5
non l’esigenza della visibilità del potere
3
. Dall’agorà siamo giunti oggi ai
forum elettronici ma il sentimento che anima questi luoghi ora virtuali,
allora reali sempre lo stesso: esprimere le proprie opinioni e la propria
volontà, esercitare le proprie libertà politiche per realizzare la propria
isonomia
4
, secondo una nota definizione di Aristotele
5
.
Non a caso la disciplina sulla propaganda politica ha il suo fulcro
proprio nell’uso degli spazi pubblici (dai comizi alle affissioni,sino ai
recentissimi blog) luogo per eccellenza in cui la comunicazione politica si
realizza
6
.
Negli ordinamenti liberali e democratici le regole per la presa di
decisioni collettive risultano costitutive dell’ordinamento stesso,
individuando sia la forma di stato sia il profilo del regime politico esistente
7
.
In ordinamenti del genere il termine “legislazione sulle votazioni” individua
il complesso della normativa apprestata dall’ordinamento per
l’effettuazione dell’atto di votazione ai vari livelli in cui le stesse vengono
3
BOBBIO N.,La democrazia in Teoria generale della politica, Einaudi , Torino 1999.
4
La democrazia si afferma come quella forma di governo in cui il potere risiede nel popolo che
può partecipare attivamente alla produzione legislativa (c.d.democrazia diretta) o può essere
rappresentato da un corpo ristretto di rappresentanti eletti dagli stessi cittadini (c.d.democrazia
rappresentativa). La democrazia pertanto non riguarda e non comprende al suo interno, specifiche
regole procedurali ma è composta da un insieme di regole procedurali che sottendono al principio
dell’isonomia, ossia che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge.
5
Il più alto valore di una democrazia risiede nella possibilità di una libera discussione e nella
capacità di questa discussione critica di incidere nella politica. La comunicazione politica non si
pone più come principale strumento di propaganda ma, al contrario, rappresenta un importante
momento di verifica sulla capacità del sistema dei partiti di fornire risposte adeguate alle istanze
espresse dall’elettorato.
6
“Attualmente l’utilizzo dei media non rappresenta lo spazio pubblico ma certamente contribuisce
a crearlo, occorre però porre in discussione l’animus con cui i singoli programmi elettorali
vengono posti all’attenzione dell’elettore” G.Mazzoleni, 1998.
7
Si tratta di un concetto largamente sviluppato, se ne rintracciano le origini nel Libro III della
Politica di Aristotele, in relazione alla cittadinanza.
6
utilizzate. Affinché si abbiano votazioni libere e non mere procedure
tecniche deve essere presa in considerazione l’intera procedura di votazione
in senso ampio, con la valutazione dell’esistenza degli standard minimi di
libertà nella formazione e nell’espressione della propria volontà
8
. In tale
prospettiva il mercato teorico in cui agiscono i soggetti aventi diritto al voto,
che domandano informazioni per decidere, e coloro che offrono soluzioni o
si candidano a cariche rappresentative deve essere caratterizzato
dall’applicazione del principio del rispetto tendenziale, dell’uguaglianza
formale della cittadinanza rispetto alla concentrazione sostanziale dei poteri
di fatto
9
. Nell’ambito delle votazioni di tipo elettivo, fino agli anni ’20 di
questo secolo la questione dell’estensione del suffragio aveva costituito il
punto di maggiore discussione sostituita nei decenni successivi dal tema del
sistema elettorale in senso stretto. Negli ordinamenti pluralistici
contemporanei anche sulla base delle innovazioni tecnologiche con la
conseguente trasformazione dei mezzi di comunicazione di massa,
l’argomento ormai considerato strategico è costituito dalla cosiddetta
legislazione elettorale di contorno ovvero della normativa che tende da un
lato a favorire o a rendere più difficile l’accesso alla contesa dall’altro a
garantire la tendenziale eguaglianza delle opportunità tra i contendenti
10
. In
8
F.Lanchester, Sistemi elettorali e forma di governo,Bologna,Il Mulino ,1981.
9
Le votazioni sono da ritenere strettamente collegate alle scelte fondamentali relative al tipo di
ordinamento instaurato e alla forma di governo vigente.
