IV
stesso Hayek nell’Epilogo a Law, Legislation and Liberty
1
: il neopositivista
Rudolf Carnap, erede delle riflessioni epistemologiche del “Circolo di
Vienna”, Karl Popper, il promotore di un razionalismo critico, Konrad
Lorenz, il fondatore dell’etologia animale, l’economista Joseph Schumpeter,
senza dimenticare gli esponenti principali della Scuola austriaca di
economia, Carl Menger, Eugen von Böhm-Bawerk, Friedrich von Wieser e
Ludwig von Mises
2
.
Hayek è stato il grande nemico della rivoluzione keynesiana; d’altra parte
è stato anche un critico radicale della teoria dell’equilibrio economico
generale neoclassico e della matematizzazione dell’economia ad essa
collegata; ha avversato tutte le forme correnti di interventismo economico,
di economia mista, di politica sociale e di politica economica tout court,
giungendo perfino a mettere in questione in campo monetario – con le sue
tesi sulla denazionalizzazione della moneta – la nozione stessa di Banca
Centrale. In altre parole, Hayek è l’uomo costantemente fuori dagli schemi,
soprattutto se si pensa al periodo in cui vive e lavora, dominato da una
diffusa propensione alla pianificazione sociale se non anche economica.
La lettura dell’opera mengeriana
3
e il lungo sodalizio con Mises, iniziato
nel 1924 con la partecipazione al suo celebre Privatseminar presso la
Camera di Commercio di Vienna e rafforzato pochi anni dopo con la
fondazione da parte di entrambi dell’Istituto austriaco per la ricerca sul ciclo
1
Trad. it. Legge, Legislazione e Libertà, Il Saggiatore, Milano 2000. Originariamente
l’opera è apparsa in tre volumi: I, Rules and Order (1973); II, The Mirage of Social Justice
(1976); III, The Political Order of a Free People (1979). L’opera completa Law, Legislation
and Liberty è pubblicata nel 1982.
2
Cfr. U. Ternowetz (a cura di), Friedrich von Hayek e la Scuola Austriaca di Economia,
Rubbettino, Soveria-Mannelli 2003.
3
Il riferimento è soprattutto all’opera di Menger Grundsätze der Volkswirtschaftslehere (1871)
[trad. it. Principii fondamentali di economia politica, Laterza, Roma-Bari 1925], grazie alla
quale l’iniziale interesse per l’economia si trasforma – citando le parole stesse di Hayek – «in
una vera e propria passione» [F.A. von Hayek, Hayek on Hayek (1994 postumo), trad. it.
Hayek su Hayek, Ponte alle Grazie, Firenze 1996, p. 88].
V
economico (l’Österreichisches Institut für Konjunkturforschung), è
sicuramente ciò che indirizza Hayek verso la ricerca economica. Per
l’ulteriore maturazione delle sue idee, invece, decisivo è il trasferimento a
Londra nel 1931, grazie al quale ha occasione di valorizzare gli elementi di
teoria sociale contenuti nella tradizione scozzese della filosofia morale e
così giungere a quella grande sintesi tra liberalismo classico anglosassone e
Scuola austriaca dell’economia politica che caratterizza le opere della
maturità.
Sono proprio le prime lezioni tenute alla London School of Economics,
infatti, presso la quale rimarrà professore fino al 1950, che, inserendosi nel
dibattito accademico sulle teorie dei cicli economici
4
, particolarmente
acceso durante la Grande Depressione, e in quello sulla pianificazione,
rendono Hayek la figura principale nelle celebri controversie tra Londra e
Cambridge, e, di conseguenza, l’antagonista principale di John Maynard
Keynes, del quale, tuttavia, diventerà amico e col quale intratterrà un fitto
scambio epistolare
5
.
L’abbandono dell’ambito prettamente economico per l’esame filosofico
di tematiche politico-sociali coincide, invece, con lo scoppio della Seconda
4
Testimonianza di queste lezioni è la pubblicazione da parte di Hayek del suo primo libro
inglese, Prices and Production, del 1931[trad. it. Prezzi e produzione, Ed. Scientifiche Italiane,
Napoli 1988].
