La voce del potere
La vita non Ł niente di importante. Tutti i
tuoi schiavi vivono, e tutti gli animali .
Seneca, penoso!
ELIAS CANETTI
Caproni esplora il tema del nulla con meticolosit , noi lettori non possiamo fuggire. Se
anche volessimo, incapperemmo ben presto in poesie che smascherano ogni tentativo di eludere
il problema. In queste poesie Caproni adotta una precisa strategia che si manifesta a livello di
partitura linguistica. Lo scopo della partitura -nelle pagine che seguono penso che risulter
evidente il motivo per il quale mi servo di un termine musicologico - Ł quello di definire una
concezione mortifera del potere, un potere che pu assumere varie forme: politica, militare,
religiosa, del contropotere. Ad ogni modo si tratta sempre di un potere che si vuole imporre con
la forza dell ideologia.
Prima di analizzare gli specifici testi poetici, pu essere interessante considerare alcune
riflessioni scritte dal poeta nel suo diario del 1948-1949. Naturalmente il mio intento non vuole
essere assolutamente un tentativo di riduzione psicologica e di appiattimento del testo poetico
sul vissuto dell autore; semplicemente ritengo interessanti alcune annotazioni che troveranno
puntuali riscontri nella sua poesia
Aspettando il treno nella stazione solitaria vedo arrampicare su Genova le case grigie di cemento nella fresca
aria notturna, i loro muri disadorni sembrandomi quanto di piø bello possa esserci sulla terra. Sono case di
cemento a pareti lisce, strette e alte su su dai binari, e il loro linguaggio semplice e puro quanto mi Ł piø
gradito della continua eloquenza ciceroniana e barocca delle secentesche architetture romane! Respiro aria
mia, aria di casa mia, senza la minima sovrastruttura culturale, tra case le quali altro non vogliono essere che
case. E mi pare che soltanto qui, in una citt come questa, uno possa sentirsi quale Ł e nel suo tempo, non a
Roma dove di continuo ci accompagna un discorso aulico (perfino nel sudiciume), il quale impedendoci di
pensare ai casi propri ci sopraff con la presenza d una cultura che in alcun modo pu piø essere la nostra.
1
In questa annotazione non troviamo solamente le case di Genova di tante poesie
2
, ma troviamo
anche una delle motivazioni per le quali Roma, citt nella quale Caproni visse piø a lungo che in
1
Frammenti, 44. Si veda la bibliografia per l elenco delle abbreviazioni.
2
Ci sono oggetti della natura e della cultura che, dopo essere stati elaborati in una grande interpretazione artistica,
non Ł piø possibile vedere con gli occhi di prima, s che ogni nuovo artista che si accinge a reinventarli Ł costretto a
fare i conti con il predecessore. Come Ł impossibile guardare un vaso di girasoli o un cipresso senza pensare a Van
Gogh, allo stesso modo Ł impossibile guardare certi luoghi di Genova con gli stessi occhi di chi non ha mai letto
Caproni. Un esempio significativo ci Ł offerto dall ultima raccolta-poema di Mario Luzi
Genova, meraviglie
che a una a una sciorina -
festoso saliscendi,
sfolgorante mattino -
la nostra traversata
calando noi con ombre
in quella
solar cvit ,
noi, luce, risalendo
precipizi
di pietre, ardesie, marmi,
fissa in basso la vampa
della fornace marina
oh posta
da chi sul mio cammino,
tutte le altre, non sar mai una citt propria: la gonfiaggine della capitale, che ha un suo
correlativo oggettivo in un architettura barocca ha un effetto di soffocamento e di ottundimento.
Si tratta di una qualit fondamentale della voce del potere , come mostrer tra breve
analizzando alcune poesie. Ovviamente in questa sede non ci interessa stabilire se a Roma
predomini realmente un architettura barocca piuttosto che un architettura di altro stile. Ci che
importa Ł che Caproni soffra questo aspetto di Roma; inoltre Ł evidente che con barocco si vuole
indicare tutto un insieme di stili architettonici - e dell animo - che, probabilmente, piø che a
Borromini devono far pensare agli orrori architettonici (e politici) di Piazza Venezia. Non
possiamo dimenticare inoltre che la contrapposizione tra Genova e Roma Ł giocata in termini
analoghi nella prima delle quattro cartoline del Passaggio di Enea: Genova mia citt fina: /
ardesia e ghiaia marina [...] ah perdere anche il nome / di Roma, enfasi e orina. (p. 169)
3
Sicuri che l avversione per Roma non abbia nulla da spartire con la cialtroneria
longobarda che ha goduto in anni recenti di grande successo politico, leggiamo adesso un altra
annotazione diaristica che precede di tre giorni la partenza per il Congresso mondiale degli
intellettuali per la pace tenutosi a Wroclaw nell agosto del 1948:
Voglio dire la verit : temo si tratti d una cosa di pretta organizzazione comunista, e che io sia stato il solo a
scriverne in buona fede dicendo il contrario.
4
Anche in questo caso non ci interessa strettamente quali fossero i rapporti del poeta con il PCI,
bens qualcosa di piø profondo, che nel seguito del diario si riveler come il timore di una poesia
asservita all ideologia. L ideologia diventer ci che nasconde, spesso grazie alla sua voce
magniloquente e ossessiva.
Nella sezione delle Anarchiche in Res amissa la funzione di nascondimento Ł quasi
scontata: il potere e l opposizione politica non fanno altro che nascondere la propria corruzione e
meschinit , la sete di un potere che come scopo ha solamente quello di alimentare il potere
stesso. Show
5
pu sembrare uno sfogo, forse addirittura qualunquistico, oppure un gioco del
poeta: certamente non Ł una poesia del Caproni al quale siamo abituati, ma Ł altrettanto indubbio
che la poesia sia almeno un saggio di abilit tecnica suprema e che riveli una coscienza
linguistica talmente profonda da smascherare il volto disgustoso del potere. La cura tipografica
del testo ha proprio lo scopo di guidare la lettura a voce alta del testo. Le iniziali maiuscole e in
corsivo, le virgolette, i corsivi sono la mimesi della voce tronfia che si compiace di nominare gli
organi del potere che gli elettori si sono scelti da soli. Cos Ministri , Senatori , Sindacalisti
scala, scala continua
per ui inferno si approssima
o il paradiso s avvicina.