10
Sent.48 del 1964 la Corte Cost.stabilisce che in occasione della campagna elettorale “la
concomitante e più intensa partecipazione di partiti e di cittadini alla propaganda politica
determina una situazione che giustifica l’intervento del legislatore ordinario diretto a regolarne il
7
effetti l’ultima metà di secolo vede il dilagare della video politica che si
evolve sempre più verso un agorà elettronica. Una realtà che di fatto non
indica solo un adeguamento della politica ai media vigenti ma va a mutare
radicalmente le relazioni con l’elettore. È ricorrente una logica all’interno
della quale il singolo programma viene venduto all’elettore attraverso
strumenti propri della pubblicità, attingendo a quegli elementi di
persuasione a cui tutti -nel bene e nel male- siamo soggetti. Secondo la
definizione dell’Enciclopedia della Comunicazione la comunicazione
politica è il sistema all’interno del quale avviene lo scambio di contenuti di
interesse pubblico e politico tra sistema politico, cittadini-elettori e sistema
dei media. Si tratta di una naturale evoluzione di un sistema in cui il
cittadino smarrisce le vesti del suddito per assumere uno status ben più
attivo e partecipativo. Il vantaggio della comunicazione politica è proprio
quello di elaborare strategie che possano essere comprese da tutti . tale
attività dovrebbe servire per fornire una informazione il più possibile neutra
e neutrale nei confronti degli altri interlocutori; una mera funzione civica
realizzata non più come strumenti operativi obsoleti, bensì con le moderne
tecniche di comunicazione.
concorso con norme che tendono a porre in condizioni di parità per evitare che lo svolgimento
della vita democratica non sia ostacolato da situazioni di svantaggio o politicamente di minoranza”
8
CAPITOLO PRIMO
1.1 L’APPROCCIO COSTITUZIONALE
Una tematica quantomai avventurosa e rischiosa per i caratteri di
provvisorietà e sterilità in cui consiste la principale peculiarità che ha
segnato l’esperienza italiana, in particolare, e tutte le altre in generale. Non
altro perché il sistema delle comunicazioni va assumendo, con l’affermarsi
delle nuove tecnologie, connotati e caratterizzazione del tutto impensabili
appena pochi anni or sono e certamente non prevedibili al tempo in cui il
Legislatore costituente elaborò l’art.21 della Costituzione. Fatta questa
premessa non possiamo prescindere dall’art.21: il quale nella sua univoca
formulazione non consente che vengano posti limiti alla libertà di
manifestazione del pensiero, fatta eccezione per la deroga contenuta
nell’ultima comma
11
.
11
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni
mezzo di diffusione.
La stampa non può essere oggetto di limitazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti,
per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme
che la legge stessa prescrive per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità
giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia
giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia
all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro si
intende revocato e privo d’ogni effetto.
La legge po’ stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di
finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al
buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
9
L’art. 21Cost., oggetto di molteplici interpretazioni non consente
limitazioni al diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero in
relazione agli strumenti che ne determinano la diffusione. In maniera
imperante e vincolante si sono imposti per la giurisprudenza due indirizzi di
pensiero e di lettura per quello che concerne l’ambito di applicazione
dell’art.21. L’indirizzo individualista che ritiene la libertà di informare
come una sottospecie di libertà di manifestazione del pensiero, uno dei
modi in cui si estrinseca questo diritto e solo in questo senso l’informazione
può godere delle garanzie costituzionali. Essa concerne quindi un diritto
soggettivo assoluto, non presupponendo un valore o un’utilità sociale di
questo diritto. Il principale effetto di questa interpretazione è di garantire la
massima tutela a chi produce informazione per ragioni professionali, quindi
ai giornalisti.