5
La critica alla teoria keynesiana è esposta da Hayek soprattutto nell’importante saggio The
Pure Theory of Capital del 1941, in cui viene fornita una visione della teoria economica e della
teoria monetaria sostanzialmente antagonista a quella di John M. Keynes. Se quest’ultimo,
infatti, sosteneva la necessità di allargare la base monetaria per superare i momenti di
depressione del ciclo economico, Hayek ritiene invece che tali momenti siano originati da un
eccesso di moneta e che una sua ulteriore emissione non porterebbe a una soluzione dei
problemi, ma, producendo inflazione, a una ben più grave crisi economica. Ciò che Hayek
intende sostenere è allora che la relazione tra moneta e capitale non può essere alterata a fini
politici e sociali senza dover in futuro scontare ben più gravi conseguenze. La sua è quindi una
ferma opposizione alla teoria dell’interventismo economico, asserente la subordinazione delle
leggi economiche alle esigenze politico-sociali.
Per una compiuta trattazione “austriaca” delle conseguenze dell’interventismo statale sul ciclo
economico, si rinvia, comunque, a Aa. Vv., Governi distruttori di ricchezza, Armando, Roma
1997.
VI
Guerra Mondiale nel 1939 e con l’avvento dei regimi totalitari in Europa. La
distruzione generata dai nazisti, affiancata alla vasta attrazione politica del
comunismo per gran parte degli anni Trenta e a un sempre più ampio
supporto pubblico per la pianificazione sociale, sono alcuni dei motivi che
spingono Hayek a scrivere The Road to Serfdom
6
, un acuto ammonimento
volto a spiegare come il socialismo democratico può, fin troppo facilmente,
evolvere e sfociare nel totalitarismo.
Pubblicato nel 1944, questo saggio politico sviluppa la tesi secondo la
quale un’organizzazione sociale rigorosamente razionale, comportando una
totale subordinazione dell’individuo alla società, non possa garantire una
sfera individuale regolata e protetta dalla legge, né libertà economica. In
replica a quanti avevano criticato la connessione tra libertà economica e
libertà politica, asserendo che la seconda potesse esistere senza la prima,
Hayek tenta così di dimostrare che la libertà politica senza libertà
economica non è nemmeno libertà individuale.
L’interesse profondo che lega il nostro autore al concetto di libertà è
testimoniato non solo a livello teorico in molte significative pagine dedicate
a questo tema, ma anche a livello pratico dalla fondazione nel 1947, in
Svizzera, della Mont Pèlerin Society che, grazie anche al contributo di
alcuni dei maggiori esponenti del liberalismo europeo del tempo (Mises,
Popper, Schumpeter e Milton Friedman su tutti), avrebbe riunito un nutrito
gruppo di studiosi da diverse parti del mondo per la diffusione del pensiero
liberale.
Sebbene lo scopo principale della Society fosse la sostituzione
dell’ortodossia interventista del dopoguerra, in realtà l’obiettivo di essa era
6
Trad. it. La via della schiavitù, Rusconi, Milano 1995.
VII
molto più vasto
7
: la spiegazione del perché il liberalismo classico sia
tramontato e il tentativo di trovare il modo per farlo risorgere, rendendo così
agevole la transizione verso una società più libera, sono alcune delle
questioni che venivano generalmente discusse all’interno di questo gruppo.
Nel frattempo, le tesi sostenute in The Road to Serfdom, anche per via
della forza innovativa delle sue interpretazioni e previsioni, accrescono la
notorietà di Hayek in tutto il mondo e producono accesi dibattiti che gli
attirano feroci critiche sia da parte dei marxisti e dei socialisti, sia da parte
di pensatori social-democratici come Hans Kelsen, i quali non accettavano
la tesi dell’indissolubile legame tra libertà civile e libertà economica.
Soprattutto negli Stati Uniti d’America, comunque, questo scritto ha un
successo inaspettato, diventando un best seller in poche settimane. È in
questo clima di grande successo che Hayek, nel 1950, accetta la chiamata
dell’Università di Chicago come professore di Scienza Sociale e Morale,
cattedra che terrà per prolifici dodici anni, in cui darà alle stampe alcune tra
le opere più significative della sua riflessione di filosofo liberale.