La poesia (Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, Milano, Garzanti, 1994, p. 41) Ł talmente caproniana da
poter essere considerata un omaggio al poeta quasi coetaneo. L invocazione della citt in apertura di poesia e la
lunga frase nominale rimandano senza dubbio a poesie come Sirena ( La mia citt dagli amori in salita, / Genova
mia di mare tutta scale ) e Stornello ( Mia Genova difesa e proprietaria. / Ardesia mia. Arenaria. ) Osserviamo
anche l uso dell apposizione plurale riferita al singolare della citt e ovviamente la presenza di motivi tipici della
Genova di Caproni come l ardesia e le scale . Forse si pu pensare ad uno scarto tra i due poeti per quanto
riguarda il tema della verticalit (la quale, nella produzione di Caproni trova i testi fondamentali de L ascensore e
delle Stanze della funicolare ): se le scale di Caproni aprono ad una dimensione metafisica, quelle di Luzi sono piø
connotate in senso mistico (si ricordi che la scala di Giacobbe Ł un noto simbolo mistico).
3
La poesia Ł stata scritta proprio nel 1948. Con il passare degli anni, comunque, il rapporto di Caproni con Roma si Ł
addolcito, sebbene abbia continuato a vivervi con una certa estraneit . Nel 1965 in un intervista poteva persino
affermare che comunque non lascerei Roma, forse nemmeno per Genova. Genova, forse, diventata in me pura citt
dell anima, mi piace sospirarla. In nessun altra citt d Italia, e forse del mondo, credo che si possa godere la libert
che si gode a Roma. (FERDINANDO CAMON, Il mestiere di poeta, Milano, Lerici, 1965 ora in Giorgio Caproni,
fascicolo speciale di Galleria , XXX 2, maggio-agosto 1990, a cura di ANTONIO BARBUTO).
4
21 agosto, p. 45.
5
RA 89.
non sono piø persone, ma solamente istituzioni che ormai non hanno piø nulla a che fare con
l umanit . Personaggi diventati perfettamente intercambiabili, che si sono incontrati sotto
assonanze e allitterazioni sorprendenti ( sinistri ) e che parlano dai loro organi di stampa
( Popolo , Avanti , Unit ) con una lingua ormai degradata, infatti
Investono
all estero, mentre auspicano
(Dio, quanto auspicano !)
pace giustizia.
Non si tratta soltanto di stigmatizzare i tic linguistici degli uomini di potere, ma di svelare una
grottesca messinscena; infatti Show Ł una poesia del novembre 1983 che in questi versi cita
un altra poesia del 1963, Lorsignori
Han la testa sul collo,
dicon loro. Di pollo.
I piedi sulla terra.
lavoran per la pace
preparando la guerra.
Tengon alta la face.
Ma, soprattutto, auspicano.
Dio, come auspicano.
Difendono i valori
che chiamano ideali .
(Son schietti, Lorsignori,
anche se non hanno ali.)
6
nella quale auspicano Ł termine da intendere secondo lo stretto significato etimologico di
predire grazie all interpretazione del volo degli uccelli. Gli auspices del nostro tempo per sono
in grado di volare quanto dei polli, cos che i piedi sulla terra, non sono segni di sano
pragmatismo politico, ma simboli dell incapacit di essere lungimiranti e dell attaccamento a
valori molto terrestri. Non possedere ali Ł uno dei piø gravi peccati politici, significa essere
incapaci di progettare, mancare di virtø profetica e di lettura dei tempi. L imbestiamento degli
uomini politici conduce ad un grottesco che in Show Ł ribadito quando si dice
Ma cosa si nasconde
dietro le invereconde
Maschere?
Ma, come gi detto, Ł importante anche l insofferenza per i verbi politici di moda e per il modo
nel quale vengono pronunciati. Qualcosa di analogo avviene in una recente bellissima canzone di
Fabrizio De AndrØ sulla Milano rampante e socialista degli anni 80 quando dice
il ministro dei temporali
in un tripudio di tromboni
auspicava democrazia
con la tovaglia sulle mani
e le mani sui coglioni
7
e quando conclude
6
RA 94.
7
La Domenica delle salme, in Le nuvole, Fonit Cetra, 1990.
mentre il cuore d Italia,
da Palermo ad Aosta
si gonfiava in un coro
di vibrante protesta.
8
La seconda poesia della sezione Acciaio ne Il muro della terra ha precise indicazioni di
lettura:
In eco
(piano)
(qualcuno avr anche gridato,
nel bosco. Chi l ha ascoltato.)
(fortissimo)
Ma - tutti! - hanno cantato
vittoria, prima del rantolo.
9
La voce messa fra parentesi Ł quella della morte, Ł il rantolo nel bosco. E una situazione di
guerra partigiana, ma anche di caccia metafisica - la foresta Ł un motivo ricorrente nelle ultime
raccolte come luogo di ambientazione della caccia a Dio, alla Bestia -. A questo proposito vorrei
rilevare una volta per tutte un tratto fondamentale della poesia di Caproni, cioŁ il tentativo,
spesso disperato, di non rinunciare mai all aggancio con oggetti e cose del mondo. Per questo
motivo si parla spesso di poesia allegorica a proposito degli estremi libri del poeta. Spesso per
anche questa definizione Ł insufficiente, di sicuro lo Ł a proposito delle poesie della sezione
Acciaio . Riguardo a L ultimo borgo , poesia scritta l anno stesso in cui usc Il muro della
terra, che d il titolo alla raccolta curata da Raboni e che infine sar inclusa ne Il franco
cacciatore, Ugo Dotti scrive che ci che emerge con prepotenza Ł il drammatico dell esperienza
terrena; di piø: Ł lo storico
10
. Le stesse considerazioni, specifica poco oltre Dotti, valgono anche
per le poesie della sezione Acciaio . Penso dunque che l interpretazione di molte poesie non
possa avvalersi di altro metodo da quello che, Auerbach docet, chiamiamo interpretazione
figurale . Nel caso della poesia di Giorgio Caproni per l evento storico e terreno non Ł piø
figura di realt divine, ma di una morte, di un suicidio, di un assassinio divino
11
. Il confine tra
figura e allegoria non sar sempre netto: se Il libretto e La musica de Il Conte di Kevenh ller
sono decisamente allegorici, ci domandiamo se possa invece avere qualche utilit per la
comprensione della poesia sapere che Res amissa trae spunto da un incidente in bagno in un
albergo di Colonia dentro il quale Caproni era rimasto bloccato. La questione potrebbe apparire
8
Ho cercato di rendere graficamente la pronuncia sardonica che De AndrØ usa nell ultimo verso della canzone, ma la
cosa migliore Ł ascoltare direttamente l incisione. Si noti anche l uso della metafora del gonfiore applicata alle
parole pompose e vuote. ¨ un antico topos il cui chiaro intento Ł quello di assimilare le parole ai peti, tanto piø in
questo caso in cui l allitterazione quasi perfetta /br/ : /pr/ (l unica differenza Ł costituita dal tratto distintivo sonoro /
sordo dell occlusiva bilabiale) pu essere percepita come vagamente onomatopeica.