L’interpretazione funzionalista, invece, pone l’accento sui diritti del
fruitore di informazione, il comune cittadino, che gode di un diritto passivo
ad essere informato. Si tratta di un’interpretazione che scaturisce dalla
lettura integrata dell’art. 21 con altri articoli del dettato costituzionale
(artt.2,3) e che ricomprende il diritto all’informazione nel novero dei diritti
sociali, finalizzati a realizzare il diritto all’uguaglianza. Non va dimenticato
che sono stati presentati vari progetti di riscrittura, che ovviamente non
hanno avuto alcun seguito. I diversi atteggiamenti assunti dai pubblici
poteri nei confronti della libertà di espressione nell’esperienza italiana ne
10
sono una prova eloquente di tutta la vicenda italiana. Il variare di tali
atteggiamenti mostra innanzitutto le difficoltà che questa libertà pur
formalmente inserita nel catalogo costituzionale dei diritti dei cittadini, ha
incontrato già sul piano della sua concreta applicazione nel corso
dell’esperienza liberale pre-fascista
12
.Oltretutto si inseriscono anche altri
principi costituzionali che non fanno altro che rendere di più difficile
risoluzione la materia. Nell’art. 49
13
infatti si consente a tutti i cittadini di
concorrere, con metodo democratico alla determinazione della politica
nazionale, che sembra assicurare al singolo e alle organizzazioni politiche
alle quali si aderisce, di propagandare il proprio messaggio, senza
limitazione alcuna con riferimento al mezzo utilizzato. Dall’analisi dei
precetti costituzionali analizzati sembrerebbe che nessun limite possa essere
introdotto in tema di libertà di manifestazione del proprio pensiero, ancor
meno in relazione alla diffusione al messaggio politico. Si tratta di una
realtà particolarmente problematica e delicata rispetto alla quale l’operatore
giuridico dovrebbe distaccarsi dalle vicende contigenti della politica,
tentando di prospettare soluzioni distaccate da valutazioni di ordine
personale e/o individuali che si inquadrino nel complesso organico dei
principi costituzionali. Non ultima la libertà di iniziativa economica
garantita dall’art.41
14
della Costituzione che permette la diffusione di
12
La propaganda elettorale nella vicenda prefascista era rimasta all’interno dello sforzo di
allargare le maglie limitate delle previsioni statuarie in materia di libertà di stampa e di riunione.
13
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo
democratico a determinare la politica nazionale.
14
L’iniziativa economica privata è libera.
11
messaggi politici da parte di un’impresa di comunicazione televisiva,
magari ad esclusivo vantaggio dell’imprenditore stesso. Ma non escludendo
il secondo comma dell’art.41, che qualifica l’iniziativa economica privata in
funzione del rispetto dei valori della persona umana tra i quali si iscrive la
parità di condizioni nel dibattito politico, in ogni suo aspetto. Pur essendo
inderogabile principio dell’Ordinamento costituzionale vigente la libertà di
manifestazione del pensiero e correlato ad esso il diritto di usare ogni
strumento idoneo per tale obiettivo. Considerando che ogni diritto
costituzionalmente garantito deve essere coordinato con altri di pari rango
nel nostro caso con l’art.49, ma nel contempo anche con il secondo comma
dell’art.41, la soluzione deve essere data nei limiti in cui gli obiettivi
vengano perseguiti in toto. Ma la dovuta rielaborazione non è poi stata di
cosi semplice risoluzione. Non c’è dubbio però che il diritto costituzionale
moderno deve fare i conti con questo mezzo. La tematica è effettivamente
alquanto complessa poiché trae origine da un intreccio tra interessi
individuali e interessi collettivi, ruotando intorno al binomio libertà di
informazione e diritto dell’informazione
15
.
Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e
privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
15
Zaccaria R., Televisione e propaganda politica ed elettorale, in Quaderni Costituzionali, n.3 ,
dicembre 1996.