Oltre a una raccolta di saggi pubblicati nel 1952 sotto il titolo di The
Counter-Revolution of Science: Studies on the Abuse of Reason
8
, in cui si
analizzano le origini intellettuali della pianificazione e si discutono le sue
disastrose conseguenze politiche, sia sotto il socialismo sia sotto il fascismo,
Hayek pubblica nel 1960, nel centesimo anniversario del celebrato saggio di
Mill On Liberty, una delle più importanti opere di filosofia politica
contemporanea che segna imperiosamente la rinascita del liberalismo, The
7
Per una trattazione approfondita di questa tematica rinvio a J. Raybould, Hayek. A
Commemorative Album, trad. it. Friedrich A. von Hayek: la vicenda intellettuale del piu
grande scienziato sociale del nostro secolo, Rubbettino, Soveria-Mannelli 1999, pp. 63-75; si
veda anche G. Radnitzky, La filosofia politica di Friedrich von Hayek, Rubbettino, Soveria-
Mannelli 1999, p. 24.
8
Trad. it. L’abuso della ragione, Seam, Roma 1997.
VIII
Constitution of Liberty
9
. Se a prima vista i temi trattati sono quelli consueti
della tradizione liberale, quello che cambia è il fondamento delle
argomentazioni in cui confluiscono aspetti di derivazione economica e
aspetti connessi a una considerazione evoluzionistica delle istituzioni
sociali. Ripercorrendo, inoltre, le principali tappe del contributo che il
«diritto» ha dato all’evoluzione della civiltà liberale e alla sua crisi, si
ribadisce che il concetto di eguaglianza dinanzi alla legge è l’unico tipo di
uguaglianza che contribuisce alla salvaguardia della libertà.
Pochi anni dopo il successo di quest’opera Hayek torna in Europa, prima
presso la Albert Universität di Friburgo e poi, in qualità di Professore
onorario, presso l’Università di Salisburgo, e pubblica non solo due raccolte
di saggi scritti tra gli anni Cinquanta e Settanta, gli Studies in Philosophy,
Politics and Economics
10
(1967) e i New Studies in Philosophy, Politics,
Economics and the History of Ideas
11
(1978), in cui prende forma la
rivisitazione teorica e storica della tradizione occidentale individualistica,
evoluzionistica e critica, ma anche i tre volumi della sua monumentale opera
Law, Legislation and Liberty, in cui approfondisce le tematiche
fondamentali del suo percorso intellettuale, giungendo così a un
coronamento completo dei suoi studi
12
.
Sono questi gli anni in cui la crisi di credibilità che colpisce la gestione
economica keynesiana spinge a rivalutare gli scritti di Hayek, che erano stati
accantonati nel primo dopoguerra. Attori sempre più influenti, infatti, da
9
Trad. it. La società libera, Seam, Roma 1998.
10
Trad. it. Studi di filosofia, politica ed economia, Rubbettino, Soveria-Mannelli 1998.
11
Trad. it. Nuovi studi di filosofia, politica, economia e storia delle idee, Armando, Roma
1988.
12
È del 1988, invece, la sua ultima significativa opera, The Fatal Conceit. The Errors of
Socialism [trad. it. La presunzione fatale. Gli errori del socialismo, Rusconi, Milano 1997] in
cui la concezione evoluzionistica delle istituzioni sociali viene contrapposta nuovamente alla
tradizione razionalistico-costruttivistica, colpevole di aver prodotto il socialismo.
IX
Margaret Thatcher a Ronald Reagan, sono ispirati nelle loro linee politiche
dai principi hayekiani, tesi a invertire la tendenza dell’interventismo statale
e a riconoscere che lo Stato sociale redistributivo non sia la soluzione ai
problemi attuali bensì il problema stesso.
L’idea che le istituzioni sociali, politiche ed economiche siano il risultato
spesso inatteso di un processo di evoluzione culturale spontanea che poteva
essere costantemente corretto, ma non finalizzato al raggiungimento di
obiettivi specifici, ricomincia così ad avere cittadinanza in un mondo
dominato dalla credenza che istituzioni appositamente e razionalmente
costruite avrebbero finalmente risolto i problemi dell’umanità.