9
MT 322.
10
UGO DOTTI, L ultimo borgo di Giorgio Caproni, in Genova a Giorgio Caproni, a cura di GIORGIO
DEVOTO e STEFANO VERDINO, Genova, Edizioni S. Marco dei Giustiniani, 1982, p. 172.
11
Per constatare quanto la mia chiamata in causa dell interpretazione figurale sia valida quasi solo per analogia, non
posso fare altro che rimandare all indimenticabile saggio del 1938 di ERICH AUERBACH, Figura, in Studi su
Dante, Milano, Feltrinelli, rist. 1993, pp. 176-226, in particolare laddove si dice non c Ł alcun aut-aut fra senso
storico e senso recondito: c Ł l uno e l altro. ¨ la struttura figurale che conserva il fatto storico mentre lo interpreta
rivelandolo, e che lo pu interpretare soltanto se lo conserva. (p. 220) Una posizione analoga alla mia Ł sostenuta
anche in LUIGI SURDICH, Lettura di Poesia per l Adele di Giorgio Caproni, in Studi novecenteschi , XII, 29,
giugno 1985, pp. 131-153 laddove si ricorda che per Caproni la guerra Ł allo stesso tempo esperienza ineludibile e
non rimossa e figura d altro.
oziosa, ma nel seguito del lavoro sar interessante studiare il processo di allegorizzazione e
indefinizione che si realizza nella lavorazione di Res amissa .
Ritornando a In eco , osserviamo che la voce che canta appare come un delirio; nessuna
vittoria sar conseguita sul nemico e sulla morte, lo si sa da principio, ma nessuno Ł capace di
dirlo, perchØ la voce del potere (un super-io? un comando militare?) impone di nascondere la
morte. D altra parte la rimozione della morte Ł una delle caratteristiche dell uomo
contemporaneo, e in questo senso va interpretato Musil quando scrive che l uomo moderno
viene al mondo in una clinica e muore in una clinica: per conseguenza deve anche abitare in una
clinica!
12
La rimozione della morte Ł dunque passibile sia di letture esistenzialistiche, sia di una
contestualizzazione storica. E la frase di Musil ricorda che l importanza assegnata alla vita
procede di pari passo con quella assegnata alla morte, cosa che Caproni, poeta di insanabili
antitesi, ben sa e dice molto bene nella bellissima I cardini
13
Ma i cardini della nascita?
I cardini della morte?...
Ancora a proposito di contestualizzazione storica ritengo importante rilevare che i nemici dei
partigiani erano uomini che avevano sposato un motto - me ne frego - che rivela quale sia
l importanza che una dittatura assegna alla morte e di conseguenza alla vita (o viceversa)
14
. La
guerra contro il regime fascista diventa, in queste poesie, anche una guerra contro il potere che
vuole soffocare il pensiero della morte imponendo la sua voce ossessiva
15
. Ma, capovolta la
mossa
16
, la voce del potere Ł diventata inevitabilmente quella che sempre parla ai soldati, i quali
hanno da sempre l urgenza di dimenticare la morte mentendo a se stessi, o di allontanarla
sopravvivendo ai nemici o ai compagni
17
. Esemplari, a questo proposito sono alcune delle parole
del guardacaccia:
Dovreste almeno sapere
che quando s Ł avuto una piuma
sul cappello, e in sorte
stivali e gabbana verde,
per non dir altro si perde
il tempo, pensando alla Morte
18
12
ROBERT MUSIL, L uomo senza qualit , tr. it. di Anita Rho, Torino, Einaudi, 1957, p. 41.
13
RA 58.
14
Un documento esemplare a questo riguardo Ł la voce Fascismo scritta da Mussolini stesso per l Enciclopedia
Italiana, dalla quale si possono estrarre gioielli tipo il seguente: L orgoglioso motto squadrista me ne frego ,
scritto sulle bende di una ferita, Ł un atto di filosofia non soltanto stoica, Ł il sunto di una dottrina non soltanto
politica: Ł l educazione al combattimento, l accettazione dei rischi che essa comporta; Ł un nuovo stile di vita
italiano. Cos il fascista accetta, ama la vita, ignora e ritiene vile il suicidio; comprende la vita come dovere,
elevazione, conquista: la vita che deve essere alta e piena; vissuta sØ, ma soprattutto per gli altri, vicini e lontani,
presenti e futuri.
15
Dietro al motto fascista sta la mitologia dell azione che si giustifica da sola, che non ha bisogno di un pensiero alle
spalle. Nella poesia Ł tradizionale il tema dell azione che distrae, in senso strettamente leopardiano, dagli affanni
della vita (e l affanno maggiore, lo si dica esplicitamente o meno, Ł il pensiero della morte): un celebre esempio Ł la
bellissima canzone Ne la stagion che l ciel rapido inchina di Petrarca (Rvf., L). Il fascismo perverte quello che
non solo Ł un bisogno umano, ma anche la fondamentale capacit di progettare; l azione fascista Ł votata alla morte.
16
CK 594.
17
Ogni seria riflessione sul problema della sopravvivenza non pu prescindere dall opera di Elias Canetti. In
particolare si considerino Massa e potere, tr. it. Milano, Adelphi, 1981 e Potere e sopravvivenza, tr. it. Milano,
Adelphi, 1974.
18
Il fischio (parla il guardacaccia) (CVC 264).
Si pu allontanare la morte piø facilmente se non si vede il volto del morente: Ł una
realt psicologica fondamentale che si pu scorgere in una poesia sconcertante fin dal titolo,
Ovatta :
Li videro salire uno
dopo l altro, fino
a toccare la cresta.