12
1.2 I PRIMI INTERVENTI NORMATIVI
Una prospettiva culturale che sin dai primi interventi legislativi è
risultata insufficiente, con provvedimenti finalizzati a regolare un settore
secondo schemi tradizionali non tenendo conto delle forme emergenti di
lotta politica. Chi confronti il modello costituzionale con la realtà della
disciplina sulla campagna elettorale non può che metterne in evidenza la
distanza. L’esperienza italiana nel secondo dopoguerra è stata tipica di uno
stato dei partiti sregolata, mentre fin dalle origini l’attenzione per il tema
della fase preparatoria dell’atto elettivo è stata trascurata. La cultura
giuridica e politica italiana dell’imminente dopoguerra faceva naturale
riferimento per i problemi pratici alla normativa pre-fascista ed in
particolare per il campo elettorale a quello della fase 1919-22. D’altro canto
l’esperienza dei partiti politici di massa e del cosiddetto sistema elettorale
proporzionale erano state troppo brevi e limitate. Durante il fascismo il
problema della propaganda elettorale
16
aveva invece assunto un rilievo del
tutto differente all’interno di una forma di stato autoritaria. Con la rinascita
democratica nel dopoguerra le forze politiche non pensarono in alcun modo
alla regolazione della campagne elettorale, se non per quanto riguarda il
tradizionale apprestamento delle garanzie per la libertà dei soggetti
individuali coinvolti. In un simile quadro normativo era, dunque, rilevabile
una palese contraddizione. In un ordinamento fondato sui partiti la
16
I ludi cartacei avevano mere formalità di legittimazione e mobilitazione, ma il metodo elettivo
teoricamente e sostanzialmente non veniva più considerato nella concezione organica dello Stato.
13
normativa elettorale finiva per essere ricalcata su schemi tipici dello stato
liberale oligarchico. Mentre la legge del 1948 (Regio Editto 17 marzo 1848
n.680) regolava le adunanze elettorali proibendo le riunioni e gli
“assembramenti tumultuosi”, con ciò dettando una disciplina più che altro
negativa e “schiacciata sulla normativa relativa al diritto di riunione e di
manifestazione del pensiero”.
Dalla realtà concreta della contesa politico-elettorale derivarono i tre
problemi che vennero posti all’attenzione della classe politica degli
anni ’50 . In primo luogo la regolazione di alcune forme di propaganda
elettorale, poi la necessità di impostare ex novo la normativa relativa
all’incompatibilità ed ineleggibilità ed infine, ma questo è un argomento
che interessò oltre alla polemica politica le aule giudiziarie, la rinnovata
discussione sull’intervento pervasivo della gerarchia cattolica nella contesa
elettorale. Sul lato della propaganda elettorale ancora caratterizzata dalla
centralità dei comizi e di strumenti quali manifesti, volantini l’attenzione
della classe politica e dell’opinione pubblica si soffermò sulla necessità di
limitare le spese per le forme tradizionali della stessa, che nel 1953 avevano
assunto livelli per allora insostenibili. Nel 1956 veniva varata la l.212,che
introduceva per la prima volta una disciplina di carattere positivo, volta a
regolare il fenomeno della propaganda elettorale almeno nella sua forma
più tradizionale ma escludeva dalla previsione della legge i mezzi di
comunicazione di massa come la radio e la neonata tv il cui controllo era in
14
mano dell'Esecutivo, limitando il provvedimento alle sole affissioni di
stampati, giornali o manifesti murali. Non erano esclusi dalla disciplina del
‘56 altre esigenze, come quella di assicurare la tranquillità pubblica e il
decoro dei centri abitati. Questo settore verrà faticosamente riconquistato
solo nel 1960
17
. Con la sent.48 del ‘64 la Corte focalizzò l’attenzione sul
principio di uguaglianza formale di chances tra i concorrenti alla
competizione elettorale, nonché quella di garantire al cittadino la libera
determinazione al voto (valore costituzionale ricavabile dall’art.48 Cost.).
La l.212/1956, approvata nel corso della seconda legislatura ed integrata
dopo vent’anni circa con la l.130/1975 è stata figlia di questo movimento di
opinione ma risente in maniera palese delle insufficienze di una prospettiva
culturale che provvedeva a regolare un settore secondo schemi tradizionali,
non tenendo conto delle forme emergenti di lotta politica.
17
L’istituzione della Corte Costituzionale e la sua incisiva giurisprudenza convinsero il governo a
intraprendere l’esperienza delle Tribune elettorali e politiche, vero punto di svolta del modo di fare
politica utilizzando il mezzo radio-televisivo. La propaganda elettorale radiotelevisiva si attuava
secondo criteri che tenevano conto del peso dei singoli partiti politici misurato sull’entità numerica
delle rispettive rappresentanze parlamentari.