La caduta dei regimi socialisti, inoltre, cui Hayek assiste poco prima
della morte avvenuta a Friburgo il 23 marzo del 1992, evidenzia non solo la
giusta previsione delle sue teorie e, di conseguenza, la fondatezza delle
critiche mosse ai tentativi di pianificazione razionale della società, ma anche
la grande attualità della sua opera, attraverso la quale è possibile riporre la
speranza di trovare uno strumento efficace per orientarsi in un periodo che,
sebbene abbia nell’economia di mercato il suo tratto caratterizzante, rimane
di grande incertezza.
L’eterogeneità degli argomenti presi in considerazione da Friedrich A.
von Hayek, i quali vanno dall’economia alla psicologia
13
, dalla filosofia del
diritto alla politica, comporta una delicata scelta iniziale nell’affrontare in
13
Nel 1952 Hayek pubblica infatti anche un importante saggio di psicologia teorica, The
Sensory Order. An Inquiry into the Foundations of Teoretica Psychology [trad. it. L’ordine
sensoriale, Rusconi, Milano 1990], nel quale propone una originale tesi sul rapporto mente-
cervello. È impossibile, secondo il nostro autore, una piena autocomprensione e
autospiegazione della mente, con la conseguente limitazione della razionalità umana.
X
modo sistematico il suo pensiero, offuscato spesso da un’esposizione non
sempre metodica.
Tuttavia, essendo noto che alla base della teoria economica e, più in
generale, della sua concezione delle scienze sociali e delle critiche da lui
rivolte al costruttivismo razionalistico vi sia una prospettiva epistemologica
che muove dalla considerazione dei limiti con cui gli individui devono fare i
conti quando pensano e agiscono, ho ritenuto opportuno dedicare la prima
parte del mio lavoro proprio alla delineazione dello spazio di “legittima
pertinenza della ragione”, in modo da evidenziare la tesi secondo cui ogni
singolo uomo può disporre di una conoscenza che è limitata, scarsa e
dunque fallibile.
Dalla distinzione tra la metodologia propria delle scienze naturali e
quella delle cosiddette “scienze sociali” – considerata dallo stesso Hayek
fondamentale per le sue conseguenze politiche – attraverso la critica della
concezione «scientista» della società e della strenua difesa dell’indivi-
dualismo come tratto caratterizzante della civiltà occidentale, si è giunti,
infatti, alla constatazione della naturale ignoranza insita in tutti gli individui
e alla conseguente impossibilità di qualsiasi pianificazione centralizzata.
Inoltre, sempre in questa prima parte, ho presentato l’apologia hayekiana
dell’ordine spontaneo e delle norme di mera condotta, che tanto influenzerà
la successiva teoria sociologica, soprattutto quella «sistemica» sviluppata
principalmente ad opera di Niklas Luhmann
14
.
Tuttavia, sebbene quest’ultima tematica sia di fondamentale importanza
non solo per l’argomentazione epistemologica ma anche per quella politica,
nello stesso tempo è utile riflettere sulle numerose e legittime critiche cui è
14
Si veda soprattutto N. Luhmann, Soziale Systeme (1984), trad. it. Sistemi sociali.
Fondamenti di una teoria generale, Il Mulino, Bologna 1990.
XI
stata oggetto. Se è vero che un ordine sociale spesso si crea in modo
sostanzialmente spontaneo attraverso fasi di ricomposizione che seguono a
fasi di rottura, è anche indubbio, infatti, che la comparsa di personaggi
eccezionali che operino razionalmente arrestando l’evoluzione di una
determinata situazione è, molte volte, necessaria durante le epoche di crisi.
Strettamente connessa alla dicotomia evoluzionismo/costruttivismo, la
critica al concetto di “contratto sociale” in nome di un convenzionalismo
ereditato dalla riflessione humeana apre la seconda parte della mia analisi,
dedicata alle tematiche più specificamente politiche. In questo ambito, se la
rivalutazione del concetto classico di libertà, intesa essenzialmente come
assenza di coercizione, e la presa di coscienza dell’irreversibile crisi dei
regimi democratici occidentali non dà luogo a efficaci critiche, la proposta,
piuttosto originale, di una riforma elettorale fondata su discriminazioni
politiche ai fini di una rifondazione della Costituzione liberale suscita non
poche perplessità, rischiando, oltretutto, di compromettere la nozione stessa
di un ordine che si mantiene da sé spontaneamente.