Il lampo del bengala, netta
ne sagom la figura
contro il mercurio.
Caddero
(o parve) uno
dietro l altro.
Nessuno
potØ udirne il lamento.
Lo copr il polso - il cuore:
l ovatta del cannoneggiamento
19
.
La poesia si chiude con un violentissimo ossimoro che eguaglia la violenza e il rumore del
cannone ad una morbidezza che richiama un oblio molto piø dolce. Sparare ha un effetto
terapeutico, talvolta persino esaltante, come sappiamo dal Pronto effetto tra le battute iniziali
de Il Conte di Kevenh ller:
L AVVISO del conte fu accolto
quasi con frenesia.
Il sangue d sempre allegria.
l assassinio Ł esultanza.
Uccidere, un passo di danza
che sfiora la liturgia.
20
Senza spingerci fino ad Il Conte di Kevenh ller, avevamo comunque incontrato un allegria
spaventosa due pagine prima della stessa Ovatta . La poesia Acciaio si era appena conclusa
con tre versi sconcertanti
Dava perfino allegria,
in quel vetro azzurrino,
l acciaio della fucileria.
21
Lo sparo che si Ł sentito in Ovatta Ł di un cannone. Non Ł assolutamente secondario che si
tratti di un arma la cui voce Ł particolarmente maestosa, addirittura tronfia, perchØ l arma
nello stesso momento ha recato la morte e l oblio di essa, impedendo di udire l estrema voce
della vita. Si osservi anche che i due versi finali si fondano su una struttura che allo stesso tempo
Ł metonimica e sinestesica, infatti il polso ed il cuore sono due punti del corpo nei quali si
avvertono con particolare intensit le pulsazioni del sangue, che possono essere ascritte a due
sfere sensoriali differenti - tatto e udito - con la stessa legittimit (lo stetoscopio Ł lo strumento
che conferma il carattere sinestesico delle pulsazioni); inoltre il polso ed il cuore - l ovatta -
19
MT 326.
20
CK 567.
21
Il desiderio di sparare connota profondamente anche il piø celebre dei racconti di Caproni, Il labirinto, nel quale
fin dalla seconda riga si legge Avremmo voluto sparare qualche raffica per scaldare l acciaio che ci doleva nel
pugno (L 65) Rileviamo anche l uso del termine acciaio riferito alle armi da fuoco.
coprono la voce. L ovatta Ł a sua volta qualcosa di morbido e di bianco
22
che va a completare la
strutturazione dei colori e della vista in tutta la poesia. I primi otto versi della poesia, a partire
dal primo verbo che s incontra, sono infatti giocati sulla vista di qualcosa non del tutto chiaro:
gli uomini salgono sulla cresta, che, come spiegher meglio nel seguito del mio lavoro, Ł un
motivo che rientra nel campo semantico, assai vasto in Caproni, dei confini. All improvviso
irrompe un colore innaturale, il mercurio, che porta la scena in uno scenario allucinante nel quale
nulla pu rimanere certo (o parve)
23
. Segue quindi, isolato anche graficamente, un verso e mezzo
nel quale la sensazione Ł uditiva, per poi avere il collasso finale nel quale ritornano due colori
molto importanti indicati metonimicamente: il bianco dell ovatta ed il rosso del sangue.
L ulteriore senso di morbidezza portato dall ovatta ci sconcerta ulteriormente, dal momento che
si parla di un violentissimo impatto tra i proiettili ed il corpo umano.
Ho scritto che la morte Ł relativamente esorcizzata se non si vede il volto del nemico: non Ł un
caso che la conclusione della sezione Acciaio sia affidata ad una poesia, I coltelli , nella
quale avviene un incontro faccia a faccia tra due soldati. La morte non si pu piø differenziare nØ
nel tempo nØ nello spazio, cos che il libro di poesia
24
arriva all esplicita affermazione del suo
problema fondamentale: la morte, l inesistenza di Dio
25
. Dio muore ucciso sul volto del nemico.
Be ? mi fece.
Aveva paura. Rideva.
D un tratto, il vento si alz .
L albero, tutto intero, trem .
Schiacciai il grilletto. Croll .
22
Vedremo in seguito quanto il bianco sia un colore importante nella poesia di Caproni.
23
¨ superfluo specificare che il verbo parere ha perduto il significato che poteva avere quando Dante diceva Tanto
gentile e tanto onesta pare. Ben presto il verbo parere ha assunto una connotazione di falsit e di inganno dalla
quale non si Ł piø liberato. Se questa evoluzione semantica non viene spiegata il bravo studente delle medie superiori
giunge alla maggiore et percependo come vagamente insultante il piø bel sonetto della Vita nuova. Gianfranco
Contini, nel 1947, cerc di supplire a questa carenza con un saggio che auspicava che cadesse specialmente sotto
occhi liceali . Dubito che il sonetto sia riuscito a fuggire negli anni seguenti all usuale manomissione delle scuole ,
in compenso noi possiamo rileggere l Esercizio d interpretazione sopra un sonetto di Dante, con tanto di postilla del
1975 in GIANFRANCO CONTINI, Un idea di Dante, Torino, Einaudi, 1976, pp. 21-31.
Ricordiamo anche un altra luce innaturale associata alla morte in uno dei tre racconti piø lunghi di Caproni, Il gelo
della mattina, scritto sul finire degli anni 40: Intanto che Olga, nel falso lume della luce elettrica, era pervasa per
tutto il corpo da un improvviso convulso che la squassava, ecco che io d un tratto mi misi a pensare (...) (L 109. Si
osservi anche l endecasillabo sdrucciolo con allitterazione di /lu/ tonica in quarta ed in ottava).
24
Soprattutto in riferimento alle ultime opere di Caproni, Ł diventata buona abitudine usare questa denominazione,
sulla scia dell ottimo saggio di ENRICO TESTA, Il libro di poesia. Tipologie e analisi macrotestuali, Genova, il
melangolo, 1983. In questo saggio si analizzano alcuni libri italiani di poesia, pubblicati nel periodo 1965-1978, i
quali presentano una precisa strutturazione interna e un compatto piano unitario; raccolte che si definiscono subito,
pur non rientrando nella forma canonica del canzoniere petrarchesco, veri e propri libri di poesia. [p. 11] Il libro
di Caproni analizzato Ł Il muro della terra, ma Ł superfluo specificare che tutte le ultime raccolte di Caproni sono
strutturate in modo che spesso una singola poesia Ł difficilmente comprensibile se isolata dal piø ampio contesto
macrotestuale. Non per niente si tratta di opere che si presentano apertamente come libretti d opera.
