo le varie fasi dei suoi cicli produttivi. Il conto risulterà in
posizione debitoria all’atto dell’acquisto delle materie prime,e per i
pagamenti dei fornitori, e resterà più o meno così per tutto il periodo
di produzione, infine la posizione debitoria si ridurrà
progressivamente nel periodo delle vendite. Se quest’ultima
circostanza non si realizza, bisogna controllare la consistenza degli
investimenti dichiarati, la capacità di collocamento dei prodotti sul
mercato, le giacenze in magazzino;
ξ al mancato pagamento reiterato di tratte non accettate o ricevute
bancarie presso la banca;
ξ al mancato rimborso di affidamenti straordinari in conto corrente o
difficoltà a rientrare dagli sconfinamenti autorizzati dalla banca;
ξ alla continua richiesta di assegni circolari (soprattutto se trasferibili)
all’ordine proprio del cliente o prelievi in contante per importi non
giustificati dal tipo di attività svolta, che possono segnalare una
carenza di liquidità;
ξ alla riluttanza da parte dell’affidato a fornire informazioni
sull’evoluzione della sua attività;