L’impossibile applicazione dell’«atavico» ideale di giustizia sociale nelle
società contemporanee, cui Hayek dedica l’intera seconda parte di Law,
Legislation and Liberty, ma anche l’attenzione posta sull’importante attività
svolta dal governo per la difesa dei più deboli, infine, sono le
argomentazioni sviluppate nel capitolo che chiude questa seconda parte.
Obiettivo di esso, oltre al tentativo di chiarire come nessuna ipotizzabile
norma relativa a individui che si forniscono l’un l’altro beni e servizi in
un’economia di mercato può produrre una distribuzione tale da poter essere
sensatamente descritta come giusta o ingiusta, è infatti anche quello di
smentire coloro che troppo affrettatamente hanno definito il nostro autore
XII
come un convinto e pericoloso sostenitore dello Stato minimo, senza
riflettere, pertanto, né dei numerosi interventi statali da lui ritenuti opportuni
all’interno di una società liberale né al suo sforzo intellettuale costante,
nonché coraggioso, volto semplicemente a epurare il concetto di libertà da
troppe manipolazioni.
1
PARTE PRIMA
EPISTEMOLOGIA
2
CAPITOLO PRIMO
LA METODOLOGIA DELLE
SCIENZE SOCIALI
“Abbiamo bisogno di intuizioni, di idee e di idee possibilmente in
competizione; e, ancora, di idee come quelle che si possono
criticare, migliorare e analizzare criticamente. E fin quando non
sono state confutate (e anche dopo), noi dobbiamo tollerare pure
idee problematiche. In realtà, anche le idee migliori sono
problematiche”
Karl Raimund Popper
3
1. Scienze naturali e scienze sociali
La necessità della distinzione tra la metodologia propria delle scienze
naturali e quella delle scienze sociali si manifesta particolarmente intorno alla
metà del XIX secolo, quando i successi oggettivi ottenuti dalle discipline
fisiche e biologiche incominciano a esercitare uno straordinario fascino sugli
studiosi di altre materie. È proprio da questo generale entusiasmo che prende
vigore, secondo Friedrich von Hayek, quella indebita estensione della
metodologia e delle finalità conoscitive delle scienze naturali alle scienze
sociali che rappresenta la principale causa della crisi di credibilità di queste
ultime
1
.
Naturalmente, la critica alla tendenza di utilizzare il metodo sperimentale
anche per lo studio di fenomeni sociali, ovvero per lo studio di interazioni fra
menti umane diverse, non presuppone affatto una critica nei confronti dei
metodi della scienza naturale e dell’impiego di essi nel loro specifico ambito;
tuttavia, per evitare fraintendimenti, i termini «scientismo» e pregiudizio
«scientista» saranno usati tutte le volte che si avrà a che fare «non con lo
spirito disinteressato della ricerca scientifica in genere, ma piuttosto con le
1
La critica alle concezioni che si prefiggono di estendere a ogni ambito del sapere, e quindi
anche alle cosiddette scienze umane, la metodologia conoscitiva delle scienze naturali è, a ben
vedere, la critica che Hayek muove alle teorie tipiche degli esponenti di ciò che dagli anni
Venti del XX secolo si incomincia a denominare come «neopositivismo» o «positivismo
logico», ovvero quella corrente filosofica che, pur condividendo con il positivismo ottocen-
tesco il privilegiamento della razionalità scientifica, se ne differenzia strutturalmente sia per un
concetto più critico della scienza, sia per l’attenzione prestata all’aspetto logico-linguistico
della scienza stessa. La convinzione, infatti, che la mancata soluzione dei problemi sociali
dipendesse sostanzialmente dal fatto che essi erano stati finora affrontati in maniera non
scientifica, e che pertanto potessero essere risolti soltanto con l’applicazione di una
metodologia analoga a quella delle scienze della natura, è una delle tesi principali del
manifesto programmatico, dal titolo La concezione scientifica del mondo, di questo gruppo di
pensatori, che fra il 1924 e il 1938, incontrandosi periodicamente nella capitale austriaca,
danno vita al cosiddetto “Circolo di Vienna”. Ricordiamo che i membri principali sono stati
Moritz Schlick, l’uomo intorno a cui si è raccolto il Circolo, Rudolf Carnap e Otto Neurath.