25
Oggi Ł scontato rilevare che il problema di Dio Ł fondamentale nella poesia di Caproni. Tra i primi che hanno
rilevato e analizzato con profondit il problema voglio ricordare LUIGI SURDICH, Su Il muro della terra di
Giorgio Caproni, in Resine 15, Ottobre-Dicembre 1975, pp. 3-46. In questo ottimo saggio, prezioso anche per le
analisi piø strettamente formali, si ricorda giustamente che il problema di Dio Ł anticipato nel Lamento (o boria) del
preticello deriso nel Congedo del viaggiatore cerimonioso e che da questa questione deriva l altro problema
tormentato del libro: il bisogno di guida. Merito ulteriore Ł l avere affrontato questa relazione di problemi senza
servirsi di psicologismi discutibili come avviene per esempio nella monografia di ANTONIO IACOPETTA, Giorgio
Caproni. Miti e poesia, Roma, Bonacci, 1981, in particolare alle pp. 122-123 n. 13, dove il rapporto col divino Ł
considerato in termini di Verneinung freudiana: anche in Caproni, a proposito dei suoi continui conflitti con la
Divinit , si pu inferire che ad esempio dicendo di volere spaccare la faccia a Dio - ritenendo equivalente il concetto
di Dio e di Padre - Ł in realt al padre che vuole rivolgersi. Il lettore ne inferisce che se l autore vuole intendere:
attenzione! non Ł con mio Padre che ce l ho ma con Dio Ł invece proprio col Padre che mantiene il conflitto.
L ipotesi finale del viaggio che termina nella notte Ł di necessit il desiderio di tornare nel corpo della Madre, l
dove non esistono piø conflittualit .
Lo vidi, la faccia spaccata
sui coltelli: gli scisti.
Ah, mio dio. Mio Dio.
perchØ non esisti?
26
Incrociare gli occhi della persona che si sta uccidendo Ł normalmente insostenibile. Forse la
migliore interpretazione artistica di questa realt ci Ł stata offerta da Goya quando, nel 1814,
dipinse Il tre maggio 1808. In questa famosissima tela, che ha goduto anche di reinterpretazioni
di Manet e di Picasso, i soldati del plotone d esecuzione sono senza volto. Non Ł solo
un interpretazione della uniformazione e disumanizzazione alla quale sono sottoposti i soldati di
ogni esercito, ma Ł anche la spiegazione del motivo dell esistenza del plotone d esecuzione: la
vittima infatti non pu guardare nessuno dei suoi esecutori, non ha due occhi sui quali fissarsi,
perchØ Ł fissata da una miriade di occhi che non la guardano. Il plotone d esecuzione Ł altrimenti
quanto di piø antieconomico esista, spreca magari una decina di pallottole laddove ne basterebbe
solamente una. Non c Ł nessuna motivazione umanitaria (evitare le sofferenze dovute alla mira
sbagliata di un soldato) nell invenzione del plotone d esecuzione, ma semplicemente la necessit
di sottrarsi allo sguardo di colui che muore e forse di credere che non si Ł stati gli unici (o
proprio io ) ad uccidere. Ho anche l impressione che le stesse modalit valgano spesso anche
per il boia individuale: sparare alla nuca da dietro (e non davanti, in bocca), decapitare un uomo
che appoggia il collo su un ceppo e guarda per terra, incappucciare la vittima o il boia sono usi
affermatisi per evitare lo sguardo della vittima. Anche altre invenzioni, quali la ghigliottina e la
sedia elettrica, hanno probabilmente molti legami con l allontanamento dallo sguardo del
morente e, inoltre, sono indicative di quella rimozione della morte che, come ho gi scritto,
segna profondamente la civilt occidentale attuale
27
. L ovatta del cannoneggiamento Ł il
risultato della lontananza sempre maggiore che le armi permettono tra i soldati, o, per essere piø
precisi, tra chi spara e chi Ł colpito. L archibugio di Cimosco, che Ariosto aveva ben pensato di
far gettare in fondo al mare da Orlando
28
, era soltanto il primo passo verso un estensione del
braccio che avrebbe ampliato il raggio d uccisione e permesso di non incrociare piø gli occhi
della vittima
29
. E quando, nonostante l uso delle armi da fuoco, oggi si ritorna al contatto fisico
26
Lo spunto biografico dal quale trae origine questa poesia getta ulteriore luce su quella che si pu considerare la
piø densa e drammatica composizione della raccolta , infatti essa nasce da un episodio della guerra partigiana
realmente vissuto dal poeta (si Ł trovato, Caproni, col mitra puntato contro il suo amico piø caro, che a sua volta
aveva puntato il suo contro di lui), a testimonianza della fondamentale centralit che il tema della guerra ha
costantemente in Caproni e a probante documento poetico della sua eccezionale capacit di ricondurre i dati
dell esperienza ai termini estremi dell essenza ultima e universale. (LUIGI SURDICH, Giorgio Caproni. Un
ritratto, presentazione di Antonio Tabucchi, Genova, costa & nolan, 1990, pp. 95 e 96).
27
Sempre Goya ci ha dato un altra interpretazione dell insostenibilit del volto del condannato a morte nell incisione
A caccia di denti, il dodicesimo dei suoi Capricci: in esso vediamo una donna che si copre il volto mentre cava i
denti ad un impiccato lasciato appeso.
28
Orlando Furioso, IX 91. L episodio dell archibugio di Cimosco Ł ricordato anche da Leopardi (Zib., 3893.2) in
una delle sue annotazioni sulle trasformazioni militari e antropologiche portate dall invenzione della polvere da
sparo. Le considerazioni di Leopardi sono per molto meno illuminanti rispetto all opera di un Goya, infatti non si
spinge oltre alla constatazione che per l invenzione della polvere l energia che prima avevano gli uomini si
trasport alle macchine, e si trasformarono in macchine gli uomini, cosicchØ ella ha cangiato essenzialmente il modo
di guerreggiare (Zib., 978.2). Come si vede, Leopardi non si spinge oltre l ambito strettamente militare e non
sfrutta l occasione per indagare sulle trasformazioni avvenute nel modo di morire. Quanto alle altre note, in generale
Ł interessato soprattutto alla supremazia dell arte sul vigore fisico provocata dall uso delle armi da fuoco. Ad ogni
modo si consultino, oltre a quelli gi citati, i seguenti passi dello Zibaldone: 262.2; 659.1; 984.2; 1738; 2479.2;
2674.4.
29
L estensione meccanica del braccio Ł aumentata anche per altri uomini che tradizionalmente compiono un lavoro a
stretto contatto con i morti: i becchini (preferisco il termine tradizionale alle edulcorazioni al gusto di political
correctness). Chi abbia la malaugurata ventura di recarsi ad una sepoltura scoprir che la tradizionale zappa Ł stata
sostituita da un piccolo cingolato che permette non solo di non imbrattarsi, ma anche di produrre un rumore
sufficiente da disturbare una vasta area di cimitero. Si riesce dunque a coprire il silenzio tipico dei cimiteri. Tra
coloro che hanno affrontato spietatamente la rimozione dei morti nel nostro secolo vorrei ricordare Ernst J nger che
con il soldato nemico, si percepisce che avviene qualcosa di profondamente sgradevole: a
proposito dell attuale guerra nella ex-Jugoslavia scrive Erri De Luca che spiace a noi, addolciti
dagli anni neutri dell artiglieria nucleare, una guerra di armi da fuoco, barbara usanza del corpo a
corpo. Ci eravamo abituati alla composta opera di seppellimento delle trincee irakene, fucili e
fucilieri pressati sotto i cingoli, poco chiasso nel deserto, buon isolamento acustico.
30
Di fronte
al nemico che si Ł costretti a freddare non si pu eludere ulteriormente l esperienza della morte:
la faccia spaccata Ł il volto della morte del soldato e di Dio: nessuna voce del potere lo pu
nascondere
31
. Ad ogni modo su questa poesia ritorner nel seguito del lavoro, non prima per di
aver rilevato un eccezione molto importante alla tesi che ho appena sostenuto. Nel film di Akira
Kurosawa, Rapsodia d agosto (1991) il fungo atomico, cioŁ il prodotto dell arma che ha colpito
piø di tutte le altre da lontano e che come non mai ha bruciato gli uomini nell assoluta
indifferenziazione, si trasforma, nel ricordo di nonna KanØ , la protagonista del film, in un
gigantesco occhio cattivo. ¨ il fallimento di un cammino dell umanit , che, dopo avere
impiegato millenni per fuggire lo sguardo della vittima, si ritrova travolta proprio quando
utilizza la piø mostruosa delle armi
32
.
Riservo ancora un paio di annotazioni per le poesie della sezione Acciaio . La prima
poesia, All alba (p. 321), si conclude con un verso che suona come un invocazione ormai
rassegnata
Oh libert , libert .
La parola tanto importante, il valore per il quale si Ł combattuto, vive adesso in una drammatica
tensione tra l entusiasmo che i soldati devono sempre mostrare e gridare a piena voce e la realt ,
fino a quel momento impronunciabile della morte. ¨ una poesia che vive tra il dileguamento e il
soffocamento. Il dileguarsi
Ma all alba,
tutti si sono dileguati
come fa la nebbia.
Ł il momento estremo, quello della sparizione, forse della morte e del venir meno della voce
speranzosa; il soffocamento Ł quello che la nebbia ha esercitato per tutta la notte. Tra
dileguamento dei soldati e soffocamento della notizia sono anche i versi tra parentesi, che, qui
piø che mai, assumono un valore fortemente iconico:
(C Ł anche chi ha preso,
pare, una strada falsa.
Chi Ł precipitato. ¨ facile.)
ne Il problema di Aladino (tr. it. Bruna R. Bianchi, Milano , Adelphi, 1985), un romanzo scritto nel 1983 racconta di
una colossale impresa di pompe funebri che seppellisce tutti i morti nella penisola anatolica, trasformata in un
enorme cimitero.
30
ERRI DE LUCA, Pianoterra, Macerata, Quodlibet, 1995, p. 41. E perfino superfluo far notare che i cingoli
seppelliscono i morti sia che muovano un carrarmato sia che muovano un caterpillar. Resta fondamentale anche la
funzione dell isolamento acustico.
31
Facciamo notare che gli stessi termini tornano nello stesso libro di poesia, quando Caproni scrive a Dio / io Gli
spacco la Faccia ( Lo stravolto ).
32
Ancora ci viene in mente un quadro di Goya, Il colosso (1811), nel quale un gigante bestiale si erge dallo sfondo di
nuvole (anche nel film di Kurosawa appaiono nuvole minacciose che, a quarantacinque anni di distanza, ricordano
quelle del 9 agosto 1945) terrorizzando uomini e bestie in fuga.
Il problema della rimozione della morte nella societ occidentale attuale richiede delle precisazioni, per le
quali rimando alla parte finale del capitolo seguente, in quanto legate all analisi di testi caproniani che ritengo
opportuno trattare in seguito.
la parentesi Ł ci che racchiude e tiene nascosto (e di nuovo osserviamo il legame tra parere e
falsit .)
Infine segnalo l ultimo verso di In bocca , che per essere compreso richiede di riportare
per intero il testo della poesia
Strisciarono ciechi.
Il viso tagliato dai fili
d acciaio della pioggia.
Strisciarono muti.
Fin dove i cani mordono
i fulmini. In bocca
scisti e acqua vuota.
Un silenzio ossuto.
Tutto, non era ancora perduto.
La poesia si conclude con una citazione. Si tratta di un altra delle parole obbligatorie da recitarsi
per i soldati, ma il significato Ł ormai amaramente ironico, parole di speranza pronunciate da
uomini ridotti a vermi-cani.
Il muro della terra non offre ulteriori spunti per l argomento che sto discutendo. Solo a
costo di notevoli forzature potremmo ascoltare una voce del potere religioso ne Il pastore (p.
348), poesia che considerer altrove: su chi sta esercitando potere questo prete? La sua voce
pronuncia ormai una preghiera blasfema, non vuole annunciare piø nulla di ci in cui non crede.
(Se dovessimo trarre una sceneggiatura dalle poesie di Caproni non potremmo non fare
interpretare questo pastore ad altri che al ben noto preticello deriso del Congedo del viaggiatore
cerimonioso).