4
imitazioni pedantesche del metodo e del linguaggio della Scienza»
2
. Non
rappresentando un atteggiamento scientifico, infatti, tali termini si risolvono in
una acritica applicazione di certi abiti di pensiero a campi diversi da quelli nei
quali si sono formati.
L’errore fondamentale dello «scientismo» è, secondo Hayek, il non rendersi
conto che quello che è lo stesso “oggetto” quando è considerato in rapporto ad
altri oggetti fisici cessa di esserlo se riferito all’atteggiamento dell’uomo nei
suoi confronti. Le “cose” che costituiscono l’oggetto di studio delle scienze
sociali non sono rilevanti per le loro caratteristiche reali, ma per le opinioni che
la gente si forma su di esse; pertanto, è il ruolo della valutazione ciò che
caratterizza in modo significativo queste scienze, nell’ambito delle quali le
“cose” sono ciò che la gente pensa che siano
3
.
Se la scienza sociale giunge a classificare gli accadimenti attraverso la
nostra sensibilità e soggettività, il tratto caratteristico del modo di procedere
della scienza naturale è, invece, la sostituzione di questa classificazione con
una nuova, fondata sul raggruppamento non di tutti gli enti che presentino
qualche somiglianza tra loro, ma di quelli che si comportano allo stesso modo
in circostanze simili. «Il mondo che interessa la Scienza – nota Hayek – non è
quello dei nostri concetti o delle nostre sensazioni, quali dati immediati
dell’esperienza. Suo obiettivo è la riorganizzazione di tutta la nostra esperienza
del mondo esterno e, per raggiungerlo, essa è costretta non solo a riplasmare le
nostre concezioni, ma anche a far astrazione dalle qualità sensibili, sostituen-
2
F.A. von Hayek, The Counter-Revolution of Science. Studies on the Abuse of Reason
(1952), trad. it. cit., p. 7.
3
È questa, in sostanza, la trasposizione in termini sociologici della teoria economica dei
valori soggettivi di Carl Menger, l’iniziatore dell’indirizzo definito come “Scuola margina-
listica austriaca”, secondo cui i beni non hanno valore in sé, ma vengono determinati dalla
proiezione dei nostri bisogni su di essi.
5
dovi una diversa classificazione dei fenomeni»
4
. Alla scienza della natura non
interessano i rapporti dell’uomo con le cose e nemmeno il modo in cui egli si
sente spinto ad agire dalla visione che ha del mondo. L’“oggettività” tipica di
questa scienza risiede proprio nel fatto che essa si propone di studiare le “cose”
indipendentemente da quanto gli uomini pensano o fanno nei loro confronti. Le
idee che la gente si fa del mondo esterno rappresentano per lo scienziato
sempre uno stadio da superare.
Tuttavia, il fatto che l’uomo abbia determinate idee e una specifica visione
del mondo, la quale è, in una certa misura, la stessa in tutti coloro che
definiamo «uomini pensanti e coi quali è possibile la mutua comprensione»
5
,
costituisce un oggetto di studio non meno rilevante. Il complesso di attività,
nelle quali gli uomini si lasciano guidare dal genere di conoscenza di cui sono
naturalmente dotati, comporta infatti conseguenze degne di essere studiate al
pari di quelle proprie delle scienze naturali. «Fino a quando la Scienza –
sottolinea Hayek – non avrà compiuto integralmente la sua opera, e non resterà
più nulla di inesplicato nel complesso delle attività intellettuali dell’uomo, i
fatti della nostra mente continueranno necessariamente a essere non solo dati
da spiegare, ma anche dati sui quali deve fondarsi ogni spiegazione dell’azione
umana, che da siffatti fenomeni mentali è guidata»
6
. È questo, precisamente, il
campo degli studi sociali il cui oggetto è costituito dalle azioni umane e il loro
fine è quello di spiegare gli effetti involontari e imprevisti di esse.
Come è stato accennato in precedenza, aspetto caratterizzante le scienze
della natura è la visuale «oggettiva» della realtà, mentre tipica delle scienze
4
F.A. von Hayek, The Counter-Revolution of Science. Studies on the Abuse of Reason, trad.
it. cit., p. 19.
5
Ivi, p. 20.
6
Ibidem.