Quanto al rumore della citt di alcune poesie, tra cui Parole (dopo l esodo) dell ultimo
della Moglia
33
ritengo piø adeguato trattare l argomento nei capitoli sul linguaggio e la cultura.
Ne Il franco cacciatore il tema bellico connota le poesie della sezione Tr umerei , che
pu quindi essere considerata il corrispondente di ci che Acciaio costituisce per Il muro della
terra
34
, sebbene l aspetto autobiografico sia molto meno rilevante, a favore invece di una
riflessione piø generale sulla guerra, le speranze vane di giustizia e gli orrori della storia.
Per la prima poesia della sezione propongo una lettura che si basa sulla convinzione che
la partitura tipografica del testo abbia come scopo preciso quello di dirigere la lettura ad alta
voce. In parte mi baso sulle indicazioni di lettura di In eco , in parte rubo e rielaboro un idea
espressa da Giorgio Bertone in una lezione di un paio d anni fa (colgo quindi l occasione per
ringraziarlo per l aiuto che mi ha dato, tanto piø gradito in quanto inconsapevole)
Celebrazione
I morti per la libert .
Chi l avrebbe mai detto.
I morti.
Per la libert .
33
Mi riferisco a versi quali Io / qui mi rispondo e ho il mio / interlocutore. Non voglio / murarlo nel silenzio sordo /
d un frastuono senz ombra / d anima. (p. 370).
34
cfr. ADELE DEI, Giorgio Caproni, Milano Mursia, 1992, p. 187 n. 24.
Sono tutti sepolti.
35
Ad una prima voce dal tono molto dimesso che legge i primi due versi farei seguire una lettura
gridata del verso scritto in corsivo. Di piø, la voce dovrebbe essere da altoparlante, o, come da
bambini abbiamo tutti inteso la parola, da autoparlante
36
. Infine l ultimo verso dovrebbe essere
letto molto velocemente, con un tono tra l amaro e il maligno, un tono che manifesti tutto il
fastidio provocato dalla voce del potere. La voce del potere non Ł umana e non si sa da dove
provenga. ¨ onnipervasiva. Se il timbro Ł pertanto l elemento piø naturale della voce e perfino
del corpo
37
, la voce dell altoparlante, la voce della tecnica , per dirla di nuovo con il titolo di
un capitolo del libro di Corrado Bologna, non Ł di nessuno. In questo risiede la sua autorit e il
suo fascino perverso che mi spinge a non considerare un semplice gioco di parole quello tra
altoparlante ed autoparlante. Ci siamo tutti sorpresi a constatare la nostra meraviglia di fronte
all oratore la cui bocca in movimento non emetteva alcun suono: il suono ci raggiungeva da una
cassa, magari posta dalla parte opposta rispetto a colui che parlava. Nello stesso momento
abbiamo provato il fascino e il rispetto per la voce che si rende indipendente dal corpo
trascendendolo, oppure siamo stati offesi dall inganno, dal fastidio per il cantante che si prende
gioco di noi cantando in playback. La questione Ł antica, come esempio, ma Ł uno a caso, mi
viene in mente Alessandro, il falso profeta di un romanzo di Luciano di Samosata, che, tra i vari
trucchi per imbrogliare i creduloni spaccia un fantoccio per un oracolo autofono
38
; al limite
opposto della storia e della volgarizzazione del tema penso a Tot , allegro imbroglione alla corte
del faraone, che si fa proclamare figlio del Sole da un improbabile statua egizia made in
Cinecitt
39
. Ma se questi due esempi di voce auto-altisonante sono in fondo nulla piø che burle
spassose, ben piø inquietante Ł il pensiero delle grandi adunate dei regimi totalitari del nostro
secolo, di Hitler che da un microfono e dalla radio arringa il popolo tedesco
40
. Oppure penso a
film come Vivere di Zhang Yimou, nei quali tratto inconfondibile della rivoluzione culturale
cinese Ł la radio sempre accesa in ogni luogo che, con i suoi proclami di partito, funge da
ineliminabile sottofondo sonoro alla vita delle persone
41
.
Nella poesia di Caproni l ultimo verso conclude il testo stabilendo l assonanza rivelatrice
con il primo sostantivo del primo verso: morti : sepolti Ł la riscoperta di una relazione che
inutilmente la voce del potere nasconde. D altra parte il primo e il terzo verso, che non si
possono assolutamente considerare uguali, sebbene costituiti dalle stesse parole, contengono gi
nella struttura fonica il seme della contraddizione: la sequenza /rt/ Ł all interno sia di morti sia di
libert . Il legame tra i due sostantivi era stato anticipato nei versi conclusivi di
Determinazione , una delle prime poesie della raccolta (p. 420)
35
FC 501.
36
Da una piccola indagine svolta tra i miei amici ho avuto conferma della mia teoria: tutti hanno impiegato anni per
superare l autoparlante. Dal momento che si tratta di persone dall udito generalmente buono e dalla viva
intelligenza sono fermamente convinto della rappresentativit del campione e soprattutto della scientificit della
ricerca. Postilla. Anche la mia relatrice mi ha confidato di non essersi ancora fatta una ragione della triste scoperta
che l altoparlante non sia un autoparlante.
37
CORRADO BOLOGNA, Flatus vocis. Metafisica e antropologia della voce, Bologna, il Mulino, 1992, p. 94.
38
LUCIANO, Alessandro o il falso profeta, tr. it. di Loretta Campolunghi, Milano, Adelphi, 1992.
39
Mi sto riferendo al film Tot contro Maciste.
40
Possiamo trascurare qui l indimenticabile film di Charlie Chaplin, Il grande dittatore? Charlie Chaplin, a guerra in
corso - non dimentichiamo mai un esempio di arte cos - riusc in una perfetta e agghiacciante caricatura di Hitler
senza pronunciare una sola parola in tedesco. Gli bast emettere suoni indistinti, ma con un timbro di voce identico a
quello di Hitler.
41
Beninteso quella che avanzo Ł una proposta di lettura, che pu essere considerata anche inaccettabile. Tuttavia non
sono l unico ad avere avanzato una proposta analoga. In una sceneggiatura scritta da Giuseppe Bertolucci e da alcuni
suoi allievi per un ipotetico film fondato sulle poesie di Caproni, sono ricorrenti le voci dall altoparlante.
(GIUSEPPE BERTOLUCCI, Il congedo del viaggiatore cerimonioso, in Poesia , IV, 36, gennaio 1991, pp. 14-
20).
Saremo,
magari, anche piø forti
e liberi.
Come i morti.
In verit Caproni invita a considerare soprattutto la rima forti : morti, come sappiamo dalla
dedica a Luigi Mercantini, / in debito di una rima e Adele Dei, nella sua monografia, cita
questa rima per esemplificare un tipico stilema caproniano: anche le poesie piø ampie, piø
apparentemente descrittive, tendono a una sferzata finale, che le conclude nella sospensione,
nell imprevisto. Questa svolta, che spesso sembra riassumere con fulminea, magari incoerente
naturalezza, la morale della storia, Ł di solito indotta da una coppia verbale, da due parole in
rima, che creano un forte richiamo bipolare, risolvono con immediata evidenza una pausa di
illusione o di disorientamento.
42
La stessa studiosa segnala anche che il richiamo Ł
evidentemente alla Spigolatrice di Sapri. Ma la ripresa in rima di Forte - morte di Poesia per
l Adele conferma un incrocio di interferenze, e rimanda al citatissimo primo canto dantesco.
43
Tuttavia la posizione finale di verso
44
dei due aggettivi e dell aggettivo sostantivato non lascia
dubbi sul legame inscindibile e fortemente connotato che li unisce.
Sulle rime dantesche di Caproni torner in seguito; mi preme invece segnalare un
versicolo che esige una lettura a due voci simile a quella di Celebrazione .
Nell aula
La legge Ł uguale per tutti.
(Farabutti!)
45
La voce dall aula non dovrebbe essere sommessa e maligna, bens urlata e forse di provenienza
incerta. Evidentemente la personalit dell interprete pu far propendere per interpretazioni vocali
diverse della seconda battuta; credo invece che sia difficile immaginare una pronuncia della frase
scolpita in ogni tribunale diversa dal tono celebrativo da altoparlante.
Con questo smascheramento della menzogna della voce del potere il poeta ha gettato luce
sulla funzione ingannatrice alla quale siamo abituati a pensare: il potere mente. Ma questa Ł
un acquisizione quasi triviale; ben piø meritorio Ł il fatto che ci ricordi che il potere, mentendo,
ci fa dimenticare anche la morte.
Ancora dalla sezione Tr umerei vorrei segnalare alcuni versi nei quali si scorge il
legame tra la voce del potere e la morte. In Romantica, o: I fautori (p. 503) leggiamo:
Suoni di corno rauchi
e nebbiosi, vanno
di betulla in betulla.
Voto (p. 504) inizia dicendo:
Bandiere strane, amici,
onnubilano l orizzonte
e Tr umerei (p. 505):
42
op. cit., p.193.
43
ibid., p. 214 n. 2.
44
Considero e liberi. / Come i morti. due versi separati per praticit , ma ovviamente si tratta di un verso frantumato
in due.
45
RA 188.
Le trombe militari
nella neve...
L importanza dei motivi della nebbia, della neve e del bianco in generale sar l argomento di
uno dei capitoli di questo lavoro. Per il momento basti rilevare come l atmosfera di morte
incombente, il paesaggio da luoghi non giurisdizionali sia qui legato a simboli del potere quali le
trombe e le bandiere. Addirittura queste sono trombe e corni annunziatori di morte.
Vorrei considerare infine una delle poesie piø violente di Caproni:
Telemessa
Gridava come un ossesso.
Cristo Ł qui! ¨ qui!
LUI! Qui fra noi! Adesso!
Anche se non si vede!
Anche se non si sente!
La voce, era repellente.
Spensi.
Feci per andare al cesso.
Ci s era rinchiuso LUI,
a piangere.
Una statua di gesso.
46
Prima ancora che contro il potere religioso istituzionale, la rabbia Ł rivolta contro la voce
repellente. Una voce gridata e che per di piø proviene dalla televisione, che oltre ad essere un
medium della voce della tecnica Ł frequentemente anche il piø volgare, nonchØ potente dei
media. La rima -esso che struttura la poesia, oltre a collegare il primo verso con l ultimo -
abbiamo gi constatato quanto Caproni strutturi i testi con legami fonici del genere -, marca il
terzo verso ed il settimo con un molto poco pio cesso. Ma rileviamo che pure ossesso Ł un
termine feroce nei riguardi di colui che probabilmente sta consacrando il pane e il vino: chi in
quel momento fa le veci di Cristo, o addirittura Ł Cristo stesso, Ł degradato a creatura posseduta
dal Nemico. Cos l adesso del terzo verso, che dovrebbe essere l affermazione della presenza di
Cristo (e la presenza attuale di Cristo, come vedremo in seguito, Ł uno dei modi principali di
concepire la Grazia), si trova irretito nella trama costituita da ossesso : cesso : gesso. Le
affermazioni del prete
47
, nella traduzione operata dal poeta, diventano altrettante negazioni: qui
ha il proprio corrispettivo in cesso; anche, come si deduce dall uso del corsivo, annulla
automaticamente la propria funzione concessiva e diventa un avverbio intensivo di una
negazione (in questo caso possiamo davvero sostenere che dicendo Cristo Ł qui! (...) / Anche se
non si vede! in realt si afferma Cristo non Ł qui, proprio perchØ non si vede); il LUI presente
affermato dal prete Ł il LUI ridotto a simulacro, a merce da bancarella di souvenir; il vedere Ł
contrapposto allo spegnere e al sentire, oltre che la voce repellente, Ł opposto il piangere
48
.
46
FC 423.
47
Quando nel seguito del lavoro mi soffermer sulla gi citata poesia Il pastore (MT 348) non potr fare a meno di
rilevare la somiglianza con il prete di Telemessa .
48
Possiamo immaginare una scenetta nella quale il poeta trova il bagno occupato e inferire che la tipica parola da
cesso sia il contraltare del non sentire proclamato dal prete?
Merita anche di essere segnalata la rima per l occhio qui : LUI. Il secondo e l ottavo verso infatti,
oltre ad essere gli unici a non avere come ultima tonica la -e-, sono racchiusi tra i versi rimanti in
-esso. La ricercata dissimmetria caproniana nasconde e mostra allo stesso tempo l artificio con
l uso dei versi franti nel finale della poesia.